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ottobre 09, 2007

Bada un po’, amore:
non ti par che quella pasticceria, lì, païa un po’ il Flatiron Building? Eh?


Report #1 (comunque sia non ne seguiranno altri)
Ebbene, mie’ sodali (de’ miei coglioni); sono stato sì un po’ in girino, e ora son tornato, pronto et agile, per raccontarvi quel che m’è successo. Ve ne fotterà forse il proverbiale nerchione™ d’Aronne? Supporrei anche – e sareste pur nel giustissimo e nel retto; purtuttavia, non volendo venir meno a natura & inclinazioni mie molestissime & spregiose in sommo grado, certo non posso tacer l’inevitabil mossa (di corpo) che mi spinge a – lagrimando – dire. Eddunque.
Eddunque, da’ miei peregrinamenti pel mondo ho riportato la ferma convinzione che se (voi) state a casa vostra, è sycuramente troppo meglio: meno gente in giro, meno casyno, meno dementi con la maglia di Gattuso che cantano pooo-po-po-po-po-pooo-poooooooo, meno sgallettate che diranno miii ma io guesta gua già l’avèvo viscta, ma era molto pppiù rrròssa, di fronte ad un qualsivoglia ritratto di Dora Marr o Stanze blu o chissà che altro.
A giro pel nostro globo terracqueo (son stato a Capresia Inferiore, Remigio, Lago Sornione, Puliciclone, FanteQuadro di Sorcagna, Castrone Val di Minchio – ah, la bellissima Castrone Val di Minchio!) ho visto tanti cartelli di attraversamento alci, alci mai, una volta una puzzola schiacciata, iosa di scoiattoli codoni e (ma meno) scojattoli cip&ciop (è la razza – si chiama veramente così, potessi morì), un qualcosa che volava alto e che poteva anche esser un falco ramaccione o (più probabile) un piccione tabagista; ho pestato nr. 1 merda di (presumo) cane, mangiato in svariati posti tutti diversi e orinato in relativi quanto diversissimi orinatoj; ho visto pettinare molti cani altezzosissimi e pieni d’un sussiego ignarissimo della consapevolezza d’esser bestie del tutto inutili e moleste; urtato un gobbo proprio sulla gobba (m’ha guardato malissimo, e m’ha detto pure pezzo di merda nel locale idioma – dico: son garbi, questi?), e rubato nr. 6 mele dalle ceste degli alberghi, pur se in tempi e luoghi diversi; riportato e battezzato ben 3 (uno) gatti di pezza e legno (separatamente: uno di pezza, due di legno): Arturo, Barney e ZonkerHarris. Questo, nell’ordine.
E poi ho vissuto lei. L’esperienza più mystica possibile nel nostro globo terracqueo, che domeneddio signore l’abbia in gloria (il globo, no l’esperienza più mystica possibile nello stesso, ché la cosa va da sé, mi par chiarissimo & superfluo).
Quindi: cena in quel di Wurstellone, ridente paesello ai piedi del monte Topo. Il ristorante in questione (Elettropus, di Emilio Piancastelle, aperto tutti i giorni anche la sera a cena e il giorno a pranzo, prezzi modici e luci spente sennò si consuma troppo) proponeva, con spiritosa incongruenza anatomico-animale, le “ali di bufalo”, riportando il nome sur la carte (è francese, bestie!) in un’antica lingua locale, un misto di indiano e celtico che ricordava tanto l’inglese, ma ora non stiamo qui a sfrucugliâr l’arcano, né tampoco il fatto che poteva agilmente trattarsi (come argutamente suggerì l’ottimo quanto povero Ampelio Beluga, subito prima che un subitaneo et improvviso crampo totale gli fosse fatale, jer l’altro sera, dopo che s’era appena visionato insieme “Terrore a Vajano/Vernio”, dei fratelli Coen) di ali (di pollo, o di simil bestia pennuta et indi dotata di appendici sul genere) cotte alla maniera di Buffalo.
