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dicembre 24, 2009

NATALE A STRISCE, TUTTO VERDE E BLU (MA QUANTO SON POËTA). BABBO NATALE RICOPERTO. MA QUANTA NEVE - GUARDA LÌ: UNO, DUE, TRE FIOCCHI. PREM PREM PREM. HO UN AMICO CHE È LAUREATO IN CLARINETTO SAI? SÌ, SÌ (POESIA FUTURISTA)

Ci pensavo qualche giorno fa, spinto da cose così, situazioni contingenti, momenti, un po' l'aver preso spunto da quel che scriveva un amico, un po' dalla vita in generale e da chi incontri, un po' dall'umore del momento: dovessi definire che anno è stato questo, o comunque ripensare agli anni trascorsi in termini di positivo/negativo, io non saprei proprio che dire...

è stato un anno come gli altri, con un fondo di malinconia e di senso di quel che non è stato, di quello che (forse magari chissà) avrebbe potuto essere se – ma insomma non sarà così per tutti? Alla fine siamo tutti uguali, e ognuno ha speranze, progetti, idee. Chi più, chi meno, ma è una cosa che dovrebbe appartenerci come persone.
Forse, se mi guardo indietro riesco effettivamente a rivedere due begli anni, magari per ragioni diverse, e mi chiedo se siano stati tali veramente o se sto isolando soltanto dei ricordi un po' più forti e con quelli oscuro felicemente tutto il resto – è così banale che non vale la pena nemmeno di notarlo, quanto un singolo anno sia un insieme di cose positive e negative, un susseguirsi di eventi che vuoi e che non vuoi, che non dipendono da te e che dipendono da te in una piccola misura. Una periodizzazione fatta così, per ragioni di praticità e calendario, ma che in realtà non racchiude né delimita niente di preciso, perché certo non si cambia a scadenze regolari, o si vive tutto il bello e tutto il brutto in contenitori preconfezionati e sempre uguali.
Forse, ancora, posso dire di avere dei ricordi da tenermi stretto per il 2001, per il 2004, magari anche per parte del 2003 e del 1998. Il 2007, anche, che è stato più che altro un anno di bella fatica. O comunque sia questo è quanto i miei ricordi hanno sistemato, a posteriori. E prima ancora? Di prima non ricordo più nulla, come entità nel suo complesso, come periodo che parte da un giorno e arriva a un altro e via così. Ricordo – quello sì – bei momenti, momenti imbarazzanti, momenti grigi e momenti di solitudine (a volte felicissima, a volte tetra); forse un senso di energica speranza in più, qualcosa che mancava ma che al tempo stesso mi faceva trovare energie nascoste, giusto per essere cercato – una sorta di tensione verso, quella che qualcun altro potrebbe definire anche libido, magari, ma forse sarebbe riduttivo.
Ricordo bei viaggi, molti, momenti sparsi, libri teatro e cinema e mostre, pochi amici, gli studi e i giorni in cui scrivevo la tesi, i miei nipoti che sono nati, l'incontro con mia moglie. Ricordo cose che non avrei dovuto fare, e mille altre che avrei dovuto far meglio, o diversamente. Più di tutto, mi rendo conto che spesso sto pensando a cose che sono successe un tempo, valutando come sarebbero successe se l'avessi affrontate come sono adesso. E ogni volta mi rendo conto che l'avrei affrontate meglio, e avrei sempre risolto tutto (son drago, sì). Il che è una specie di tortura con (dubbia) garanzia: perché quelle cose non – troppo facile sarebbe! – si possono riaffrontare, e rimangon come furono; però da come ne uscirei capisco... cosa? Che sono migliorato? Che è una gran fregatura? Che un conto è vivere e un altro ri-vivere? E quindi gongolo o mi vien rabbia, tanto son stupido.
Capisco lucidamente che molto tempo fa una scelta sbagliata sta ancora determinando e appesantendo la mia vita, tirandomi sott'acqua come il Gordon Lachanche di Stand by me; d'altra parte, avessi fatto ieri quella scelta che oggi mi pare la più giusta, forse ora sarei messo pure peggio. Chi lo sa.
Qualsiasi cosa è determinata da una buona parte di caso e  ambiente esterno. Basta che il vento soffi un attimo di più e tutto salta. In un certo senso, potrebbe meglio illustrare quel che penso questa breve storiella: da un paesino della Sicilia che si chiama San Fratello, agli inizi del - lo voglio dire, rende tutto così libresco... - secolo scorso partì emigrante e presumibilmente disperato, il fratello di mio nonno. Lui non fece fortuna, a quel che ho potuto apprendere (avremmo libri di storia sotto gli occhi, se solo volessimo, ma spesso siamo ciechi, riguardo a quel che ci è vicino), ma i figli sono americani, e vivono a New York. Mi piace pensare che suo fratello sia stato indeciso fino all'ultimo, e alla fine abbia deciso di entrare nel corpo dei carabinieri, vivere situazioni ed eventi di cui - ahimè! - nulla, proprio nulla so, e venire finalmente trasferito in Toscana. E se fosse partito anche lui? Sarei nato americano, avrei avuto mille e mille possibilità, scriverei forse sul New Yorker? Mi sarei perso in un sobborgo e in una gang? Avrei fatto la fame e mi sarei tagliato un dito in una catena di montaggio e mi sarebbe andata in cancrena la mano perché non avevo i soldi per la copertura assicurativa?
Chi lo sa.
Che anno è stato? Chi lo sa. Alla fine, mi rendo conto che ho tutt'altro che poco. La rovina è forse voler sempre di più, non accontentarsi; non già (almeno nel mio caso) nei termini di una cupidigia materiale o pecuniaria: la rovina (o la fortuna) è nella nostra immaginazione. Ma almeno ho capito il passato. Forse magari mi aiuterà ad affrontare il futuro.
Quanti forse...

