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novembre 30, 2005

XV.
Incredibile. Assolutamente incredibile. I diari di mia zia hanno rivelato qualcosa di sconvolgente. Mio zio era un negoziante di scherzi di carnevale. In particolare, si legge, prediligeva le cacche finte. Il suo negozio ne allineava tutti i tipi allora disponibili, in bella mostra su uno scaffale vicino alla vetrina principale. Faceva grandi affari, mio zio, specie nel mese di febbraio.
Poi, un bel giorno, qualcuno gli fece uno scherzo. Mentre lui era nel retrobottega, qualche burlone sostituì un paio di quelle cacche finte, con alcune vere (magari, ma è solo un sospetto di mia zia, fatte sul momento, direttamente lì, anche se non si spiega – e non lo faccio nemmeno io, a dire il vero – come sia stato possibile, dal momento che lo scaffale era posto piuttosto alto per un uomo… ehm, come dire… in posizione defecatoria). Cosa successe allora? Che il sole, amplificato attraverso la vetrina del negozio, fece ben presto fermentare le vere cacche e, di lì a qualche ora, divampare un furioso incendio nel negozio – ignea catastrofe che si portò via le cacche, gli scherzi, il bancone e mio zio. Naturalmente tutto questo è una congettura di mia zia. Di certo c’è solo che in un giorno del lontano luglio 1975, mio zio si arrostì del tutto nell’incendio che distrusse il suo negozio di scherzi, il “Dingo Ceruleo”. Rimase solo il piccolo simbolo di quel negozio, che il mio povero consanguineo aveva fatto coniare da non so bene quale fabbro: un piccolo dingo torvo ma giuocoso, in metallo e polistirolo, dipinto di celeste, appunto. Ho trovato anche quello, in cantina, tra miriadi di lattine di birra che non sapevo nemmeno di avere.
Ecco spiegata, almeno in parte, la profonda ritrosia di mia cugina. Quell’arpia. Ma ciò non mi fermerà: sono sicuro che è proprio mio zio che mi sta guidando da lassù, dal suo paradiso di cacche celestiali, giacché vuole che segua le sue orme. E io credo nel Destino. Nel Destino, nei Numi. Ebbene, anche la mia catena si chiamerà “Dingo Ceruleo”. Io, proprio Io, Manlio Sacchetti, riuscirò laddove il mio grande zio aveva fallito, lasciandoci (tra l’altro) la ghirba!
Ma sarà meglio cercare di dormire, adesso. Spero solo di non rifare quel sogno…

