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agosto 30, 2006

FVNGVS - MINIMALISMI CONTEMPORANEI, A TYTOLO CREPUSCOLARE: "PERCHÉ TU MI DICI: POETA?". L'ARTE PER POCHI (E MYSERI), ALL'ATELIER CIAPETTI (NEPOTE). ACCORRETE!


Sergio Corrazzini? L’essenzialità come ultimo perseguimento; il midollo delle cose. Questo, casomai, il motto che si potrebbe senza fallo ricavare dalla personale di FVNGVS, all’atelier “Paga ora o fuggimi per sempre” di Nichèlo Ciapetti. A volere. A volere si può tutto, tranne – penso – trombarsi la cassiera (io c’ho provato, mi son presentato lì galuppone & fiero, col mio tesserino di giornalista, petto infuori e il taccuino che poi non ci scrivo nulla però fa parecchio togo portarselo dietro; sicché, insomma, sorrisone bianco & irresistibile e ni c’ho sparato subito: “signorina, son della stampa, per quella recensione-presentazione in anteprima. Ci sono altre Opere d’Arte, qui, oltre a lei? Eh?”, e giù un bell’ammiccamento complice che lei però non ha colto, limitandosi a rigirarsi in mano il mio tesserino e dire “devi pagare uguale, non s’accettano carte”, premendo poi il pulsante per aprir la porta con veramente malcelata ostilità, frammista a compatimento). A non volere chissà, è possibile anche ricavarne un’impressione di fastidio, qualcosa come “ma che cazzo sono tutti ‘sti troiai?”, ma poi magari son io che sono incattivito per questo amaro episodio della cassiera, quindi fa nulla, del resto comunque mi pagano (ah, sì?) per far queste cose, ragion per cui tanto vale ci scriva qualcosa su. Comunque Corrazzini non c'entra un beneamato cazzaccio nulla. 
E quindi, FVNGVS: FVNGVS è un artista che ama velarsi, fin dal nome che ha sostituito – un po’ come Prince, salvo che Prince è più intelligente, forse – con questo insolito nick, sentendo l’impellente bisogno di dissimulare la sua personalità variegata nella giustapposizione di opere ed eventi minimi – nugae, per dirla con qualcun altro (fosse il Petrarca o Bedy Moratti ora non m’è chiaro) – con cui lascia il suo pregnante segno sul quotidiano. Sue opere possono essere una manciata di chiodi sparsi per terra (Il cammino del dolore, appena entrati nella galleria) in un’opera che da evento si fa Arte Concreta, Fluxus e Arte Performativa (i partecipanti sono costretti a camminarci sopra, mentre uno stereo manda grida di dolore registrate) o un bancale insanguinato (Senza titolo 456), a citare ovviamente l’Arte Povera; un libro in latino messo sotto vetro, a significare provocatoriamente la difficile accessibilità della cultura ai giorni nostri; un recinto fatto a lastre di vetro con dentro un cespo di lattuga, degli escrementi e un velo da sposa (Coniglio scappato F99), a significare dio solo sa cosa.
Aderente, come si è ben capito, al MAC (Movimento Arte Concreta), almeno fino a quando i membri non se ne accorsero, FVNGVS prosegue poi con la serie immancabile di filmati con cui ormai ci ammorbano in qualsiasi mostra d’arte contemporanea, alzi una mano chi gli piace di questi troiai, io una volta n’ho visto uno dove c’eran due mani che trombavano (?), e indovinate un po’ come si intitolava? Eh? Indovinate un po’? Ma Senza titolo, ovviamente…
Comunque qui ce ne sono un paio con le solite immagini in sequenza, frenetiche e disturbanti, e altri con i soliti pezzi di vecchi film in bianco e nero, ripetuti all’infinito, magari alternati a momenti in cui la voce dell’artista ripete “FVNGVS, FVNGVS, FVNGVS”, oppure “DireFareBaciareLetteraTESTAMENTOOO”.
Una serie di lavori prettamente figurativi è rappresentata comunque nell’ultima sala, quella dove si deve stare attenti a dove si mette i piedi perché l’artista precedente [cfr. recenZione anZiana], Vany Maprinkovicz, pensò bene di sventrare nel Santissimo nome dell’Arte: qui, l’ottimo FVNGVS ha pensato bene di sistemare tutta una serie di fregacci e collages senza costrutto né misura, che di volta in volta ha chiamato F23, Senza titolo, Ripensamenti, Notte agitata, FVNGVS REGNAVIT. Vi segnalo in particolare il secondo sulla destra, appena entrati: un fondo giallo con un colata marrone in mezzo, a titolo Cravatta per denti gialli; o quello subito accanto (appunto, FVNGVS REGNAVIT), un cartoncino bristol su cui l’artista ha incollato tre orride cartoline e uno stronzo che pare effettivamente vero (iperrealismo, ahimè: si tratta di una enorme colata di tempera marrone)
Prima di riguadagnare l’uscita, un enorme moscone costruito con scolapasta, sedie, tubi idraulici ritorti e sacchi della spazzatura troneggia al centro dell’ultima stanza, mentre un persistente e fastidioso ronzio si diffonde nella stessa, ancora una volta frutto di uno stereo sagacemente posizionato dietro un paravento. Moscone senza titolo. Simboleggia l’animo gitano che è in ognuno di noi, e in particolare il mio in quel preciso momento, visto che ho pensato bene di cavarmi dai coglioni e alla maniera più spiccia e veloce - gitana appunto: cioè cacandogli in bagno, non tirando lo sciacquone e rubandogli la saponettina.
All’uscita ho provato a dir qualcosa alla cassiera, mettendo anche 50 euro sul bancone. Niente, macché. Eppure la cultura fa, dice. Sia sorda?

