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dicembre 25, 2010

(Ma in fondo quale lavoro non è una fatica di Sisifo e non comporta lo spingere lo stesso masso in cima alla stessa collina, all'infinito? Il poliziotto perlustra a piedi sempre la stessa area; lo scrittore, finito di comporre un saggio d'ispirazione liberale-umanitaria, lo osserva scomparire e ne comincia un altro. Tutti noi passiamo l'intera giornata a spingere il nostro masso in cima alla collina - solo per ritrovarlo di nuovo a valle quando riemergiamo la mattina dopo. La vera punizione di Sisifo era che perfino dopo la morte dovette sobbarcarsi un lavoro normale).

(A. GOPNIK, Una casa a New York)

un libro che è come un brusio continuo, in sottofondo - lo vivi quasi con fastidio, una fatica, qualcosa di frustrante... ma dal quale ogni tanto (non aforismi, non la misura di brevi e perfetti luccichii) si innalzano arcate di conversazione vera, come virate improvvise di melodie bellissime che spezzano un non sempre sopportabile recitativo.
Come ad esempio questa.
Come molte altre.

luglio 13, 2010

"La corruzione, intesa come mezzo e fine, a se stesso bastante, realizzazione somma di qualcosa che un tempo potevano essere gli ideali e le ideologie, è la base fondante di qualsiasi sistema di governo occidentale contemporaneo. A quel punto, sarà solo questione di minimi scarti (es. il governo x è totalmente affogato nella corruzione; il governo y al 90%, etc. etc.), ma questo è il portato inevitabile di una situazione generale che pone a sovrana esclusiva l'economia, a tutto dando ostinatamente un prezzo. Se anche gli uomini hanno un prezzo, niente di più facile che comprare gli uomini. Se il prezzo è scalata sociale e privilegio, niente di più facile che far salire posizioni e acquisir privilegi. Se privilegio è in definitiva lusso, una bella macchina, una villa a sbafo, un'esibizione continua di status symbol e (magari) anche visibilità mediatica, il gioco è presto fatto.
Il tutto in un'escalation continua che nutre - cane che si morde la coda, ma senza una fine se non (presumibilmente) violenta - i suoi protagonisti, e nulla fa per la collettività ed il sociale, badando esclusivamente ad autogarantirsi, mantenere posizioni, tirare a campare nel proprio, menando ciascuno l'orticello (il quale spesso diventa invero piuttosto grande, poiché il mondo di oggi vira ineluttabile verso la globalizzazione, intesa come estensione dei domini di pochi sui più): che senso potrebbe avrebbe, allora, garantire uno Stato Sociale? Quale significato, il sostenere che il benessere dell'uno passa inevitabilmente e giocoforza da quello di tutti? Il mio è il mio, signori, e più ce n'è per me, meglio è: d'altronde, ho bisogno di soldi e appoggi per garantirmi tutto questo; nel mondo di oggi tutto costa, e più soldi avrò, più alto sarà il mio privilegio. Sono tutti quanti in vendita, in una società che tutto prezza, e questo - ben lungi dall'essere un male necessario, che sopportano in nome d'un ben fare che non esiste più - è tutto quello che ci distingue dalle bestie e dalla natura".

(Giovandomenico Persiana, Fenomenologia di ciò che c'incupisce & indigna, Ed. Galaxy Express 1999, Ravanate sul Ditone, TRP)

maggio 20, 2010

“Ed indi per cui si può senz'altro sostenere che quella nuova fase del capitalismo inauguratasi al termine dell'ultimo significativo scatto in avanti (il decennio che si sviluppa approssimativamente negli anni 80-90), nel momento della tramonto delle ideologie (o di ciò che di tali ideologie era effettivamente rimasto), o più semplicemente susseguente al venir meno di uno dei due blocchi che tale sistema contribuiva a mantenere in piedi fin dal momento della sua origine (che è dire, fuor di ogni ragionevole dubbio, il secondo dopoguerra), si possa di diritto ascrivere alla categoria di un Feudalesimo Industriale, e la sua periodizzazione storica si possa comprendere entro la denominazione di Nuovo Feudalesimo. Che è dire, andare avanti per tornare indietro; avanzare cronologicamente, pur regredendo a livello sociale: il tutto in una nuova fase – feudalesimo industriale o tecnologico, appunto – in cui all'ideologia (o, ancora una volta, ai suoi pur miseri surrogati) si sostituisce l'economia pura e semplice. Che, per sua definizione e struttura, è assai probabile trovi facile concentrazione e ricetto nelle mani di pochi – sempre meno, in una sorta di eliminazione sistematica e assorbimento dell'altro – i quali si comporteranno esattamente come gli antichi signori del castello, laddove il castello diverrà la singola fabbrica dapprima; la concentrazione, la holding, l'impero economico magari transnazionale poi, il tutto entro un ben noto quadro, la globalizzazione, che a ben vedere nient'altro è che un Nuovo Feudalesimo

(Pier Ramoso, Profezie, fumi & minutaglie per il nuovo millennio - Celestino & porto nove, Edizioni Cefalo Stanco, Lentate val Di Crafen, 1999)

febbraio 04, 2010

(...rinnovello l'avviso a tempo debito vergato toto-coelo (?) in majuscolo, vieppiù a ingigantîr – "ci credi a' giganti", direbbe 'l savio? Certo no... – le fattezze dell'evento, di per sé risibile e tampoco d'ancor meno spessore ma questo c'ho, indi prendi incarta & porta a casa)
ANCORA: DOPO LASSI & PROLASSI TEMPORALY RAGGUARDEVOLI – MOMENTI NEL CUI TRANS-CORRERE & TRANS-COLORIRE HO ESERCITATO APPIENO L'ANZIANA ARTE D'ARRANGIARSI (MALE, INVERO), TIPO SERVENDO SOTTO PADRONE PURCHÉ INCAPACE MA MARTELLANTE (AHI LASSO, ANCOR LO FECI! MAI CESSEROLLO DUNQUE?), NONCHÉ DIMOLTE ALTRE VANE ATTIVITÀ MA COMMENDEVOLI APPO L'UMAN CONSORZIO SCIPITISSIMO (ORA PERÒ BASTA, EH?), INSOMMA ALFIN GIUNGE AD INCRESPAR IL MAR DI GRIGIO, QUESTO


Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente?
COSO, APPUNTO. (oppiglia)
ANCHE SU IBS, BOL, ETC., QUANT'ALTRO SI PUOTE E PIÙ NON DIMANDARE.
COME GIÀ PER L'ALTRA VOLTA (MIA BONTADE, E DEGLI DEI), TROVATE IL LINK QUI ACCANTO, SOL CLICCANDO COMODAMENTE SULLA GARRULISSIMA COPERTINA, COSÌ MAGARI POI VE LO COMPRATE
(toh, così! Diretto & duro - quello della pubblicità è un mondo di giungla), PRIMA DI TUTTO PER FAR FELICE ME ET ME SOLTANTO, ALTRIMENTI IL MIO PIO CUORICINO DA SAN GENNARO© IN-SEDICESIMO SANGUINA
(forse). E VOI - DI PER CERTO - CIÒ NON LO VOLETE, GARANTITO AL LIMONE.
AI PRIMI 500 CHE EFFETTUANO L'ACQUISTO, POI - CH'IO NON VE L'IMPRESTO PER SICURO - L'AUTORE (COME DI CONSUETO, PARCO IN PAROLE ET AFFETTI E MOZIONI) SOLO DICE:

BRAVI

(fessi)

dicembre 02, 2009

CONSIDERAZIONI SPARSE (DETTATE DALL'APPREZZAMENTO DEL SILENZIO E DELLA TRANQUILLITÀ - OVVERO: GODI FINCHÉ PUOI, DISSE LA CICALA)

Vorrei esser nato americano solo per dire che ero connazionale di Carver e John Steinbeck.

A proposito di Steinbeck, credo che Furore sia uno dei libri più belli che siano mai stati scritti.

Quando dico che i più grandi scrittori di oggi sono scrittori americani, non intendo dire in senso assoluto. Semplicemente, gli Stati Uniti sono per il XX secolo quello che la Francia è stata per il XIX. E la comprensione del proprio tempo è maggiore, più profonda e completa presso un individuo che vive esattamente nella realtà che – appunto – tale tempo rappresenta.
Essere qualcosa come il centro del mondo, per tutta una serie di motivi, porta con sé tutta una serie di conseguenze e situazioni, non ultimo un maggior numero di idee contraddizioni e forze centrifughe, che è dire anche di istinti e vitalità, siano essi contro o inseriti.
Il Novecento è stato la luce che all'alba si rifletteva sulle skyline; è l'energia che veniva prodotta (oggi: importata – ma poco cambia, da questo punto di vista) e sprecata; è tutta quella congerie di persone che si rende massa in nome del progresso; la Società che esiste per perpetuarsi in un moto continuo assolutamente fine a se stesso, destinato a degenerarla – cosa che sta appunto avvenendo per il XXI secolo e che ci porta a notare come tutto sia valido ancora allo stesso modo, ma con in più il fascino dell'essere in piena decadenza, un ombelico del mondo che ormai è ventre molle, vendutosi ai terzi e ai quarti perché ormai son solo i soldi ciò che fa forza. Ma spesso è nella decadenza che molte cose luccicano di più, e l'arte non tiene certo dietro al predominio economico.
Questo è il mondo dell'oggi e dell'immediato ieri: e chi meglio di uno scrittore americano, che quel mondo concretamente vive nel quotidiano, può comprenderlo e illustrarcelo? Flaubert sta all'Ottocento occidentale come Cormac McCarthy sta al Novecento, occidentale e non.
Perché tutto il mondo è paese ormai, e gli stipendi irragionevolmente gonfiati di altisonanti top-manager contribuiscono a far sì che dall'altra parte del mondo un poveraccio qualunque indirettamente aderisca ad un'organizzazione terroristica e cerchi di far saltare qualcun altro. Viva la globalizzazione. 

