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dicembre 13, 2007

TU sei unico ed esclusivo! Non farti sminuire dalla tentazione di trascurarti! Oggi l’apparenza è importante!
Per questo noi della AGAZIO POGLIANO COMMUNICATIONS di Rovello Porro (FRU-FRU) ti suggeriamo di sfoggiare con fierezza un bell’Auricolare Bluetooth™ all’orecchio, anche e soprattutto mentre cammini per strada. Chissà: magari ti squilla, puoi anche parlarci dentro e ascoltare.
Così la gente può vedere benissimo il gran coglione che sei. Non lasciare che si limitino ad immaginarlo! Sii esplicito! Perché affidare al caso qualcosa che puoi programmare e decidere meglio? 


Auricolare Bluetooth™, il symbol più che evidente: sono un povero stronzo, pajo un alieno. E parlo pure da solo, come un imbecille, muovendo anche le mani.
Fai tue le alate & argutissime parole del ns. Pogliano dott. Agazio, chief executive manager per il brand: "Io l'ho comprato; la gente lo veda e mi invid
î!"
Sii sexy, sii fit (?)! TU, sì proprio TU, razza di pezzente disgraziato. Se non ci si fosse noi... 

...e se non ti basta, combinalo con l'orrido portacellulare/fondina da cintura che tutti (gli idioti) avevano qualche lvstro fa, così aggiungi alla tecnologia più inutile anche la tristezza povera del retrò, però agghindata come se certe cose fossero normali, giuste e perfino motivate. 

SII DEMENTE FINO IN FONDO! SII UNICAMENTE STRONZO! Perché TU vali (una sega, ma vali)

dicembre 04, 2007

“Ebbene dunque, lei è tra coloro che hanno passato il nostro primo step di selezione, in vista del nostro stage. Adesso... vediamo, noi le abbiamo quindi dato il nostro feedback, in vista della fase-due del nostro iter; ora lei ci dia il suo: ci racconti qualcosa di lei, vedo qui dal suo curriculum qualcosa… ci illustri meglio le sue esperienze”
“ecco, sì, certo… ricordo che una volta il mio amico Filippo mi disse:
«ma te preferisci i film pornografici o i film erotici?»
Avremo avuto dodici anni; nessuno dei due aveva mai visto né un film porno né uno erotico. Però se ne parlava tanto, di solito. Io dissi, convinto:
«pornografici»
e lui fece la faccia di chi la sa lunga, e rispose:
«eeh, io quelli erotici. Perché in quelli pornografici, vedi due nudi, che fanno tutto, sì; ma in quelli erotici vedi tutte le cose da vicino. Sì, in un film erotico ci son tutte le inquadrature DA VICINO. Io preferisco i film erotici!»
Lo chiamavamo Filo, e c’aveva due dentoni veramente improponibili, e diceva d'averci la domestica, tutto pieno d'importanza. E noi giù, a pigliarlo per il culo.
Oggi è un ingegnere forestale, vive a Cernarega di Cipiglio e fa un sacco di soldi. E io non sono un cazzo. Ci dev’essere una qualche morale in tutto questo, solo che non so qual è.
Voi preferite i film erotici o quelli pornografici?"
"..."
"ehi, perché mi guardate così?"

dicembre 01, 2007

Dottore, nell’ultimo sogno che ho fatto il mio vicino di casa e la moglie, una bionda coi denti radi, venivano a casa mia, seduti nel mio soggiorno, dove cercavano di convincermi a firmare la loro richiesta di mutuo a titolo di garanzia – “il nostro desiderio di cambiare casa è una necessità”, dicevano loro; lui in particolare, col suo accento puteolano, lei perlopiù annuiva – in quanto doppiatori, io e alcuni miei amici (anch’essi presenti all’incontro) dell’Era Glaciale 2. Alla banca la cosa sarebbe dovuta esser parsa garanzia sufficiente quanto sicura. Il mio vicino aveva anche già predisposto il foglio da presentare, con in fondo lo spazio per le firme di Sid, Manny, Diego, Elli e Scratchy. Ognuno di essi aveva accanto, fra parentesi, il nostro nome vero. Io ero accanto a Sid, ricordo benissimo.
Tutto ciò mentre intorno a noi, dalle nostre finestre, una delle tre piscine appena costruite attorno la nostra casa vedeva il solito brulicare di gente, fra cui pletora di bambini urlanti, piangenti e agitatissimi. A un certo punto una qualche voce alterata chiedeva un po’ di silenzio, da fuori. Una voce di bambino rispondeva qualcosa come: “no! Sono solo le una! Fino alle due si può urlare quanto si vuole!”
Per la cronaca, erano le una, sì, ma di notte, e un bambino piangente, col costume molto anni ’50 veniva tirato fuori dalle acque a forza dalla madre, di cui invece non ricordo niente.
Penso che alla fine di tutto abbia firmato; così io, mia moglie e i miei amici.
Allora, è grave, dottore? Non sarebbe frode, lo spacciarsi per i doppiatori dell’Era Glaciale 2? Guardi che – parlo per me, ma suppongo possa esser lo stesso anche per gli altri – non mi è mai passato per la testa di essere il doppiatore dell’Era Glaciale 2. Giuro. E noti che lui ne era pervicacemente convinto, che fossimo i doppiatori dell'Era Glaciale 2. Inoltre la banca – penso – avrà modo di scoprire facilmente la verità; non crede anche lei, dottore? Che dobbiamo fare, dottore?

novembre 29, 2007

CIMABRESIO: e ti prego, non essere triste!
TUCANIO: No, ma non è tanto quello… la tristezza in fin dei conti mi serve, mi serve per scrivere. Sai: pagine, pensieri, idee, tristezza…
CIMAMBRESIO: be’… in questo caso, allora... e hai scritto molte pagine, quindi?
TUCANIO: Nemmeno mezza.


(da I maestrevolissimi et etiam dilettevol molto ragionamenti del Cimabresio vil mercante e del Tucanio trist'impiegato di concetto, atto I scena III, di Durazzo Rimanenza da Molgiate Cantarutto - NW)

novembre 28, 2007

I RICORDI

Mi ricordo, sì mi ricordo il mio poliedrico farmacista, che aveva la faccia a castoro però più stretta in cima e larga in fondo, alle ganasce, come Bill di Indovina Chi? (maledettissimo Indovina Chi?, io prendevo sempre Eric, che era quello coi capelli gialli la faccia tonda e il cappello blé da marinajo però più tondeggiante ed irreale, e alla fine nessuno voleva più giocare con me perché mi facevano la prima domanda – al massimo due – e vincevano: “è Eric?”, e io “sì”, o anche al limite “ha il cappello”, “sì”, “è Eric”, sì”; e poi mi chiedevo come cazzo facessero a indovinare subitissimo così, maledetti loro… a me mi piaceva Eric di Indovina Chi?, oh, c’aveva il suo bel magnetismo, con quel faccione tondo e i suoi capelli gialli; era il mio idolo – d’altra parte chi cazzo avrei dovuto prendere, Herman? Clara? Charles, con quei baffoni gialli alla Rude Barbaro del Nord? Eric tutta la vita checcazzo; anzi, a ripensarci ora mi nomino solennemente Presidente del Club Virtuosi Amici di Eric di Indovina Chi? – chi si vuol iscrivere s’aggreghi, ovviamente dietro comprovata e distesamente spiegata & dimostrata ammirazione smisurata del personaggio), del quale – Bill – peraltro aveva anche il pizzetto.
Ora, il mio Poliedrico Farmacista non aveva particolarità veruna, non fosse che sapeva tutto, era dappertutto, aveva abilità in tutto: se in palestra, nello spogliatojo c’era lui, vestito con una fasciante tutina da spinning nera variegata in bordeaux, pronto a’ ludi ginnasiali, col corpo a pera castorizia in bella mostra; se aprivi il giornale la domenica mattina, c’era la sua foto in quanto vincitore d’un concorso di modellini navali, mentre stringeva fiero fiero la sua creazione (l'esatta riproduzione della Nave da Cargo del XVIII sec. "Grongo III", con tanto di bandiera Bungaresca e cannoni in marzapane); se capitavi in farmacia per comprare gli Zigulì al Barbacane (ah, gli Zigulì al Barbacane!) con un fumetto sottobraccio, lui ti intratteneva con una sottile disquisizione sugli albi più vecchi di Corto Maltese, e com’erano stati ristampati ottimamente nell’edizione dell’Espresso, il tutto mentre ti faceva lo scontrino, ecco a lei son cinquecento lire se ce l’ha in foglio preferisco. Tutto poteva, tutto sapeva, il mio poliedrico farmacista. Se andavi in giro, lo trovavi. Era anche abile giocatore di bocce, e a un certo punto snellì anche, si vedeva bene dal camice bianco, perché andava anche in mountain bike.
Facile sapesse a menadito anche le odi del Parini – ahahahahaahahahoioi, il Parini ahahahah, è inutile, via: ogni volta che mi vien da ripensare al Parini – chissà perché – rido.
Ahahahahahahah, il Parini, "Quando Orion dal cielo / declinando imperversa / e pioggia e nevi e gelo / sopra la terra ottenebrata versa, / me spinto ne la iniqua / stagione, infermo il piede, / tra il fango e tra l'obliqua / furia de' carri la città gir vede; / e per avverso sasso / mal fra gli altri sorgente / o per lubrìco passo / lungo il cammino stramazzar sovente" - ahahahahah il Parini, "In vano in van la chioma / deforme di canizie, / e l'anima già doma / dai casi, e fatto rigido / il senno dall'età / si crederà che scudo / sien contro ad occhi fulgidi / a mobil seno a nudo / braccio e all'altre terribili / arme della beltà" - ahahahahoioi il Parini, no via non ce la faccio più, oioi.

novembre 27, 2007

I RICORDI

Mi ricordo, sì mi ricordo – GesùGiuseppe&Maria, com’avrò fatto mai a scordarmelo ‘nsino ad oggi, ohibò, perdinci, accidempolina, cazzo & controcazzo, puttanaccia evaccia troia&bagascia – il mio barbiere, che si chiamava Peppino Zafarana e c’aveva la faccia lunghissima col naso decisamente importante e la figura allampanata, esile come una promessa (ah, Schulz Schulz, perché non ci sei piùlz? ahahahah). Da Peppino Zafarana ti sedevi e lui accendeva uno dei due mangiacassette che aveva accanto; uno col liscio, uno con Sandro Giacobbe, a seconda di chi c’era sulla poltrona, giovane o vecchio. Se lasciava la radio, dopo un po’ cominciava a maledire Nilla Pizzi, che al tempo faceva la pubblicità a certe pillole miracolose per dimagrire, anche in tv
“Maledetta NillaPizzi, non è ancora morta?”, diceva, “quella vecchiaccia: è anche in televisione a scassare la minchia con quella robaccia. Ma quanto rompe i coglioni... maledetta Nilla Pizzi. Brutta stronza vecchiaccia, ma se morisse...”
restava poi sdegnatissimo per un po’, giusto il tempo di chiedere puntualmente che scuola facevi, che lavoro facevi. Se putacaso facevi l’istituto professionale alberghiero (e ho detto l’Accademia dei Lincei), cominciava a maledire quegli americani, che andavano agli alberghi di lusso della vicina San Stercone Terme (BMX), a far le cure dell’acqua, e che te dovevi servire come cameriere.
“Quegli americanacci… vengono da noi, fanno i signoroni, bevono quell’acquaccia puzzolente, e poi vanno in albergo e ci fanno certe cacate… accidenti a loro… certe cacate, ci fanno…”
Non c’era volta che questa conversazione non avvenisse, mentre nel frattempo ti acconciava all’Umberta, col riporto, alla zingara, col ciuffo rockabilli, colla divisa anni ‘50, colla pettinatura del carabiniere. Com'è possibile averlo lasciato lì, nel dimenticatojo, fino ad oggi, il vecchio Peppino Zafarana? La vita dà, la vita toglie: a me la vita ha dato Zafarana.