dicembre 23, 2009

BUON NATALE. BUON NATALE UN CAZZO.
E venne il giorno della festa.
Sul serio, mai ho sopportato l'idea delle cene natalizie di lavoro. O delle cene di lavoro natalizie. O delle cene di lavoro. Mal sopporto anche le cene natalizie: son difficile, lo so. Comunque sia: stavolta ho perso, e in un modo o nell'altro son dovuto passare al lato oscuro della forza. Non solo, son dovuto pure andarci accompagnato. Ci son mille attenuanti (son bravissimo a trovarmele, le attenuanti, io!) e quase altrettanti scuse, ma il fatto resta nella sua interezza: una cena di lavoro, a Natale. Niente di meno. E allora ti trovi a un tavolo, compìto quanto basta – che è certo sempre meglio di sbracato a tutti i costi nell'ebbrezza avvinazzata; un po' meno tristezza la fa – a condividere momenti ed opinioni, oltre le canoniche otto ore che ogni giorno ti appesantiscono alla morte le giornate. E al di sopra dell'odio per questo tipo di vita che ti infiamma e ti guasta quel poco che ne resta.
Ma hai visto questa cosa? Hai letto quest'altra? Io una volta ho fatto questo; io quest'altro. E via così, con condivisione d'umane miserie e vissuti che in niente avrebbero a incrociarsi e in effetti non lo fanno, dissolvendosi veloce nella complicità forzata d'una sera, in cui come per magia ci dovremmo settare un ideale AMICIZIA MODE su ON e andar felici e cordiali a raccontare ed ascoltare, far battute ed interessarsi di figlioli altrui, preoccupazioni di futuro e ricordi di vacanze.
Che gran puttanata che sa essere la vita!

Poi il giorno dopo capita che nevichi, fai tardi al lavoro e l'ON ad AMICIZIA MODE è stato sostituito dal consueto rapporto patronale (CAPO CHINO MODE: ON) - tu schiavo lui signore, fammi questo fammi quello, e com'è possibile questa cosa e come mai hai fatto quest'altra, e questo non va bene e questo men che mai.
Questo stesso tizio, la sera prima, brindava e faceva l'allegrone con te e quanto hai di più caro.
E buon natale. Buon natale un cazzo, caro mio.
Non funziona così, no, checcazzo.

dicembre 17, 2009

MAÎTRE À PENSER MODERNO

Mi chiedevo: ma il Partito Umanista, chi candida alle elezioni? 

Poliziano? Il Valla? 

Ahahahahahahahaha.

No, così. Per dire, eh?

dicembre 16, 2009

SILENZIO DESTINATO A SCOMPARIRE A BREVE, SILENZIO MESSO A FRUTTO (SI FA PER DIRE, O: BEATO CHI S'ACCONTENTA DI POCO)

Accetta tutto ciò che ti accade con leggerezza.