novembre 29, 2005

XIV.
Arrivati i cataloghi. Li ho strappati dalle mani di mia cugina – in un certo senso anticipandola, giacché lei voleva strappare loro. Tra l’altro, sto iniziando a capire le ragioni del suo astio. Ho ritrovato per caso i diari di sua madre, nonché mia zia, e li sto alacremente compulsando. Notizie bomba. Appena avrò finito ne darò conto.
Intanto, alcune informazioni importanti dai cataloghi di scherzi. Ho appreso che sono quattro le compagnie principali, per l’Europa: la Bardous Jokes inc. per l’Inghilterra, la Helmotz-Swanstuck Entertainment Group (HSE) per l’Austria, Les Salaces Salopes Salées per la Francia, e la nostra Carnasciali Gioiosi srl. In realtà ogni paese, tranne la Germania – popolo evidentemente poco propenso agli scherzi, per propria intrinseca natura – ne ha uno, ma questi sono i principali, e tra l’altro in dura lotta fra loro. Non mancano infatti nel catalogo dell’uno, polemici riferimenti agli altri, con toni estremamente esasperati. E tutti, poi, rivendicano come appartenente alla loro storia l’aneddoto più famoso relativo alle cacche finte: nel 1940, mentre la Luftwaffe bombardava Londra, Winston Churchill parlava alla radio, incitando il popolo inglese alla resistenza. Tutti dovevano stringere i denti, e tener duro. Pochi sanno però che la stessa cosa egli doveva fare con i parlamentari inglesi. Per questi ultimi, però, ci voleva ben altro che un appello quotidiano alla radio, ed ecco allora il colpo di genio: il Grande Statista ordinò ad una compagnia di scherzi di carnevale (e qui siamo al punto controverso: QUALE? Ognuna di loro si autoindica come la prescelta) un migliaio circa di cacche finte, che poi a turno faceva mettere dal suo segretario sulla sedia di questo o quest’altro parlamentare, così, per fare allegria. In questo modo risollevò il morale della classe dirigente inglese, guidando la Nazione alla Vittoria. Tutti ridevano, allorquando un parlamentare si sedeva e rialzandosi trovava sotto il suo sedere una cacca finta.
(A questo proposito, però, mi corre l’obbligo di riportare anche un’altra versione della vicenda, così come la racconta il catalogo della HSE. Secondo questi, il premier ordinò loro (sic!) le cacche in questione solo per screditare l’opposizione. Difatti, pare che egli incaricasse i suoi più fidati collaboratori di metterle soltanto sulle sedie dei membri di quest’ultima, per poi, durante le sedute, tacciarli di codardia e scarso senso della Nazione: “Voi, anacronistici e codardi Tories, non sapete pensare che al Vostro esclusivo bene!”, tuonava il grande statista, “e non appena la Nostra Grande e Amata Isola ha bisogno di Voi, Voi che fate? Ve la fate sotto!”
Pare che subito dopo questo discorso invitasse tutti ad alzarsi in piedi, e facesse controllare dal vicino di posto la sedia dell’altro. Immancabilmente le sedie dei Tories recavano, nel centro, una cacca, chiaro simbolo della loro codardia – si noti che le sedie della Parliament House britannica erano molto profonde e morbide, ragion per cui non era detto affatto che uno sentisse la cacca sotto di sé non appena si sedeva.
Comunque fosse, in questo modo il Grande Ministro rinsaldò la sua posizione – traballante prima di allora – riuscendo al tempo stesso a screditare l’opposizione agli occhi di tutti i membri del parlamento e soprattutto della regina che, come tutti sanno, non poteva sopportare l’idea di un suo suddito non coraggioso).