Domani: il mio poliedrico farmacista.

novembre 14, 2007

Ehi tu! Sì, proprio tu! Temi di non essere o parere abbastanza stupido o inutile o futile? Gioca anche tu al
FANTACALCIO®
E come per magia, mentre spendi i tuoi fanta-miliardi, mentre metti in fanta-campo la tua fanta-formazione, mentre calcoli la fanta-media-voto dei tuoi fanta-atleti ogni lunedì, invece di farti una sana famiglia od una ancor più sana sega, vedrai il tuo quoziente intellettivo abbassarsi, fino ad annullarsi completamente in una sorta di brago fangoso allorquando al bar “Opio” di Cogolo Di Pejo (prov. di ED – ché di sicuro te andrai anche al bar “Opio”, di Cogolo di Pejo, prov. di ED) t’accapiglierai o dispererai, giacché ha segnato Monelli e te ce l’avevi al fantacalcio® sì, però in panchina, laddove il tuo avversario lo aveva schierato, al pari di Aldo Maldera II, autore di una magica doppietta e un fallo da rigore subìto.
FANTACALCIO®
È un’idea GAZZETTA DELLO SPORT™ – l’unico giornale che (posto tu non sia milanese) l’edicolante non ti vende se dimostri un quarto dell’intelligenza canina standard.

…ma, certo, se temi – ah, il perfezionista! – che ciò non basti a qualificarti come tristissimo nerd, puoi passare i tuoi giorni (vi ci vorrebbe ma un po’ di guerra, direbbevi il sommissimo Avviatura®) a giocare a giochi di carte collezionabili, collezionare Diecast dell’incantevole Creamy e Gashapon di qualche donnina manga e Action Figures di Elektra o Jenna Jameson; leggere Manga e lanciare magie a danno diretto, giocare una carta-terra o una spirale temporale, infliggere punti ferita all’avversario tramite una creatura Ravnica, credersi un Supersayan o comprare astrusissimi board-games per cercare d’invadere meglio la Normandia, credendosi un tedesco di sessant’anni fa, tanto seddiovole ormai son tutti morti o comunque in Argentina/Uruguay/Cile e n’avranno per tre caàte, speriamo dolorosissime.

e… se anche questo non ti basta, se sei il tipo che è sì un nerd, ma ha anche un cervello e lo vuol mettere a frutto (nei campi, dovreste andare), puoi sempre laurearti in geografia, per poi descrivere i climi così:
allora, il clima continentale è secco e umido, con piovosità frequenti, soleggiato, e freddo in alcuni mesi dell’anno; ciò, esattamente come il clima mediterraneo, che a sua volta è assai simile al clima temperato, che a sua volta è simile al clima semi-temperato, che a sua volta è simile ma con meno piogge al clima tropicale, e via così, i climi son tutti secchi, umidi, con piovosità quando cazzo gli pare, soleggiati quando cazzo gli pare, freddi e a volte caldi, e a volte – udite, udite – tira anche vento, colpa – certo – della tettonica a zolle e degli estuarî a delta. Che materia del cazzo, la geografia! Sapete qual è la capitale della Brutòpia? Quali sono i paesi che hanno coste alte e frastagliate, e quali invece dritte e sabbiose? Dove scorre il fiume Congo? Quali sono le principali attività economiche svolte dagli abitanti (tutti, uno per uno) del Laos? In mezzo a cosa si trova la Terra di Mezzo? Chi si dedica alla pastorizia e chi all’agricoltura e allevamenti di suini, ovini e caprini? Tutti, ecco chi! In ogni paese c’è chi alleva majali, mucche, oche e bestie in genere. E c'è chi fa il fabbro e chi semina la segale, chi pesca le aragoste e chi pasce il baco da seta, per vendere bellissimi broccati alle massaje. Cazzo ve ne fregherà?

ottobre 30, 2007

Stanco della solita minestra? Della solita vita in bianco e nero? Del fatto che la vicina (bionda, fianchi larghi ma sodi, faccia da lontra a disagio e du’ puppe così) di casa preferisca intrattenere con copule & atti matriali varî i peggio para’ della vicina caserma “Vitige Bercello II detto Trippen”, invitto eroe di Macedonia e medaglia al valor militar-anfibio per le pedisseque imitazioni dell’astice a bollire con le quali intimorì il vil nimico in occasione della myssion di pace “S.T. – Sterminali Tutti”, tenutasi in Armenia dal 22 al 31 luglio 2005, con la partecipazione straordinaria di boNbe & altri congegni fuori da ogni codice d’onor militare & miliziano. Insomma giù, vieni anche tu al

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CIPIGLIO®


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CIPIGLIO® - e subito sentirai dentro di te il coraggio per prendere finalmente in mano la tua vita (e questo bel pajo di coglioni), ergerti fiero e scacciare con mano ferma e pugnace i fastidïosi paracadutisti che concorrono con te al tafanario della tua bella (troia – tanto loro ce l’avranno già pigiato in mille guise).


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Certo, poi pàgaci, magari. Ciò, onde evitare spiacevoli conseguenze, per noi quanto (soprattutto) per voi.

ottobre 29, 2007

La ‘R’ più arrotata dell’Avvocato Agnelli buonanima, la voce un po’ rauca per le sigarette da working-stress – “la mia amica Ines ha i denti quasi completamente neri, per il fumo”, puntualizza ammirata – l’accento fortissimamente milanese – noblesse oblige, nonostante non sia originaria del posto, (né ci ha voluto rivelare da dove venga) – N.C.T. è un personaggio estremamente importante nel mondo delle Public Relations lavorative milanesi. Marketing Manager, Advertising & P.R. Expert, Seller d’alto rango nonché rigorosissima imprenditrice free-lance di se stessa, ha fra i suoi meriti il rilancio del marchio Zoppas, l’aver agganciato il ricco cliente cileno Diego Montoya de tu Madre, e molti altri brand. Inoltre, ha visto il cazzo di Zucchero “Sugar” Fornaciari.
Non si è mai sposata, per – dice lei orgogliosa – “doveri di carriera”. Preferisce rimanere anonima, ancorché – aggiunge – sia molto probabilmente un tentativo inutile.
E allora ascoltiamo di
quell’importante esperienza. Il cazzo di Zucchero, dico. Ce ne gioverà.


“AlloRa – ascoltare la sua ‘r’ è già di per sé un’esperienza appagante – anzitutto, mi faccia diRe, peRò, che non mi sono mai sposata, sì, peRò a volte scopavo con dei diRigenti. Con un paio potevamo pure sposaRci.

Comunque sia, la mia azienda mi aveva dato la missione di seguiRe a livello di marketing e P.R. ZuccheRo. In occasione di cene di lavoRo coi vari brand facevo anche da inteRpRete. Io lo tRattavo malissimo, ZuccheRo. Anche peRché eRa veRamente una peRsona odiosa, che aveva pRetese che non stavano né in cielo né in teRRa. Una volta, duRante un incontRo per un recruitment in DanimaRca, a cena, RicoRdo che feci in modo di tiRaRlo fuoRi dal tavolo, con una scusa, e a quattR’occhi gli dissi: «ZuccheRo – io lo chiamavo ZuccheRo – ma sei fuoRi? Non puoi pRetendeRe cose del geneRe. Ma chi ti cRedi di essere? Quello si alza da tavola e se ne va». DavveRo, guaRdi, gente brava davvero, tipo MoRi Kanté ad esempio, con cui avevamo avuto a che faRe la settimana pRecedente, eRano tutt’altro tipo di peRsona.
Aveva anche un modo tutto suo di poRsi; molto aRRogante, diciamo. AltRe volte non capiva un cazzo di quel che l’inteRlocutoRe diceva e alloRa si giRava verso di me, chiedendomi ansiosissimo «cosa ha detto? Cosa ha detto?»; «ZuccheRo, cazzo! – Rispondevo io – stai calmo», e cominciavo a tRadurgli, a quel coglione. AltRe volte ancoRa faceva inteRventi completamente fuoRi luogo. Io lo sbRanavo con gli occhi, sul posto, e poi dopo gli dicevo: «ZuccheRo, ma che cazzo dici?».
E poi eRa aRRapatissimo, ZuccheRo. CeRcava in tutti modi di poRtarmi a letto. Una volta, dopo un incontRo in un albeRgo di PadeRno Gonzagone con un impResario belga per una sponsoRshiping, venne a bussaRe in cameRa mia. Io gli apRii e me lo tRovai subito lì, imploRante. Voleva entRaRe. Io gli dissi: «ZuccheRo, cazzo vuoi, oRa? Vai a faRe in culo!» Lui peR tutta Risposta si tiRò giù i pantaloni e tutto il Resto. Rimase a cazzo di fuoRi, lì sulla soglia. Disse:
«eh, ma che male c’è se ci sono due persone che vogliono fare l’amore!»
Io Risposi, pRendendolo per il culo:
«mah, io ne vedo soltanto una, ZuccheRo!»
E lo spinsi fuoRi dalla poRta e gliela Richiusi sulla faccia.
Lo lasciai lì nel coRRidoio dell’albeRgo, a biRillo di fuoRi. Maledetto ZuccheRo!”