Accetta con leggerezza anche quando ti accade di non riuscire ad accettare tutto ciò che ti accade con leggerezza.
Questo è quanto, forse.
E nessuno dice che possa essere facile.
A volte mi capita di ripensare a quella che è stata fin qui la mia storia, ed ogni volta la trovo così strana, piena di errori ed occasioni che non ho colto, e che più o meno regolarmente si sono ripresentate. Nascoste, seminascoste, misteriose, evidenti. E io che continuavo a non coglierle, a non capirle. Di molte cose che mi sono successe o che ho fatto provo una forte vergogna; di altre, fastidio. In realtà c'è una mistura di caso e di niente-che-accade-per-caso che è quantomeno affascinante, specie quando ti sembra che la vita ti stia prendendo per il culo. Perché questo lo fa spesso, la vita, sì.. Non hai nemmeno modo di sapere dove ti porta: quantomeno, non puoi dirigerla. Al limite, assecondarla – magari cogliendo quelle occasioni che ti presenta, per migliorarti, almeno farti fare una parte di quello che vorresti. Perché forse se desideri tanto una cosa, alla fine si avvera. O forse non del tutto, ma almeno un po'. Se la assecondi.
Dovrei metter molte meno parentesi o incidentali, in quello che scrivo. La forza delle cose è nella loro semplicità.
Si può ragionevolmente comprendere come i momenti in cui una persona cambia maggiormente siano quando inizia una storia con un'altra (quando trova un ragazzo/a, si fidanza o comunque si sposa, fate un po' voi), quando comincia a lavorare (e comincia ad avere un rapporto di tipo continuativo coi soldi e/o con una realtà lavorativa), quando ha un figlio. Il che ci riporta al fatto che fondamentalmente la nostra visione del mondo è subordinata o comunque fortemente vincolata ad un altro soggetto (o più). Il che dunque ci potrebbe far dire che un sacco di fattori concorrono a che non si sia mai noi stessi, o che comunque facciano di tutto per trasformarci/nasconderci. Il che, infine, ci costringe a concludere come siamo esseri malatamente sociali.
Ci sono veramente tantissime cose che non so, tantissime riguardo al quale sono confuso, ancor di più di cui non capisco un cazzo. È proprio una vita piccina...

Ecco, io ad esempio, la gente proprio non la capisco.

dicembre 15, 2009

NUOVE CONSIDERAZIONI SPARSE IN OMOGENEO DISORDINE (SEMPRE DETTATE DA QUEL VERO E PROPRIO DONO INCOMPRESO CHE È IL SILENZIO, SOMMO MEDICAMENTO DELL'ANIMO UMANO - ALMENO DI QUALCHE ANIMO UMANO)

Quando anche i tuoi sogni notturni cominciano ad avere il colore e l'andamento del resto del giorno, capisci che è l'ora – in un qualsivoglia modo – di dire basta.
Uno dei regali migliori che in un modo o nell'altro mi sono fatto negli ultimi anni è stato leggere Calvin & Hobbes, di Bill Watterson. Il fuoco del mio (piccolo, mezzo) secolo – la ruota fu C. M. Schultz, e scoprii prima questa che quello, in realtà: d'altra parte, è anche vero che potrei senza dubbio definirmi un cavernicolo con grossi problemi – una specie di terapia. Ringrazio davvero chi (perché non è stata una scoperta, non son più buono nemmen per questo) mi ci ha fatto arrivare, dovunque adesso sia, tipo in Cina, Yemen, Pioltone di Zambrate (MU) o chissà che.

A questo proposito, sempre la stessa persona mi diceva sempre che certamente dovrei sforzarmi di scrivere una pagina al giorno, fosse anche di assolute idiozie. Cazzo, lo vedi, lo vedi? Lo sto facendo. Non sarà granché, ma non mi pare il caso di star qui a cavillare. No?
Ad eccezione di un ristrettissimo numero di persone, al riguardo di me-nel-mondo ho sempre questa strana ma fondata sensazione: io parlo e nessuno mi ascolta. In una qualunque conversazione al di fuori di quel ristretto numero (quanto apprezzo quel ristretto numero!), quello che dico passa letteralmente attraverso l'altro/a, che continua a parlare ed andar sopra a quel che dico. Se anche ho iniziato qualcosa, non so finire quel che sto dicendo, perché lui/lei riparte liberamente. Se nel suo discorso c'è una pausa, provo ad inserirmi, e di solito non riesco e sfumo nel silenzio quel che ho iniziato a dire.
È imbarazzante? Forse all'inizio, poi ci si fa l'abitudine. Né m'interessa granché. È un po' come sentirsi fuori posto.
È
per questo che, quando posso e mi riesce, scrivo. Forse.
Quando uno legge quel che ho scritto, io solitamente non vedo. E se non sta attento a quel che legge e non capisce, uno, cazzi suoi; due, non si perde granché; tre, non ho modo di restarci male.