Mi sono accorto che nel pezzo qui sopra, ci sono due indirette citazioni cinematografiche. Si pensi, alle volte, la vita. 

Mastella & co.: Il fatto che ancora oggi il trasformismo sia un costume così diffuso e "scontato", a livello politico, dà la piena misura di quanto poco questo paese si sia evoluto rispetto ai suoi esordi repubblicani. Chi tra noi ricorda Agostino DePretis?

La cronaca nera è la storia del popolo, che se ne bea e si crede pure umano e interessato. Molti ci speculano sopra. 

Secondo uno studio condotto nell'anno 2008 a Strasburgo dall'Istituto Europeo per la Statistica, il 90% delle persone che posseggono un SUV sono stronzi senza perdono, e come tali si meriterebbero d'esser trattati. 

Sarebbe necessario che Giovanni Verga fosse fatto leggere (anche forzatamente) al di fuori della scuola, che tanto in quegli anni i ragazzi non capiscono un cazzo. Quel che intuì riguardo al ciclo dei vinti vale quanto il pensiero dei classicamente più quotati filosofi europei del passato. Senza che questo sminusica i filosofi europei, beninteso.

Penso che appena mi sarà possibile farò un salto all'Università dove mi sono laureato; entrerò (se ancora sarà possibile – o tutto si è così squallidamente trasformato in scuola superiore da non poter nemmeno più entrare per via del controllo dei bidelli?); farò due passi, mi metterò un attimo appoggiato al banco della biblioteca e poi seduto in una sala di lettura.
Dubito però che potrò prenotarmi per il ricevimento affiggendo un foglio alla porta dell'ufficio del professore, scrivendoci “Bozzone” o “Giorgio Chinaglia” o “Pia Fisiotera” e rimaner lì per sghignazzare quando arrivano le solite appiccicone e leggono e non capiscono e si segnano sotto, scocciate perché non son le prime.
O che potrò guardar l'orario delle lezioni affisso in bacheca.
Forse si fa tutto tramite posta elettronica, oggi. O a lezione comunque il professore ti conosce per nome e ride e scherza con te, e poi segna sul registro quando ti ha interrogato.
Ma pace, dopotutto: prenderò un caffè alla macchinetta nell'atrio (sarà possibile solo con un badge?), e magari – se sarò pure sfortunato – ci incontrerò Batacchio, che ai suoi tempi era proprio un bel personaggino, sì. Ma no: anche lui sarà morto, vedrai.
Una buona notizia, o quantomeno: meglio lui che io. Lui e i suoi pantaloni di pelle...

settembre 22, 2009

(nòvo et subito avviso del pari scritto per l'intero coll'ausylio majuscolo, a sottolinear l'importanza dell'evento/annuncio/novella e - soprattutto – a rinnovellar un po' di greggia cafonaggine)

A SEGUITO DI PICCINERIE D'ANTAN, NOIAMENTI DEL PROSSIMO TUO COME SE STESSI, DELETERI TORMENTI (QUALI?), ENFISEMI, ANSIETÀ, CIBREI, MENABREI ET ALTI LAÏ, NONCHÉ - IN OVVIO - PÈRIPLÎ INFINITI (?): ALFIN DI TUTTO CIÒ, DICEVO - OIOI ORA MI SAREI ANCHE ROTTO I COGLIONI - SAREI TOSTO AD INFORMAR VOIALTRI (O ANCHE DIRETTAMENTE LOROLÌ) CHE ANCOR DI NUOVO, FINALMENTE, SOMMAMENTE, RICHIESTISSIMAMENTE (PER USAR UNA SYNTASSI SYMPATICAMENTE ERRATA, MA D'ALTRA PARTE SO UNA SEGA IO, SON GEOMETRANS) CHE CIÒ


(papparapààààààààààààààà)



Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente?

ESISTE. Ancora, sì. Proprio.

Cioè, via, esisterà a breve. Forse. Se l'era dell'acquario non porta merda. Se non porto due punto sei andando 'n culo. Se la mia pyantagion di grilli per il capo smetterà di cantare. Se non mi scendesse la mandibola inferiore mentre mangio tre-chiletti-tre di lambruschi alla vigliacca (cotti al vapore). Insomma via, in altre parole, ciò significa che tal manufatto è quasi pronto et in uscita presso l'editordo in calce al medesmo. Ne darò conto a proprio tempo et agio (n'ha avuto poco, finora?). Il proprio tempo et agio par essere ENTRO E NON OLTRE ottobre (o anche maggio del prossimo anno, chissà)

AVVISO (per tempo): chiunque abbia letto questo messaggio, poi è obbligato a comprarlo

(No il messaggio dicevo il libro mi pareva chiaro; se scrivevo bene tutt'al più ero impiegato)

ottobre 30, 2008

(avviso completamente scritto in majuscolo, a sottolinear l'importanza dell'evento/annuncio/novella e - soprattutto - ad alimentare un po' di sana cafonaggine. Siam pvr sempre in Italia...)

DOPO PÈRIPLÎ (?) INFINITI, PERIGLI ET SORDIDI INTRECCI, MYSTERI D'ALTRI TEMPI, MINACCE & TORMENTI, SCHIANTI E FISCHI DI GOLA (?), ALFIN – SOTTO L'EGÌDA (DIREBBE L'ISTRUITO MINISTRO MARIASTELLA GELMINI) DEL GRANDE CARRO, PICCOLO CARRO, E DELLE STELLE TUTTE, NONCHÉ (& SOPRATTUTTO) DI 'STA CIPPA DI CAZZO – SON LIETO (O ANCHE TEPIDAMENTE GAIO) D'INFORMAR VOI TUTTI (STRONZONI) CHE CIÒ


copertina

ESISTE. (boia, deh) 

ANCHE SU IBS, SÌ.
TROVATE IL LINK ANCHE QUI ACCANTO, CLICCANDO SULL'IMMAGINE DELLA GARRULA COPERTINA. ANZI, CHI VUOLE CI LASCI UN COMMENTO, LÌ, (NO QUI, LÌ) COSÌ IO M'ARRICCHISCO, PROSPERO & GOZZOVIGLIO. E TUTTO ALLA FACCIACCIA VOSTRA, E SOL PERCHÉ HO SCRITTO UN BEL (?) LIBRINO-SEGA, PIENO DI CAZZATE E INUTILEZZE VARIE ET EVENTUALI.
E NON SOLO, GIACCHÉ SE IL CASO M'ASSISTE, VE NE CAERÒ PURE UN ALTRO, ANCHE PEGGIORE. 
Cazzo, se son pubblicitario...

agosto 07, 2008

APPROSSIMANDOSI ALLA FATIDICA DATA (L'ANNIVERSARIO DI QUANTI ANNI AVEVA GARIBALDI, NEL 1896), NOI DEL QUOTIDIANO “LA MAGIONE”, CRONACA DI TRIPIPPICO PAGINA DEI MOTORI, ABBIAMO INTERVISTATO IL FAMOSO OSTETRICO PREGONI (OSTETRICO E' IL NOME), IL QUALE HA PENSATO BENE DI SCRIVERE UN LIBRO SULLA VITA RIPRODUTTIVA E GENERICAMENTE AMOROSA DEL BUCERO., A TYTOLO PINOCCHIO? PINOCCHIO UN PO' PAURA LA FA. POICHÉ BEN È NOTA LA PASSIONE DELL'EROE DEI DUE MONDI PEL BUCERO, SPECIE FATTO ALLA BRACE, SIAMO ANDATI A INTERVISTARLO (LUI, NO L'EROE DEI DUE MONDI CHE E' INVECE, COME BEN SI SAPRÀ SE INVECE DI SPUTARE LE PALLINE DI CARTA CIUCCIATE CON LA BIC SVUOTATA SI STAVA UN PO' ATTENTI ALLA LEZIONE DI RISORGIMENTO ED ESPRESSIONI GEOGRAFICHE, A SCUOLA)