ottobre 27, 2007

ED ORA, STRONZONI INCOLTI ED ABBRUTITI DALL’ALCOOL E DAL FETIDO GUANO CHE VI COLA SUI POMELLI (?), UN PO’ D’ALTA & SANA LETTERATURA. IL NOTO TRADUTTORE RAUL “BONGO” LAMORCHIA SI È CIMENTATO – BONTA’ SUA, IO NON ME NE SAREI DAVVERO GIOVATO – CON LO SCRITTORE KIRGHIZISTANO (NON SUCCEDE MAI UN CAZZO IN KIRGHIZISTAN. COME MAI? VE LO SIETE MAI CHIESTO? CONOSCEVATE L'ESISTENZA DEL KIRGHIZISTAN? ESSÌ CHE SON VICINI ALL'IRAN, ALL'UZBEKISTAN, ALLA CINA, POSTI PIENI TRADIZIONALMENTE DI GRANE & UCCISIONI ARBITRARIE. NESSUNO LI VUOL CONQUISTARE, NESSUNO NE STERMINA UN'ETNÌA, NESSUNO NE RECLAMA LA SOVRANITÀ SPODESTATA CON LA FORZA DA QUALCUN ALTRO. CAZZO FARANNO IN KIRGHIZISTAN PER STAR COSÌ TRANQUILLI?) PULCHRAM K. ISHMET BETUCCHI, REGALANDOCI LA TRADUZIONE DEL SUO NUOVISSIMO QUANTO PROFONDO ROMANZO DIPENDESSE DA ME TI GRATTUGEREI IL CAPO A FURIA DI NOCCHÌNI (INVERO, SI TRATTA D'UN TYTOLO PROVVISORIO, TIPO ERRIPÒTTER), IN USCITA IN ITALIA NEL BRUMAJO PROSSIMO (O ANCHE NO), PRESSO LE EDIZIONI LIMITROFE (LIMITROFE RISPETTO A COSA? MA A QUESTO BEL PAJO DI COGLIONI, MI PARE OVVIO)

“Mi chiamo Lorbetti Baurilio, come tutti – ma anche questa frase non è mia. Faccio o farò un lavoro qualunque, tipo rispondere al telefono e prendere appuntamenti, o ordinare materiali per costruire porte e infissi in legno. A volte sono felice; molto più spesso, triste. È che son sempre di più le cose brutte, rispetto alle cose belle; o comunque le prime pesano di più, come disse qualcun altro che ora non so bene. O magari è che è sempre più facile e comodo esser tristi. Siamo così stupidi che alla fine, penso, la cerchiamo proprio, la tristezza. E vogliamo che ci inquini tutto, anche se ci troviamo a vivere un momento bello. Che diritto abbiamo di vivere un momento bello, se si deve esser tristi perché le cose brutte sono di più rispetto a quelle belle? Perché dovremmo scindere e riuscire a attingere a presumibilmente piccole oasi di felicità, se tutto intorno è tristezza? Sai la fatica, alzarsi in piedi e scuotersi di dosso la cappa grigia che ci tiene giù, seduti piantati a terra nell’autocommiserazione e nella flagellazione della nostra personalità derelitta, ricercando il momento esatto in cui qualcosa è andato storto, perché dio solo sa se noi, proprio noi, non ci saremmo meritati quel destino, e allora dev’esser stata per forza una mancanza di un attimo, un calo di tensione, una leggerezza esecrabilissima, qualcosa che è accaduto e non ce ne siamo accorti e che ci ha fatto precipitare giù, giù, giù, in un limbo grigio e senza cielo, in cui per forza ci dev’essere negato ogni altra cosa che non sia quella, la tristezza. D’altro canto, come possiamo essere felici se tutto quello che dobbiamo fare, sempre, è rispondere al telefono per prendere appuntamenti, o ordinare materiali per costruire porte e infissi in legno? Produrre cuscinetti frenanti per sistemi meccanici? Registrare fatture? Promuovere la vendita dei nostri prodotti e servizi; i migliori, Signore, nel campo della telefonia fissa e mobile, mi creda? A voi, ve ne frega qualcosa?
Passo giorni interi senza ridere. A volte penso di essermi scordato come si fa. E invece non me lo scordo mai, sembra incredibile. Quando sono felice tendo a parlare di più, a sentire un fuoco dentro, che è forte, è contagioso, energia che si sviluppa – potrei costruirci un grattacielo, abbracciare una donna, suonare il pianoforte; scrivendo costruisco frasi subordinate, una pletora di congiunzioni, disgiuntive, avversative, pronomi relativi, i quali vanno a mostrare all’esterno quanto sono vivo, che ho ingegno, un ingegno e una voglia di vedere o questo o quello, che non è fine a se stessa, ma è un feroce bisogno di sapere, conoscere, capire, sentendosi magari i brividi addosso quando si entra in un concetto, si esperisce una nuova sensazione davanti a un quadro, si è felici perché si assapora che la vita è qualcosa di più.
Ma poi mi ricordo che il mio destino è sempre lì che mi attende, la mia dannazione continua, la mia tristezza sotto le ceneri di un attimo. E quindi torno triste, censurandomi e dando l'alt a tutto il resto. Perché: che diritto ha uno di essere felice e sentire tutto quello, se c’è sempre, poi, il basso continuo della tristezza? Quando sono triste tendo a chiuder tutto dentro, a veder tutto velato e fonte di fatica immane. Non scrivo, ma se scrivessi sarebbero frasi cortissime e secche. Così. Non c’è niente da dire, nella tristezza. È inutile e faticoso. Che senso ha capire un concetto? Perché una nuova sensazione? Prendersi la briga di fare, quando tutto quel che dobbiamo fare è vendere complementi d’arredo per il bagno, telefonare e piazzare prodotti gestionali per l’ufficio, archiviare documenti protocollati, produrre circuiti stampati per dio sa cosa. Tutte cose di cui non c’è mai fottuto un beneamato cazzo, gesù. E tutte cose che finiscono per contare più della nostra vita. Perché? Se, giocoforza, ci capita qualcosa di bello, lo viviamo quasi come una colpa, da sminuire o cancellare al più presto. Siamo un continuum che ha necessariamente un colore – ed è sempre più facile che sia il grigio, o il nero – non un agglomerato di momenti vari e diversi. Una dis-armonia grigia e triste che preferisce desiderare qualcosa d’altro e di lontano, invece di ragionare e scindere le cose e godersiproteggersi, a seconda del momento. Perché?"

ottobre 24, 2007

SEBBENE CI SIANO ZONE & PERIODI DELLA MIA VITA (PRATICAMENTE TUTTA, GIORNO PIÙ GIORNO MENO) CHE MAI E POI MAI VORREI AVER VISSUTO, TIPO QUANDO ANDAVO A SUONARE WONDERFUL TONIGHT IN PIAZZA A TABAGISMO MILIZIANO VAL DI SOPRA COL MIO PARENTE PANETTONE® CHE CANTAVA E STRIMPELLAVA, EMULO PROVETTO DI UMBERTO SMAILA E TUTTA QUELLA FOTTUTISSIMA GENÌA (PER TACERE DI QUANDO SALTAVA GLI A CAPO O PERSISTEVA A CANTARE SUGLI A SOLO STRUMENTALI); SEBBENE TUTTO CIÒ, PVRTVTTAVIA (SÌ, PROPRIO PVRTVTTAVIA) STUPIDITÀ MI MÒVE A DAR NOVELLAMENTE LA STURA A


I RICORDI

Mi ricordo, sì mi ricordo, la professoressa Bertelli. Orbene, la professoressa Bertelli – insegnante d’inglese presso il regio istituto delle pie suorine maculate e repubblichine, scalze e senza portafoglio “Aurelio Fierro” eroe d’emigrazione & lagrime – sosteneva d’essersi fatta potenziare l’udito, all’esclusivissimo fine di impedire il loro sporco gioco agli alunni che suggerivano ai compiti o alle interrogazioni. Nonostante fosse alta un metro e un cazzo e avesse capelli color della stoppia degli spaventapasseri, elegantemente raccolti in un taglio a paggio/mocio vileda, tutti la temevano molto, e l’avevano soprannominata PROFOCOP. Quando qualcuno non sapeva la classicissima segaccia nulla, alla lavagna come davanti all’apodittico foglio protocollo bianco piegato in due, la professoressa Bertelli sorrideva serafica ma inesorabile, guardando negli occhi il malcapitato che credendosi fvrbo, aveva ardito suggerire alla stolidissima phya de’ suoi sogni, confidando magari in future ricompense al cambio dell’ora (toccata poppe/dito-nel-culo/masticone rrrapido): “è inutile che ci proviate, vi sento, ho l’udito potenziato”. Non era permesso neanche alzare la testa dal foglio. La professoressa Bertelli era sposata col professor Bertelli, il quale invece insegnava lettere e aveva la voce perennemente fioca e dei meravigliosi denti da cavallo, tantoché teneva le labbra arricciate per farli  vedere meglio. Il professor Bertelli andava in giro con un orridissimo shearling peloso e (ce ne sarà di gente strana, al mondo?) le scarpe coi tacchi. Molto alti. Dopo un po’ di tempo nella stessa scuola entrò la figlia dei due, che insegnava Tedesco, e aveva altre particolarità, tipo i metodi da nazista e l'interrogazione-confessione.
The Bertellis sapevano a memoria tutto lo scibile, dividendoselo.
Comunque la si voglia mettere, poi gli anni son passati veloci come merde che seccano sui binari del tempo (ah, son pöeta!), e adesso (sempre che non sia morta, sepolta & mangiata da’ vermi – si sa: la vita è crudele et inesorabile) la professoressa Bertelli probabilmente avrà fatto installare nella parte esterna della coscia destra una pistola laser (nella sinistra c'è già lo scanner delle inclinazioni di pensiero dell'interlocutore), utile per terminare qual dei riottosissimi alunni moderni osi anche solo pensare di suggerire al compagno in difficoltà il past tense del verbo to bring.

ottobre 22, 2007

COSA GIUNTA CAPO HA. O - ALLE VOLTE - ANCHE NO. MA CIO' - COMUNQUE SIA - NON E' BELLO?
 