La stessa cosa, tra l'altro, mi succede spesso dovendo interagire in qualche modo con la gente, camminando, a giro, in coda da qualche parte. A volte mi sembra di essere invisibile.
Il tentato pseudo-attentato (?) – un tizio che si avvicina nella folla e ti lancia una statuetta sul viso; una tipologia di attentato perfettamente adeguata a ciò che questo paese è – al nostro caro premier purtroppo sarà qualcosa che si ritorcerà contro a un sacco di gente. Non già e non solo per come questo atto sarà tirato in ogni direzione e sventolato da un punto di vista morale (il nostro caro premier è tanto buono e ama tutti, e non si capisce perché qualcuno possa volergli nuocere – paternalismo da uomo-forte di stampo sudamericano); ma perché ciò farà esattamente il gioco di chi sta cercando di esasperare sempre più il clima da contrapposizione e scontro nei confronti del diverso, in vista di una sua totale messa al bando perché – colpa di quest'ultimo, certo, e cose del genere ne danno ovviamente la misura – sempre più pericoloso e perciò da isolare, foss'anche combattendo (germe di totalitarismo di stampo più occidentale, seppur temperato da quella che pretenderebbe di essere la moderna società civile, basata su economia di mercato, progresso e democrazia). In altre parole, un episodio come questo si rivela perfettamente funzionale a strategia che miri, in nome di una sicurezza nazionale, di tutti i cittadini (per una malriuscita equivalenza, la sicurezza – e magari anche la privacy – del premier, è sempre la sicurezza e la privacy e perfino l'ingiudicabilità di tutti, purché questo tutti sia un'entità modellata come pare a noi – una democrazia di chi ci piace, e morte a tutti gli altri, ché son malvagi e pericolosi) a scavare un fossato, condannare chi sta di là, combatterlo, infine (magari), metter fuori legge ciò che ci pare pericoloso, diverso da noi e quindi iniquo, sbagliato, dannoso. Per chi? Ma per tutti, ovviamente; in nome degli interessi di tutti.
Non attendono altro, fate attenzione: e ricordate che non è saggio dar loro anche soltanto un pretesto. per far apparire necessario un giro di vite. Il gesto di un tizio che si avvicina nella folla (complimenti al servizio d'ordine) e ti lancia una statuetta sul viso è già la conseguenza diretta e voluta di una regia occulta, un progetto preciso e senza scrupoli, che per tutti vuole il male. Che succederà, adesso?
Serriamo le file contro il maligno, italiche genti. E alle 15.00 c'è Amici, c'è la sfida tra Gimpy il cantante e Agranzia la ballerina.  O per chi non gli piace, alle 20.00 Striscia la notizia, così si ride e si vede la velina nuova che mostra il culo. Efforzaitaliaaaaaaa.

dicembre 10, 2009

I RICORDI 

Mi ricordo, sì mi ricordo, di un tizio che si chiamava Paco.
Uno, un tizio che si chiama Paco se lo immagina col sombrero a mangiar tortillas seduto in terra fuori da una posada. E 'nvece.
E invece era un tizio segaligno e i piedi lunghi, nato probabilmente a Vìzzero Banzarate, con la testa appuntita tipo figura di Modigliani ma più brutta (ovvio), gli occhi come sgradevoli fessure e il kefiah. Sempre sfatto dalle canne e da chissà che altra roba che prendeva.

Alla visita militare c'andò in autostop; quaranta chilometri ripartiti su più macchine, con uno zainaccio pieno di roba dalla dubbia utilità in caserma. Difatti gli fu immediatamente sequestrato, e lui fu zombato ben bene, con tutta probabilità dal serg. Lillo Patacca e dal ten. Nicotra LoSapevo.
Al rito delle impronte digitali rifiutò poi di pulirsi il dito, perché – disse – a lui piaceva stare sporco.