novembre 28, 2005

XIII.
Breve riepilogo dello stato di cose, a tutt’oggi:
1) È arrivata la liquidazione da quel maledetto ufficio. Sono stato felice quasi tutta la notte (quasi, perché verso le 4.30 mi sono addormentato e ancora una volta ho rifatto quel maledetto sogno). E l’ho impegnata quasi completamente per comprare il bancone, un cupo ma elegante mobile in cedro scuro del Libano, con tanto di vetrina orizzontale azzurrata e cassetti ad apertura controllata (da chi, a dire il vero non so spiegarmi, però). Una cosa chic. Arriverà la prossima settimana.
2) La tinteggiatura (si dirà così?) delle pareti è conclusa. Stanotte (io imbianco di notte, per motivi chiaramente religiosi) ho dato la seconda mano. Mi ha aiutato Cristino Di Pasquale, di anni 19, il quale è intimamente e pervicacemente convinto – invero, ignoro su quali basi – che sarà il mio commesso, al momento dell’apertura. Vedremo, di sicuro è un tipo bovinamente affidabile. Ma deve assolutamente togliersi le mèches.
3) Ho preso contatto con i primi fornitori. I cataloghi dovrebbero arrivarmi a breve, per posta. Ho dato l’indirizzo di mia cugina (dato che io non ho recapito concreto, ma solo domicilio, per motivi anche qui religiosi, e anche un po’ fiscali, a dirla tutta), quantunque ella abbia minacciato più volte di strapparli, semmai le dovessero capitare fra le mani. Mi sa che tra qualche giorno dovrò far la ronda alla sua cassetta della posta. Non è mai stata favorevole al mio progetto, fin dal principio… chissà perché!
4) L’insegna sarà disegnata da Gianfrusto (si chiama così in onore del Santo Patrono del paese, il cui monumento è proprio dietro al fondo di quell’accidenti di zoppo dalla parola assai poco sincera) Pupazzy, disegnatore di molle per orologi e riparatore di tele (o viceversa, non ho mai capito bene) a tempo perso. Ricordo che siamo stati bambini insieme. Letteralmente. O meglio, il fatto è questo: eravamo grandi amici, e una volta stavamo facendo dei dispetti ai ragazzi più grandi del quartiere, e uno – me lo ricordo come se la cosa avvenisse, diciamo, circa ventisette anni e sette mesi fa – ci disse: “se non la smettete con questo scherzo del basilico e dell’uovo marcio la vedete”. Il fatto è che quello soffriva terribilmente lo scherzo del basilico e dell’uovo marcio. Sopportava (e ci rideva di gusto) quello della carota con la benda da pirata, o quello del monitor in fiamme; però il basilico e l’uovo marcio proprio no. Due bambini, però, non possono resistere alle debolezze altrui: alla terza volta che lo fregammo, ci prese con rabbia e ci legò insieme, così stretti che nessuno riuscì a slegarci per i successivi sette anni, vale a dire fino a quando ne compimmo quindici. E anche in quel caso penso fosse più per il fatto che i nodi si erano allentati col tempo, che non per la forza bruta del domatore di leoni del circo Medrano presso cui ci eravamo recati, speranzosi.
5) Infine, il comune mi ha dato tutti i permessi necessarî e disponibili affinché possa inaugurare quanto prima (manca solo il permesso relativo al 4 di ogni mese, ma questi sono dettagli, vedremo). Grazie alla mia estesa rete di contatti internazionali, inoltre, per l’inaugurazione mi sono assicurato le presenze di: Moira Orfei (la quale non mi ha mai perdonato il fatto che da bambino abbia usufruito del circo Medrano, per slegarmi da Gianfrusto, come ricordavo poco sopra – magari questa è l’occasione per dimenticare il passato), l’on. Achille Totaro (su chi sperimenteremmo i primi scherzi, sennò?), Al Pacino, e L’Uomo con i Peli delle Ascelle più Lunghi del Mondo (in arte, U.P.A.L.M. – non ci conosciamo personalmente, ma si è detto entusiasta ed onorato di partecipare all’evento. Non ricordo nemmeno come sono riuscito a contattarlo, a dire il vero; ma mi pare che il suo numero di telefono fosse sul Guinness dei Primati).
Ci stiamo muovendo, direi…

novembre 27, 2005

XII.
Mio cognato, anima pia, mi ha consegnato le chiavi. Felice, subito mi sono recato presso un negozio di vernici, per acquistare il necessario. Avevo pensato ad un giallo limone siciliano colto dalla pianta da cinque massimo sei giorni, per le pareti; ed un verde foresta di Birnam mentre muove a Dunsinane del Macbeth shakespeariano, per gli scaffali; ma al commesso sono spiaciute le mie ardite e alate perifrasi e mi ha dato – con sprezzo, devo annotare – un secchio di vernice giallo ocra, e uno di verde ramarro. E adesso me ne tornerò al fondo, con questi due secchi in mano e qualche pennello sottobraccio, triste come una roulotte…

novembre 25, 2005

XI.
Interessante novità. Sul sito ufficiale dell’Associazione Negozianti di Scherzi per l’Italia e l’Austria (A.N.S.I.A. – chissà perché tra l’altro stanno insieme Italia e Austria… bah, comunque sia il sito in questione ha questo indirizzo: www.ansia.ost.it; ma per poter accedere bisogna, avviso, inserire il numero del tesserino magnetico che comprova la vostra natura di negoziante di scherzi e cacche); in questo sito, dicevo, c’è una sezione in cui i vari utenti si scambiano informazioni relativamente agli esemplari delle foto del grande Manlio Proaskinevic. Ovviamente, le informazioni vengono da negozianti che già ne posseggono una per conto loro. Ebbene, ho notato che in Italia, a quel che se ne sa al momento, conosciamo l’esistenza di tre copie, per così dire “libere”: una è a Frullo (provincia di Catrone, CRT), presso un rigattiere di Via Mendrisio, 487/A, zona stadio; l’altra la custodisce gelosamente una misteriosa vedova di Ampelio sul Lago (ridente cittadina – mi sono informato – del Wicentino); l’ultima invece è acquistabile presso il mercatino dell’usato “Coturno Rosa” di proprietà del sig. Ovidio Tomi di Sulmona. Cioè, a quel che ho capito, LUI è di Sulmona (nome nomen – scherzone anagrafico, già di per sé. Lo adoro fin d’ora, il tipo, ammesso che egli sia consapevole della sua natura), laddove il negozio ha sede a Savoiardo sul Nilo (no il fiume egiziano, questo è un monte vicino Terni), provincia di Caimano (ZG).
La vedova credo sia difficilmente corruttibile; restano il rigattiere e il Tomi. Vedrò cosa posso fare. D’altra parte, posso aprire il negozio senza una foto del Proaskinevic? Io, proprio io?
Ah… iniziati i lavori al nuovo negozio, quello (già) di mio cognato. Ma di che colore tingere le pareti? E gli scaffali?