"Nel ringraziarla per l'interesse dimostrato (1), la invito a visionare il nostro sito: www.media-work.org.
In questo modo avrà la possibilità di conoscere meglio l'opportunità che Le offriamo: nella sezione Programma Affiliazione ed ancor più nella sottosezione Affiliati (2), potrà comprendere appieno per quale motivo parliamo di "rivoluzione" nel settore delle Risorse Umane.
Come avrà modo di capire, visionando il sito, stiamo cercando persone in grado di fare la differenza, con un marcato spirito imprenditoriale e che alla domanda "in quale azienda lavori?" VOGLIANO poter rispondere: "Io lavoro nella MIA azienda, lavoro per ME STESSO!" (3)
Dopo aver visionato il sito, se la risposta alla domanda "in quale azienda lavori"?, è sempre: "Io lavoro nella MIA azienda, lavoro per ME STESSO!", allora ci invii una mail di risposta alla presente indicando in Oggetto: VOGLIO FARE LA DIFFERENZA (4).
Provvederemo immediatamente ad attivare la seconda parte della selezione.
La ringraziamo nuovamente per l'attenzione dimostrata nei nostri confronti (5) e nell'augurarLe di realizzare il Suo sogno, la salutiamo cordialmente.
Il responsabile sviluppo
L. T. (6)"

________________
 
(1) quale interesse dimostrato? Quando? Chi diavolo siete, voi? Chi v’ha mai cercato?
(2) scusi la sintassi
(3) cfr. nota precedente
(4) ahahahah scusi eh? Ma a scrivere tutte queste puttanate, a volte mi ci scappa anche un po’ da ridere, spero capisca, se non capisce è uguale
(5) chi le avrebbe dimostrato attenzione? Quando? Chi diavolo siete, voi? Chi v’ha mai cercato?
(6) Latrina Tonante? Leprecauno Troncato? Lamezia Terme? Lèvigamelo Tutto? Leccami il Turgore? Che tipo di usanza porcella è, esattamente, quella di firmarsi con le iniziali?

ottobre 20, 2007

MORCEAU #39, in la minore con piselli e crosta di pepe

“Chi diavolo è quell’elegantone che balla come un tortiglione, là?”
“Quale elegantone?”
“Laggiù… il misto fra Ricucci, Umberto Smaila e Mauro di Francesco”
“ah, quell'elegantone. Non lo so; so solo che è il fidanzato di quella con cui balla, quella mora…”
“fidanzato? C’avrà cinquant’anni, c’avrà…”
la festa volgeva al termine, più o meno. Ricucci-Smaila-Di Francesco ballava come se avesse avuto diciott’anni, invece dei suoi cinquanta, sfoggiando una rovescia improponibile su jeans attillati, camicia bianca, scarpe a punta e panciotto lucido su giacca blu. Tremendo.
Io mi diressi al bar. Chiesi un caffè; lo zucchero ci cadde come uno stronzo nel cesso. Plop. Dall’alto, un blocco unico. Plop.
Poi notai quell'altro, con un look che pareva mirabilmente sintetizzare fra un buon vecchio zio itle e un Oscar Wilde da cartolina, zazzera a ciuffo e baffetti a sfregio su vestito grigio antifrastico con cravatta a calzino.
Guardai fuori. Fuori era molto freddo. O pioveva, il che fa più o meno lo stesso.
Niente avrebbe valso il mio mug che fumava; non fosse che non era affatto un mug.
E non fumava.

ottobre 14, 2007

when it is truly time,
and if you have been chosen,
it will do it by
itself and it will keep on doing it
until you die or it dies in
you.
there is no other way.
and there never was

(C. Bukowski, so you’d want to be a writer?)


what you do is take whatever luck comes your way and pretend
you know more than you ever
will.
right?

(id., the Mexican fighters)

ottobre 12, 2007

Ah, quanto tutto è molto quïeto, quanto tutto è molto calmo, dacché son dysoccupato, e mia optima occupatio è rifare il letto, risciacquar stoviglie-scodelle-terraglie, tender panni anziani. Son qui con un mug del MOMA, nero nero come il caffè modello Starbucks che c’è dentro, con tanto di spruzzata di cannella e sugar-in-raw da frugare. Potrei lumare dalla finestra del mio loft un po’ di miseria, giù da basso, e scrivere di rabbia & frustrazione il Grande Romanzo che il mondo brama. Potrei mettere il camicione di flanella a quadri e guardar la pioggia sui vetri appannati dal vapore sprigionato dalla mia tazza di caffè, pensando pensieri acutissimi & lucidi su come questa società schiacci l’uomo e tutte le sue migliori aspirazioni, tenendolo compresso in una prigione che si chiama lavoro&dovere. Ma sono il tytolare dell’unico (un dei pochi, via…) blog che sdogana la merda e tutti i suoi derivati. Inoltre, non ho un loft, e non piove. Se guardo dalla mia finestra vedo una casa deserta colle persiane anziane, e un bel po’ di putridissimo pacciame. A dirla tutta non ho nemmeno il caffè con me. C’ho pensato sì a farmelo, poi mi faceva una fatica strafottutta, quindi niente. Tutt'al più un biscottino alla lampreda.

Tutto ciò premesso et considerato, cosa assai più a misura sarà il tornare ad occuparsi di ciò che mi si confà maggiormente, che nel caso in questione mi pare siano i

RECORD DI PALESTRA™

Quest’oggi (sì, quest'oggi una sega, neanche fossero quotidiani, ma vaffanculo): SFIGA®


Sfiga® dispone di due belle file di denti, in bocca. Due sopra e due sotto, come gli squali. Si badi bene, non si tratta di una manciata di denti sparati a caso; no, son due file, una davanti e una dietro, ordinatissime, solo magari un po’ pigiate. Perlopiù son tutti canini, non affilati. Sfiga® porta un par di tristissimi occhialini tondi, da vista ma con le lenti che s’oscurano, ed ha una capigliatura a metà strada fra il paggio con ciuffo (che si ravvia con la mano – brivido terrore & raccapriccio!) e il tortino di merda colato sulla calotta cranica, la quale è incredibilmente tonda ma sgraziata. Sfiga® pare un po’ Dan Aykroyd di qualche anno fa, solo meno interessante e più Sfiga®, se si capisce quel che intendo. Sfiga® è nerd e brindellone ma col buzzo, ed ha il mondo in gran dispitto. Il suo umorismo, pur essendo buono d'animo (si badi, quasi come Fungo - qualcuno studi la sintomatologia dei due casi), è vicino allo zero. Fa esercizi quieti e inutili; par fatto col trincetto, e ti saluta e dice “ah, io son contrario al computer”. Peccato che anche il computer sia contrario a lui. Sfiga® l’ha detto - pare - anche al suo professore. Fa statistica, o qualche cosa di matematicamente inutilissimo. Come si può, come, non volere bene a Sfiga®? Si può, eccome se si può. Tutti possono essere odiati. Anche voi. Ancor più se siete Sfiga®, con la vostra dentatura meravigliosa.


ottobre 10, 2007

Ed ora, per il consueto (consueto?) angolo dell’aforisma, tre massime/quesiti zen. Si badi, per rendere il tutto più interessante (interessante?) di fatto uno dei tre non è valido o vero o comunque applicabile ad una ipotetica filosofia zen (es. te rivògamelo pure nel ciarrapìco, che tanto non men cale, a me, son zen io sissì). Si provi a indovinare quale. Chi vince diventa zen (o anche zang, dipende dal cognome) seduta stante, e sarà omaggiato di relativo giardinetto pènco e mini-rastrello utile anche per grattarsi fra le scapole nella pausa pranzo.

a) È possibile vedere un gatto nero in una stanza buia, se il gatto non c’è?

b) Per quanto tempo si può asciugare un lavandino con una spugna da piatti?

c) Come può un albero fare rumore cadendo in una foresta, se schiaccia quelli che erano lì per sentirlo?

Tentate la sorte, su, stronzoni! E ricordate che, per quanto sia certamente meglio un amico oggi di una gallina domani, un po' di brodo però costa sempre poco. Così disse il saggio, prima d'illuminarsi e divenire un ottima fonte di calore indotto (a cosa? Ma al mal fare, è chiaro!).

ottobre 09, 2007

Bada un po’, amore:
non ti par che quella pasticceria, lì, païa un po’ il Flatiron Building? Eh?


