Visite

novembre 28, 2006

I FIORI CI PARLANO
Ma che cazzo c’avranno tanto da dire?
Quante volte a scuola v’hanno detto che la rosa era la regina dei fiori? Quante volte v’hanno interessato (o tediato, se eravate baNbini malvagî) parlandovi di un mysterioso quanto fantomatico linguaggio dei fiori? Quante volte avete costruito una città coi LEGO divertendovi poi a devastarla come se foste GOZZILLA? (Non c’entra niente, ma magari l’avete fatto anche voi, e potete capirmi meglio quando vi dico che son triste perché mi tocca lavorare). Ebbene, questa rubrica serve a darvi le risposte, prima fra tutte che se la rosa è la regina dei fiori, il tulipano è il re, e quindi le è infinitamente superiore. Toh, così. Inoltre, i giaggioli vanno innaffiati spesso, e sulle calle ci vanno i maggiolini e ci càano. Evitare le calle, quindi. E non pisciare sui giaggioli, che non va bene.
Sapete già tutto, dunque? No, perché vi manca ancora…
 

La Neppitèlla!
Se la rosa è la regina e il tulipano è il re (almeno ciò stabilisco io, a mio arbitrio e capriccione), la Neppitella è chiaramente la drag-queen dei fiori, nonché il fiore del manfruito moderno. Originaria di Cocquio, posto che più del cazzo non mi riesce di pensare, in provincia di Yanosh (sì, quello che pilotava gli Astrorobot), la Neppitèlla cresce ormai un po’ ogni dove e lancia il suo richiamo oscenamente effeminato:
“yuuh-uuuuuuhhhhh!”
E giù a spandere quintalate di profumo dozzinale nell’aria circostante. Utilizzata nella produzione del borotalco rosa e del fard aromatico utilizzato, fra gli altri, da Solange e dal Maestro Zeffirelli, la Neppitèlla va recisa senza pietà veruna, proprio come il Velucchio e il Giulebbe Piastrellato, che son usi soffocare o comunque reprimere le altre più nobili piante tipo il Narciso Gamellone e il Gladiolo Salvatico. Questo almeno secondo i rigidi dettami di mons. Mansuetone Scatizzy, vescovo di Cocquio e Circondario (nel circondario di Cocquio, appunto) la cui epistola in merito incontrò l’opposizione di alcuni cittadini e autorità, al che il Monsignore di cui sopra reagì con misura scrivendo un'altra lettera aperta dicendo a chiari motti che lui è un cittadino come gli altri solo un po’ più grasso vestito di nero e viola e con un Crocione sul petto che paga le tasse e che ha quindi pienissimo diritto ad esprimere un’opinione, non foss'altro per la sua mysura e ponderatezza. Accompagnò il suo gesto ad una foto in cui pestava con violenza e sprezzo piante di Neppitèlla che aveva in giardino, piantate da qualche buontempone a tradimento, più un’altra immagine con lui vestito da Yattaman che usava il frullino con frenesia somma pei giardini della Curia. Il secondo invio fu un tragico errore, e servì quindi per alimentare la leggenda secondo cui la Neppitèlla porta anche una tremenda sfiga, nonché per cassarla da ogni dizionario mytologico, per cui a tutt’oggi desso (indegno) frutto della terra non appare più in nessuna Cosmogonia.
Inoltre, c’è anche chi la usa – ma si tratta perlopiù di atei e sobillatori prezzolati, gente che ama andar contro l’autorità costituita e teocratica voluta direttamente da dio o anche da un suo cugino ora non ricordo bene – c’è chi la usa, si diceva, come aromatico nei ballotti, ma ci son studî che sconsigliano questo costume, giacché la Neppitèlla parrebbe esser tossica e dannosa. Gli studî in questione son tutti a firma Scatizzy, il Vescovo, Mansueto, LoScatizzi, il Curulo. Ah, le coincidenze!
E alla Neppitèlla non resta che dirvi, quindi:
FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Che tradotto significa:
STRONZIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

novembre 27, 2006

IL PRESIDENTE BERLUSCONI SCRIVE LE SUE MEMORIE E PUOI MUORE!
Ma poi si scopre che era solo un altro dei loschi
COMPLOTTI DEL MORTADELLA!
(a cura di Paolo Bonaiuti, portavoce del cav. Silvio Berlusconi)

Agghiacciante. Non ci sono altre parole. Anzi, magari sì: CRIBBIO. Il malvagio Mortadella ha cercato ancora una volta di colpire biecamente il nostro eroe. Stavolta l’attacco sferrato è stato duro, massiccio e sinistramente beffardo, proprio come quel telegramma di auguri spedito dopo il fatto, ad aggiungere, al danno, l’irrispettosa beffa. Il malore, provocato dall’odio su di lui riversato quotidianamente, dall’astio di chi non vuole (né può, tanto è la grettezza d’animo che lo anima) guardare a Lui come l’Uomo della Provvidenza, ma ancor di più dalla generosità spossante dell’Uomo e dai suoi magnanimi slanci per favorire la Libertà, ha fatto sì che il peggio potesse quasi accadere. Ma l’Uomo ha tempra, fibra, cuore. E la reazione è stata delle migliori. In un certo senso, quello che è capitato ieri è un perfetto paradigma dei tempi nostri: lo stesso accade alla Libertà, se trattata come sta facendo questa Sinistra, questo governo, questi personaggi. Si indebolisce afflosciandosi miseramente, la Libertà, ritirandosi di colpo e lasciando il vuoto, due occhi sbarrati, un’assenza dolorosa, intollerabile. Ma la Libertà non può perdersi per sempre, né cadere. Né è così facile da vincere. Ed ecco dunque che risorge e ci rassicura, dicendoci che in fondo non è mai caduta, almeno dai nostri cuori. Ci lascia soli, ma solo per poco. E forse neanche per quel poco. Sì, il Presidente ce l’ha fatta. Con lui, la Libertà. Nonostante il Mortadella, che pure ha già le sue responsabilità nella vicenda del menisco del Nostro. Già, perché furono Prodi e i suoi scagnozzi a scavare idealmente, col loro odio rosso e il loro accanimento mediatico, quelle buche traditrici nel grazioso campo di calcio di Arconate Legnano, quei maligni avvallamenti in cui, dopo un riscaldamento arricchito di palleggi, scatti e tiri in porta dinnanzi a più di duemila persone in visibilio, andò a cadere l’ennesimo metaforico tentativo di affossamento della Libertà, colpita stavolta alle ginocchia, sì da non potersi più reggere in piedi. Ma la Libertà, come si è capito, ha più risorse dei suoi detrattori e sfruttatori. E sa anche recuperare in fretta, più in fretta di un calciatore.
Stavolta, come detto, l’attacco è stato più pesante, e forse pensato per cercar di chiudere e soffocare per sempre una Vicenda, rendendola più epica proprio perché il Personaggio, la Vittima Designata, aveva da non molto dichiarato di aver “appena finito di scrivere le mie memorie. Una faticaccia durata tutta l’estate, altro che balle sulle mie notti in discoteca. Ho consegnato le bozze in Mondadori. Titolo provvisorio: Il calvario della libertà. E occhio al singolare, perché la libertà è una sola: o c’è sempre e su tutto o non c’è.”
Parole sante, non c’è molto da aggiungere. E questo sanno anche i convenuti all’evento di ieri. Silvio ci manchi, recitavano i cartelli. E lui ha generosamente accontentato tutti, anche i subdoli detrattori che volevano una brutta figura in diretta. Magari anche una morte, augurandola e augurandosela. È andata male, signori. Perché il collasso – il caldo, la (comprensibile) stanchezza gli antibiotici – dopo un altro epico ed infiammato discorso, non ha potuto fiaccare la Libertà. A sera, l’Uomo era già nelle sue stanze – Macherio prima, San Raffaele poi – a rassicurare i suoi e tutti coloro che hanno un cuore non indurito dal rosso dello scempio sinistrorso: “tutto bene, nulla di grave”. Sandro Bondi aveva offerto preventivamente i reni in sacrifizio; Emilio Fede implorava al cielo: “non lui, prendi me!”; DonBagetBozzo aveva ingoiato tre rosarî, per dirli “con tutto il corpo e l’anima”; Miccichè e Schifani avevano accusato anch’essi un malore, per solidarietà e per cercar d’alleggerire il fardello d’odio che l’Uomo si porta sempre (suo malgrado) appresso. Ma nel frattempo il Presidente era tornato, metaforicamente – e non solo metaforicamente – salendo e poi scendendo dal cielo. Con lui era tornato anche lo spirito: “e lei chi è, Bin Laden?”, ha chiesto al barbutissimo cardiologo che l’aveva soccorso.
“No, sono il budello di to’ ma’ vestito da veterinario”, avrebbe dovuto rispondere l'altro. 
 

