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agosto 02, 2007

Bada, è tanto & assaj che qui non ci scrive nulla nessuno. Grazie al cazzo, ci posso scriver solo io. Che ci mancherebbe altro, poi; che ci vorreste scrivere, voi? Ahahahahaahahahahaahahahahamaorabastaridere. Tampoco non do – cazzo, vi pare dovrei? – giustificazione veruna al fatto che non scrissi più è tempo immemore (badalì che costrutto con ellissi di qualcosa, paio il re del cazzo & della merda di samraimiana memoria), imperocché mi son tirannico, acido ed ostile, nonché borioso com’un tacchino. E vi vo in culo, assai e di gusto. Questo è da tenersi a mente sempre: Arnaut Daniel era quello che cacciava la lepre col bue, scriveva nell’aria e nuotava contro corrente; io per me son colui che vi va in culo. E porta – generalmente – sei; a volte sette, od anche nove, quando gira proprio a mille. Sicché, puppa.
La storiella che mi frullava pel capino in questi giorni però m’imponeva d’esser scritta, perché come tutto il resto che c’è qui (a parte i pynferi, ai quali sto insegnando a giocare a calvin-ball – a quello men nano, perché quello inferiore, ovviamente, per adesso sa-una-sega®) è scipitissima et inutile, oltreché spesso volgare e di cattivo gusto. Così, tra l’altro, m’ha recensito l’Esquire, che è un giornale che se ne capisce, quindi lascia fare. E allora.
E allora insomma mi ricordo di quando fummo ad una cena dove non si conosceva nessuno. Perché non si conosceva nessuno? Perché chi ci portò c’aveva detto che lui conosceva tutti e c’era pieno di PHYAE. Poi non conosceva nessuno nemmeno lui e non c’era neanche pieno di PHYAE, che detta così è come dire – per dirla col Beckett, che di sicuro era più furbo di me che scrivo, nonché certo di chi legge (sempre me, e magari il patzientissimo ciofo, al qual son deferente; deferente o rancoroso, poi si vede) – “allora rientrai a casa e mi misi a scrivere: «è mezzanotte; la pioggia batte sui vetri». Non era mezzanotte. Non pioveva”. Comunque sia dicevo, venne fuori – quando ormai s’era lì – che nemmeno chi c'aveva menato seco conosceva nessuno. Tranne, di vista ma assaj di vista, la festeggiata. Già, giacché la tapina era festeggiata: o di fresco novellamente mestruata, o avea primamente concesso le posteriori intimità al drudo d’ordinanza, non saprei; ma qualcosa avea comunque a festeggiarsi, e sicché ci sarebbe stato d’uopo pure un bel regalo. Adunque vinto l’imbarazzo iniziale, ritti in circolo in fronte all’insegna della greppia mentre tutti si chiedevano “e questi cazzo sono?”, accedemmo al ristorante-sciampagneria-lussuosità “Alfio Diligenza”, ove ci fu facile sedersi in fondo in fondo, pur se da lì ci fu anche prematuro il notar l’orrido quant'amarissimo cimento che attendeva noialtri tutti, come guiderdone alla nostra bravata: nel locale si faceva careoche e pianobar. C’era la pianola, e il tritone d’ordinanza che pigiava que’ tastini, col su’ bel gileino modello Umberto-Smaila-è-il-mio-indubitabile-modello-di-vita. Di lì a poco egli cominciò, e tosto il microfono prese a girare pel tavolo e tutte chi voleva cantare l’ultima di Milva, chi l’ultima di Andrea Mingardi, lanciandosi in gran copia litigiosa sull’ATTREZZO™ tennologico e portandoselo IN BOCCA™, con noi che intanto si scoprì di conoscer uno della tavolata che però ahinoi era pure incontrovertibilmente frustone e quindi al danno c’unì la beffa amara nemmeno c’avesse scritti il Sacchetti. Pare si chiamasse pure Manolo Risaliti, e facesse il professore di buget all'Alberghiera di Pistacchio (prov. di Tifone Infernale).
Metà cena (dopo gli Avariati alla Panna, le Macerie Tarfufate e i Tagliolini alla Garritano), arriva la sorpresa: la festeggiata, tra’ laï entusiasti di tavolata, si fa scoprir suonatrice di pianola e, licenziato il tritone sgargiante s’asside davanti allo STROMENTO™ e ci delizia cor una versioncina di iesterdei tutta instrumentale, di quella che con la sinistra fai gli accordi e colla destra la melodia, o al limite du’ note insieme, per un gustosissimo bicordo. Il tutto mentre il di lei drudo, risibile bietolone dal largo collo e la notevole epa in optima vista nonostante cercasse di sviar gli occhi cor un vezzoso quanto abusato pizzetto alla robybaggiofaccilaeroplano, avea fatto modo d’averci pelle mani l’ARNESE™ di cui sopra e, seduto piantato, cominciava a soffiarci a voce grave e piena, quasi a fare il più molesto sottofondo che mai abbia sentito (a parte la musica di reneobrì o il buddabar, ma 'ste cose sarebbero venute dopo, indi poco conta): “BASTA…”; “FA’ FESTA…”; “ALLORA…”
Be’ momenti, quelli; momenti d’allegro convivio, unico, peccato poi la tisi se li sarà di sicuro portati via tutti, i partecipanti & convenuti, ma io me li ricordo, ah sì, me li ricordo. Tranne noi cinque, ovviamente, che a’ teNpi ci si chiedeva cose tipo occome fanno tutti a averci le PHYAE? E quella sera si capì che bastava fare come il bietola, lì, che era facile, bastava far così. E si fece, seduti piantati anche noi, a esser molesti e magari grassi e cor un lavoro importa
nte. E difatti oggi siamo tutti sposati.
Ame.

4 commenti:

muflons ha detto...

Forse era meglio se restavate scapoli...

muflons ha detto...

Ehi tu! Bellissimo questo post!!! (non l'ho neanche letto in realtà) Anch'io ne ho messo uno nuovo (mi son spremuto il capino alla follia per mettere insieme tre-righe-tre e m'è anche venuto un attacco di "squaraus" dallo sforzo), vieni a vederlo e lascia un commento!!!!!!!!!

Cakke

ciofo ha detto...


Ma non hai detto come erano gli Avariati alla panna e le Macerie Tartufate! e ora come faccio? non posso VIVERE senza aver accantonato tale banale e ynsulsa curiosita'!! ;__;


Che se eran buoni cerco la ricetta e la consegno solerte alla cuocaLypsak, che tra un mesetto deve preparare un pranzo a tema e deve - giustamente - STUPIRE!! >-D

Lypsak ha detto...

Ora che c'entrta, solo perché il GéZZdiMerDa mi ha sottratta alle mie utyli letture abitudinarie et diarie (e al cazzeggio solennemente orchestrato, diciamocelo) non mi pòi escludere così dal novero degli affezionati lettori che chissà come si ostinano a osannare il Papero anche fuori dal lo stanzino dei vini (tutti rigorosamenti Fradicelli dell'Amiata anno 1998 quando piovve e piovve e ripovve senza pietà). Ma comunque.


A grande richiesta (di ciofinoCiofini), eseguirò dunque quella ricetta da te ricordata se mi farai l'onore oneroso di spiegarmela in ventisei righe (di più no, sennò la cataratta implode).


Ora vado da Muflons sennò mi disereda.