Report #1 (comunque sia non ne seguiranno altri)
Ebbene, mie’ sodali (de’ miei coglioni); sono stato sì un po’ in girino, e ora son tornato, pronto et agile, per raccontarvi quel che m’è successo. Ve ne fotterà forse il proverbiale nerchione™ d’Aronne? Supporrei anche – e sareste pur nel giustissimo e nel retto; purtuttavia, non volendo venir meno a natura & inclinazioni mie molestissime & spregiose in sommo grado, certo non posso tacer l’inevitabil mossa (di corpo) che mi spinge a – lagrimando – dire. Eddunque.
Eddunque, da’ miei peregrinamenti pel mondo ho riportato la ferma convinzione che se (voi) state a casa vostra, è sycuramente troppo meglio: meno gente in giro, meno casyno, meno dementi con la maglia di Gattuso che cantano pooo-po-po-po-po-pooo-poooooooo, meno sgallettate che diranno miii ma io guesta gua già l’avèvo viscta, ma era molto pppiù rrròssa, di fronte ad un qualsivoglia ritratto di Dora Marr o Stanze blu o chissà che altro.
A giro pel nostro globo terracqueo (son stato a Capresia Inferiore, Remigio, Lago Sornione, Puliciclone, FanteQuadro di Sorcagna, Castrone Val di Minchio – ah, la bellissima Castrone Val di Minchio!) ho visto tanti cartelli di attraversamento alci, alci mai, una volta una puzzola schiacciata, iosa di scoiattoli codoni e (ma meno) scojattoli cip&ciop (è la razza – si chiama veramente così, potessi morì), un qualcosa che volava alto e che poteva anche esser un falco ramaccione o (più probabile) un piccione tabagista; ho pestato nr. 1 merda di (presumo) cane, mangiato in svariati posti tutti diversi e orinato in relativi quanto diversissimi orinatoj; ho visto pettinare molti cani altezzosissimi e pieni d’un sussiego ignarissimo della consapevolezza d’esser bestie del tutto inutili e moleste; urtato un gobbo proprio sulla gobba (m’ha guardato malissimo, e m’ha detto pure pezzo di merda nel locale idioma – dico: son garbi, questi?), e rubato nr. 6 mele dalle ceste degli alberghi, pur se in tempi e luoghi diversi; riportato e battezzato ben 3 (uno) gatti di pezza e legno (separatamente: uno di pezza, due di legno): Arturo, Barney e ZonkerHarris. Questo, nell’ordine.
E poi ho vissuto lei. L’esperienza più mystica possibile nel nostro globo terracqueo, che domeneddio signore l’abbia in gloria (il globo, no l’esperienza più mystica possibile nello stesso, ché la cosa va da sé, mi par chiarissimo & superfluo).
Quindi: cena in quel di Wurstellone, ridente paesello ai piedi del monte Topo. Il ristorante in questione (Elettropus, di Emilio Piancastelle, aperto tutti i giorni anche la sera a cena e il giorno a pranzo, prezzi modici e luci spente sennò si consuma troppo) proponeva, con spiritosa incongruenza anatomico-animale, le “ali di bufalo”, riportando il nome sur la carte (è francese, bestie!) in un’antica lingua locale, un misto di indiano e celtico che ricordava tanto l’inglese, ma ora non stiamo qui a sfrucugliâr l’arcano, né tampoco il fatto che poteva agilmente trattarsi (come argutamente suggerì l’ottimo quanto povero Ampelio Beluga, subito prima che un subitaneo et improvviso crampo totale gli fosse fatale, jer l’altro sera, dopo che s’era appena visionato insieme “Terrore a Vajano/Vernio”, dei fratelli Coen) di ali (di pollo, o di simil bestia pennuta et indi dotata di appendici sul genere) cotte alla maniera di Buffalo.
Le ali presentavasi sur una terrina immacolata, ricoperte di salsa rosso elettrico fluorescente e circondate da’ sedany et altre cose inutilissme (tipo il Cardone, o anche gli Zerri) che il nostro globo terracqueo si ostina capzioso a darci, scordando che l’omo vero ha da essere carnivoro e regnare su tutte le bestie ammazzandole a testate (o anche a schiaffi) per poi mangiarle completamente, ponendosi meritamente a capo della catena alimentare fatto salvo quando caschi in mare e c’è gli squali che allora si rifanno di tutte le angherie a nome anche dei polli nelle stïe e de’ porcelli macellati.
Scansato veloce quanto giustamente l’inutìl verzura, gettavami avidissimo sul proteico manufatto, pensando tutt’al più a qualche ingrediente radioattivo o a simil diavoleria gustosa quanto pericolosissima, scoprendo invece tosto il pervicace piccare del piatto in sé, capacissimo di sommuovere alla sudorazione frontale copiosa et al lagrimar delle cavità occipitali.
Tuttavia, trovandomi io in muliebre quanto aggraziatissima coNpagnia, giocoforza trovavami a dissimulâr (abilmente, mi lusingo) il pizzicor perniciosissimo, anche coll’ausilio del ripetuto passare (elegantissimo) della sarviette à papier di cui ero stato fornito, sulla fronte prima e sulle mani unte poi, giacché le ali, come ognun sa, si mangian COLLE MANE®.
Proseguito tenacemente nell’opra fino all’esaurimento del manicaretto, tintomi d’unto financo alle basette, e negato ostinatamente l’eccessivo piccar dell’orribilissimo intingolo, trovavami dunque a necessitar d’infuso delicatissimo al finocchio&meringata per calmare lo stomaco in subbuglio; indi proponeva (io) alla muliebre coNpagnia, con una nonchalance a cui verisimilmente non avrebbe saputo attingere nemmeno il duca d’edinburgo, fosse stato ancora vivo: “osséssi pigliasse un tisanyno, Ravanesyo?” (Ravanesyo è ‘l nome in codice della mia coNpagnia della sera in questione; ciò imperocché io, essendo gentiluomo, non l’ardisco certo nomar col nome vero, pur se questo avesse a esser’Ampelio, o Nedo, o Rufus).
La risposta a metà non favorevole (“te t’attacchi… io piglio ma ‘l dolcino al canapé”) non scoraggiommi troppo, e proseguii ordinato nel tentativo di calmar la bile, surgandomi placido ma solo il riposante nappo pien di liquame tèpido & giallo, ottimo alla bisogna.
La notte passò indenne, e similmente la mattina, fin verso l’ora di pranzo, allorquando trovavami a dover lasciare Ravanesyo raminga presso la locale fattoria Waylon Smithers inc., posticino veramente fine ove c’eravamo recati nella speranza di poter ryportar NECO (che si dica, neco?) locali prodotti della local pastorizia & agricoltura (il cheddar alle pere, lo sciroppo di crescione, etc.) e, a seguito della pressante nonché abilmente dissimulata, quanto ad urgenza, richiesta della presenza o meno d’un bagno ne’ paraggi all’inserviente, recarmi tosto entro il vespasiano (c’era!), a pagare il dolorosissimo e dilazionato fio che ‘l bufalo serale imponeva, a mezzo d’una defecatio calidissima et piquante, col teNpo che passava a piene mani (oddov’eri finito, chiesemi appo Ravanesyo; sta’ bona; dopo ti racconto) e lagrime che sgorgavano dagli occhi, involontarie eppur tenaci. Una cosa veramente mai provata, e una sensazione nuova nuova, a rinverdire il detto che a girare il mondo t’impari tante belle cose e vedi posti e genti e cessi.


...è proprio vero, sì: gente che vai, paese che trovi. (Cazzo c'entra?)

ottobre 03, 2007

Signore; Signori; Merde:
è con gïoja somma et alacre (in realtà con malcelatissima scarsità d’entusiasmo frammista a stizzitissima malavoglia) che vado INDJEGNIOSO a rinnovar tosto (tosto una bella sega, come si potrà ben arguire; ma come diciamo noi in quel di Calatrava, quand la fava si puppava in cul s’andava e seco un cazzaccio si portava: chi va piano va sano e s’infarina, va lontano chi dorme giù in cantina – tanto per cytare il sommo demiurgo di qui, oh bontà sua, quando ne rimembro ‘e versi sapeste sapeste il pesto antico, per tacer delle mosse di corpo e botte forti a seguir rrrapido) il mio complicatissimo congegno genera-rutti (per cerimonie, facili momenti di trionfalismo o solennità, trivialità amena, etc.), assommata alle consuete (e a marca CEAP – ora però basta parentesi, eh?) lyngue di menelicche (però aromatizzate al ginseng agliato e in fiamme, per una ancor più sympatica riuscita), palloncini scorreggioni et simil maraviglie ludico-fanfaristiche; il tutto - 'nzomma - per comunicare a tutti quanti voi, signore (ivi includendo anche troje & bagasce – s’era detto basta parentesi, oggesummaria, non ci si capisce più un cazzo), signori, merde, che…
IL PAPERO È TORNATO!!!
(cioè, questo è da ritenersi valido almeno ai sensi dell’art. 346/bis del D.Lgs 1006/2007 comma 1 fratto 2, elevato a potenza al 15 e stretto fortissimo cor una brugola del 16 tipo jer sera che stringevo quella della doccia e nel frattempo pensavo a te, o Bruno – insomma, ciò vale almeno finché non mojo, o la pellagra non mi fiacca nel corpo, oltreché nello spirito; il tutto senza tener conto certo delle normative sulla privacy, che m’imporrebbero anche un bel ballino di cazzi mia, coatti e necessarissimi, anche perché non avendo io né idee né costrutto alcuno nell’apporre scritti tipo di questo tenore, cosa cazzo ci scrivo a fare? Eh? Eh? Eh?)
Comunque sia: ne siete contenti e/o orgogliosi? Ylari? Gai? Ghei? Frei? Gei? Pei? Tei? Ci-ci-ci-ci zzzif? Frim-frum-frum-prem-prem? Preeeeeeeee? Broooot? Zum prim prem graaaa prem prem prem PRO! ZOT! PEM!
Sì amici (amici una bella sega, mio unico vanto e potere è dirmi orbo e monco soprattutto d’amici, dai quali mi guardi bene iddio, come diceva bene il saggio Sasgavronsgkij, prima di morire morto stiantato causa il meccanismo a pressione del suo necessaire), son tornato, e dunque m’è d’uopo in urgenza assoluta salutare il Fratini, che trovasi disperso nel mar della Cina, a seguito d’un maldestro nonché pedissequo tentativo d’imitatio Marco Polum Florentinum. Il Kublai Kahn l’ha iNprigionato, offeso dalla di lui gradazione rosso-arancio del cuojo capelluto, oltreché dal bieco tentativo di spaccio di sostanze nocive (il cumino) presso l’autoctona popolazione indigena. A breve (anche no) farò partire una sottoscrizione/colletta/rosarione-a-boe affinché il mariuolo/manigoldo/facciona-di-cazzo-gialla ti liberi, non temere, caro Lei (Lei chi?). In the meanwhile, una prece per te, caro Lei (Lei chi?) e pensa, mentre guardi il mar giallo, a spiegarmi come cazzo farà un mare a esser giallo, oh ma allora se le cercano proprio eh? È come se laggiù, tipo in NÉGRIA™, ci fosse il Lago Negro – eh, voglio dire, almeno non tiriamoci la zappa su’ piedi, eh?
Comunque sia, svelto (participio passato di svellere, lo dico péi meno abbienti culturalmente e/o grammaticalmente – ammesso che così si dica, poi, sai la figura da Capomastro-A-Palazzo) dagli umani obblighi quotidiani qual questo presente testé sbrigato, assenza forzosa et ingiusta m’imporrebbe ora, a rEmedio & consolatio degli afflitti, che raccontassi quantomeno un dracma di quanto m’è successo et accaduto (pleonasmo, sì: sfava?) in questi ultimi mesi e giorni et ore.
E invece nulla, puppatemelo duro. Alterigia & dispregio son gl'unici miei palpiti, ormai.
Pvrtuttavia vi rammenterò io che, notando com'in sede di commento precedente avete Voi mentovato – bontà vostra, io al massimo ricordo quando Ivano Bonetti giocava ala sinistra nella SANDORIA – Isozaki, quello del museo di Milwakee (“Lamiere mosse da magico vento, forse di provenienza rettale”, opra da me vysionata solo in foto, PULTROPPO) di cui ora non ricordo il nome, oltreché soprattutto il Calatrava (sia in forma d’inclito principato nonché d’architetto); vi ricorderò, dicevo, che di ponti di Calatrava ce n’è uno anche nel ridente paesello di Gello (puppatemi l’uccello – oioi, la rima, LA RIMA!), vicino al Turco, notissimo ristorante in cui è possibile fumare-come, bestemmiare-come, cacare-come – appunto – un Turco, non fosse che il proprietario trovasi ad essere Ferruccio Mirco, anni quarantatré, nativissimo della vicina Val Fiammona (prov. di Degrado), nonché orgoglioso possessore di regolare abbonamento al mensile “Beccaccia Oggi”, rivista in cui l’omonima bestiola vien vezzeggiata péi suoi cangiantissimi colori et piumaggio, salvo poi averlo regolarmente in culo ad opra di cani, cacciatori e picadores; ragion per cui – in definitiva (ora caNbio discorso & soggetto & costrutto, tornando a bomba al Mirco, scusino l’arditissima syntassi) – se assumete coNportamenti riconducibili agli usî dei discendenti dell’Impero d’Oriente il proprietario magari se n’ha parecchio a male.
Orbene, questo ponte di Calatrava - al contrario dell'altro, syto sul sivilliano Guadalquivir (tocca quir - ahahahahah) e constante in un complessissimo quanto spartano e di dubbissimo gusto pezzo di cemento ritto nell'aere (sì, proprio tipo fava), con agganciati ogni sorta di tyranti a gioiosissimo caso & capriccione dell'artista - è tutto di ferro e joni d'elettricità, ed è uso comune che la gente l’attraversi canticchiando un facile quanto orecchiabile motivetto, che qui non riporterò, giacché a scriver l'ovvio si fa peccato, ma ci si azzecca quasi seNpre, come diceva coso lì, cé ghevara (o era Scevarnazze?). Che poi, conoscendo io il sommo Avviatura™, lascio benvolentieri (in realtà no, è solo che c'ho da andar a prepararmi un bel panino alla frittura & cecy fischioni) l'onore a lui, di scoprir l'arcano.
Come direbbe il Calatrava: porgetemi la mano, vi saluto. Giuro, non vi ce la metto, la fava...