novembre 24, 2005

X.
Novità scoraggianti ma al tempo stesso ottime, dal fondo: quel maledetto zoppo non vuol più vendermi il suo bilocale! Nega addirittura di aver mai avuto contatti con me! E io che mi fidavo della sua zoppìa e del legame spirituale che per questo ci univa! Eravamo praticamente già d’accordo e così, dietro il suo rifiuto, ho subito pensato ci dovesse esser qualcosa sotto: difatti, dopo alcuni indagini private ma illegali, l’ho scoperto ad aver concluso l’accordo con un tale, presunto cognato della di lui fantesca (ah-ah… il riccone!), per l’apertura di una rivendita-spaccio di mortadelle & culatelli della Grande Brutòpia. Maledizione, maledizione e maledizione! Ma perché? Gli avrà offerto di più? Avrà potuto mettere in campo tre zie zoppe e un paio di nipoti segaligni, intenerendolo come un bocconcino di vitello in uno spezzatino al vino rosso, magari il pregiatissimo Systolone di Brutòpia, per l’appunto? Ah, cento volte maledizione! Pensavo di passare sotto casa sua camminando a zoppetto, come fanno i bambini, per sfotterlo! Me la pagherai, sàppilo!
Però, per ogni notizia brutta, ne esiste un’altra che fa da contraltare, o almeno così mi insegnavano i miti frati Scolopi del pio convento “Baviera in Fiamme a Capodanno” (BFM) di Marina di Zorro, dove ho studiato quando ero ragazzo: Olivo Tadini, il minore dei miei tre cognati (quello dell’albergo, insomma), impietosito nel vedere tutte queste cose andare a scatafascio, ha acconsentito a farmi usare una sua rimessa. Ci teneva le barche che smontava (sua grande passione: amici gli portavano le barche che smettevano, nel caso ne comprassero di nuove, e lui si dilettava a smontarle pezzo pezzo, catalogando i vari componenti); ma ha detto che è troppo vecchio e impegnato ormai per dedicarcisi compiutamente. Quindi, signore e signori, ho il primo fondo. Adesso lo riempirò di cacche! Resta da vedere dove butterò le carcasse delle navi di mio cognato…
già, infine... il nome, il nome… “Alla faccia dello zoppo – Scherzi Vari”, andrebbe bene? Come logo, uno zoppo malfermo che si gratta spasmodicamente (polverina!), mentre con la gamba buona sta per pestare una cacca finta. E non la vede, né la vedrà! Mai. Ahahah!
Velenosa vendetta.