agosto 29, 2006

MODERATE DICHIARAZIONI DELL’EX-PREMIER SILVIO BERLUSCONI A RIMINI: "NO AD UN'ITALIA PLURIETNICA"
Sì, all’insegna del progressismo, del buonsenso e del relativismo illuminista: così la rentrée del cavaliere nella vita politica, dopo tutte le cazzate in Sardegna con paggi, nani, ballerine e cotillons: queste sì che son cose serie, pareva pensare, mentre si girava di spalle e orgogliosamente s’indicava il testone novellamente tricodotato, urlando “e ha funzionato benissimo!”


“Secondo noi l’Italia deve essere cattolica e degli Italiani. La sinistra pensa invece a un’Italia plurietnica”. Così Silvio Berlusconi parlando al Meeting di Rimini, rientro in politica dell’ex-premier dopo la lunga vacanza in Sardegna.
Entusiasmo in sala, specie quando ha aggiunto che è allo studio pure un piano per la riconquista del Santo Sepolcro, assolutamente da strappare dalle mani insanguinate dei cani infedeli seguaci di Maometto, nonché notoriamente figli di una civiltà inferiore.
Il Cavaliere era stato accolto al grido di “Silvio, Silvio”, e gli uomini del servizio di sicurezza avevano faticato non poco per cercare di contenere l’entusiasmo della folla. Al suo ingresso l’euforia era tale che è anche caduta una transenna di uno dei laghetti del cortile della Fiera: alcune persone sono finite in acqua. L’ingresso di Berlusconi è stato salutato anche da trombe e cori da stadio, nonché dall’immancabile “Chi non salta comunista è!”. E dal tormentone dei mondiali di calcio in Germania: “po-po-poooo”.
Perché questa è la coscienza politica di questo popolo di merda.
Al popolo ciellino (!), simpatica gente capitanata da Formigoni (!), ha detto di essere “condannato a continuare e ad andare avanti anche per un fatto di orgoglio e storia personale. La metà del Paese mi detesta, l’altra metà mi sostiene e forse mi ama”. Poi, (è più forte di lui, abbiate pazienza: dove va, c’ha l’aneddoto all’uopo – non per autocitarsi, ma cfr. il qui presente giov. 2 marzo 2006; casomai domani si presentasse a casa vostra, vi direbbe che era amico del nonno) sollecitando l’applauso, ha aggiunto: “Cercai Don Giussani nel ‘93, per averlo accanto nelle decisioni di scendere in politica e ho tentato di averlo sempre accanto. Ricordo con commozione gli ultimi incontri e ho ancora i brividi ripensandoci. Lui mi disse che il destino mi aveva fatto diventare l’uomo della provvidenza”.
Proprio le stesse parole che il buon Pio XII usò per definire quella sagoma del Benito Mussolini buonanima, dopo che insieme avevano stipulato quell’equo e giusto trattato passato alla storia col nome di Patti Lateranensi.
Dulcis in fundo, sfruttando una battuta sui capelli per spiegare uno dei passaggi del suo discorso, dopo essere stato incalzato dal moderatore Oscar Giannino, Berlusconi si è alzato dalla sedia, si è girato di spalle ed ha mostrato con orgoglio il risultato del suo trapianto di capelli. La cosa ha provocato una vera e propria ovazione in platea.
Perché questa, e non altra, è la coscienza politica di questo popolo di merda.