PLOP!

agosto 03, 2007

LEZIONI UTILI: EDILIZIA DOMESTICA
 
Ehi tu! Hai una Dodge del ’74, nera e wendicativa come l’angelo della morte, coi cerchioni in titanio e il serbatojo cromato? O una Pontiac rosa confetto del ’76 con gli sportelli saldati e l’ingresso stile Hazard? Una Cadillac cabrio del ’69 con gli specchietti saldati e il volante in madreperla? Sì? Ecco, allora cambiale; quanti cazzo di chilometri ci vuoi fare, imbecille? Aspetti forse che ti mojan sotto? Che si stacchi una ròta? Testa di cazzo, magari sarà anche dieci anni che non fai la revisione, vedrai se ti beccano gli ausiliarî del trafigo (speriamo mojan tutti) te lo danno loro, te lo danno. Merda.
Comunque sia, anche se tu avessi una SINCA-1000 o anche una NSU-PRINZ (Bräu – ahahahahahah questa io l’ho capita, voi non saprei) magari verde profondo con gli interni pelosi e le tendine dietro, non puoi dire d’essere un omo™ se non hai un posto dove riporla, all’ombra e con tutti i CONFORTS del caso, giusto perché quando c’entri d’estate non ti paja d’entrar nel forno crematorio che – peraltro – di qui a pochi anni t’inghiottirà comunque (è sempre bene ricordarlo, memento mori; polvere eri e polvere ritornerai – speriamo – presto, e via e via).
Solo che... puoi forse tu permetterti una squadra di sussiegosi muratori, col rischio che ti montin tutto a cazzo e controvoglia e quando gli pare a loro, col rischio che poi di lì a poco venga rovinosamente giù tutto solo perché non hai capito in che idioma t’hanno detto bada capo questa struttura noi s’è montata pericolosamente instabile così, tanto perché c’era più d’agio di far così? Non rischiare a vuoto: fàttelo da te, con la magia & il brrrivido del bricolage e la tua proverbiale abilità pei lavori manuali. Poi verrà tutto giù uguale, solo che potrai incolpare soltanto te stesso, o magari la malasorte, gl'avversi numi, o – perché no? – le stelle, nemmen tu fossi un eroe metastasiano, il quale (Metastasio, no l’eroe), giova dirlo, è morto anche lui secoli fa, magari di podagra o anche di sinossi, pace all’anima sua.
Ma qual è la corretta procedura per farsi un bel gazebo/pergolato/copertura per la macchina?
Anzitutto, c’è da scegliere il tipo. Scartati materiali non conformi quali il piombo, lo stagno e le carte da gioco, vi restano due possibilità: il legno o il ferro. Come materiali leganti la scelta è assai più vasta: si va dal DAS alla merda, passando per sostanze acriliche (ma tossiche) quali resine, colla di pesce, chicchini gommosi impastati con la pistola a caldo. Personalmente, consiglio sempre il ferro a “T” combinato con le resine di pino trattate, purché malissimo e con alterigia somma. Quindi, veloci: andate dal ferrajolo più vicino e fatti tutti i conti (che di sicuro sbaglierete) compratevene quanto ne serve, tipo anche 4 pali per lato, di 3 mt. l’uno. Ricordatevi – casomai – di lasciarne aperto uno, sennò col cazzo che ci mettete la macchina, poi. Procuratevi poi un bel martello pneumatico (è facile: basta appostarsi nei pressi d’un cantiere dell’ANAS. Quando l’operajo s’assenta per necessità fisiologiche, repente balzate dall’ombra e sottraete l’ATTREZZO™) e cominciate a far buchi dove più v’aggrada, nel terreno. A questo punto vi saranno di sicuro venuti i dubbi più atroci, riguardo a chi, fra’ vicinî, possa aver chiamato i vigili, così tanto per darvi delle noje. Però tanto ormai ci siete, niente questioni: loro son stati minacciosi, quindi mettetevi all’anima un bel giretto pégli uffici più varî e cavillosi, appurando tutti i vostri sospetti più nefasti. Ci vorrà il permesso della commissione paesaggistica, dei vigili edilizî, del comune; una relazione geologica (in cui si dichiarerà che nel terreno sottostante la nuova costruzione non risiedono sedimenti preistorici tipo celacantidi fossilizzati, ossa di brachilosauro sciupate ma comunque recuperabili, conchiglie estinte ma comunque conservate nell’ambra), nonché un bell’atto del notajo in cui dichiarate (e lui c’è apposta per confermare toh lui l’ha dichiarato qui davanti lo giuro sul canguro fan 5.000 euri e ci sta largo, vòl la fattura? No, sennò sono 6.000) che la vostra intenzione di costruire il gazebo/pergolato/copertura è assolutamente pacifica e piana, e rientra nell’ambito denuclearizzato del vostro comune di residenza. Indi, pagando il tuto, fate passare i due (4) mesi che ci vorranno per la registrazione di tutte le pratiche e ricominciate daccapo. I buchi eran già pronti, quindi partite lesti con la posa dei pali, per la quale è necessario impastare prima l’amalgama di resina (avrete attinto da tutti i pini della zona, raccattando anche diverse multe per violazione di proprietà privata, e un par di morsi di cani) cogli agenti chimici quali Bromuro di Odio, Solfato di Trapasso & Zafferano. Attenzione, perché simil mistura può riescir alquanto indigesta: frequenti sono i casi di gente che ci vomita dentro, in preda all’onco sfrenato. Nel qual caso, nessuna paura: il bolo di rigetto è ottimo legante, e renderà il tutto più compatto, per tacer dell’odore. Mescolate il tutto con sdegno e ferocia, tirando anche frequenti calci al secchio, così, per dar l’idea d’essere indaffarati; indi procedete alla colata che, se non corroderà il ferro messo in verticale, vedrai poi regge. A questo punto, presa una mazza ferrata degna di Czernobog (il dio slavo della vendetta) date folli quanto sonorissimi colpi sulla cima dei pali. Avrete senz’altro visto un film di Bud Spencer: quindi non avrete problemi a farlo; nel caso aiutatevi fischiettando la colonna sonora di Altrimenti ci arrabbiamo. La cosa - confesso - non serve assolutamente a nulla, ma è purtuttavia molto maschia, e in questi lavori la componente virile è fondamentale per la buona riuscita del tutto. Posati tutti i pali, verrete a conoscenza del fatto che alcuni dei vostri permessi non sono più validi (o non lo sono mai stati), giacché le leggi nel frattempo son cambiate. Un solerte messo comunale, verrà a dirvelo, recando seco copia dell’ordinanza comunale 745.12/bis della giunta comunale, firmata dal syndaco Anatresio e dall’arciprete Strozzi-Pipy, che non avrebbe dovuto ma si trovava in loco per un caffè e per parlare un po’ di figa col suo amico syndaco, sicché ha firmato anche lui per aggiungere importanza alla cosa. L’ordinanza recita, testualmente: “Basta coperture”.

Peccato, c’eravate quasi. Avevate anche appena comprato un telo ombreggiante verdone (in tinta con la NSU-PRINZ e/o SINCA-1000) impermeabile e immarcescibile e pien d’anelli di fissaggio per la modica cifra di 1.000 eurini e ci stai largo, al netto di tiranti e ganci d'attacco (altri 400 comodi comodi, purché tutti sull'unghia in contanti guai assegni o cambiali, quelli portali un po' a tu ma', va')?
Ficcatevelo in culo, vi dirà il messo comunale.