(Ecco, mi son giocato il posto di portavoce... aspetta che rimedio:
Ah, sordido Mortadella, acciò portano i tuoi odî, le tue semine di malignità malvagia, la tua malafede! Forieri son di liquidità sottratta biecamente al cittadino per pascere i tuoi lussi, nonché di accadimenti neri e infausti come questo! Non cessi mai, di’, non cessi mai da’ tuoi crudel propositî? Basta tasse, basta odio, basta calunnie! La nostra idea di Libertà è come la merda, cioè no volevo dire sì vabbè oramai m’è scappato, son finito mi sopravanzerà anche il syndaco di Catania che non so nemmeno come cazzo si chiama, cazzo cazzo e stracazzo, lo sapevo che non dovevo bere il WhiteLady dopo l’aspirina al VIP-Lounge della Sede prima, ora vaglielo a spiegare che non capivo una sega che qui non aspettano altro che di farti le scarpe, ora dove cazzo mi riciclo, in Rifondazione? Bondi mi uccide anzi mi uccido da solo porca puttana impestata se l'ho pestata bella, solo il capo può darci di piste sì da esser così vyspo dopo un collasso tanto da far battute a cazzo, rifiutare il ricovero in ospedali che non sian "sicurî" e buono anche per prender subito l'elicottero...)

novembre 24, 2006

Ah, scordavo: e invece poi ci rivedemmo un’altra volta. La vita è strana…
ci trovammo fuori, per caso, e volevo dimostrare che avevo imparato dai miei errori. Le offrii una cioccolata calda, e lei fu fredda e perlopiù parlammo di libri. Una volta avevo uno zio prete, in un paesino che si chiamava Castel Fagiana. In realtà non si chiamava Castel Fagiana, affatto, era solo che mettevo in pratica costruttivamente i miei hobbies artistici. Anche quello può servire, per mostrar concretezza e senso del reale. Comunque fosse, questo zio prete una volta raccontava – non a me, che ero piccolo – che una volta aveva letto un libro in cui c’era questo protagonista, forse un principe, il quale amava (riamato) una donna, e da questa non aveva mai avuto la prova d’amore. Non era mai riuscito a vederle l’ombelico. Mi par di ricordare che lui dicesse “il bellïo”, ma questi son dettagli. Dannazione, che libro poteva mai essere? Anche lei non ne aveva idea. Però s’incupì; quindi passammo al mio difficile rapporto coi libri. Secondo me, dissi, nasceva tutto dal fatto che una volta quando ero in prima media la professoressa di lettere era un vero mostro, in ogni senso. Ci tartassava, e tutti la odiavano. Mia mamma la odia ancora. Una volta questo mostro, nell’ora di storia, mi chiese qualcosa sul medioevo, qualcosa sul rapporto fra Chiesa e Stato suppongo, visto che poi lei stessa si diede, urlando, questa risposta:
“I vescovi! I vescovi! E qual è la funzione dei Vescovi?
Io ero in piedi al mio banco, con tutta la classe di stronzi che mi guardava. E anche lei, torva come sempre. Si chiamava Ceresìa Triòlo – non ho mai capito se fossero due cognomi, o quale dei due fosse il nome, di sicuro era un gran nome del cazzo. Qual era la funzione dei Vescovi?
Balbettavo, avevo 12 anni e non sapevo qual era la funzione dei vescovi. Dissi:
“eeeh… sì… insomma, cioè… mmm... di pregare Gesù…” 
e lei mi guardo male, e poi cominciò a urlare non so cosa, e mi fece rimettere a sedere. Il trauma.
Il bello è che a tutt’oggi, io, ancora non so: quale cazzo è la funzione dei Vescovi? Da allora leggere un libro mi è sempre stato difficile. Non so, mi sembra sempre di cercarci la risposta: qual è la funzione dei Vescovi?
Ecco, a quel punto lei si alzò. Se ne andò. Fuori non pioveva, né era in alcun modo brutto tempo. Non ricordo dove andai o cosa feci. Pagai soltanto le due cioccolate, e fui sicuro che non l'avrei rivista più.
Eppure mi pareva l’unica risposta possibile. Gesù! Cosa cazzo deve fare, un Vescovo?

novembre 21, 2006

LE GRANDI QUESTIONI FORENSI

Tutto si risolve, tutto si semplifica, tutto si spiega  

Oggi:
Il popolo delle stie. Così stupidi, così pericolosi
L’H5N1, altrimenti detta Influenza Aviaria. Perché viene? Viene? Che fanno i polli con l’influenza? E come gliela misuri? Ai tacchini non viene perché son ricchi di Tacchipirina? (ahahahah)  

Questa la spiegazione scientifica:
Per forza c’è la nfluenza Avària. Gli danno i troiai e li gonfiano con li strogeni, poi li tengono chiusi nelle gabbie tutti appiccicati, e a quelli gli vien l’influenza, è chiaro!  