Sì, sì: è veramente interessante & fortunato (?) incontrare questo nuovo autore, nuovo possibile re della scena locale (o anche del cazzo e della merda, a chi ni piace SamRaimi), che per far scena si presenta fintamente ubriaco, barcollando a bella posta e farfugliando cose senza senso, tipo formule matematiche, arcane maledizioni sumere e vai così. In realtà, l'autore è totalmente astemio, e poiché noi del quotidiano “La Frizione” ci dimostriam – qual da sempre siamo – alquanto tetragoni a' vezzi bambineschi, et a' giochi di cane (che come recita un detto abruzzese, finiscono "a cazzi in culo") egli si ricompone tosto, ed inizia a snocciolare la formazione del Campobasso del 1984, quella con Waler Ciappi in porta.
Da lì cominciamo un'interessante escursione nella memoria, gravida di dati ricordi e piccoli sussulti del cuore (garaglò), il tutto finché l'autore non decide che è ora di andare a sgrondare il merlo, come diceva sempre il nonno di un suo amico buonanima.
Una volta tornato con noi, chiediamo il perché di questo libro, al che lui risponde che il libro s'è scritto assolutamente da solo ed è l'unico e solo soggetto di sé stesso, ragion per cui dovremmo certo chiedere al libro, casomai, il perché di questo autore. Ci mette sotto gli occhi il testo, e finché non facciamo questa domanda lui non si muove, eccezion fatta per quando comincia a broccolare peso la barista, intortandola in grazia di ottime freddure sui cani e sui segni zodiacali, su quanto ce l'aveva lungo un suo amico e sul fatto che lui (lui, no il suo amico) una volta ha visto un dirigibile.
Costretti dunque, proviamo a interrogare il libro e, di fronte alla di esso indisponenza nonché zittume, lo apriamo a caso, finendo sul capitolo XIV quello in cui i monatti, sferragliando da' piedi com'è costume, inseguono un lupo anziano perché possibile apportatore di peste nella cittadina di Sgalambro à Fatica (provincia di DonSturzo). Ammirando i costrutti e la capacità di sintesi di chi vergò tali righe, ci dimentichiamo del tutto l'autore, il quale ci richiama all'ordine raccontandoci come nacque in lui la passione di scrivere.
Confortati (non confòrtati, tipo "confòrtati, nedo!", no: confortàti, noi), prendiamo taccuino e lapis (si scrive sempre a lapis, la verità ha da esser manipolata ad agio) e ascoltiamo interessati la storia di Batacchio, che era un personaggio che andava sempre vestito coi pantaloni di pelle e qualsiasi cosa dicesse parafrasava i film di Lino Banfi e Nadia Cassini. Di solito, oltre ai (fini) pantaloni di pelle, il tipo portava un bel pajo d'occhiali a moscone, e una vezzosa borsetta a tracolla, una specie di BORSELLO® pre-gucci ante-litteram che, se oggi che va tanto di moda è chiaro e inequivocabile segno di manfruitismo, oltreché di sbarazzina stupidità, ci s'immagini a' tempi. Batacchio andava nojando vergognoso le ragazze, non importa come fossero, purché c'avessero le poppe; di una in particolare s'era segretamente infatuato, a tal punto che scavalcava ascosamente le mura del giardino di casa sua per portarle segretissimi omaggi, del tipo una cassetta col meglio di SandroGiacobbe registrata da lui, una copia d'un film raro con Luc Merenda, una lucertola tramortita, un topo.
Ella, la scipita trota, figlia d'una nota poetessa di Renigata Dentello (provincia di PICCI) dalle orecchie larghe ma dalle poppe paritetiche, dopo un po' penso bene di chiamar la forza pubblica.
E Batacchio fu tradotto in carcere. E lì morì, di stenti e d'inculate.
Chiediamo a questo punto: sì, ma perché Batacchio?
“ma caro il mio barbogio, questo dovrei dirglielo un'altra volta. Ma siccome conto di non rivederla mai più, né Lei né il bvd.llo di sua Madre (con rispetto parlando) aggiungerò tosto: una volta passò con una. Erano lei, lui e il suo BORSELLO®. Era più timidon del solito, pareva. E io li incontrai e dissi: «ho capito perché c'hai sempre quel borsello... è per coprirti il batacchio! Vedi, t'arriva proprio all'altezza giusta! Ecco, ecco!».
Inoltre s'immagini: non so più se è esistito o no, Batacchio. Per quanto ne so, potrei anche essermi inventato tutto quanto. E allora, questo risponde un po' alla sua domanda, caro il mio Topinàmbur?”
Sì, un po' sì, risponde. Ci pensiamo, poi vedrai si capisce. E poi litighiamo per la foto. Alla fine tira fuori una figurina di Edi Bivi, quando giocava nel Bari e ci dice: “toh, pubblicate questa!”.


Nella foto (Sdingo-Renitenza) l'autore, colto in agnizion dolorosa immediatamente prima di mietere il grano, sarchiare il terreno, lasciarlo a maggese e portando sei. Si noti (oltre al mystico syfone utile alla bisogna testé ricolta - ricolta?) l'espressione acvta, foriera di chissà quali perle aleggianti in quella testina-a-catapulta, come gli dice sempre la coNpagna, Mer-Men di He-Man.


Beast-Man e Syfone

agosto 06, 2008

IN AVVICINAMENTO ALLA DATA (IN REALTÀ NO, SI SA UN CAZZO) DI USCITA DEL VENDUTISSIMO (VENDUTISSIMO?) ROMAN HISTORIQUE (ROMAN HISTORIQUE?), A TYTOLO: PIGIAMI IL CAPINO, CARMELITANA, IL QUOTIDIANO “LA CAGIONE”, CRONACA DI TUBINGA PAGINA DEI FILMS, HA INTERVISTATO L'AUTORE, DEVIS CHIOGGIA, DURANTE UNA CENA-CULTURALE SUL MODELLO DELLA TRADIZIONE LETTERARIA (QUALE TRADIZIONE LETTERARIA?), DEL TIPO QUANDO INTERVISTAVANO VITTORIO GASSMAN AL RISTORANTE E LUI SNOCCIOLAVA ANEDDOTI SU ANEDDOTI, DILUVIANDO UN FRITTO-MARE E/O UNA COTOLETTA ALLA RAPPRESAGLIA & CECI.

Ebbene sì: essendo qui col certamente-prossimo-alla-fama dott. Devis Chioggia, ci siam chiesti: “ci capiterà più?”, e alla nostra (silente) risposta negativa, abbiam deciso d'approfittarne. Tantopiù che paga lui, l'autore, tipo gagarone & fiero che è signore e lo si sappia in giro, tipo quando ha tirato fuori il portafoglio e ha urlato, un po' rivolto al Vs. intervistatore, un po' all'altro unico cliente del locale: “PAGO IO, QUI, SA'! QUANT'È, PEZZENTI? TOH, BEVITICI UN SUCCO AL TROGOLO ANCHE TE, PIPI!”
Ma prima, dicevo, siamo andati a incominciare. Ecco come, mentre le focaccine al lapis (e l'argenteria) sparivan. Du-da-dudadudà, du-daddudaddudà:
Devis, come ha deciso di fare lo scrittore?
Vede, coso... c'era un mio amico una volta. Oh, magari è ancora vivo, sa; dico una volta perché non so più che fine abbia fatto oggi; d'altra parte, nemmeno posso escludere sia morto, o magari diventato frustone, chissà... insomma, questo mio amico – andavamo ancora a scuola, ai tempi, e lui mi stava riportando a casa una sera, in macchina. Guidava una Ford Drummond-2 blé, modello assai diffuso all'epoca. Gli avevano rubato uno specchietto, cosa assai facile per quel tipo di macchina, dato che bastava tirarlo al contrario, far fare un piccolo scatto al meccanismo e poi scappare ridendo. In fondo alla strada dove abitavo, stava anche un tipo che conoscevamo entrambi, non ricordo nemmeno per quale ragione. Ricordo solo che veniva chiamato CHIODINO, perché era secco e c'aveva la testa grossa. E ricordo anche che si sputava nelle mani, per darsi il gel nei capelli. Un tipo a posto, insomma. Ecco, insomma: insomma, Chiodo gabellava a tutti che suo padre era un famoso chirurgo, e se ne vantava. Peccato che il padre fosse in realtà un infermiere. O forse uno che faceva le pulizie? Comunque sia, più che altro il padre guidava anche lui una Ford Drummond-2 blé. Quella sera, mentre il mio amico mi riportava a casa, guardai dal finestrino sul mio lato e gli dissi: “quanto costa rimetterci lo specchietto, qui?”. Lui disse che non lo sapeva. Gli feci quindi presente la cosa, e lui parcheggiò davanti casa di Chiodino. Scendemmo. Nella notte si sentì un click e poi due che correvano, ridendo. La Ford Drummond-2 blé del mio amico aveva di nuovo due orecchi in fuori, pareva un topo deforme, come appena uscita di fabbrica. Quando mi lasciò a casa, mi dissi: cazzo, dovrei fare lo scrittore.
Come vede, son qui.
E poi addenta la terza focaccina di fagioli, inzuppandola prima nell'omonimo brodo. Sicuro di star procedendo nello scoop del secolo, continuiamo ad incalzare, mentre figliuole adoranti s'alzano dai tavoli accanto, salutano (lui) e se ne vanno:
E cosa la contraddistingue, come scrittore? Quali sono i suoi tratti distintivi?

Quello d'averci due nipoti. Inoltre, fino a pochi mesi fa pensavo che nuziale si scrivesse nunziale, e che – ma quello prima, diciamo finché non sono andato a fare la stagione come cameriere-rifornitore d'acqua a' tavoli de' matrimonî d'estate – incinta si scrivesse in cinta. Poi capii.
Devis, come mai si chiama Devis, e in cosa è dottore?
Domanda del cazzo. Comunque son dottore in cani. Piuttosto, mi chieda se le anticipo la vicenda che narrerò nel mio prossimo libro, eh?

Ci può anticipare la vicenda che narrerà nel suo prossimo libro?
Avrei voluto scrivere una bella vicenda tumida e lagrimevole di un tipo che si chiama Timoteo, personaggio psicologicamente complesso ancorché tremendamente afflitto dai peggio disagi, tipo la malattia del sonno e una ragazza che la dà a tutti men che a lui, ma poi non m'è riuscito, e sicché mi son dedicato su una ben più interessante serie di avventure di me e il mi' cugino ingegner del ferro e de' batraci che si guida rispettivamente una R-4 e una R-5, arrivando a girare a folle velocità intorno alla torre Eiffel in competizione coi cami della merda, gridando dal finestrino: “va' che roba, va' che roba!”, finché la géndarmerie non ci traduce nel più vicino Commissariat. Felicità è guidare un'R-4, caro il mio Remigio.
Eh, già, cari tutti voi che ci leggete: felicità è guidare un'R-4, verrebbe da dire, per chiudere l'intervista; non fosse che l'ha già detto lui, lasciandoci lì, a implorare una foto, ben conoscendo la sua (dell'autore) avversione a cose che lo ritraggono in posa e non, specie dopo mangiato. Ma alla fine la spuntiamo.
Segue scena descritta all'inizio.
“Comprate il mio libro, semmai uscirà, merde” aggiunge lui, uscendo dal locale.