D'altra parte, "Basta coperture". Si dev'esser più chiari? Razza d'ingrati.

agosto 02, 2007

Bada, è tanto & assaj che qui non ci scrive nulla nessuno. Grazie al cazzo, ci posso scriver solo io. Che ci mancherebbe altro, poi; che ci vorreste scrivere, voi? Ahahahahaahahahahaahahahahamaorabastaridere. Tampoco non do – cazzo, vi pare dovrei? – giustificazione veruna al fatto che non scrissi più è tempo immemore (badalì che costrutto con ellissi di qualcosa, paio il re del cazzo & della merda di samraimiana memoria), imperocché mi son tirannico, acido ed ostile, nonché borioso com’un tacchino. E vi vo in culo, assai e di gusto. Questo è da tenersi a mente sempre: Arnaut Daniel era quello che cacciava la lepre col bue, scriveva nell’aria e nuotava contro corrente; io per me son colui che vi va in culo. E porta – generalmente – sei; a volte sette, od anche nove, quando gira proprio a mille. Sicché, puppa.
La storiella che mi frullava pel capino in questi giorni però m’imponeva d’esser scritta, perché come tutto il resto che c’è qui (a parte i pynferi, ai quali sto insegnando a giocare a calvin-ball – a quello men nano, perché quello inferiore, ovviamente, per adesso sa-una-sega®) è scipitissima et inutile, oltreché spesso volgare e di cattivo gusto. Così, tra l’altro, m’ha recensito l’Esquire, che è un giornale che se ne capisce, quindi lascia fare. E allora.
E allora insomma mi ricordo di quando fummo ad una cena dove non si conosceva nessuno. Perché non si conosceva nessuno? Perché chi ci portò c’aveva detto che lui conosceva tutti e c’era pieno di PHYAE. Poi non conosceva nessuno nemmeno lui e non c’era neanche pieno di PHYAE, che detta così è come dire – per dirla col Beckett, che di sicuro era più furbo di me che scrivo, nonché certo di chi legge (sempre me, e magari il patzientissimo ciofo, al qual son deferente; deferente o rancoroso, poi si vede) – “allora rientrai a casa e mi misi a scrivere: «è mezzanotte; la pioggia batte sui vetri». Non era mezzanotte. Non pioveva”. Comunque sia dicevo, venne fuori – quando ormai s’era lì – che nemmeno chi c'aveva menato seco conosceva nessuno. Tranne, di vista ma assaj di vista, la festeggiata. Già, giacché la tapina era festeggiata: o di fresco novellamente mestruata, o avea primamente concesso le posteriori intimità al drudo d’ordinanza, non saprei; ma qualcosa avea comunque a festeggiarsi, e sicché ci sarebbe stato d’uopo pure un bel regalo. Adunque vinto l’imbarazzo iniziale, ritti in circolo in fronte all’insegna della greppia mentre tutti si chiedevano “e questi cazzo sono?”, accedemmo al ristorante-sciampagneria-lussuosità “Alfio Diligenza”, ove ci fu facile sedersi in fondo in fondo, pur se da lì ci fu anche prematuro il notar l’orrido quant'amarissimo cimento che attendeva noialtri tutti, come guiderdone alla nostra bravata: nel locale si faceva careoche e pianobar. C’era la pianola, e il tritone d’ordinanza che pigiava que’ tastini, col su’ bel gileino modello Umberto-Smaila-è-il-mio-indubitabile-modello-di-vita. Di lì a poco egli cominciò, e tosto il microfono prese a girare pel tavolo e tutte chi voleva cantare l’ultima di Milva, chi l’ultima di Andrea Mingardi, lanciandosi in gran copia litigiosa sull’ATTREZZO™ tennologico e portandoselo IN BOCCA™, con noi che intanto si scoprì di conoscer uno della tavolata che però ahinoi era pure incontrovertibilmente frustone e quindi al danno c’unì la beffa amara nemmeno c’avesse scritti il Sacchetti. Pare si chiamasse pure Manolo Risaliti, e facesse il professore di buget all'Alberghiera di Pistacchio (prov. di Tifone Infernale).
Metà cena (dopo gli Avariati alla Panna, le Macerie Tarfufate e i Tagliolini alla Garritano), arriva la sorpresa: la festeggiata, tra’ laï entusiasti di tavolata, si fa scoprir suonatrice di pianola e, licenziato il tritone sgargiante s’asside davanti allo STROMENTO™ e ci delizia cor una versioncina di iesterdei tutta instrumentale, di quella che con la sinistra fai gli accordi e colla destra la melodia, o al limite du’ note insieme, per un gustosissimo bicordo. Il tutto mentre il di lei drudo, risibile bietolone dal largo collo e la notevole epa in optima vista nonostante cercasse di sviar gli occhi cor un vezzoso quanto abusato pizzetto alla robybaggiofaccilaeroplano, avea fatto modo d’averci pelle mani l’ARNESE™ di cui sopra e, seduto piantato, cominciava a soffiarci a voce grave e piena, quasi a fare il più molesto sottofondo che mai abbia sentito (a parte la musica di reneobrì o il buddabar, ma 'ste cose sarebbero venute dopo, indi poco conta): “BASTA…”; “FA’ FESTA…”; “ALLORA…”
Be’ momenti, quelli; momenti d’allegro convivio, unico, peccato poi la tisi se li sarà di sicuro portati via tutti, i partecipanti & convenuti, ma io me li ricordo, ah sì, me li ricordo. Tranne noi cinque, ovviamente, che a’ teNpi ci si chiedeva cose tipo occome fanno tutti a averci le PHYAE? E quella sera si capì che bastava fare come il bietola, lì, che era facile, bastava far così. E si fece, seduti piantati anche noi, a esser molesti e magari grassi e cor un lavoro importa
nte. E difatti oggi siamo tutti sposati.
Ame.

luglio 13, 2007

/2 - Poibàtta

“maiovolevosuonaRe il pianofoRte…”
“no, dai il pianoforte ora no. Vedi Tommasino ha paura?”
“ma’n pochino. Pochino e poi bascta”
“no via, su... vedi che Tommaso non vuole?”
“ci, babbène. Poviamoci”
[ci, babbène è autoreferenziale, totalmente slegato dalla frase precedente, a cui dovrebbe accordarsi. Significa: ok, lo faccio, per il resto fai un po’ te]
E sale sul panchetto e si mette a pigiare tasti. L’altro arriva col dito puntato:
“no Chico! no’ona. Bontola.”
“eh, vedi gli fa paura? Povero Tomasinpino! Ma perché ti fa paura? Prova anche te, pigia questo tastino…”
e rimane lì col dito teso e non s’avvicina. Poi sì. Poi torna indietro, mentre l’altro continua a pigiare tasti. Poi ne tocca uno anche lui.
“no TamassangaRa, tebbài bia. Io ci penso. Vai di là”
Il concerto finisce presto. Poi:
“Tomasooo, poso legeRti Lalo ha pauRa del tempoRale?”
“ci ci”
Mentre lui deturpa a freghi la settimana enigmistica (nuova) del nonno, con un bel pennarello giallo. Un po’ lo mangia e un po’ ci scrive, sdraiato in terra. Dopo un po’, si strappano a vicenda le cose di mano.


Vieni andiamo, ti porto in Muflonesya, 

luglio 12, 2007

ACUTO SCAMBIO D'OPINIONÎ TRA PINFERO-IL-FRENETICO E TOMMASO-L’EX-VARANO (OVVERO TUTTO CI CHE MI TIENE AL DI QUA DI UNA SONORA -  perché sonora? - GRIGITUDINE DEPRESSIVA. OVVERO “Cardarelli diceva che a trent’anni uno è un uomo finito”; “bah, beato lui... io non mi sento nemmeno un uomo”) 

“...ccusa Tomasinpino, poso andaRe via? Vado a pRedere un libRino… vado a pRedere scubidu e i mostRi. Tonno subito, Tomaso, eh? Poso andaRe?”
“ci ci”
E parte, a corsa. Torna.
“ecomi! Ccusa ccusa, ho pReso anche toistoRi uno e due… allora, legiamo: vedi Tomasangara, queta luna c’ha un cappello per andaRe a doRmire”
“cappeo”
“e poi… guada, guada… scubidu cappa, con sceghi veRde. Cappa perché ci sono le masse veRdi, e gli scheletRini… ora vado via, ancora, Tomassino, tonno subito… ti posso pRedere il libRino quelo bello, quello di spotty e il bagnetto e quelo di caRs…”
“càssi”
“e poi si lege… vado via, tono subito, non piangeRe, eh? Poso andaRe?”
“ci ci”
“allora vado, io. Ciao TomasimpeRolone”
E rivà. L’altro, lasciato solo, si tira su, s’aggrappa in al bordo del lettino, e sperduto fa:
“chico?”
Poi riprendono a distruggere le case. E'ccàpano. Il loro mondo. Vorrei esserci anch'io.

Dopo aver distrutto un silos di cose fragilissime,

Coppia di biNbini molestissimi & giocosi

luglio 04, 2007

Poiché ogni tanto è bene rinverdire consuetudini inveterate e immarcescibili, financo un po’ viete ma –malgré eux même, tanto per usare un molle francesismo, così, in luogo di un più debole "ahimè!", o di un più efficace ma forse fuorviante “alla faccia del cazzo” – sempre attuali, si può ben dire che sia l’ora di un altro sàpido ballìno di idiozie dette dal presidente-operajo-cavaliere-valvassore, in occasione di un suo acutissimo quanto fine intervento alla Scuola di Formazione Politica (?) di Roberto Formigoni (uno che se chiavasse farebbe un favore prima di tutto a se stesso)

“Nell’ultima campagna elettorale volevo andare in televisione a raccontare cosa aveva fatto il nostro governo ma ci sono andato solo due volte e sempre con Prodi, e ho avuto un minuto e mezzo per rispondere alle domande del giornalista e a replicare alle stronzate di Prodi”

“Vedo che apprezzate questo mio linguaggio rozzo ma efficace” [a seguire, dopo gli applausi del pubblico, il quale evidentemente apprezza le ragionate esposizioni di concetti e il dibattito d’idee – d’altra parte in una Scuola di Formazione Politica (?)]

“Ciampi ha favorito la sinistra perché era uomo della sinistra”

“Abbiamo effettuato un sondaggio su tremila nominativi tra i due milioni di partecipanti alla nostra manifestazione di Roma: tutti sarebbero tornati e avrebbero portato con loro altre persone. Quindi si può dire che siano cinque milioni gli italiani pronti a manifestare per chiedere di tornare al voto” [questa è bellissima]

“Sul caso Visco-GdF non parlo, perché non voglio entrare in questa cosa. Io non vado mai contro gli uomini, casomai faccio critiche alle politiche e alle idee”

“La Chiesa è sotto attacco da parte della sinistra estrema, che vorrebbe la stessa Chiesa del silenzio che c'era in Unione sovietica, con i sacerdoti costretti a esercitare la loro funzione nei luoghi di culto ma guai ad andare a fare propaganda all'esterno” [e ciò, URSS a parte, sarebbe proprio un male?]

“L’aumento dell’età pensionabile [introdotto dalla legge Maroni] da 57 a 60 anni è da difendere. Anzi, con don Verzè vogliamo avviare degli studi sul genoma che si prefiggono di portare l'età media a 120 anni. Agli inizi del '900 era di 40 e oggi di 80 anni. Immaginiamoci come possano quelli che lavorano andare in pensione, come adesso, a 57 anni e mantenere una popolazione anziana fino a 120 anni.”

“Lo Stato non contrasta i manifestanti e abdica all'uso legale della forza, perché al Governo c'e' una sinistra radicale che vede queste manifestazioni come esercizio di democrazia” [viva viva viva il generale (decorato) F. Bava Beccaris, insomma...]