Profilassi e terapia:
Come per la mucca pazza: al majale nemmanco vien la febbre. Dieci punti al majale. C’ha due coglioni così, il majale. Ed è pure bello rosa. Il pollo è bestia stupida per definizione


 
Su, dai, impara tutto quel che c’è da sapere sui braccianti e sui mezzadri; migliora le condizioni e la conduzione del tuo latifondo. Coltiva tutto quanto a maggese, così non fai nulla e ti resta tutto il tempo che vuoi, per Pensare Agricolo!

novembre 19, 2006

LE GRANDI QUESTIONI FORENSI
Tutto si risolve, tutto si semplifica, tutto si spiega.


Oggi:

Belle le bestie. Peccato puzzino e cachino dove capita
L’Encefalopatia Spongiforme Bovina, o Morbo della Mucca Pazza. Origini ed eziologia. No. È la stessa cosa, origine e eziologia. Allora, Eziologia e Patogenesi - Macché, uguale. Eziologia e… cazzo, come viene e perché.

Questa la spiegazione scientifica
È chiaro che c’è la mucca pazza. Loro sono erbivori. Se te gli dai le farine animali, quelli impazziscono.

Cura & Remedî:

Si mangia il majale. Il majale non impazzisce mai. Tutt'al più s'incazza, ci litighi ma alla fine tutto a posto, ognuno a casa sua, rispettosi l'un dell'altro, buongiorno e buonasera, e poi si macella a tradimento.


Domani: L'Influenza Aviaria


Su, dai, istruisciti ammodino, e impara le fasi lunari e quand'è tempo di transumanza e che vento sta tyrando in questo momento. Non sta tirando? Fa lo stesso, l'importante è il pensiero, e il concetto è:
Pensare Agricolo!

novembre 18, 2006

LE GRANDI QUESTIONI FORENSI
Ebbene sì, basta con l’esser cittadini e mangiar surgelati e rimaner a bocca aperta davanti a un pollo vivo perché non si è mai visto e si sa una segaccia di che cazzo di bestia sia. Da oggi, con LE GRANDI QUESTIONI FORENSI potrete anche voi arricchire il vostro oltraggiosamente limitato vocabolario agricolo, arrivando a padroneggiare e – perché no? – risolvere i grandi problemi d’agricoltura che da millennî si tramandano nella vita de’campi e se si tramandano da millennî uno può pensare che sia anche normale vuoi che da millennî fossero tutti stronzi e nessuno c’avesse mai pensato a risolverli e poi s'arriva noi e ti pare si risolvano così come cacare in aria, e invece no! Grazie a LE GRANDI QUESTIONI FORENSI, tutto si risolve, tutto si migliora, tutto si spiega.

Oggi:
Novembre, tempo d’vlive (ah, be’ teNpi!)
La Bactrocera Oleae, comunemente detta Mosca dell’Olivo. Fenomenologia e abitudini.

Questa la spiegazione scientifica:
Se è una mosca che gli garba l’oliva, la mosca deve andare sull’olive. Poi, ci càa, e ci fa veni’l baozzo.
Posologia e rimedî:
Te la tieni; quand'ha caàto ormai non c'è più nulla da fare. Tanto, nell'olio, i bai gli fanno bene.


Domani: la Mucca Pazza.

Su dai, istruisciti anche tu e impara a piantare i pomodori quand’è tempo. Pensa Agricolo!

novembre 16, 2006

“Ok, sta’ a sentire me, adesso. Quello non è il più bel giorno della tua vita. Sono solo stronzate. È uno dei tanti, e c’ha nessun senso far finta di essere gran signori, giocare a Principi&Principesse, e ripetersi e sentirsi ripetere sempre che quello è il giorno-più-bello-della-tua-vita e che quel giorno si deve essere felici, quando il resto della vita siamo tutt’altro. È una cosa fondata soltanto sull’ipocrisia, sul far-finta-di. Di esser dei principi e delle principesse, appunto. Di voler accanto tutta quella cazzo di gente in quel cazzo di giorno così-importante per te. Per chi, è il giorno-più-bello? In realtà dopo il tuo bel giorno tutto-perfetto-tutto-bellissimo-tutto-da-sogno, riprendi la tua vita del cazzo, col guidare nel traffico, alzarti ogni mattina all’alba, far cose che odî per avere in cambio dei soldi per il cibo, prendere parti dallo stronzo di turno, e via così. E che senso ha avuto far finta di aver vissuto la vita dei gran signori, per un giorno?
E poi, i parenti; vogliamo parlare dei parenti? Quando una persona non la vedi o non la frequenti è un estraneo, né più né meno del tale che ti passa accanto per la strada. Perché allora essere ipocriti e invitarli tutti a una festa già ipocrita di per sé, e poi passar fra i tavoli, la sposa col suo vestitino da 3.000 euro che indosserà solo quella volta e che ha scelto in duecentocinquanta comode sedute a qualche negozio, lo sposo tutto azzimato come mai gli capiterà – qualcuno si mette anche il cravattino, gesù! – a chiedere a tutti “oooh, allora! Ma come va? Mangiato bene? Siete stati bene? A casa come stanno i tuoi?” e magari non sai neanche chi siano i suoi, i loro, né te ne può fregar di meno. Ti fanno i regali? Oh, i Gran Signori son così materiali, alla fin della sonata? Chi cazzo se ne frega dei regali, della Lista-di-Matrimonio? Si va a scegliere una serie di oggetti in un posto esclusivo dove le stesse cose costano il doppio (i borghesi pensano che sia fico pagare di più, un segno di gran distinzione); e si parla di cose che uno non userà mai, tipo il servito di bicchieri da RobRoy, o le posate per l’aragosta, la caraffa di cristallo e i sottobicchieri d’argento, le flûtes con quel gambo così sottile che se le riempi troppo di champagne – perché poi bevi lo champagne – si spezzano. E nota che ho taciuto il più classico dei Serviti-Buoni-Con-Coppette-Da-Macedonia, quello lavorato a mano e firmato da qualche artista cileno, lì a prender polvere. E nota anche che al massimo uno berrà coca-cola e mangerà la finocchiona, ma fa niente. È la tradizione, gesù!
Prima però si lavora sugli inviti, mesi e mesi, vergandoli a mano su carta crespa o filigrana o pergamena, e si passa giornate a pensare e poi altri mesi a mettere in pratica la pensata riguardo alla foggia delle bomboniere, facendo confronti silenziosi con quanto ha fatto il parente-tale, l’amica-talaltra, imponendosi in cuor proprio di far meglio, di non far simile, e via e via. Importantissimo. Perché quel giorno dev’esser tutto perfetto, tutto bellissimo, e contribuirà pure il fotografo, che ti realizzerà il solito, scipitissimo album fotografico, abbracciati a tutta quella gente del cazzo di cui t’importa meno della merda, se solo si fosse un po’ sinceri. Come la merda, sì: mica gli vuoi male o la pesti apposta, la merda no? Semplicemente, lei se ne sta lì, e te non gli vai intorno. Ognuno al suo posto, e tutti in pace. Comunque, viene il fotografo e via di foto e se sei stronzo (brrr…) pure il filmino. Sorrisi di plastica, abbracci per tutti, e foto in posa, come dei parrucconi aristocratici del ‘700! Perché è questo a cui agogna questo tipo di società quando si sposa o fa cerimonie. È il vecchio complesso borghese, che vorrebbe salire ancora la scala sociale, per poi insediarsi di diritto nella merdosissima corrente del sangue blu. E tanto per dire, l’album fotografico te lo paghi con due mesi di lavoro; proprio quello di cui prima si diceva che t’attende il giorno dopo il tuo giorno-più-bello.
E per darsi ancora più illusione si prende una bella villa antica, nel verde, perché la villa-antica-nel-verde ispira al borghese pensieri profondi. Ok, lo so, non è mia; io son solo un impiegato, checcazzo! Si va avanti a ondate standardizzate, tipo ci si affida al Catering - sai, quelle belle ditte specializzate in coazione-a-ripetere - e si fa un bella cerimonia il sabato, magari di pomeriggio; Villa un po’ fuori, che ogni città ne ha 7 o 8 sicché la scelta è facile; aperitivo & buffet nel parco; foto sposi/invitati, in posa, siamo tutti amiconi, un gruppo, una grande famiglia, e poi via con la cena-mostro, magari all’aperto, col deficiente di turno che passa con la telecamera e il 100% – il 100%, fidati – della gente che non capisce nemmeno a che cazzo servano tutte quelle forchette e bicchieri della solenne apparecchiatura di quel giorno da Signori. Il pranzo di gala vedrà il succedersi di un bel tris di primi composto da crespelle a qualcosa, risotto a qualcos’altro purché chic, e una qualche pasta ai funghi; cosciotto di vitello alla RobinHood, o anche sella di maiale alla Lorenzo de’ Medici – sì, quelli che arrivano in sala colla portantina, e applausi – tagliata e verdure grigliate, e poi una bella pallina di gelato alla vaniglia e frutta, per concludere giojosamente il tutto con l’odiosissima Torta Nuziale, con tanto di foto dei due stronzi che la tagliano assieme e bevono lo spumante incrociati. Nel frattempo, il tristone che canta e suona alla pianola le canzoni da sposi, in un angolo, e gli scherzi degli amici o meglio ancora dei parenti caciaroni, i quali magari ti regalano una scopa con scritto "congratulazioni, ora scopare è lecito", e te devi ridere, davanti anche a tutto il corteggio di gente che fino a due giorni prima non sapeva nemmeno se avevi il cazzo o la fica. Né te lo sapevi di loro. Indi, foto del bacio con lo stronzo di turno che urla “mettici la lingua!”, e lancio del bouquet. Caffè, e cravatte che se ne vanno; mise e acconciature studiate da giorni che si allontanano su tacchi sexy, e parlano: hai visto com'era ingrassata la sposa; Che bel vestito! Le bomboniere fanno un po' schifo; s'è aspettato un sacco; io mi son commossa. E via così, che lentamente sfuma il tuo giorno-più-bello.
Già: non ho mai nominato il Prete e il corso pre-matrimoniale e la Chiesa. Vogliamo dir qualcosa? No dai, meglio di no.
E allora, vuoi ancora giocare a Principi&Principesse?”
“Un gioco che dura un giorno? Così complicato… e tu?”
“Cazzo sì, va'... però io mi vesto da Uomo Ragno!”