Di seguito, nello scatto Lopizzo-Ostia l'autore, ritratto a fine intervista, in piena digestione, disquisendo amabilmente di Hegel col muro antistante la Curia. Il muro non si vede.

tapiro


agosto 05, 2008


IN VISTA DELL'USCITA DELL'ATTESISSIMO (DA CHI?) ROMANZO (ROMANZO?) SULLA VITA DI MICHELE (QUELLO CHE ASSAGGIAVA IL GLENN GRANT), A TYTOLO PERCHÉ IL MONDO PUÒ FARE A MENO DI SUPERMAN (E ANCHE - INVERO - DI GIANFRANCO D'ANGELO) L'AUTORE PAPERO-GONFIO-CADUTO-NELLE-ORTICHE È STATO INTERVISTATO DAL QUOTIDIANO “LA NAZIONE”, CRONACA DI TOPEKA PAGINA DELLA CULTURA, MENTRE MANGIAVA (LUI, NO IL QUOTIDIANO) UNA PIZZA VERAMENTE ANZIANA AL CAFFÈ “GUARDINGO”, STANDO COMUNQUE BENE ATTENDO A CIÒ CHE ACCADEVA DIETRO DI LUI. A FINE INTERVISTA, FOTO DI RITO E SCAMBIO DI DONI. BACIO ALL'ANELLO VESCOVILE ET OMAGGIO DIVOTISSIMO MA SCHIVO AL POTERE DELLA CARTA STAMPATA, CON SALAMELECCHI E SALTO DELLA QUAGLIA DI CECCOBEPPIANA MEMORIA. TOH, SI LEGGA: 

Oh! Fa piacere incontrare qualcuno che fermenta al di fuori delle solite compagnie di giro, specie se nell'incontro in person si svapora il cliché dell'indispettito-dal-mondo propagato nelle pagine dei suoi racconti ed emerge invece l'indole curiosa di chi non vuol collocarsi né nella nicchia né nel mainstream. Diciamo che Lorenzo Berti, nella foto, (Pistoia, 1975), s'è fatto da solo. Lo scrittore, almeno: quello che ha pubblicato da poco il saporito debutto (arditamente) titolato No, non so un cazzo di marketing research – e quanto ne so è già più di quel che me ne frega (pp. 274, 13 euro, un papero in copertina a ricordare che la realtà seriosa di certi maestri di vita è ben più puerile di quanto vorrebbero suggerirci), osservatorio feroce e burlesco sulle inconcludenze e sul ridicolo involontario del (precario) mondo del lavoro, che può contenere tracce di Stefano Benni, pensieri e parole da blog (e infatti le idee si prolungano su http:www.//paperogonfio.splinder.com), derive e invenzioni assimilabili al “divin Federico Maria Sardelli” sulle colonne del Vernacoliere, sfuriate à la Céline in ordine sparso, sapori della farsa sublime dei fratelli Coen, minutaglie di Carver, mozziconi di Vonnegut. Dopo le peripezie consuete, il libro approda dal piccolo editore bolognese Giraldi: “con un titolo così mica potevo sottoporlo a Laterza”, osserva lui, scopertosi lettore all'università (lettere a Firenze con una tesi sull'Alfieri, dopo un diploma all'Alberghiero) e scrittore dopo la laurea. “Sono partito da zero – spiega Lorenzo – e forse è stata una fortuna, visto che non ero inquinato da chi alle superiori raccontava la natura matrigna di Leopardi o la Provvidenza di Manzoni, in modo da non farti toccare più un libro in vita tua”. Dunque la scrittura gli vien naturale, tanto che a partire dal 2001 comincia a raccogliere un nutrito corpus di racconti, oggi confluiti nel libro del papero di cui sopra e in una seconda raccolta, di imminente pubblicazione sempre per Giraldi, intitolata Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente? Davvero, non penserete mica che lo sia?. Con onestà di autocritica: “c'è un po' di farraginoso, nella scrittura tutta. Ma insomma, se scrivono Baricco, Faletti, la Mazzantini, eccetera...”. Epperò alla domanda “per chi è questo libro?”, in definitiva, Lorenzo non risponde. Ci proviamo noialtri: non è per chi lavora da imprenditore nel ramo dell'outsorcing per il customer care; di sicuro garberà a chi non ha la più pallida idea di cosa sia (o a cosa serva) l'outsorcing per il customer care. Il lettore ha sempre ragione, e a questo autore abbiamo subito voluto bene; forse perché ha sollevato un interrogativo fondamentale (“Si può dire cazzo in un'intervista? Se non si può, l'intervista è da considerarsi nulla”) e rimarcato la diffusione capillare del volume negli esercizi commerciali d'Italia: “Ci sta che ce l'abbiano anche i norcini, i rivenditori di pongo e il mi' cugino ingegner del ferro e della biada. Dice lo venda a metà prezzo, péi dettagli fate voi”.


a seguire: foto di rito. L'autore (bellaphya),vestito d'una fusciacca assai più larga e di dubbissimo gusto quanto a colore e giustacuore, colto con arguzia & beffarditudine dopo aver manomesso i contatori del gas dei signori Ircani Marmugi e Battilio, a seguito scoperta relativo portello gas aperto (foto PUGI-ANSIA)


autore


gennaio 29, 2007

COMINCIATE BENE UN’ALTRA INSIPIDA SETTIMANA DEL CAZZO, CON I GRANDI SCRITTORI. ACCENDETE LA VOSTRA VITA GRIGÏNA E INSIGNIFICANTE. DATEVI UN SENSO!

Era meglio se nascevo MACINA (di mulino, anche bianco)



MENO MALE CI SON GLI SCRITTORI – LA FRASE PIÙ PROFONDA

Oggi l’amico Clem Prospèttamelo detto La Dirce, da Scanzorosciate Negrone (BG) ci cita - borda! Ma vi garba proprio, eh? - la bella topa che è Susanna Tamaro, dicendo che Lei a Lui ha cambiato la vita (e i fianchi? Il girocoscia? La giogaja?). Si badi tra l’altro la punteggiatura:
In quella notte all’improvviso mi ero accorta di una cosa, e cioè che tra la nostra anima e il nostro corpo ci sono tante piccole finestre (1), da lì, se sono aperte, passano le emozioni (2), se sono socchiuse filtrano appena, solo l’amore (3) le può spalancare tutte insieme e di colpo, come una raffica di vento… (4)


SU DAI: CITA ANCHE TU, I GRANDI SCRITTORI. TROVA UNA FRASE BELLA BELLA, E STIÒCCATELA DOVE MERIT CIOÈ NO INVIACELA QUI, CHE LA ACCOGLIAMO GIOIOSÎ! VIVAAAAAA!


______________ 
(1) Quantomeno due.
(2) Emozioni?
(3) Amore?
(4) Vento?

gennaio 24, 2007

E dalla mente di quel grandissimo scrittore e sottile analizzatore d’umani sentimenti & passioni che è e resta Paulo Coelho, arriva (ma perché? Chi l’aveva richiesta?) questa domanda di sconcertante e semplicissima purezza, disarmante nella sua profondità, tanto che stamani m’ero detto: macheccazzo, come faccio stamani senza un po’ di profondità e seria meditazione sulle cose vere della vita? Meno male ci son gli scrittori, guarda.
Ecco qua:


Come sarebbe il mondo se le persone iniziassero ad inseguire i propri sogni?



Risposta: Oooh, come sarebbe? I mandorli sarebbero fissi in fiore, gli uccellini cinguetterebbero, i fiori aprirebbero i loro boccioli, il cerbiatto saltellerebbe leggiadro e tutti, tutti, tutti sarebbero taaanto felici. Tutto sarebbe a colori vivacïoni, e i sorrisi popolerebbero le nostre vite, il sole ci scalderebbe sempre e noi saremmo lì a mangiare una mela, seduti in un prato, a parlare ai coniglietti del bosco, mentre in sottofondo si leva una soave melodia. I sooogni son deeeeeeeeeeeeeeesideeeee-riiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii chiuuuuuuuuuuusiiinfoooondoalcuooooooooooorrrrrr piripiripiiiiiiiiiiiiiii-piripiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ecc ecc.
Davvero, meno male ci son gli scrittori, che ci guidano, ci confortano, CI IMPARANO. E ora via allora, stronzoni, che aspettate? Tutti a inseguire i propri sogni. Quando poi li raggiungete, mettete la freccia.
Nel frattempo, lanciamo un bellissimo concorso (o agone) a premi:


MENO MALE CI SON GLI SCRITTORI - LA FRASE PIÙ PROFONDA



Sì dai, partecipa anche tu numeroso all’anymosissima pugna! Poni qui sotto (o anche no) la frase più stupida scipita e melensa, no cioè volevo dire più profonda acuta e toccante che ti sia capitato di sentire negli ultimi tempi. Metti da parte un raggio di luce per l’inverno dei cuori altrui, distendi l’anima stanca del prossimo, accendi speranze dietro le tapparelle dell’infelicità! (GARAGLÒ)
Orsù, rendici tutti partecipi, e facci dire: Aaah, meno male ci son gli scrittori!
Al vincitore in palio un bel retino per catturare i propri sogni, una volta raggiunti (e messa la freccia per affiancarglisi). Qualora la frase fosse di proprio conio, il montepremi s’arricchisce anche della PATENTE DI SCRITTORE BRAVO E PROFONDO™, firmata da Alain Elkann (scrittore e padre dell’omonimo Lapo) e timbrata da Margaret Mazzantini (scrittrice e moglie dell’omonimo Castellitto).