novembre 23, 2005

IX.
Mio dio mio dio, in che impresa mi sono imbarcato? Le complicazioni stanno spuntando come funghi su un terreno pieno di castagni in una settimana d’autunno: adesso è spuntato fuori il misterioso Albo degli Scherzi di Carnevale (AL.S.CAR), presso cui ogni gestore di negozi deve essere rigidamente registrato. Ecco come funziona, me l’hanno spiegato gli organi competenti: dopo la registrazione, per la quale è necessario pagare e compilare molti moduli, tra cui il famigerato P-37/bis appunto, il nuovo affiliato riceve un tesserino magnetico viola verde e rosa (oggettino assai fine, e vieppiù decorativo), e un blocco di moduli, il 34/a. Quest’ultimo dovrà mensilmente esser compilato dal gestore, con tutti i dati all’uopo occorrenti: quantità di scherzi venduti (il 34/a è cumulativo, e vale per tutti gli scherzi; in altre parole, non esiste più un modulo diverso per ciascuna categoria – 34/a per le cacche, 34/b per le maschere di gomma, eccetera), orari di punta nell’affluenza della clientela, e addirittura suggerimenti da parte del venditore circa possibili migliorie agli scherzi già esistenti (non più però di un suggerimento per modulo – sono molto severi al riguardo, pare). Il giorno 4 di ogni mese, il 34/a dovrà essere tassativamente consegnato presso l’Ufficio Suggerimenti Scherzi di Carnevale (U.S.S.C.), il quale ha carattere regionale. Possono però accedervi solo i gestori di negozi di scherzi di carnevale, tramite la presentazione di un documento di identità e la solenne ostensione del tesserino magnetico viola-verde-rosa, che sarà strisciato e conservato dall’incaricato di turno, il quale lo riconsegnerà poi nel momento in cui il venditore lascerà l’edificio, onde evitare possibili smarrimenti e complicazioni generiche. Le posizioni nell’ALSCAR – c’è anche una graduatoria, con tanto di punti – variano ovviamente in base al numero di scherzi venduti, ma soprattutto in base alla percentuale di suggerimenti e migliorie accettate. Si narra di tale Manlio Proaskinevic (di padre presumibilmente Croato, ma non è certo se questo sia il suo vero nome o un nome d’arte) come di colui che sta al vertice assoluto, in quanto inventore vero e proprio delle cacche finte e di molti altri scherzi. Pare che abbia 259 punti, e che adesso si sia ritirato dall’attività, per condurre una tranquilla ed agiatissima vita di allevatore di trote fario in un ameno ma misterioso sito delle Highlands scozzesi. Voci di corridoio però sostengono che ogni trimestre egli dia sue notizie, inviando all’USSC (solo a lui è permesso l’invio; tutti gli altri sono tenuti a consegnare i moduli di persona, cosa che spiega peraltro come mai tutti i negozi di scherzi di carnevale italiani siano chiusi, il 4 di ogni mese) uno o addirittura due 34/a compilati solo nella parte dei suggerimenti. Esistono – li ho visti io, personalmente – anche gestori di negozi che hanno incorniciato ed attaccato la sua foto, nel retrobottega o comunque nel magazzino.
Io, al momento, cominciando ex-novo l’attività, avrei 10 punti, gentile omaggio dell’USSC.
Devo procurarmi subito una foto di Manlio Proaskinevic, e iniziare la scalata.
In fondo mi chiamo Manlio anch’io. Destino?


novembre 22, 2005

VIII.
Dura lex, insana lex! L’ufficio registrazione marchi respinge la mia idea. “Il marchio non può contenere al suo interno un’indicazione fallace o comunque fuorviante per il consumatore”: così si è espresso l’addetto a cui ho fatto visita stamani. Spero sinceramente si ammali. Ho provato a spiegare che, essendo un negozio di scherzi, esso dovrebbe godere di una sua libertà, di una sua possibilità di muoversi agilmente all’interno delle leggi. Mi hanno solo risposto che se io scrivo Alimentari Marina sull’insegna, poi è reato se i clienti all’interno non trovano pane, uova, farina, pasta e così via. Decisamente, non hanno nessun senso dell’umorismo. Anzi, hanno pure minacciato di chiamare la sorveglianza se non la smettevo di importunarli col mio pitone di gomma – ma insomma, cercavo solo di fare allegria.
Così non ho avuto tempo nemmeno per proporgli la mia seconda idea, quella del “Visone Merdoso”. Ragionevolmente, credo però che non avrebbero apprezzato nemmeno quella. Tristezza.