agosto 25, 2006

VANY MAPRINKOVICZ - Retrospettiva militante d'artista, per scuoter le coscienze & mostrar la via. All'atelier "Ingresso a strozzo - pagare veloce o scappar repente", di Ciapetti Vaurilio


La fotografia è un mezzo di espressione artistica autoreferenziale, valido e pregnante in sé e per sé? Può solo rappresentare l’Altro, l’Esistente, o può raffigurare autonomamente il Nuovo, dando vita, magari combinandosi ad altre forme d’arte, a un Nuovo Esistente? Se mangio veloce tre etti di mortadella senza pane, poi sto male?
Questi e molti altri sono gli stimolanti e (apparentemente) insondabili interrogativi che da sempre hanno spinto Vany Maprinkovicz a muoversi lungo un percorso al termine del quale si situa senz’altro la mostra-evento che si inaugura oggi presso lo stanzone-atelier-cantiere del Ciapetti, galleria-sottopasso 3, urlare BBBEPPPEEEEEEEEE sotto la finestra coi geranî che Beppe è il Gustode – lui lo dice così, sconsigliato contraddirlo – e c’ha lui le chiavi ma non lo disturbate alle 15 perché sta cacando e ci sta che s’inalberi parecchio, provare per credere, io c’ho sempre un occhio nero e il culo che mi frizza.
Nata 28 anni orsono, in un ridente paesino alle pendici del monte Rancore, la poliedrica artista Magravia (?) ancorché di origini Bosniache e anche un po’ Italiane (la nonna è stata una volta a Pavia, in visita alla C.A.P.Ra. – Centro Autonomo Pavese di Raccolta. Di che? Ma di Stronzoli, mi par chiaro), alla sua prima retrospettiva monografica in Italia, si presenta nel segno della sperimentazione militante e del lucido scandaglio provocatorio di coscienze (parole dell’artista) “ormai languenti, apatiche, misere e vili”. 
Ecco quindi spiegata e motivata la monumentale serie dei Senza Titolo I-XVIII, diciotto (apparenti) tele dal colore uniforme e lucido, ora nero, ora bianco, ora rosso. All’origine ci sono altrettante fotografie, ingrandite a dimensione della tela e qui incollate a mezzo coccoina e attack, indi completamente ricoperte di vernice colorata e riflettente, quasi uno specchio. Le foto non si vedono né si intuiscono, e simboleggiano probabilmente il vero animo umano, ricoperto dai detriti lucidi di quella che vorremmo (tanto) chiamare civiltà. Interrogata al riguardo del contenuto delle foto, l’artista non ha voluto rivelare cosa esse contenessero in principio, proprio perché, secondo un paradosso a lei tanto caro, “nel non sapere sta il sapere, e nel sapere l’ignoranza”. 'Sticazzi, mi son detto qui, ingoiando aria.
L’evoluzione del di-lei pensiero (“siamo come un fiume che scorre, ci arricchiamo ogni giorno di nuove cose”, ha spiegato la Maprinkovicz nella conferenza stampa-rinfresco a seguire l’inaugurazione, signorilmente ignorando qualcuno - chi mai? - dal pubblico il quale, dopo aver sonoramente ruttato, ha chiosato con un "arricchisciti di questo"), poi, ci porta poi alla serie dei Senza Titolo con Decorazioni XIX-XXVII, lavori strettamente collegati ai precedenti, come questi realizzati (ancora: fotografia ricoperta da vernice uniforme), e da questi differenti soltanto per alcune piccole sgocciolature (dripping) colorate fatte cadere dall’alto sulla tela, prevalentemente ma non necessariamente ai lati, a disegnare un percorso "misero e scarno" sì, ma che rispecchia in pieno "il timido risveglio della coscienza dell’uomo di fronte alla crudeltà del mondo”. O almeno, questa è l’interpretazione che ne ha dato lei, ammettendo tuttavia molte altre chiavi di lettura, perché la sua è un’opera che “deve muovere anzitutto alla riflessione, da dentro ognuno di noi" (qui, altro sonorissimo rutto, con - invero un po' inflazionata - aggiunta: "a me mi smuove questo").
L’obiettivo meditativo-profondo-catartico, del resto, è stato perfettamente centrato, visto che i - pochi: ah, languenti coscienze del mondo massificato! - presenti si sono più che altro dati alla contemplazione delle due serie, di quando in quando pettinandosi e sistemandosi i nasi, tipo me che c’avevo una stizza che non mi dava tregua da quando m’ero alzato, e siccome dopo c’avevo da vedere una phya, non mi pareva bello farsi trovare con un corno ritto tipo Goldrake. Grazie, Arte!
Proseguendo nel percorso allestito per noi dall’artista, troviamo la Stanza Vuota e Sventrata Senza Piastrelle, della quale mi sfugge il senso ma vedrai uno c’è (Beppe non l’ha ancora vista, e mi sa che non la prenderà bene), la serie di foto sperimentali (per lo più nere e uniformi, con oggetti non bene identificati a farsi intravedere ogni tanto: una volta si riconosce un tallone, altre volte una mensola sfocata, altrove un pupazzo con qualcosa nel culo) a titolo Coniglismi, e il Nano Mantecato all’Amarena, opera, quest’ultima, realizzata in collaborazione con il misteriosissimo nanogeno che qualche tempo fa imperversava con la sua arte performativa nelle piazze e nelle case d’italia. Non avendo mai voluto rivelare niente di sé, nulla ha concesso nemmeno in questa occasione, nascondendosi (probabilmente) tra i visitatori e non consentendo neppure che il nano originale, in gesso bitume e cernit, ricoperto dalla Maprinkovicz con un abbondante quanto vistoso strato di vernice lucida color minio e ghirigori rossi, a coprire presumibilmente anche un'altra serie di fotografie del cazzo, figurasse come opera sua. Ma – certo – è indubbio, anche se, una volta acceso, il nano non è scoppiato come di consueto, mandando bensì solamente un lieve sibilo minaccioso, prima di vedere volutamente spenta la sua miccia, in un gesto altamente simbolico dell’hic et nunc, in cui – ha spiegato la Maprinkovicz – “non si fa nemmeno il botto, ché tutto è torpore. E quindi la missione dell’artista, col suo genio, è sferzare, risvegliare, aprire la via”.
A quel punto io ho rotto un paio di bombette puzzolenti in un par d'angoli, e me ne sono andato. Bello, avergli ruttato così, però. Son soddisfazioni.

agosto 23, 2006

...E SE CON LO SQUARÀUS, TUTTI A CACAR COPIOSI NELLA "TOILETTE-DEL-PRESIDENTE", ACCOMPAGNATI DALLE NUOVE FIGURE FEMMINILI CREATE ALL'UOPO DALLA VULCANICA "MENTE-DEL-PRESIDENTE": LE SCUREGGINE! DOPO, ESIBIZIONE DI MARIANO APICELLA. E POI PIZZE, GELATI, COCKTAIL, COTILLONS FINO ALL'ALBA. E TANTE, TANTISSIME BARZELLETTE SU PRODI E I COMUNISTI.