Il concorso lo comincia il sig. Juniores Ciapetti, anni 43 portati in modo alterno (a giorni bene, a giorni male - ma perlopiù male) professione Gustode Anziano con obbligo di sgabellato severo e naso rosso presso l’omonimo caNpino dell’omonima squadra di Caronno Petrusella (prov. di ASTROROBOT), il quale ci cita niente di meno che Kahlil Gibran:



Nel cuore di ogni inverno c’è una primavera palpitante, e dietro la nera cortina della notte si nasconde il sorriso di un'alba (1)


Ma a lui ribatte la sig.ra Mascia Gamazzi in Ciopy, agile punzonatrice di Passirana (YU) che dall’alto dei suoi 37 annetti (in realtà 43) segno del pancollùva ascendente systola, altezza 1.53 al garrese ci cita Susanna Tamaro:


Quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. […] Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta (2)

E tu, chi ci city? Su dai, partecipa NUMEROSO!


_______________________
(1) Ma d’inverno mi copro e la notte dormo. E vo di molto in culo al mondo
(2) Non far caso ai clacson, dietro di te. Sanno un cazzo, loro

novembre 15, 2006

Nelle sale (o nei tynelli, van bene anche i tynelli), quest'anno per le pheste, andate a vedere, numerosi:


Panettone, di Cristiana Finiscìti
Opera pluripremiata a Canne (no Cannes; proprio Canne, quella di Annibale e gli Elefanti) con lo scettro dei Masters™, la Coppa Italia e un bella cena per quattro da Gerri il Geriatra (a tempo perso rystoratore), il film racconta le vicissitudini di un modesto operajo in una fabbrica di Panettoni di Albignàsego Onara, nell’operoso Nord-Est, con acuti indugi sulle piccole gioie e i (grandi) dolori della vita di questi, primo fra tutti il ricordo di un’infanzia dolorosa e incancellabile, per mano un padre – nostalgico di Crispi – che abusava di lui costringendolo ad ascoltare ogni giorno i canti dell’Era Coloniale. Film della (e sulla) memoria, in bilico fra il grigio della melanconia e il nero della tragedia, segue i dolorosi frammenti di ricordo del misero operajo, Germanello Ferranasi, frammischiandoli al presente, con una moglie che ormai non ama più e che mai forse l’ha capito fino in fondo, una sorella disabile, un vicino di casa spregioso, fino al progressivo disvelamento e presa di coscienza della crisi interiore in cui si dibatte il protagonista, crisi che prenderà le mossa in maniera (apparentemente, freudianamente parlando) del tutto incongrua e immotivata, a seguito di un picchetto di protesta in fabbrica, causa l’alto tasso di glicemia riscontrato alla visita fiscale per gli operaj, costretti a respirare tutto il giorno zucchero a velo e odor di burro. La Mobilità e la vieppiù misera Cassa Integrazione che ne conseguono trascineranno Germanello Ferranasi in un vortice di paure e instabilità; ma sarà solo da lì che ricomincerà la sua risalita, proprio appigliandosi disperatamente a quei valori che credeva ormai di non poter trovare più dentro e intorno a sé. Il protagonista morirà, ma è uguale, è il pensiero che conta.
Liberamente tratto da un libro di Calpurnia Finisciti, sorella della regista, uscito nel 2003 (Io e il panettone, Cavator di Risaje Editore), e prodotto dai Fratelli Urucane, uno dei quali è anche marito della Finisciti (l’altro è cognato di Oliver Stone), il film vanta un budget di circa 16 milioni di euro, poi drasticamente intaccato e svilito perché la (oggi) diabetica regista ha comprato 3 milioni di euro di Capezzoli di Venere, i dolcetti che Salieri offriva a Constanze Webber in Amadeus di Milos Forman. Tra gli interpreti, oltre al protagonista – un grande Stefano Accorsi – si segnalano la moglie (Angelica Urucane in Stone) e il cammeo di Laura Morante, perfetta per il ruolo della crudele padrona della fabbrica e non solo, con evidenti richiami BDSM. Nella colonna sonora si segnala la hit “Stringimelo” rifacimento di un successo anni '83, qui affidato alle debuttanti corde vocali di Eloisa, anche aiuto regista e cugina della medesima.

La solitudine dell’Outsorcing,
 di Fabri Fibra
Film che ha suscitato polemiche e smosso coscienze, condotto abilmente dalla sorprendente regia del debuttante Fabri Fibra, è una sorta di “romanzo di formazione su celluloide” (parole del regista), un diario che racconta il recupero del rapporto tra un padre e suo figlio, uomo d’affari a capo della sezione del Rotary di Capriate San Genesio, l’uno; adolescente con l’hobby dell’esoterismo e del canto in un gruppo trip-hop-acid-funky (i Topi di Gogna) il secondo. Quando Gaddo, il figlio, pretende che ci si rivolga a lui in terza persona con l’epiteto di “Malvagio Golem”, e quando (soprattutto) arriva a fare irruzione a una festa rotariana del padre vestito da Bestia Immonda, qualcosa si rompe irrimediabilmente fra i due, senza contare che a causa dell’impresa del giovane, Umberto, il padre, ha irrimediabilmente perduto la possibilità di scalata rotariana (da “Puro Fiancheggiatore” a “Sacra Costola”, saltando cioè le due fasi intermedie di “Buonavoglia” e “Capra de’Monti”) che gli si era appetibilmente aperta e per la quale aveva indetto la festa. Sottoposto con l’inganno a elettroshock (gli era stato detto che avrebbe provato per primo al mondo una nuova droga elettrica), Gaddo si ritrova da un giorno all’altro impiegato presso la Squilla&Spaventa, ditta di CRM Analitico e Gestione Back-Office di importanti aziende, tra cui quella del padre (Rampante Nautica a Pressione snc), la Telecom e la Ciuino Trasporti. Riprendendo lentamente coscienza di sé, Gaddo nel rancore del ricordo arriva a macchinare un piano per rovinare il padre, e piegando ai suoi disegni il reparto Monitoraggio Crediti della ditta, riesce a far credere al reparto amministrativo della Rampante snc d’aver contratto in passato un grosso debito ormai scaduto. Il padre è costretto a saldare, ma a telefonate si susseguono telefonate, e ogni giorno si presenta un nuovo debito, finché la RA.NA.P. snc fallisce e Umberto si toglie la vita, anzi no poi ci ripensa e capisce che è meglio scappare a Cruz Azul con una modella di trenta anni di meno, in gioiosa e ammirata clandestinità.
Gaddo, diventato nel frattempo presidente della Squilla&Spaventa, progetta l’ingresso in politica col partito dello shōgun Mitso Kunimyto (MK consulting), proprio mentre esce sul mercato discografico il CD dei suoi amati Topi di Gogna: Outsorcing & Collaborative Browsing. Il testo di uno dei pezzi (Indovino) recita così: “leggo il futuro nella merda / ho cacato tutto quanto a semini / yeah, i miei stronzi eran cumuli di merda di semini / e nel futuro della mia merda / ho appreso che mio padre sarebbe morto / e che avrei ereditato tutto / e quindi l’ho ucciso”.

ottobre 25, 2006

Ancora novità librarie. Due. Belle.

GIORGIONE GIOTTO, Bollette dell’Enel scoppiano nel freezer, Edizioni Con la voce che sa d’asfalto caldo, € 11,20 Anno Domini 1541. Carlo V, l’ultimo vero imperatore europeo, monarca assoluto di una Spagna al culmine della sua potenza, a capo di un regno su cui mai tramonta il sole, si ferma ad Alghero, con la sua flotta di 40 galere sulla via – via di guerra! – verso Algeri. Ospitato in pompa magna, strafesteggiato dalla popolazione vociante, pronuncia all’indirizzo della massa di popolani accorsi a reclamarlo la famosa frase “Estade Todos Caballeros”, sì da poter tornare tosto a coltivar le proprie privatissime esigenze e toglierseli di torno felici.
La storiella è certamente più edificante e vi consentirebbe magari di edurre quel che vi resta dei vostri lobi destri e sinistri, dopo anni e anni di televisionato duro; tuttavia la interrompiamo qui, che ci saremmo anche rotti i coglioni, e la convertiamo verso quel che ci interessa. E dunque: uno, dos, très… TODOS POETAS!
Sì amici, da oggi anche voi siete un po’ poeti! Se esce un libro di poesie come questo, lo siamo tutti! Si scrive andando a capo un po’ a caso, statuendo d’arbitrio che la punteggiatura è inutile e si buttan giù di quelle profonde contemplazioni banali sul senso dell’essere ed esistere che poi si tira fuori i "maestri americani". O se li si lasciasse un po' in pace, i maestri americani? Comunque, il risultato sarà, per dire:

Z. è tornato
è morto
ma si era sbagliato
era solo la voglia
che era passata
io faccio quel che posso –
la farfalle si stancan
del volo –
ma succede a tutti
prima
o poi.

Sentilì! O anche:

La strada
un serpente meccanico di luci
e gomme
e frenate e frecce
marciamo sempre
ci proviamo
ma la vita è più forte
vince lei
sempre
e non vuole neanche il CID

Oioi, sarò bravo? Oppure:

un gatto
caca felice
per strada
sia quella
la felicità?
Sì, se non la pesto però è meglio

Via, qui mi fermo sennò non smetto più. Vedete come son poeta, anch’io? Su dai, siatelo anche voi, poeti!