novembre 21, 2005

VII.
Siamo alla resa dei conti. Questa mattina, foglio bianco e penna alla mano, ho messo su carta gli ultimi nomi possibili. Dopo aver scartato tutto il resto, mi era rimasta questa idea, almeno per il logo che avrebbe dovuto esser visibile sulle insegne della mia futura catena di negozi: un visone stilizzato (da realizzare il progetto, eventualmente poteva anche andar bene un castoro, animale assai giocoso quando non già è arrabbiato per fatti suoi d’altra parte ci sta anche, mica si può essere sempre allegri – esclusi invece il bue muschiato, troppo bolso, e il celacantide, troppo estinto), con accanto qualcosa che definisca la specializzazione del singolo negozio. Ecco allora “il Visone Merdoso”; “il Visone Barbuto”; “il Visone Che Dà La Scossa”, ecc ecc. (da decidere se l’animaletto disegnato avrebbe dovuto portare i segni del nome anche nell’immagine). Avevo anche già pensato di contattare qualche zotico imbrattatele che mi debba quantomeno la fama, quando… PEM! L’illuminazione! È o non è un (o più) negozio di scherzi di carnevale? E allora sull’insegna scriverò Alimentari Marina. La gente entrerà, per comprare il pane azzimo, o un barattolo di capperi d’Antiochia, o due etti di prosciutto di Mangusta tagliato fine e… SCHERZONE!!! Rideremo tantissimo, e poi, da lì a comprarmi qualcosa, il passo sarà certo breve. E ogni negozio avrà un nome diverso: quello di barbe finte si chiamerà Latteria da Mauro, quello di scherzi generici Fotografia Marraccini, e via così. Mio dio, son proprio un genio. Compiacimento, a profusione
.

novembre 19, 2005

VI.
Lavorando al nome del negozio.
Qualcosa di scintillante, un intelligente gioco di parole capace di colpire e far fermare a riflettere un attimo tutti coloro i quali si troveranno a passar di lì. Qualche idea:
Sfavillìo di Frivolezze Sfarfallone (buona idea, allegro e scanzonato. Ideale per un negozio di scherzi di carnevale – e al tempo stesso nessuno penserebbe che là dentro si celi una miriade di cacche finte)
Le allegre cacche di Windsor (no, troppo shakespeariano)
Tabarro Razzimato d'Allezzito (con un barbone ravvolto in una vecchia palandrana schifosa, tutta rattoppata e unta, come marchio. Bellissimo – bellissima immagine, tra l’altro, mi congratulo con me stesso, ché son così pöeta. Magari mi alienerei gli assistenti sociali e la parte cosiddetta benpensante della società, però…)
Ma in realtà non riesco a pensare a nulla che mi accenda veramente. In testa ho solo le feroci reprimende di mia cugina Germana, alle quali si è unito anche mio cognato, il minore dei tre, Olivo Tadini, cuoco presso il Grand Hotel “Olivo & Nepoty & La Pace”, di Castel San Sarago (ridente paesello qui vicino, sempre in provincia di Zorro):
“cosa cazzo c’entrano questi nomi di merda?”, mi ha duramente rampognato ieri.
Non si fa mica così…

novembre 18, 2005

V.
Piccoli progressi. Ho individuato un fondo assai interessante, presso Gianfrusto sul Nerchio. Siamo a pochi minuti dalla città e avrei vicino un bar (ottima cosa per i clienti provati dalla difficile scelta tra tutte le cacche che avrò da offrir loro…) e qualche altro negozio. Luogo commerciale, insomma. Ma la cosa migliore in assoluto è che il padrone del fondo è un’ottima persona: affetto da zoppìa congenita, è disposto a concedermi un forte sconto, dal momento che il sottoscritto aveva una bis-zia sofferente del suo stesso problema. Gliel’ho raccontato pochi minuti dopo il nostro incontro, ed è stata subito intesa. Lui si è mostrato molto sensibile al riguardo, e immediatamente ha abbassato le sue pretese economiche. Con questo forte sconto iniziale, e in più con la congrua deduzione dello scorporo ICI/ILOR/ENIO dal monte tasse 2002 (al netto di aliquota, è chiaro) che posso ottenere a causa della mia tosse bronchiale asmatica e cronica, avrò notevoli vantaggi al momento di trattare coi fornitori. Che sono tradizionalmente assai ostici, nel ramo CACCHE FINTE DI CARNEVALE.
Adesso rimane il problema del nome del negozio, ma qualcosa mi inventerò. Speranza che torna, un fuoco che si riaccende.