novembre 15, 2006

Nelle sale (o nei tynelli, van bene anche i tynelli), quest'anno per le pheste, andate a vedere, numerosi:


Panettone, di Cristiana Finiscìti
Opera pluripremiata a Canne (no Cannes; proprio Canne, quella di Annibale e gli Elefanti) con lo scettro dei Masters™, la Coppa Italia e un bella cena per quattro da Gerri il Geriatra (a tempo perso rystoratore), il film racconta le vicissitudini di un modesto operajo in una fabbrica di Panettoni di Albignàsego Onara, nell’operoso Nord-Est, con acuti indugi sulle piccole gioie e i (grandi) dolori della vita di questi, primo fra tutti il ricordo di un’infanzia dolorosa e incancellabile, per mano un padre – nostalgico di Crispi – che abusava di lui costringendolo ad ascoltare ogni giorno i canti dell’Era Coloniale. Film della (e sulla) memoria, in bilico fra il grigio della melanconia e il nero della tragedia, segue i dolorosi frammenti di ricordo del misero operajo, Germanello Ferranasi, frammischiandoli al presente, con una moglie che ormai non ama più e che mai forse l’ha capito fino in fondo, una sorella disabile, un vicino di casa spregioso, fino al progressivo disvelamento e presa di coscienza della crisi interiore in cui si dibatte il protagonista, crisi che prenderà le mossa in maniera (apparentemente, freudianamente parlando) del tutto incongrua e immotivata, a seguito di un picchetto di protesta in fabbrica, causa l’alto tasso di glicemia riscontrato alla visita fiscale per gli operaj, costretti a respirare tutto il giorno zucchero a velo e odor di burro. La Mobilità e la vieppiù misera Cassa Integrazione che ne conseguono trascineranno Germanello Ferranasi in un vortice di paure e instabilità; ma sarà solo da lì che ricomincerà la sua risalita, proprio appigliandosi disperatamente a quei valori che credeva ormai di non poter trovare più dentro e intorno a sé. Il protagonista morirà, ma è uguale, è il pensiero che conta.
Liberamente tratto da un libro di Calpurnia Finisciti, sorella della regista, uscito nel 2003 (Io e il panettone, Cavator di Risaje Editore), e prodotto dai Fratelli Urucane, uno dei quali è anche marito della Finisciti (l’altro è cognato di Oliver Stone), il film vanta un budget di circa 16 milioni di euro, poi drasticamente intaccato e svilito perché la (oggi) diabetica regista ha comprato 3 milioni di euro di Capezzoli di Venere, i dolcetti che Salieri offriva a Constanze Webber in Amadeus di Milos Forman. Tra gli interpreti, oltre al protagonista – un grande Stefano Accorsi – si segnalano la moglie (Angelica Urucane in Stone) e il cammeo di Laura Morante, perfetta per il ruolo della crudele padrona della fabbrica e non solo, con evidenti richiami BDSM. Nella colonna sonora si segnala la hit “Stringimelo” rifacimento di un successo anni '83, qui affidato alle debuttanti corde vocali di Eloisa, anche aiuto regista e cugina della medesima.