TRACIA FEZZICONI, Ditta di Sollevamenti, ed. Lìmamelo, vai!, € 7,99
Il capolavoro assoluto dell’autrice di Otturazioni, e Iodosan Gola (scritti quando le sue difficili condizioni economiche le imponevano di lavorare come assistente di sedia e giudice di carie presso il locale – locale rispetto a dove? – studio odontoiatrico "Atahualpa", del dottor Protesi, detto il Peone per il suo modo di vestire & suonar lo zufolo ai pazienti sotto anestesia), racconta la dolorosa vicenda di Mauro, dal momento in cui decide di cambiar lavoro, aprendo una nuova ditta, al momento in cui viene effettivamente ingaggiato da un capriccioso e beffardo miliardario, in spregio alla ragione sociale (“DiPerno Mauro – Ditta di Sollevamenti”) letta da questi sul nuovo furgone di Mauro, nel traffico, un pomeriggio mentre tornava da una riunione del Rotary. Il misterioso personaggio, che resta sempre nell’ombra, lo ingaggia per un bizzarro lavoro: recarsi tutti i giorni nella sua villa in collina, e sollevare e poi ripoggiare col traspallet o col muletto o anche a mano un imballaggio ogni giorno diverso, nello stesso punto, all’infinito. A fine giornata, Mauro viene regolarmente pagato, dal fido servo Ràgade, povero storpio dalle origini orientali nonché dall’aria minacciosa, affezionato oltremodo al suo padrone. Di lì a pochi giorni, preso dalla curiosità, Mauro prende a indagare incautamente riguardo al contenuto di quei misteriosi carichi che deve continuamente alzare e abbassare; ogni volta l’imballaggio rivela sconcertanti segreti: si può trattare di un carico di pietre, messe lì a spregio, di spugne gonfie d’acqua&aromî, di cilicî sottratti al negozio d’arredi sacri, di blocchi di cemento grezzo&inutile. Senza nessuna apparente logica. Disperato, Mauro medita e s’arrovella, ignaro del fatto che il misterioso individuo, grazie a un complesso sistema di telecamere a gettone lo sta osservando, sollazzandosi nella sua perfidia, da un’altra stanza. Nel contempo, Lotaringia, moglie di origini austriache di Mauro, trascurata dal marito, la cui mente vacilla ogni giorno di più, medita di tornarsene in Turingia, inconsapevole del fatto che la Turingia è una regione tedesca e non austriaca, e che è soltanto lei ad esser convinta d’avere origini nordiche, giacché in realtà è di Teramo e aveva soltanto due genitori un po’ stronzi.
Il tutto va avanti finché i gettoni per le telecamere finiscono, Ragade viene ucciso per la rabbia e Mauro muore schiacciato dal suo Traspallet Grande Alzata, causa un tragico errore nel carico del materiale del giorno, proprio quando il misterioso miliardario non può vederlo. Il funesto destino di morte dei DiPerno coinvolge del resto anche Lotaringia, che durante il trasloco-fuga messo in piedi di nascosto, scivola su un calzino e cade a testa in giù in uno scatolone di biancheria, soffocando implacabilmente fra le Liabel.
In vita resta solo il misterioso miliardario, a dimostrazione del fatto che chi ha i soldi vince sempre. E spesso è pure bello e magari ce l'ha anche lunghissimo.
Un romanzo sulla perversione umana, una lucida analisi sui rapporti fra classi, un alto esercizio di stile che ha fatto esclamare alla critica di tutto il mondo, all’unanimità: “è meglio PippoFranco!”.

ottobre 23, 2006

GLI SCAFFALI DELLE LIBRERIE RÙTILANO NOVITÀ, DI QUESTI TEMPI. E NATALE È ANCOR LONTANO. IL DOTTOR MERDA LE RACCOGLIE PER VOI E VE LE PROPONE, NEANCHE FOSSE L'UOMO DEL MONTE, O QUELLO DEI SUCCHI DI FRUTTA "G"

RENATO LO FESSO, Autofficina Desiderio Parte II, Vitige Macello Editore, € 18,05
Torna Giangy, il meccanico tormentato ma generoso di Autofficina Desiderio, il romanzo-culto che ha rivelato (anche se nessuno l’aveva chiesto) il grande talento del nuovo Milton però più biondo e butterato e soprattutto non inglese. La nuova vicenda si svolge in Madagascar, perché gli scrittori quando diventano famosi hanno un sacco di pretese sul dove andare a vivere per un po’ e dove (ma guarda un po’ il caso) ambientare il loro nuovo, preziosissimo parto, tipo c’è chi va in Francia perché così non lo riconoscono (Tricicco), chi in Scozia perché lì c’è la quiete necessaria a uno Scrittore (Trappoliti), chi in Bolivia (la Fezziconi) per rigenerarsi specchiando se stesso negli occhi dei poveri bambini di strada che se potessero ti ruberebbero anche il buco del culo e poi ti prenderebbero a calci finché non torni nel tuo paese a nuoto e ti metti finalmente a fare qualcosa di veramente costruttivo e consono alle tue capacità senza scomodare l’arte, tipo montar mobilini dell’IKEA o lavorare al nero alla Catena di Montaggio Circuiti Stampati ma coll’inchiostro simpatico sicché dopo un’oretta o due c’è da buttar via tutto e ricominciare.
Comunque la si voglia vedere, questo secondo capitolo della saga-Giangy ci mostra il protagonista in una situazione inedita rispetto alla precedente (e grazie al cazzo, sennò era una riedizione del primo libro): costretto a fuggire dalla Brianza Operosa (VA), a seguito del disguido con Pepi, il nostro aveva inizialmente optato per luoghi assai meno esotici, quali Pipone e Caerano Val di Mola, da raggiungersi in treno, perché l'aereo porta male, secondo una superstizione profondamente radicata nella sua famiglia. Tuttavia, attirato coll’inganno nel bagno della stazione ferroviaria di Brianza Operosa, viene tramortito da quattro loschi figuri (di cui uno zoppo) e imbarcato contro la sua volontà (o anche no: ormai era tramortito, per lui lo potevano anche inculare…) sul volo MadagAir 6799, in partenza dall’antistante aeroporto GeiEfChei (Giorgio Ferrando Canfora, syndaco di Brianza Operosa ed eroe della II guerra Brianzo-Bergamasca)
Fattosi una ragione di tutti i centimetri di pelle nera che lo circondano, e fattosi togliere il malocchio conseguente alla sua permanenza coatta sull'aereo, Giangy cerca di riorganizzare le idee e tirare avanti: comincerà col riaprire la sua officina, che chiamerà, in onore al suo passato, “Autofficina Desiderio Parte II”, dipingendo, in riverente omaggio al suo più grande eroe, un enorme murale di Borghezio, in posa nobile e ammonitoria. Tuttavia, nella sua pervicacia leghista, egli ignora che nell’idioma locale le parole “Autofficina Desiderio Parte II” significano letteralmente “Date Fuoco Veloci alla Baracca”, e che Borghezio ha una formidabile somiglianza con Zul-Ab-Jucul, il locale ma terribile dio degli Scoppi e delle Risa. Per lui si preparano giorni difficili, giorni di Fuoco, giorni di Scoppi e di Risa, in cui le risa son ovviamente quelle della popolazione indigena.

JOE GARAGLÒ, Memorie di una spillatrice, ed. Inchiòstramelo, € 21,10 Dopo anni di silenzio e di galera (speriamo), torna l’autore di Best-Sellers quali Raudo, Vescica Natatoria e Trasudo, sentilì come trasudo. Stavolta, con Memorie di una Spillatrice, decide di alzare il tiro: non più ricordi di un ragazzino, magari in una storia di iniziazione, epifania e apprendimento, bensì ricordi di un ragazzino, in una storia di iniziazione, epifania e apprendimento. E rapporto col padre, sullo sfondo di un bel po’ di personaggi ai margini della civitas, balordi e gratuiti. E il gioco è fatto. Tante parolacce, vicende un po’ torbide e un po’ strampalate, scritte col piglio di chi sa che anche a questo giro venderà milioni di copie e andrà in culo al mondo portando pure sei, senza nemmeno sapere chi diavolo sia Hopper.
La vicenda, che assai originalmente adotta il punto di vista di un adolescente, vede il tentativo di svaligiare un bancomat attraverso un nuovo modo di usare una spillatrice (non vi diciamo come per non rovinarvi la sorpresa), e arriverà a deflagrare – la vicenda, no la spillatrice – come un vero e proprio terremoto, avente a epicentro una notte che sarà decisiva per le vite di tutti i personaggi: in quella notte una grande tempesta sconvolgerà la pianura sradicando alberi e scoperchiando capannoni industriali, trascinando tutti verso l’occhio del ciclone (ma sentilì!) e facendo cinicamente colpire da un fulmine un par di ricci, così tanto per far pulp e strizzare l’occhio a più tipi di pubblico. Per la cronaca, tra l’altro, il terremoto non deflagra, ma ormai l’ho scritto e fa lo stesso. Svaligiare un bancomat con una spillatrice mi pare del resto assai peggio.
L’ambientazione suggestiva e allo stesso tempo realistica, la trama dal ritmo incalzante e dai risvolti imprevedibili, la capacità di tratteggiare un ritratto vivace e grottesco della società contemporanea, in cui Indigenza e Ignoranza fan rima con Violenza e Mira-Lanza (non me ne veniva altri, abbiate pazienza), fanno di questo romanzo un bell’acchiappacitrulli in cui molti di voi cadranno, e ne andranno pure fieri.

ottobre 13, 2006

CORRI IN LIBRERIA! (e spiaccicati magari sulla porta automatica, che s’apre lenta lenta) È arrivato nientedimeno che il nuovo, avvincente libro di GIORGIO FALETTI! E se non vi basta, è pure uscita la nuova fatica letteraria di SUSANNA TAMARO! Inoltre, di PAULO COELHO c’è pure l’Agenda Coelho, per prendere i vostri appuntamenti dal podologo o dal logopedista assieme al vostro scrittore preferito. Via su, cacciatevi le mani in tasca, bellini, E PAGATE! Una breve descrizione delle due opere:  