Le ali presentavasi sur una terrina immacolata, ricoperte di salsa rosso elettrico fluorescente e circondate da’ sedany et altre cose inutilissme (tipo il Cardone, o anche gli Zerri) che il nostro globo terracqueo si ostina capzioso a darci, scordando che l’omo vero ha da essere carnivoro e regnare su tutte le bestie ammazzandole a testate (o anche a schiaffi) per poi mangiarle completamente, ponendosi meritamente a capo della catena alimentare fatto salvo quando caschi in mare e c’è gli squali che allora si rifanno di tutte le angherie a nome anche dei polli nelle stïe e de’ porcelli macellati.
Scansato veloce quanto giustamente l’inutìl verzura, gettavami avidissimo sul proteico manufatto, pensando tutt’al più a qualche ingrediente radioattivo o a simil diavoleria gustosa quanto pericolosissima, scoprendo invece tosto il pervicace piccare del piatto in sé, capacissimo di sommuovere alla sudorazione frontale copiosa et al lagrimar delle cavità occipitali.
Tuttavia, trovandomi io in muliebre quanto aggraziatissima coNpagnia, giocoforza trovavami a dissimulâr (abilmente, mi lusingo) il pizzicor perniciosissimo, anche coll’ausilio del ripetuto passare (elegantissimo) della sarviette à papier di cui ero stato fornito, sulla fronte prima e sulle mani unte poi, giacché le ali, come ognun sa, si mangian COLLE MANE®.
Proseguito tenacemente nell’opra fino all’esaurimento del manicaretto, tintomi d’unto financo alle basette, e negato ostinatamente l’eccessivo piccar dell’orribilissimo intingolo, trovavami dunque a necessitar d’infuso delicatissimo al finocchio&meringata per calmare lo stomaco in subbuglio; indi proponeva (io) alla muliebre coNpagnia, con una nonchalance a cui verisimilmente non avrebbe saputo attingere nemmeno il duca d’edinburgo, fosse stato ancora vivo: “osséssi pigliasse un tisanyno, Ravanesyo?” (Ravanesyo è ‘l nome in codice della mia coNpagnia della sera in questione; ciò imperocché io, essendo gentiluomo, non l’ardisco certo nomar col nome vero, pur se questo avesse a esser’Ampelio, o Nedo, o Rufus).
La risposta a metà non favorevole (“te t’attacchi… io piglio ma ‘l dolcino al canapé”) non scoraggiommi troppo, e proseguii ordinato nel tentativo di calmar la bile, surgandomi placido ma solo il riposante nappo pien di liquame tèpido & giallo, ottimo alla bisogna.
La notte passò indenne, e similmente la mattina, fin verso l’ora di pranzo, allorquando trovavami a dover lasciare Ravanesyo raminga presso la locale fattoria Waylon Smithers inc., posticino veramente fine ove c’eravamo recati nella speranza di poter ryportar NECO (che si dica, neco?) locali prodotti della local pastorizia & agricoltura (il cheddar alle pere, lo sciroppo di crescione, etc.) e, a seguito della pressante nonché abilmente dissimulata, quanto ad urgenza, richiesta della presenza o meno d’un bagno ne’ paraggi all’inserviente, recarmi tosto entro il vespasiano (c’era!), a pagare il dolorosissimo e dilazionato fio che ‘l bufalo serale imponeva, a mezzo d’una defecatio calidissima et piquante, col teNpo che passava a piene mani (oddov’eri finito, chiesemi appo Ravanesyo; sta’ bona; dopo ti racconto) e lagrime che sgorgavano dagli occhi, involontarie eppur tenaci. Una cosa veramente mai provata, e una sensazione nuova nuova, a rinverdire il detto che a girare il mondo t’impari tante belle cose e vedi posti e genti e cessi.


...è proprio vero, sì: gente che vai, paese che trovi. (Cazzo c'entra?)

1 commento:

Lypsak ha detto...

...non ardisco a commentare, in quanto codesto morceau de vie mi ha ridotto a lagrimar rape e sangue (non si dica mai che non si può cavar sangue dalle rape, quantomeno le si possono accompagnar lunallaltra, ché). ù

Ma tanto i cessi belli come in Svizzera 'un si videro mai. Giusto giusto al Guggenheim (uno qualunque).