La solitudine dell’Outsorcing,
 di Fabri Fibra
Film che ha suscitato polemiche e smosso coscienze, condotto abilmente dalla sorprendente regia del debuttante Fabri Fibra, è una sorta di “romanzo di formazione su celluloide” (parole del regista), un diario che racconta il recupero del rapporto tra un padre e suo figlio, uomo d’affari a capo della sezione del Rotary di Capriate San Genesio, l’uno; adolescente con l’hobby dell’esoterismo e del canto in un gruppo trip-hop-acid-funky (i Topi di Gogna) il secondo. Quando Gaddo, il figlio, pretende che ci si rivolga a lui in terza persona con l’epiteto di “Malvagio Golem”, e quando (soprattutto) arriva a fare irruzione a una festa rotariana del padre vestito da Bestia Immonda, qualcosa si rompe irrimediabilmente fra i due, senza contare che a causa dell’impresa del giovane, Umberto, il padre, ha irrimediabilmente perduto la possibilità di scalata rotariana (da “Puro Fiancheggiatore” a “Sacra Costola”, saltando cioè le due fasi intermedie di “Buonavoglia” e “Capra de’Monti”) che gli si era appetibilmente aperta e per la quale aveva indetto la festa. Sottoposto con l’inganno a elettroshock (gli era stato detto che avrebbe provato per primo al mondo una nuova droga elettrica), Gaddo si ritrova da un giorno all’altro impiegato presso la Squilla&Spaventa, ditta di CRM Analitico e Gestione Back-Office di importanti aziende, tra cui quella del padre (Rampante Nautica a Pressione snc), la Telecom e la Ciuino Trasporti. Riprendendo lentamente coscienza di sé, Gaddo nel rancore del ricordo arriva a macchinare un piano per rovinare il padre, e piegando ai suoi disegni il reparto Monitoraggio Crediti della ditta, riesce a far credere al reparto amministrativo della Rampante snc d’aver contratto in passato un grosso debito ormai scaduto. Il padre è costretto a saldare, ma a telefonate si susseguono telefonate, e ogni giorno si presenta un nuovo debito, finché la RA.NA.P. snc fallisce e Umberto si toglie la vita, anzi no poi ci ripensa e capisce che è meglio scappare a Cruz Azul con una modella di trenta anni di meno, in gioiosa e ammirata clandestinità.
Gaddo, diventato nel frattempo presidente della Squilla&Spaventa, progetta l’ingresso in politica col partito dello shōgun Mitso Kunimyto (MK consulting), proprio mentre esce sul mercato discografico il CD dei suoi amati Topi di Gogna: Outsorcing & Collaborative Browsing. Il testo di uno dei pezzi (Indovino) recita così: “leggo il futuro nella merda / ho cacato tutto quanto a semini / yeah, i miei stronzi eran cumuli di merda di semini / e nel futuro della mia merda / ho appreso che mio padre sarebbe morto / e che avrei ereditato tutto / e quindi l’ho ucciso”.

novembre 13, 2006

Era bello, perché a Vienna si vedeva assai più amore in giro. E detta così, come un cazzo di scoppiato qualunque non rende l’idea fino in fondo: ti giravi e c’era una donna abbracciata al suo uomo. In attesa della metropolitana. Sulla spalla di lui, abbracciata, o viceversa, in un silenzio tranquillo e pieno di pace. Io, povero stronzo, pensavo che la cosa potesse oscuramente andare di pari passo con una maggiore dose di felicità, tranquillità, serenità. Quando ci sono quelle e non importa che si pensi ad altro, è più facile. O forse all’estero – qui – c’era qualcosa di diverso nell’insieme delle cose, e anche le persone sono diverse e stanno e vivono assai meglio. È un fatto d’insieme, di qualcosa di cultura, di prender meglio la vita e via e via. Semplicità, serenità, saper apprezzare. Maggior Voglia d’Amore, avrebbe detto una scrittrice di romanzi rosa. Meglio l’hippy allora, che cazzo. Saranno stati tutti così? Forse, non posso saperlo. Di sicuro ne vedevo parecchie, ed era un piacere. Mi mancava solo di farne parte. A me, povero stronzo. Ma chi mi avrebbe preso, a me? Da fuori pareva c’avessi l’etichetta, anche se dentro di me non volevo altro. E invece ero qui in trasferta, con indennità giornaliera, rimborso pasti e pernottamenti, pagamento indennità di viaggio se con più del 20% del tempo impiegato nel trasferimento e buonanotte. Noi per sentirsi vivi si lavora. Ma per quel che contava potevo pure essere in vacanza. È una questione di regola ed eccezione, e tra l’Italia e gli altri paesi – almeno, quelli che avevo visto io – queste mi parevano invertite.
Poi arrivò il treno, smisi di pensare a queste stronzate e salii. Che altro dovevo fare? Tanto, non sarei mai riuscito a capire e spiegare fino in fondo. Forse bastava una grande città, una metropolitana, un grande parco verde, tanti posti per cui sentirsi una formichina che avrebbe fatto lega con un'altra formichina per sentirsi meno formichina e il resto sarebbe venuto da sé.
La metropolitana partì. Io dentro. Destinazione: affanculo, o qualche altro posto del genere. Quelle donne eran belle, in quel modo.
Povero stronzo, io.

novembre 10, 2006

“Come Combattere e Sconfiggere lo Strapotere dell’Ufficio Acquisti” – Corso avanzato di tecniche di vendita

Gentile Direttore Commerciale,
Se i Buyer degli uffici acquisti maltrattano i Suoi venditori, questo messaggio Le interesserà sicuramente.
Le scrivo per invitarLa ad un corso, che si chiama
“L’arte del Negoziato in Ambito BtoB”
e che tratterà una serie di quesiti specifici:

• Quale strategia adottare quando ai Buyer dicono “voglio uno sconto maggiore”, “devi fare meglio”, “il tuo prezzo è troppo alto”, “posso pagare solo XXX”
• Come chiudere vantaggiosamente una vendita quando LORO sono i più forti?
• Come prosperare nonostante i continui attacchi della concorrenza?

Il metodo che insegnerò in questo corso si è rivelato vincente in centinaia di occasioni. Ogni volta che si mette in moto questa strategia, funziona invariabilmente.