G. FALETTI, Fuori dal niente di vero ch'io uccido, A Te Giorgio Bubba – Bubbamelo Editore Jim Mackenzie, di anni 43, segno del cordless ascendente sodomia, per metà indiano e l’altra metà autista della SITA, torna nella sua città immobile e frusta, dalle parti della riserva Navajo, in Navaja appunto. Lo scrittore (scusate il termine) sta in brianzolissimi posti tipo Caerano, Castello di Godego, o anche Pipone, ma s’ostina a ambientare le sue originalissime (?) vicende in Arizona, a New York, Montecarlo, perché fa più ganzo. E mette pure nomi originalissimi tipo appunto Mackenzie, come la fattoria di LupoAlberto. Prima c’era stato pure Maureen Martini, commissario di polizia a Roma e preparatore serale di cocktails omonimi giusto per arrotondar la paga presso il bar “Johnny Merda” di Concordia Littoriale, vicino Ostia Navigabile. Comunque sia, Jim Mackenzie, per metà gargoyle per l’altra presidente del consiglio, è costretto a confrontarsi, nell’immobilità della sua cittadina, con la persona da cui più è rifuggito per tutta la vita: se stesso (WOW!). Poi però, già che è lì, una misteriosa catena di omicidi inizia a sconvolgere la vita della piccola comunità: al mattino dopo, le vittime vengono trovate in macchina – morte, sennò non sarebbero vittime – col cambio barbaramente infilato su per il culo e dalla radio una canzone degli ZZ-Top a tutto volume. Il che porta Jim Mackenzie a un’acuta quanto amara riflessione: ma in America, le macchine non avevano il cambio automatico quasi tutte? Ci dovevo nascere proprio io, nella città più retrograda della nazione? E gli ZZ-Top, non eran fuorilegge o cancerogeni ora non mi ricordo bene? Il tutto finché, durante una notte buia e tempestosa (Faletti è originalone) il nostro eroe sente echeggiare uno sparo. Una porta sbatté e una nave pirata apparve all’orizzonte. E Jim si renderà conto che è impossibile negare la propria natura quando un passato scomodo e oscuro torna per esigere il suo tributo di sangue. E tanti saluti al cazzo.

S. TAMARO, Ascolta la mia voce (strozzata) e va’ via di qui. Sto cacando, edizioni Fischione Pernicioso
Cosa ne è stato della nipote di Olga, la nonna protagonista di Va’ dove ti porta il cuore? E chi cazzo se ne frega? È forse tornata da Parigi, insieme al Merendero e Zio Luigi, giungendo in tempo per riappacificarsi con la nonna, al ridente paesello di Riese Pio IX (provincia di Alacrullo, nell’operoso Nord-Est), al grido di “MIGUEL SON MI!”? O ha trovato solo la lunga lettera di diario con annessa lista della spesa a lei indirizzata? E se il destino le avesse riservato invece una terza ipotesi che esclude le precedenti, tipo entrar a far parte della Yakuza e succedere a Oreen Ishii uccisa da TheBride, o essere inseguita da uno sceriffo esaltato di nome Teasle pei boschi dello stato di Washington perché nella sua cittadina non ci vogliono i falliti del Vietnam? È davvero - ella - figlia di un principe turco, nonché pronEpote del feroce saladino di boccaccesca memoria, o è semplicemente il frutto dei maldestri lombi di Enio Rigillo, fruttivendolo incazzoso di Lamporecchio col vizio del tressette molesto e urlato? Qual è stata la sua storia? E, ancora una volta, chi cazzo se ne frega? Alla ricerca dei suoi segreti, la ragazza scava tra bauli, carte e quaderni ingialliti ricomponendo, pagina dopo pagina, i vari tasselli di un mosaico generazionale (sticazzi!), dando quindi il via ad un viaggio che la condurrà alle origini della propria inquietudine, tramutandosi anche in ricerca spirituale attraverso la Terra Santa (immancabili, il viaggio spirituale e la Terra Santa); il tutto mentre il romanzo si apre con la descrizione del tronco segato di un noce, immagine dello sradicamento, rappresentazione reale di un ideale “albero dei ricordi” (garaglò), immagini di una profondità e sentimento quantomeno toccanti (sì, come no! Volete le profondità? Travestitevi da sub e compratevi una vasca da bagno parecchio profonda, è meglio).
Una prosa intrisa di sentimenti forti e di dolorose riflessioni allo specchio, senza paura di quegli sguardi impietosi al male di vivere a cui Susanna Tamaro ci ha abituati, che uno spera ogni volta sia l’ultima, ma invece lei torna inesorabile, come la morte le tasse e i piccioni, o col librino scipito e melenso o col temino da studentessa scema, tipo questo: “La percezione della bellezza e dell’armonia apre alla gioia, eppure i nostri giorni sono sordi. L’uomo contemporaneo è affetto da grandi inquietudini spirituali e incline ad agghiaccianti fanatismi” – parrebbe un titolo da compitino in classe, eh? E invece è un libro (scusino il termine) scritto da lei, che pensa di chiuder anzi così: “il silenzio è morto e, scomparendo, ha trascinato con sé tutto ciò che costituisce il fondamento dell’essere umano”. O piglia!


CORRI IN LIBRERIA, STOLTO! EDUCITI CO' NOSTRI PIÙ GRANDI SCRITTORI!

maggio 26, 2006

BREVE ESTRATTO DAL NUOVO CUMULO DI BANALITÀ FRUSTRANTI E LIMITATE DI PAULO COELHO, SONO COME IL FIUME CHE SCORRE (SICCHÉ IO VIAGGIO, MICA VOI). ABBIATE PAZIENZA, VOLEVO DIRE BEST-SELLER, POI M’È SCAPPATO CUMULO DI BANALITÀ FRUSTRANTI E LIMITATE, ORMAI L’HO DETTO, PAZIENZA.  

Sì, compratelo, il bel librino Sono come il fiume che scorre (quindi vi bagno, scansatevi) - editore Caprone-che-caca, eurini 31,30, bella la mia massificazione della cultura. Dicevo, compratelo, che ci sono un sacco di profonde verità e riflessioni sull’uomo e il suo destino, quali questa:

…la vita è come una matita:
Si consuma inesorabilmente;
e la parte più importante è dentro.
La vita è come una matita:
è fragile,
può spezzarsi in qualunque momento.
La vita è come una matita.
E se non stai attento, te la prendi anche nel culo.

 
(Certo, ammetto che farebbe di più il suo effetto se letta con voce da ubriaco, col ditino ritto, gesticolando, magari a qualche circolino di paese) 

Poi, nel librino Sono come il fiume che scorre (ma il bagno fatelo a casa vostra, grazie), si parla anche di viaggi, di alchimia, del dramma dell’estinzione certa del bull-terrier (astiosa bestiola dall’aspetto minaccioso, che non vuol saperne di cacare, né tantomeno di trombare, ragion per cui l’estinzione è certa). Ma perché voler saper già tutto? Comprate Sono come il fiume che scorre (sì, ma voi non ci pescate sennò m’incazzo). Lì troverete tutte le risposte che vi ci bisognano.
 
P. COELHO, SONO COME IL FIUME CHE SCORRE (DISSE PETER NORTH). Nelle migliori edicole et negotzi di bestiame. Anche in edizione da collezione, con in regalo un bull-terrier da render meno restio alla riproduzione.

maggio 12, 2006

EVVAI, CI VOLEVA!
Alessandro Baricco ci ammorba con la sua ultima fatica: La mutazione. Che era il primo titolo, poi scartato per l’originalissimo Viaggio alla ricerca dei barbari.
Ci sono gli immancabili disegnini di GIPI (??? - quando ogni commento è superfluo); ci sono le immancabili frasette ridicole del nostro (tipo: “E, il giorno dopo, involtolare insalata, o diventare il cappello di un imbianchino. Ammesso che se li facciano ancora, i cappelli, col giornale - come barchette sul litorale delle loro facce” – mio dio: “barchette sul litorale delle loro facce”: brrr…); c’è la stucchevole didattica da maestrino del popolino, rivestita come d’uso di affabilità e simpatia, pur autocompiacendosi e crogiolandosi nella citazione altrui. E c’è la nemmeno tanto sottintesa polemica contro qualcuno, in realtà sempre i soliti: il mondo della cultura, i critici, gli accademici, che il nostro considera dei parrucconi togati e cattedratici, antiquati nel gusto ed esosissimi, elitari e settari, solo ed esclusivamente perché lo considerano (a ragione – piena, pienissima ragione!) un deficiente che scrive libri da minorati.
Nel complesso, questa sorta di romanzo a puntate (ma al nostro non piace la definizione, né il genere lo attira, poverino; ecco quindi che se lo autodefinisce un saggio, “un tentativo di pensare: scrivendo” – e noi possiamo solo dirci: che culo! Non poteva "tentar di pensare: pensando?") è una stronzata somma, scritta come potrebbe esserlo da un liceale bravino a fare i temi, infarcita di ideine banali e stramasticate. Ci mancava solo l’immancabile inserto “oggi, nella società odierna...”
Ma, insomma, Baricco non è mica più al liceo. No, dirige la scuola Holden, lui, mica cazzi. E c'ha pure le pubblicità su splinder. E Repubblica (e questo mi spiace, sinceramente) gli dà uno spazio tutto suo, per ammorbarci.
A me rifiutano qualunque cosa, e devo pure esser felice che c'ho un lavoro, io.
Vaffanculo.

Anima candida!, direbbe Vonnegut, sì. Ma di te, caro Baricco. E quanto al fatto che tu, la Tamaro, Faletti, Melissa P., Paulo Coelho, Margaret Mazzantini, ecc ecc, continuiate a scrivere, a riempire gli scaffali delle librerie, a rompere i coglioni con le vostre stronzate tumide, nauseanti, insipide, direbbe:
Così va la vita.
 