novembre 17, 2005

IV. Maledizione. Il modulo P-37/bis è veramente un inferno. Ho passato la notte, fino a poco fa, a cercare di compilarlo, con la testa fra le mani. Vogliono informazioni assurde. Anzitutto non accettano di scindere le cacche finte da cose come le barbe finte di carnevale e le maschere di gomma. Per tacere poi degli scherzi più “spicci”. Ciò è decisamente assurdo: sono cose profondamente diverse, con assai meno implicazioni poetico-elegiache rispetto alle cacche, tanto per dirne una. Impossibile pensare di vendere tutto nello stesso negozio.
(Tra l’altro i miei progetti a lungo termine prevedevano, dopo il felice avvio del negozio di CACCHE FINTE DI CARNEVALE, l’apertura – nella stessa via, ma in altro fondo – di un altro negozio, questo sì specializzato in BARBE FINTE DI CARNEVALE, fino alla nascita di una vera e propria catena, con ciascun punto-vendita incentrato su un particolare tipo di scherzo, e relativa squadra di commessi specializzati e qualificati al servizio del Cliente Esigente – questione solo di fare un passo alla volta: così mi tarpano subito le ali).
Poi vogliono sapere migliaia di altre cose incredibili: quantità prevista di cacche ordinate in un anno, rapporto cacche-altri articoli carnevaleschi, reddito presunto o probabile, stima (anche se “in via del tutto indicativa”) di cacche per cittadino, quantità di mesi in cui il negozio resterà aperto. Ovviamente, questi due ultimi punti sono in diretto contatto fra loro: è chiaro che se la stima rapporto cacche-cittadino sarà alta (poniamo: una cacca ogni quattro cittadini), il comune concederà l’apertura anche ben al di là dei mesi di febbraio-marzo – periodo paradisiaco per antonomasia, per il venditore di cacche finte di carnevale. Solo, come faccio io a saperlo, allo stato di cose attuale? Ah, maledetta burocrazia! Maledetto modulo P-37/bis! State avvelenando il sogno di una vita...

novembre 16, 2005

III.
Ho iniziato le pratiche di rito. Non immaginavo che l’apertura del negozio dei miei sogni comportasse tutto questo. Ho centinaia e centinaia di fogli da compilare, qui con me. L’impiegato del Comune è stato gentile, ma resta un bel garbuglio lo stesso. In particolare mi ha messo in guardia dal famigerato modulo P-37/bis, l’incubo di tutti i gestori di negozi di CACCHE FINTE DI CARNEVALE. E affini, certo. In più, mia cugina continua a denigrare il mio progetto, anche con parole piuttosto pesanti. Anzitutto devo pensare a una sede. Vietato scoraggiarsi.

novembre 15, 2005

II.
Oggi, il giorno successivo al mio licenziamento, il mio capoufficio mi ha detto piuttosto seccamente che non si aspettava li lasciassi così, di punto in bianco. Ovviamente lui non sa niente dei miei progetti, e a me non interessa: tre giorni fa, mentre ero nel parco, su una panchina, un uccello mi ha elargito un regalino fisiologico su una spalla. Io ho ricollegato il tutto all’episodio del matrimonio di qualche mese addietro: circa centocinquanta invitati, tutti sotto un loggiato ad aspettare gli sposi che uscissero dalla chiesa, e un piccione che mi gratifica allo stesso modo. Di tutti – centocinquanta – proprio a me, e sempre sulla stessa spalla, la sinistra. Sì… è destino, e ognuno ha il suo: le CACCHE FINTE DI CARNEVALE sono chiaramente il mio. Ogni cosa spinge in questa direzione. Mai opporsi al destino: questo, lo dice anche il mio capoufficio. No, il mio ex-capoufficio. E mia zia. Mia cugina no, lei mi è diventata curiosamente ostile, da qualche giorno a questa parte.
Felicità.