Un metodo scientificamente valido
Alla Harvard Graduate School of Business Administration 120 persone hanno negoziato un’importante proprietà immobiliare. Chi ha trattato, adottando questa metodologia di negoziazione, ha ottenuto, in media, più di 850.000$. Quelli che, invece, hanno usato i metodi classici, si son dovuti accontentare di solo 415.000$ (meno della metà).
La realtà dei fatti
Vuole un esempio pratico? Durante un corso aziendale, tenuto a gennaio di quest’anno, ho illustrato questo metodo a 34 scettici venditori professionisti. Dopo 90 giorni di messa in pratica di questa metodologia, la risposta, scaturita dalle statistiche di vendita, è stata strabiliante: il 78% in PIÙ di chiusure positive!
Perché questo rivoluzionario metodo di persuasione funziona? Non è un miracolo: semplicemente, i Prospect riconoscono la validità del sistema. Dopo circa 12 minuti di trattativa, abbandonano le loro tattiche aggressive, per tuffarsi in questo sottile melange di psicologia e buon senso, che permette SEMPRE ad entrambi i contendenti di uscire vincitori dalla fase di negoziazione. Sì, il rapporto WIN-WIN è finalmente raggiunto!
Di cos’altro si parlerà durante questo Corso?
Il principale compito di questo corso è mettere in risalto le tecniche, a disposizione di tutti i venditori, per controbattere le manovre, a volte estremamente scaltre, messe in atto dai responsabili acquisti, per ottenere prezzi sempre più bassi.
Ecco qualcuno degli argomenti che verranno sviluppati durante quest’incontro:
• Il trucco di Las Vegas
Quanti soldi hanno abbandonato sul tavolo della trattativa i suoi venditori durante l’anno in corso? 100.000 euro? 500.000 Euro? 1.000.000 di Euro? Quelli erano soldi che potevano essere suoi o della sua Società, se solo i suoi venditori avessero messo in atto il potere dell’assimilazione.
• La trama di Jessica Rabbit
Corteggiare i clienti, vezzeggiare i Prospect, adulare la controparte. Funziona? E quali errori sono assolutamente da evitare utilizzando una simile strategia durante le varie fasi della negoziazione?
• La manovra di Schumacher
Prendere dei rischi è un’arma potente a disposizione del venditore durante la negoziazione. Può fare di lui il vincitore, se usa tre piccoli accorgimenti, per chiudere anche la più difficile delle trattative.
• L’astuzia di Einstein
Prima di ogni trattativa il controllo psicologico della controparte ed il potere della conoscenza, mette qualsiasi venditore in una posizione di forza inespugnabile, nei confronti della controparte. Se usato intelligentemente, pone il cliente in una posizione difficilmente difendibile.
• La strategia berlusconiana della legittimazione
Se i suoi venditori non stanno ancora usando questo potente potere di persuasione, la sua Società sta perdendo un importante vantaggio nei confronti della concorrenza.
• La tattica delle 12 parole
12 parole che se non utilizzate dai Suoi venditori, creano nel Prospect un vero vuoto emotivo e gli impediscono di fidarsi ciecamente della bontà delle sue proposte.
• Il gioco delle tre carte spaziali
Il compratore desidererà sempre comprare il prodotto più affidabile, dall’azienda che ha la migliore reputazione, ma al prezzo del prodotto meno affidabile sul mercato. Ma i concorrenti possono essere una fonte di potere dissuasivo durante una fase negoziale. Basta sapere come fare, ed eliminare i concorrenti dalla trattativa, diventa un vero gioco da ragazzi.
• I “numeri magici”
Quali sono i “numeri magici” che convincono qualsiasi cinese o giapponese ad accettare una proposta di acquisto, non importa quale sia il suo prezzo finale? È il simbolo di “infinita buona fortuna”, ma non tutti lo sanno.
• Lo stimolo del “Prendimi! Sono come tu mi vuoi”
Cosa vuole veramente il cliente? Nessuno vedrà mai un buono d’ordine che includa “1 kg. Di sicurezza”, “7 once di serietà”, “mezzo chilo di rispetto”, “600 gr di verità”. Ma queste ed altre cose sono parti integranti di ogni contratto di compra-vendita. Sapere, ad arte, amalgamare questi ingredienti, è il vero segreto dei grandi venditori!

Poi ancora: La Strategia Segreta di John Kennedy, la Tecnica di Difesa dalla Calunnia Pretestuosa, la Tattica del Fuso Orario di Greenwich, fino al Trucco del Pro e del Contro, per convincere i clienti potenziali a firmare un buono d’ordine in meno di 7 minuti (e qui c’è del vero genio!)
All’apparenza questi poteri non hanno niente a che fare col prezzo. Ma in realtà, tutti hanno a che fare col prezzo. Perché lo mettono in secondo piano, diminuiscono la sua importanza. Più poteri il venditore usa durante una fase negoziale e più il buyer sarà disposto a pagare.

Le subdole tattiche dei professionisti del prezzo-basso: i Buyer
L’incastro del “Buono ed il Cattivo”
Il ricatto del “prendere o lasciare”
L’insidia del “nemico invisibile”
La trappola australiana dell’“If Then”
Il borbottio di Poliremo
Lo sporco gioco del “Lowballing”
Le fait accompli di D’Artagnan
L’asta ostile del buyer riluttante
Il ricorso alla Misteriosa Alta Autorità
Il tranello delle note perse e della valigia smarrita
Forse queste tattiche non le sono tutte familiari, ma sono proprio quelle maggiormente usate dai buyer, per piegare i venditori ai loro desideri. Durante questo corso, prima parleremo delle tattiche più comuni ed efficaci che ogni buyer usa, poi discuteremo delle contromisure da prendere, per difendersi da queste vere e proprie tattiche psicologiche.

Quanto costa tutto questo?
Il corso avanzato di tecniche di vendita “L’Arte del Negoziato in ambito BtoB” si terrà il giorno 84 Brumajo 1797, dalle 9.00 alle 17.30 a Premenugo Martesana (MI), presso l’Holiday Inn di Trecella, Tang. Est, km. 104
La quota di partecipazione, per ogni singola persona, è di 638 euro ma lei investirà molto meno: SOLO 529 euro+IVA e potrà regolare per assegno, al momento dell’accesso alla sala conferenza. Per prenotarsi chiami oggi stesso.
P.S. Non rimandi
La partecipazione è a numero chiuso per favorire un rapporto interattivo con il docente. Le iscrizioni verranno bloccate al raggiungimento di 15 partecipanti, sulla base dell’ordine di arrivo.


Inoltre...
Una garanzia d’acciaio
Io, personalmente, Le garantisco che se fa un onesto sforzo per mettere in pratica solo alcune delle mie semplici, testate tecniche, Lei moltiplicherà il suo investimento per almeno 100 volte, entro i prossimi 12 mesi. Profitti che non avrebbe mai fatto senza questo corso.
Se la sua quota di partecipazione non si moltiplica per 100, io Le restituisco ogni centesimo di quanto ha pagato. Promesso!
Coffee Break Creativi
Inoltre, sarò a Sua disposizione durante le pause del Workshop. Per esaminare le Sue esigenze specifiche. SuggerirLe tattiche alternative. ConsigliarLa sul miglior modo per mettere in atto le Sue strategie di Vendita.
Tre mesi di consulenza gratuita
Per finire un immediato vantaggio competitivo. Quando ci incontreremo Le darò un indirizzo e-mail riservato. Potrà usarlo per richiedere la mia assistenza marketing gratuita durante i 90 giorni che seguiranno quest’evento.
La mia garanzia è valida sino all’ultimo minuto, dell’ultima ora, dei prossimi 12 mesi!


GianGinetto DeCaria - Phaba Knowledge inc.


AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAmandatenculova'

novembre 09, 2006

Guida Edoardo; mi viene a prendere in macchina alla stazione, monto sulla sua FiatTipoBianca e partiamo. Che macchina del cazzo, che è la FiatTipo.
Lui c’ha sempre quel sorriso mezzo storto, da pirata con la paresi. Ce l’ha sempre avuto, e quella-là ci stava pure insieme. A lui, che sotto sotto è pure stronzo. Io lo so, eccome se lo so.
“Allora come va, Ramon? C’hai il cappellino degli Utah Jazz
se mi richiama Ramon un’altra volta, giuro che scendo dalla macchina mentre viaggia. Secondo lui assomiglio a Ramon Diaz, Gesù.
“Come mai c’hai il cappellino degli Utah Jazz? A me mi dicono che c’assomiglio, a Chris Lettner; secondo te c’assomiglio? Eh?”
“Non so… chi te l’ha detto? Dove gioca Lettner?”
Dobbiamo essere amici, su. E allora chissene se quando eravamo a Torquay – posto del cazzo, Torquay, sulla Manica – con Quella-Là c’ha provato lui e gli è andata pure bene. E io nulla. Io ero il suo amico nano, che giocava bene a pallone e che si era scelto lui di suo. E quanto a lei, a lei gli stavo pure simpatico, e magari… poi comunque lui l’ha lasciata, ma io ancora mica lo so. Dobbiamo essere amici. Ufficialmente son qui per andare a trovare altri due stronzi, tipo lui. Uno stronzo tipo lui; l’altro è a posto. Siamo onesti.
“Ma… Silvia?”, chiedo.
“L’ho lasciata. Dopo un po’ di tempo lei m’ha detto: «sai, io ho fatto voto di castità…», e io: ciaooo!
Ecco, adesso lo so. C’è voluto poco, a saperlo. Dicendo ciaooo ha lasciato per un attimo il volante e ha fatto un sonorissimo gesto d’ombrello.
“sbrighiamoci, che poi stasera voglio vedere la pallavolo. La semi-finale. C’ho il treno alle sette”
“visto che roba gli USA?”
Intende il basket, ovviamente. Visto; sì, certo.
Però poi mi manca qualche passaggio, non so bene; ma come che sia andata, finisce per riepilogarmi il medagliere dell’Italia, mentre guida. Cose tipo ci abbiamo, abbiamo fatto, siamo questo, siamo quest’altro.
Aggiungo che gli manca l’oro della pallanuoto.
“L’oro? Cazzo, davvero s’è vinto l’oro? Io non lo sapevo mica! S’è vinto l’oro”, va dicendo, e s’entusiasma a crescere, “S’è vinto… campioniii! ALEEE-OO, ALE-OOOOO!”
Se la canta e se la suona; si fa pure il coretto da solo e suona il clacson della sua FiatTipoBianca. Tutto ciò è molto stupido. Soprattutto lui. Che Pare di plastica; finto, artefatto, in tutto quello che fa. Figuriamoci in una manfrina come questa. 
Che vada in culo. E così Quella-Là. E già che ci siamo anche il suo amico, quello stronzo dei due che andiamo a trovare adesso, che l’ultima volta mi disse dove avevo messo il gatto, ché casa mia era il classico appartamento da gatto.
E io un gatto ce l’ho davvero. Lui cos’avrà avuto? Dieci armadilli? Faccia-di-Merda…

novembre 07, 2006

Non erano che le nove, e la nebbia stava coprendo tutto quello che ci circondava, lì intorno; anche se forse c'era dalla notte, in un pensierino delle elementari si sarebbe potuto scrivere che ammantava piano le cose, e che le nascondeva. I bambini la notte dormono, ne possono saper qualcosa? Ma in un pensierino delle elementari dubito che lo scenario sarebbe stato il vialone della zona industriale "Bernareggio", di Vimercate Azzurrone. Le strade, le macchine, i capannoni: su tutto si stendeva velocemente quel sipario biancastro, latte allungato e sporco, a spremere fuori da tutto ciò che man mano copriva il resto di quella tristezza che cercava di nascondersi.
“E lei quand’è che ha saputo che sarebbe diventato direttore di banca?”, chiesi al direttore, seduto al posto del passeggero, la cintura allacciata a contrasto con la pancia tesa e la mano stretta sulla valigetta, in equilibrio sulle ginocchia.
“Andavo da un mio amico a giocare, quando ero piccolo. Piccolo – da Medie, diciamo. Non ricordo, o forse avrò avuto 12 anni. Insomma, stavamo nel suo giardino, che era sul retro della casa e partiva da uno spiazzo d’asfalto ricavato sotto il piano rialzato della casa, proseguendo da lì col giardino vero e proprio, terra erba e piantine e tutto. Una volta sbucò fuori un topo. Un bel ratto, una pantegana. C’era anche la mamma del mio amico, in quel momento. Io avrò avuto 12 anni, come dicevo. Insomma, mi segui? Lei e il mio amico corsero alla porta-finestra, chiudendosi dentro, e rimasero a guardare fuori. Io non li avevo seguiti: ero rimasto col topo, ed ora mi trovavo proprio di fronte a loro, con quello che mi correva tra i piedi, impazzito. Insomma, presi un rastrello e lo costrinsi in un angolo. Cominciai a menare colpi alla cieca. Lo colpii una, due volte; tre – su cento colpi che tirai. E la pantegana morì. Insomma, poi rientrai in casa, e dissi alla mamma del mio amico di prendere un sacchetto per la spazzatura. Presi il topo per la coda e lo buttai dentro. Poi, non ricordo; forse ci preparò la merenda, forse ricominciammo a giocare in giardino…”
guidavo piano nella nebbia, cercando di orientarmi fra quel che restava da vedere di quei cazzo di capannoni tutti uguali e tutti tristi.
“capisco”, dissi; ma in realtà non capivo proprio un beato cazzo, e pensavo: “stronzate. Questo ciccione crede che sia uno strizzacervelli?
“È il fatto…”, proseguì lui inumidendosi orridamente le labbra, “è il fatto che non mi sia più ricordato il nome del mio amico, a distanza anche di poco tempo che mi ha dato da pensare. Insomma, mi ricordo benissimo la scena e non ricordo come si chiamava quel mio amico. Capisci, adesso?”
“Capisco”, ripetei; ma ancora nulla, e continuavo a pensare: “stronzate. Ciccione di merda.
“Se sei in grado di uccidere chi è più piccolo di te e non badi ai particolari pur di arrivare dritto al tuo scopo, hai dentro le potenzialità di un Grande della Finanza. Se quando lo fai, ti senti veramente al tuo posto, senza nessuna indecisione e con un gusto in te che ti prende la mano e ti fa grande, puoi pure diventare dirigente, o addirittura direttore di banca. Si chiama attitudine al comando. E ce l’hai o non ce l’hai, forse; ma si può sempre migliorare o anche coltivare. Ora ti è più chiaro?”
Avevo trovato il capannone giusto, che emergeva nella nebbia solo qua e là. Era come essere in cielo, e guidare fra le nuvole. Parcheggiai, e scendemmo. Io pensavo ancora: “stronzate”.
“È per questo che io sono il capo, qui, e tu no. Continua pure a non prendere niente sul serio; vedrai quanto lontano ti porta!”
Stronzate. Eravamo nulla più che dei banditi, dei criminali autorizzati e tanto celebrati dalla famosa parte-buona della Società. E adesso andavamo a riscuotere il credito. O a far impancare un altro debito con noi a qualcuno, per quel che ne sapevo. Poi ci saremmo presi tutto, anche lì.
Suonai, e quelli ci aprirono. Feci passare il capoi, la sua pancia, la sua valigetta.
“Poco tempo dopo era il mio compleanno, e i miei genitori mi aprirono il mio primo libretto, e ci versarono il mio primo milione. Segnali, altri segnali…”, disse sorridendo.
Un giorno morirai, stronzo”, pensai. Gli sorrisi, annuendo.
C’era da salir le scale, e poi stare a sentirlo un altro po’, col coglione di turno.