"Veltroni è la controfigura del povero Prodi" [?]

“I punti e la filosofia del DPEF sono solo solo favole e promesse, la cui vera evoluzione finale saranno comunque nuove tasse” [ve lo dico io, credetemi, vi compro Ronaldinho, Messi e Kermit del MuppetShow]


Sì, signori (signori di 'sta cippa): questo tizio ancora prospera & spara (stronzate perlopiù, ma c'è un sacco di esaltati che gli credono). Ogni tanto s'accascia (un po' di polvere dei ricchi?), ogni tanto ritratta ("sono i giornalisti che hanno capito male"), ogni tanto denuncia e strepita ("governo a casa, governo a casa, governo a casa!") ai suoi Convegni di Libertà, e le battute son sempre le stesse, così come lo squallore. Lo rivolete? E cosa cazzo è una Scuola di Formazione Politica? E Formigoni, merita a tutt'oggi di esserci?

luglio 03, 2007

GREY’S ANATOMY™
Nel piccolo quanto meschino mondo dell’ospedale i giovani specializzandi lottano per diventare medici e i medici lottano per mantenere la loro umanità (e le loro parcelle), e tutti chiavano fra loro con intemerato ardore e neanche un po’ di tedio od originalità: il dottore anziano mette alla pecorina la giovane specializzanda; lo specializzando figo ciabatta allegramente con l’altra specializzanda, ancora più bella e già peraltro fidanzata e promessa a qualcuno che non la capisce; un altro dottore anziano e ricchissimo è scoperto dalla moglie anziana e ricchissima mentre inchiavarda in piedi la nuova specializzanda-topone nello sgabuzzino delle scope e via così. Grey's Anatomy, il cui titolo significa l’anatomia del Grigio, ove il Grigio è chiaramente Gandalf che quindi è morto ed era chiaramente ora, essendo Gandalf-il-Grigio smisuratamente vecchio decrepito oltre che dotato di un naso veramente importante; Grey's Anatomy, dicevamo, “mette a fuoco il dramma (quale?) e l'intensità della carriera medica intrecciata all'esistenza dei giovani (oioi, qui si va sul pesante), con i suoi momenti lieti e quelli più difficili e dolorosi, mentre questi si preparano a scoprire che né la medicina né i rapporti umani possono essere definiti in bianco e nero: la vita vera è tutta un susseguirsi di zone grigie (ecco, lo sapevo… ma chi le scrive queste puttanate, Berlusconi?)”. E – si badi – c’è bisogno che ce lo dica, veicolandocelo mentre s’inculano e vivono i loro dVammoni, un manipolo di modelli/e rileccati, impegnati a salvare vite, piangere amare lagrime, vivere momenti drammatici/belli/indimenticabili/orribili/così-così.
Sì: è il meraviglioso mondo degli specializzandi e dei medici (un mondo che peraltro, non è nemmeno di moda ritrarre – ritrarre, beninteso, alla solita maniera: a cazzo di cane): il mondo di Grey’s Anatomy! Vienci anche tu, nel mondo di
Grey’s Anatomy, e zampettaci felice almeno finché non ci pesti una merda o due!

Nella nuova stagione, Izzy-Puppacazzy passa un periodo di grandi dubbi sulla sua carriera, dopo aver perduto DennyMizio-CazzoVizzo, il paziente del quale si era innamorata e al quale aveva cercato invano di salvare la vita e invece lui è morto di Piede Porcino & Stenti si pensi un po’ quanto può essere crudele la vita. Cazzo c’entra la carriera, si chiederà lo spettatore accorto? Hai perso ma una VergaValida®, cazzo ci combina il resto? George, dopo la delusione del suo amore non corrisposto per Meredith, la quale preferiva il reparto di medicina-2 a una serata col suddetto (“aveva l’alito che sapeva di rinchiuso, sempre”, confessa all’amica Jinjii, anche lei praticante ma di origini coreane peraltro perfettamente integrate ormai nell’occidentalismo USA sennò non si poteva certo rappresentare in un telefilm, durante l’immancabile pausa pranzo nel parco, con relativo relax urbano medio e colori piacevoli all’occhio); George dicevamo inizia una relazione con la tostissima (nel senso di stronza) Dott.ssa Callie Rottenmeier, un chirurgo ortopedico con la fama di averci la vagina dentata. Chissà se sarà vero; per adesso i due sono ancora al mantrugiamento fintamente involontario, con relative quanto falsissime scuse. A breve l'atto, con conseguente (possibile) scoperta. L’ambiziosa Cristina Nocera, di origini italiane, continua ad avere le idee chiare e a perseguire il suo unico obiettivo: diventare un chirurgo di grande successo e partecipare a Scommettiamo che…, il suo programma preferito condotto dal suo idolo anche erotico, Fabrizio Frizzi. Peccato che abbia la terza media e la strada medico-specialistica gli sia preclusa, ma dice che in America tutti hanno un’occasione e lei è convinta che questa sarà la sua. Ma anche per lei le emozioni rischiano di interferire con la carriera allorquando il suo compagno, il prestante dottor Preston, passa un periodo drammatico e chiede il sostegno di Cristina. Preston, infatti, è rimasto coinvolto in una sparatoria accaduta proprio in ospedale – cose che capitano, in ospedale, cazzo ci volete fare – e il probabile mancato recupero totale dell'uso di una mano (anche se gli hanno sparato a un ginocchio, così a spregio) comprometterà la sua carriera di chirurgo. Però potrà imparare a giocare a golf. E poi c'è Meredith, costretta a rinunciare al suo sogno d'amore con Shepherd detto Il Pastore, dottore anziano che ha deciso di restare con la moglie Megatron perché la una crostata di pere spadone di quest’ultima è molto più che du’ colpi alla pecorina (perché sarà detto Il Pastore, secondo voi?) a una giovane assistente-specializzanda qualunque. Ma quando Shepherd si accorge che Meredith – la quale di cognome si chiama Grey, e quindi, dato il tytolo, probabilmente prima o poi ci farà vedere le tette, e magari anche il culo e/o la fica – ha iniziato una relazione con il suo veterinario (ognuno ha un suo veterinario, voi no?), capisce che forse i suoi sentimenti per la giovane specializzanda non sono più arginabili. È un po’ la solita vecchia storia: ah, l’infinito quanto annichilente potere della fica!  
Su dai, entra anche tu nell’affascinante mondo di Grey’s Anatomy! Guardalo: non è il solito polpettone di intrallazzi zozzi e sangue che sprizza e diagnosi ardite, mentre sullo sfondo scorre LA VITA (garaglò)! A quando una bella fiction sui commercialisti alle prese con le crudeli conseguenze dell'IVA al 20%?

giugno 29, 2007

ECCEZIONALE EVENTO, NELLA RIDENTE (cazzo c’avrà poi da ridere?) CITTADINA DI PONTECANZO TERMALE (prov. di GORGO INFÌDO). SE AMATE LA CULTURA, CI ANDATE (a troncarvelo nel ciocco)?

Il Caffè della Versiliana (e su ma’ puttana – scusino, ma come altri ben sanno, la rima impone, indice et impera) quando non può – siano disagî logistici, sia un coevo evento tipo un bel dibattito sulla secolare discriminazione patita delle donne nel campo dell’algebra dai merovingi in giù, sia l’incendio doloso del palco a seguito d’un focoso diverbio fra intellettuali piccosi & vendicativi – quando non può, dicevo, fare il Caffè della Versiliana in quell’ameno loco che è appunto la Versylia, usuale sede sua veramente bella non fosse che spesso non c’è verso di parcheggiare e soprattutto non fosse che a volte ci va pure BrunoVespa (iiiiiihhhhbrunovespa!), si trasferisce nella esclusivissima quanto chic cittadina di Pontecanzo Termale – amor di precisione c’impon di nominare anche il locum, che è l'inclito Caffè Guardingo III, il bar dove tutti si guardano d’intorno (i primi due andarono a fuoco per negligenza e trascuramenti sicché ora son tutti attenti) – ed ivi trasla et ospita i suoi eventi/incontri/presentazioni librini-sega. RomanoBattaglia, sì quello che scrive la rubrica Banalità Fatiscenti & Scipitissime su "La Nazione – Giornale Coglione", si trasferisce pure, e seco mena fazzoletto da taschino nonché foulard da collo, alfin di sparger gravida et acutissima semenza sulle affamate purché esclusive menti d’entroterra, tipo oggi, che c’è la presentazione – ed è un’anteprima nazionale, ragion per cui si può pur dire: me’ cojoni – del nuovo libro di poesie di SandroBondi (dico: S-a-n-d-r-o-B-o-n-d-i), il quale per l’occasione ci mostra la sua natura poetica, che tanto peggio di quella politica non potrà certo essere, penso. Il libro si intitola “Perdonare Dio”, ed è presentato come “una dimensione segreta da cui il politico ha sempre attinto per guardare il mondo; molte poesie d'amore, parole scavate, immagini, emozioni, nostalgia di infinito: un documento insolito di un personaggio pubblico, una testimonianza sorprendente di una umanità vera”. Oioi. Vinte e suffogate le risa e/o le lagrime, repressi (o sfogati) i rigurgiti & rigetti da schifìo, vi dico anche, care le mie merde, che “l’on. Elisabetta Gardini, nota attrice e conduttrice televisiva, oltreché apprezzata (???) donna politica di Forza Italia, collaborerà alla presentazione e valorizzazione del testo, leggendone alcune liriche”.
Garaglò. Se ciò poi non fosse di per sé abbastanza, ho agio altresì di ricordare che il medesmo onorevol Bondi tiene abitualmente una rubrica di poesia sul settimanale Vanity Fair, e che in occasione dell’ultimo compleanno dell’idol suo, ha dedicato una poesia allo stesso. Titolo, ovviamente, "A Silvio", ancorché il destino – ahimè! – non sia quello dell’omonima versione femmina dalla tomba ignuda & fredda morte mostrate di lontano, colla mano (e tu' pa' sultano - cfr. l'inizio):

A SILVIO

Vita assaporata
Vita preceduta
Vita inseguita
Vita amata
Vita vitale
Vita ritrovata
Vita splendente
Vita disvelata
Vita nova

Ecco: se anche ciò non vi basta, forse siete morti. Vi ci vorrebbe ma un po’ di Borghezio in soggiorno, magari. Lui, di persona, colla canotta verde, che vi sputa tutto lo scrittojo Luigi XVI colle nappine orride e di gusto.