Ah... per chiudere in bellezza, a fare ancor di più compito in classe, c'è anche uno spazio dedicato al sondaggio, lo strumento moderno dell'idiota moderno per sentirsi parte attiva nel gran calderone pieno di merda fumante. Queste le domande:

1) Sono già arrivati i nuovi barbari? (certo che sì, cazzo. Ogni giorno, alle dodici e quaranta, dopo aver viaggiato su modernissimi PULMI provenienti dalla BARBÀRIA - ovviamente senza pagare il biglietto e mettendo i piedi sui sedili del vicino, sennò che barbari sono? - ne vengono scaricati a josa, alla fermata tra il molo di Fuscellone e l'edicola di Mingo-il-Ribelle)

2) E voi, dove li avete incontrati? (personalmente, all'autogrill Frane di Motrone, sul tratto dell'A112 Motrone-Malavaentre, ne ho visti un paio - erano scesi dai PULMI e bevevano il caffè. Alcuni si grattavano il culo, altri pisciavano negli angoli, altri ancora ruttavano coi capelli pieni di gel)

3) Bisogna aver paura di loro? (bisogna aver paura di tutto nella vita. Anche di cacare. Gran parte degli infarti vengono mentre si cerca di espellere uno stronzo troppo grosso. È un attimo; poi ti ritrovano lì, accasciato sul cesso, gonfio della tua merda, ancora dentro di te).

maggio 10, 2006

AMEDEO MINGHI, S(u)on Tronfio e Supponente: s(u)on Amedeo Minghi e ne vo fiero, Ed. 3S-SorrentoSiSquaglia, € 28,50.


In 514 pagine (molte delle quali però bianche), e un dvd (l’edizione deluxe contiene anche una ciocca di capelli – i mitici capelli-spaghetto grigio-bianco-biondi, che tanto fanno impazzire le fans – e un pezzo di naso), il noto cantante-guru-poeta si racconta al pubblico, mettendosi schiettamente a nudo nella sua interezza: dalla cura manicale per gli abiti scuri, con la ricerca ossessiva di un look ieratico, da santone degradato ma pur sempre misterioso, a quella per i capelli (schiariti e scientemente indeboliti da frequenti lavaggi con una mistura di varechina e croste di pane – rimedio, racconta l’autore, pervenutogli “in forma di atavico retaggio infuso dalla gloriosa stirpe dei Minghi, originata dal tris-tris-trisavolo Mingo Minghi, anche lui cantante, oltreché sciamano e uomo della medicina della tribù Los Mingos, accampata nella zona del Gringos – l’odierna Spinaceto – molti, molti secoli or sono”); dal feeling professional-artistico con Mietta (“sì, in quanto mora-mora-mora, e pure carnosa, Mietta c’ha proprio un vaginone mostruoso!”), alla sua dimensione più poetica, con la creazione di canzoni-poesie dai titoli fortemente evocativi e vibranti quali “Canzoni”, “Serenata”, “Pangrattato”, "Notte bella", "Cazzo mencio", “Vita Mia”, “Storie”, “Sciacquone”, “Suoni”, “Sgommata”, “Nenè”, “Cocò”, “Cicì”, “Cuccù”, e “Peppè”. Il tutto senza dimenticare ovviamente l'attenzione estrema per l'ormai notissimo atteggiamento, ostentatamente tronfio & supponente, nonché pieno di sprezzo anche nel modo di cantare e di darsi al prossimo, così tanto per fare.


All’esegesi del Minghi-pensiero, in particolare, è dedicata un’ampia sezione del libro, costruita anche attraverso il contributo di prestigiose personalità del mondo della musica e della letteratura. Notevoli, in questo caso, gli interventi di Karlheinz Stockhauseun e Edoardo Sanguineti (le pagine bianche di cui si diceva in apertura). Non trascurabile infine anche l’auto-commento, con l’autore stesso che chiosa (aiutandosi anche con dei disegnini, ché il Minghi è artista versatile e proteiforme) gli immortali versi delle sue creazioni artistiche, quali ad esempio questi, tratti da “Serenata”:


“sciocco mare si ricorda lui, / e i sogni passano. / In fondo all’acqua / nella quale son chiamato anch’io, / e vagamente mi muoverei, / forse ti sfiorerei; / scese a dirmi che non ci sei… / ma dimmelo tu… / tiririii tiririri tiri tiririiiiii / tirititiri-tiiiiii” (finemente parafrasati con "Aò, avevo sognato li cani che m'inzeguiveno, a Ostia, e m'ero svegliato tutto sudato. Me bruciava anche er culo. Allora me so' messo a penza: vòi vede' che me l'hanno rimesso ar culo, 'sti stronzi? Boh, è uguale. Forza Romaaaaaa!", e giù un bel disegnino di Totti & Montella).


Chiude il tutto un’esaustiva galleria fotografica, con l’artista ripreso al pianoforte (ma di culo e al bujo, sicché può essere chiunque), alla manopola del volume, mentre s’ingoia un bel piatto di rigatoni con la pajata, in costume da Sigillo Notarile, inseguito dai cani, sciolti da un fan per la troppa ammirazione in lui suscitata dal Nostro.


Nel complesso un volume veramente notevole, costantemente permeato d'un bel fondo di boriosa alterigia, che non può certo mancare nella vostre (rispettabilissime) biblioteche di merda. Quindi, è proprio il caso di dire:


Compràtelo? Còmpratelo!

febbraio 21, 2006

STEFANO TEGLIA, U.L.A.C., Ed. Cartapesta Malata, € 13,00
Sciupato, misero, che ha visto (o forse no, non li ha mai visti) giorni migliori: così si presenta Lupo Anziano, personaggio dalla vita insignificante, spesa all’insegna dell’inutilità e delle deficienze fisiche, mentali, spirituali. Tutto è miseria, in lui. O in lei. Già, perché non ha importanza nemmeno se sia uomo o donna, Lupo Anziano. È semplicemente Lupo Anziano, essere androgino, superiore al sesso e all’igiene, superiore (o nascosto) a un sacco di cose, affetto/a – tra l’altro – da chiara blesitudine.
Tuttavia, spinto dal latrare isterico e gratuito di un odiosissimo barboncino bianco fonato & cotonato, portato quotidianamente fuori a tarda notte – in realtà, tra le 23.28 e le 23.36; ma per Lupo Anziano quella è tarda notte – per la rituale Deposizione-Fecale e Abbaïo-Al-Niente, per mano della sig.na Lanciotto, di professione Zitella di anni 51, quasi nana, straordinariamente simile a un barboncino anch'ella, e pericolosamente incline ad agghindarsi vezzosamente con un enorme fermaglio a forma di fiore rosso (o giallo) fra i capelli (vestendosi solo a pois neri su vestiti rossi), Lupo Anziano decide di averne abbastanza, e uccide con gli ultrasuoni delle sue temibili Grida Topine la supponente bestiola. Diventa così, in breve volger di luna, l’idolo della via, e poi del quartiere, e della circoscrizione, fino a candidarsi entro pochi mesi a syndaco. Nemmeno a dirlo, vincerà le elezioni, imponendo repente il culto della personalità (ma di quella di un lontano cugino, per cui ha sempre nutrito una smisurata quanto ingiustificata ammirazione) e fondando di lì a poco un partito, l’U.L.A.C. (Unione Lupo Anziano e Cotto, il cui symbolo è il barboncino nano Deposizione-Fecale mentre traina la Zitella Lanciotto 51, alla memoria di entrambi), promettendo la messa al bando dei barboncini odiosamente latranti e l’aumento dell’importazione della barbabietola da zucchero, di cui è geloso consumatore (17 bustine in capo a un dì, ingurgitate in giojosa foga). In capo a un anno, si trova a concorrere nelle Politiche a livello nazionale, e il suo partito, spinto dall’entusiasmo popolare e da una malcelata benevolenza dei media, sale nei sondaggi al 25,7%.
Le sue ormai leggendarie Grida Topine furoreggiano ovunque, vengono imitate e prese a modello, pietra di paragone e di castigo. Da lì a brevettarle il passo è breve, e parallelamente all’attività politica, Lupo Anziano dà quindi il via ad una spettacolare scalata imprenditoriale, lanciando la linea Grida Topine™, che comprende il carnet degli assegni, l’eau de toilette, l’acido per pavimenti in cotto e il gelato al gusto omonimo.
All’apice del successo, Lupo Anziano si prepara ad affrontare la tornata elettorale, forte di una trionfale campagna di stampa e di media. Ma i rivali sono agguerriti: c’è la Vedova Tapi, leader del PPSD (Partito del Popolo Svilito e Deriso) forte dell’elettorato anziano; il sen. Giuppy-Napoleone Minchio, segretario dei Napoleonici Di Sinistra (NDS); e Susanna Tamaro, carismatico Leader dei battaglieri e intransigenti Radicali. Fuori da questo quadro, si situa la potentissima e misteriosa lobby creativo-finanziaria del RAAD (Riciclaggio Anche A Domicilio): il movimento che beneficerà del tacito appoggio di questa, governerà il paese.
Lo scrutinio finale si rivela un’agguerrita e cruenta battaglia, in cui i proiettili sono i singoli voti: uno, per la Vedova Tapi; un altro per Lupo Anziano, e via così, a sbaragliare tutti gli altri. Delfino Ubertoso, arcinoto speaker della Televisione di Stato (TGB, Tele Golosità Barocca), incaricato di uno speciale on-air, vede in tempo reale il risultato conclusivo. A lui il compito di comunicare l’esito al paese. La tensione monta, i sostenitori di Lupo Anziano, sparsi per il paese, cominciano ad emettere propiziatorie & stridule Grida Topine di solidarietà, per sentirsi più vicini e in comunione col loro eroe, il quale eroe si sveglia miseramente e scopre di aver sognato tutto. Di più, s’è anche cacato addosso dall’emozione. Ok, questo non avrei dovuto dirlo, ché così ormai v’ho sciupato il finale e il libro tutto, ma tanto sono stronzo, e voi ve lo meritate. O pìcchiami.