novembre 06, 2006

“Sì, fu proprio una bella serata, ieri. Peccato che non c’eri, guarda”
“che è successo?”
“No, niente: hanno bevuto la Spumador tutta la sera, nell’attesa di un qualche stronzo col plastico per il gioco che non arrivava. Poi uno, quello alto rapato a zero, s’è alzato e ha detto che lui c’aveva la licantropite-del-dungeonmaster – so un cazzo io cosa possa essere – e c'avessero a far qualcosa; sicché ha obbligato un altro, uno che in faccia c’aveva scritto NERD marchiato con la merda e il fuoco, a portargli qualcosa da mangiare. Patatine del sacchetto, Galatine al latte e un dolce al cioccolato che aveva preparato qualcun altro, penso. Si mangiava e intanto parlavano, loro. Si ricordavano di quando quello grasso coi capelli lunghi aveva attaccato la Manciuria con due Carri Armati, contro i dodici di quell’altro, quello brutto come pochi che chiamavano Umby. Vinse quello grasso. E giù le risate, fra tutti. Io fissavo il vuoto, e ti pensavo intensamente”
“merda, ho sempre odiato Risiko. Mi spiace non aver potuto esserci…”
“cazzo, mi sarei divertito di più a contar gli stronzi deposti sui binari del treno. Sai, questo è sull’asse di legno, questo è fuori, e via così. È divertente, mica dico per dire. Prova, mentre torni a casa. Comunque, il peggio è stato quando è arrivato l’altro, quello col plastico e un sacco di fogli e carte e altre cazzate simili. Lo chiamavano Il Capra, e Il Capra c’ha assegnato a tutti un’identità e abbiamo iniziato a giocare, col plastico e tutte quelle miniature. M’ha detto che le colorava lui personalmente. Comunque, a me è toccato un qualche nano del cazzo, deforme e verde, e da quel momento tutti hanno cominciato a chiamarmi Turf. C’erano il negromante e il druido, l’eremita, la vecchia, e un sacco di altri tipi del cazzo sul genere. Alcuni facevano più parti, perché i personaggi erano troppi”
“e tu che hai fatto?”
“bah, ho fatto la mia parte per un po’; poi, quando ho visto che quelli s’imbestialivano e prendevano troppo sul serio la cosa - cazzo, uno s’è incazzato a morte con un altro perché secondo lui questo non ci metteva l’enfasi giusta nel lanciare incantesimi agli altri! Voglio dire. Comunque sia, dicevo. Quando mi son reso conto che le mie palle ne avevano avuto abbastanza ho tirato fuori l’argenteria e li ho seccati tutti. Ho mirato alla testa, o a cosa quelli là possano averci al suo posto. Non si son nemmeno accorti. Coglioni. Avranno pensato che Turf s’era ribellato ai suoi padroni. Gesù!”
“Anche il brindellone rapato a zero?”
“Anche il brindellone rapato a zero”
“peccato. M’ispirava quasi simpatia”
“bah, era senz’altro la cosa giusta da fare. Sai, quelle stronzate da predicatori su Sodomia&Gomorra e la GiustaPunizione…”
“già, penso anch’io”
“però è un lavoraccio”
“vero. Ma dà tanta soddisfazione. A chi tocca oggi?”
“So che abbiamo un appuntamento col Commerciale di qualche ditta”
“mmm… gente seria. Con le palle. Sai le palle da-lavoro? Gente che dice cose come «voi ditemi cosa vi devo vendere e io ve lo vendo!» Pezzi grossi, cazzo”
“già. Ci divertiamo, eh?”
“Già. Lo vedi che ci divertiamo?”

novembre 03, 2006

Ovvai! Bòrda. Li volevi? Eccoci. Gonfia Mèo!
31. Con orrore & tedyo. E fastydio.
Però, per tutta la mattina di ieri, ho pensato fossero 32. A 32 ovviamente mi comprerò un bel cappellino di Vieri&Maldini, con scritto Baci&Abbracci, SweetYears e qualche altra stronzata. Poi, con quello in testa, mi suiciderò, cosicché la gente che mi ritrova sappia quanto ero Stupido&Stronzo.

Inoltre, sulla lapide vorrei riportate le seguenti parole, acuto concetto enunciato questa mane da tal (scusino il termine) Silvio Muccino – a cui tutti quanti non augureremmo un Domani, e invece è lì, e fa più soldi & bella vita di tutti noi messi insieme, e scrive anche libri a quattro mani, tre piedi e un cazzo e mezzo – segnalatomi con solerzia dal fido Pierone Teroldego di Capriate San Gervasio (VA – sì ma ‘n culo, va’):

“Ma quanto c’è di te nel personaggio del libro?”
“eeeh, c’è molto di me in quel personaggio. Si chiamano ALTER EGHI!”


AhahahahahahahahahahahahahahahahahaahahahVita-del-Cazzo
Ma se rinasco, vorrei rinascere Lichene. O Gruccione. O, al limite, Molator-del-Ferro, Tornitore. Alla Fresa. In culo.

novembre 02, 2006

E poi si parlò di tutto, di come si potesse intitolare la canzone che c'era con la pubblicità della Knorr, di quando restai ipnotizzato di fronte ad uno stronzo enorme sui binari, del calcolare la distanza tra un posto e l’altro, sulla cartina, in dita o falangi, altro che scala uno a qualcosa. Di quanto è bella la parola Palombaro.
M’avevan detto che dovevo far l’originale, che restano sempre colpite da stranezze e stramberie, quindi ordinai il tacchino in salsa di cacao. Orribile, ma tenni duro; sapeva di aceto. Buon viso, gioco cattivo anzi pessimo. I proverbi.
Poi dissi:
“e poi giocavo a pallone, da solo, e mi facevo la telecronaca!”
“L’abbiamo fatto tutti, da bambini…”
“io lo faccio adesso”
“gesù”.
Non era una battuta. E pazienza se non l’ho rivista più. Però, non ho avuto il tempo di dire un sacco di altre cose che potevano essere interessanti, prima di tutto quelle riguardo ai miei lavori artistici, che tengo sempre per una seconda occasione. Con metodo, colleziono nomi di posti strani e li custodisco gelosamente in una cartellina marrone. Ogni giorno assumo un’identità diversa, e volta volta vengo da uno di quei posti. E mi comporto di conseguenza. Oggi, ad esempio, dopo lunga battaglia interiore, mi sento di venire da Mandello del Larione, essendo io il buon Antonino Spuma, di anni quarantatre. Ma non è detto che duri.