Ai suoi racconta che sta vivendo una “seconda giovinezza” e deve essere così se è vero che ogni sera Silvio Berlusconi anima le notti della Costa Smeralda organizzando mega-party nella sua villa o deliziando i proprietari dei locali – dal Billionaire al County fino al Pepero – con apparizioni scatenate che durano fino all’alba. Due giorni fa invece, quasi per dare l’addio all’estate (venerdì infatti tornerà alla politica, parlando di “quale libertà” al Meeting di CL, dove hanno già provveduto a spostare l’evento nella sala più capiente della Fiera di Rimini) il Cavaliere ha riunito una cinquantina di ospiti a Villa Certosa per una nottata in cui ha dato fondo a tutti i suoi numeri. Dopo essersi appartato brevemente con Formigoni e Bonaiuti a parlare di politica (“Ma quand’è che li mandiamo a casa, questi signori della sinistra?”) lo show ha avuto inizio e alle sette del mattino Berlusconi ancora cantava e ballava. Prima però l’ospite ha voluto mostrare a tutti (tra gli altri Marta Marzotto, il banchiere Ennio Doris, Valeria Marini, i forzisti Iannone e Comincioli, Letterine, Veline e Meteorine varie), le novità della casa, a cominciare dal “vulcano” [per cui si veda qui sotto, va']. Imbarcati i presenti a bordo delle macchinette elettriche usate nei campi di golf, è iniziato il giro turistico.
Prima tappa il “labirinto della libertà”, fatto da alte siepi di ginepro e bosso stile-Shining, che termina in una piccola radura sulla sommità di una collina, dove l’ex-premier ha fatto installare una statua alta quattro metri della scultrice Alba Gonzalez. Rappresenta un centauro donna, che dovrebbe appunto essere un’allegoria della libertà ed è circondata a sua volta da menhir che il Cavaliere ha chiamato “democrazia”, “solidarietà”, “stato di diritto”, e così via.
Ma il bello doveva ancora venire. Gli ospiti, mentre il Cavaliere annunciava di voler dare alle stampe un nuovo libro dedicato (ancora) alla libertà, davano evidenti segni di volersi sedere in tavola. E dunque sono stati invitati a prendere posto alla “Pizzeria del Presidente”, un locale scavato nella roccia che riproduce fedelmente un ristorante. Qui il padrone di casa ha stupito tutti mettendosi a fare le pizze dietro il banco, distribuendo mozzarella e salsa di pomodoro nelle teglie da infornare. Dopo la pizzeria, passaggio obbligato al locale attiguo, la “Gelateria del Presidente”, con tanto di registratore di cassa per rendere tutto più credibile. Saziato lo stomaco, via allo spettacolo. Un mago fatto venire da Milano si è esibito con giochi di prestigio e, visto il committente milionario, ha fatto volare in aria una carta di credito come fosse una farfalla. A seguire barzellette del Cavaliere (gettonatissime quelle su Violante e D’Alema), concerto della cantante lirica Maria Mastino, esibizione del duo Apicella-Berlusconi e balera fino all’alba con il maestro Alberto Laurenti e il pianista Raffaello. A proposito di questi ultimi due, è da notare che il leader della CDL ha creato giorni fa al “Pepero”, in onore della loro band “Rumba del Mar”, un cocktail a base di succhi di frutta, champagne e blue curaçao (“Un tocco di blu per ricordare Forza Italia” negli intenti dell’ex-premier) che ormai viene servito a Porto Cervo con il nome di “cocktail Berlusconi" (fonte: Repubblica)