novembre 14, 2005

I.
Ok, dopo tanto ci siamo. Il passo più grande è stato fatto. Mi sono finalmente licenziato dal mio lavoro di impiegato in un misero ufficio di Gianfrusto sul Nerchio, in provincia di Zorro. E l’ho fatto per mettere in piedi il mio sogno di sempre: aprire un negozio di cacche finte, quelle di carnevale. E affini, certo. È stata dura, ma mentre preparavo la lettera di dimissioni, sofferta quanto si vuole, avevo in mente solo questo. L’ideale. A ognuno il suo. Nel mio caso: CACCHE FINTE DI CARNEVALE. E adesso forza, cominciamo una nuova vita.
Speranza.

novembre 09, 2005

NANO II - detto Tommaso il Varano, poi Tommaso l'Uzbeko

Signori & signori (sì, proprio signori & signori). A voi v'importerà pure un cazzo, ma io oggi (no, cioè, ieri, ma tanto sapete una sega voi) son diventato zio. E' nato un altro nEpote (ovvio, se era nato mio fratello ero diventato fratello, se m'era nato un cognato forse vivevamo in India - ahahahaah questa la capirete dopo un po', del resto non avrete certo capito neanche l'altra volta - ma che sto a spiegare a voi...) che detto per la cronaca è un coso pieno di capelli, e più rosso di quell'altro. C'ha pure le unghie lunghe. Ragion per cui, quest'oggi mi armerò di forbici e... no, cioè, volevo dire... ragion per cui... ragion per cui che? Niente: è nato il nEpote, punto. Affari privati? Conflitto d'interessi? Raccomandazioni? Concussione & Malcostume (mezzo gaudio - ahahahahah)? NO VOGLIO DIRE, VISTO CHE IL SITO E' MIO CI SCRIVERO' CHE CAZZO MI PARE NO? EH? EH? O DITE UN PO'... QUALCOSA IN CONTRARIO?! VENGO LI' E VI PRENDO A CALCI NEI MARRONI, BRUTTI STRONZI DEL CAZZO & DELLA MERDA, COSI' TANTO PER FARE DELLA VOLGARITA' GRATUITA. NO INSOMMA; VI ROMPO I COGLIONI, IO? EH? EH?! MA ANDATE IN CULO!

(stop all'amaro sfogo) insomma, volevo dire, è nato mio nipote e si chiama Tommaso (o anche Catiuscia, ora non ricordo bene) 

N.B. L'annuncio è stato espletato negli stessi modi e termini di quell'altro, per non creare favoritismi e graduatorie. Che poi si sa, i bambini queste cose le sentono e, un domani, quando domineranno il mondo, se le ricordano e ti vengono a rompere i coglioni, molestandoti cor uno steccolo intriso di nafta, sputandoti una zangola di bucce di lupini, o facendoti bombardare dalla propria flotta privata.

novembre 02, 2005

Che si deve fare per edurvi, stronzoni? Affinché vi dirozziate, v'accresciate, vi risolleviate dall'abbruttimento vostro, e Maria de Filippi o Vittorio Sgarbi o Jovanotti non vi paian più una coppia di notabili dell'umano consesso? Eh, testine di minchia? E magari capiate anche chi è che vi comanda e di chi son le responsabilità se quello è là? Perché siete così idioti?
Poiché sennò non ascoltate, si metterà in pratica la lezione del Tasso, dalla Gerusalemme Liberata. E adunque: queste parole, le prime, le ha dette Loredana Lecciso, da Michele Cucuzza, riguardo alla sua (ahimè, purtroppo!) separazione definitiva con AlBano; le seconde, invece, costituiscono l'apoftegma con cui Cristina Parodi è adusa chiudere ogni puntata di "Verissimo"
Le citazioni sono VOLUTAMENTE in inglese anche perché il nostro PdC lo raccomanda: Internet, Inglese, Impresa. Poiché qui siamo su Internet, ecco che ho adempiuto a 2 su 3 dei compiti di cui Egli m'ha ieraticamente investito. Per il terzo mi basta aggiungere: andate a imprendervelo nel culo, tutti quanti siete (lui per primo), così imparate. Ed ecco che - magia delle magie - allo scopo mi giungo.


I.
And now I know that we must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one’s life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire –
It is a boat longing for the sea and yea afraid.


II. 
Act well your part, there all the honor lies