Ora: è vero che questa insulsa rubrichetta finisce sempre per precipitare verso la morte o qualcosa di parimenti rovinoso, ma - in questo caso - che diavolo posso farci, io? Volete voi che un personaggio così non sia morto & sepolto?
E invece è amministratore delegato del CTP, Centro Tegole in Polistirolo (ditta che non lavora granché, invero).
Alle volte - lo dico sempre, lo so - la vita!

dicembre 03, 2009


FAVOLOSA GYTA (O GYTARELLA) IN-MERSI NELLA NATURA PIÙ SILVESTRE ED ATRA. CON POCHISSIMI DISAGI, E ANCOR MENO DISPERSI (FORSE). UN SOLO CASO D'INCENDIO DOLOSO SEGNALATO, SUL PULLMAN (AL CHILOMETRO QUARANTATRÉ)

Partecipa anche tu – meglio se numeroso – e godi appieno della maravigliosa occasione che ti si para inaspettata d'innanzi e te che faresti allora vorresti scansarti? O imbecille, resta lì sereno e prendila pieno, cogliendo il fiore che ti sboccia dinanzi a quel nasone assiro da babbaleo che ti ritrovi! Credi forse che simili casi fortunati crescan sugli alberi? Eh? No, dico; eh? Credi che le persone ammodo vadano in giro dando al primo gamellone che incontrano simili possibilità? Razza di ingrato, ti ci vorrebbe ma di fare un po' di fame. Tsé, la gente.

Questo è l'INTINERARIO veritiero e già confermato, vai sicuro e porta nove
.
Motto della gita sarà: "Attaccati al cazzo. Vedrai conviene"


ore 6.10 (o anche 7.48): ritrovo allegri allegri presso la piazzola d'emergenza dell'OTOSTRADA O-11 altezza del viadotto sul Torrente Inganno, dopo il cavalcavia Malaventre. Le macchine dei convenuti poi restano lì mi pare ovvio anche perché si va tutti insieme su uno/due pullman (se uno, pullman; se due, pulmi – ma che ve lo declino a fare, a voialtri, il plurale latino) della SITA, condotti dai fratelli Topo Sulmona (Topo è il nome, son gemelli). Saluto al sole, come ai bei tempi del fascio e via veloci. Chi non c'è, s'attacca al cazzo, noialtri non siam gente che s'aspetta, ma si tyra dritto. Sempre.

Ore 7.59: i partecipanti e i convenuti in genere scoprono con gioja che sopra un veicolo l'animazione è tenuta da Padre Poiana e, sull'altro, da Suora Mobile. Ormai è tardi e le porte son sigillate col Saratoga, quindi chi poteva preferire Suora Mobile o viceversa può ancora una volta attaccarsi al cazzo. Inizio dei convenevoli e dei diversivi per far apparire men duro il viaggio, con canti della guerra di Libia e giaculatorie a favore di S. Zanobi da Strada, il povero santo che fu stiacciato dalla SITA mentre predicava ai coni segnaletici e per questo siam sempre forzati a nominarlo quando si monta su un veicolo di codesta spett. ditta. Proprio in virtù di un malcelato quanto sacrosanto senso di colpa, i due fratelli Topo si commuovono, e piangendo laGrime copiose vanno a tamponarsi l'un l'altro, costringendo il gruppo ad una sosta forzata per un simpatico cambio gomme e sostituzione dell'albero motore

ore 12.14: dopo il tempestivo soccorso dell'ACI, che conclude il suo sopralluogo dicendo a tutti di attaccarsi una volta di più al cazzo, i partecipanti sono comodamente stipati sul pullman meno danneggiato tra i due, mentre l'altro è dato alle fiamme e gettato dal cavalcavia sul fossato Daitarn per meglio nascondere eventuali prove. Canti a San Giobatta, San Gaspare Minoritario ed inni della resistenza repubblichina a gò-gò. Padre Poiana comincia a spargere coriandoli sugli astanti, in festa.

Ore 12.16: Padre Poiana viene abbandonato in prossimità della galleria Renitenza, e il comando supremo è assunto da Suora Mobile, che decide d'imperio di andare a visitare il Monte Pipone, così noto per l'instabilità del suo clima. Alle proteste dei partecipanti la giuocosa suorina risponde pia che s'abbiano tutti quanti ad attaccare al cazzo, ora che Padre Poiana è morto il comando si faceva che lo prendeva lei, del resto c'era anche scritto sullo statuto quindi per me potete tutti trasformarvi in cani da zibetto.

Ore 14.02: eventuale sosta per ripulir dai rimessaggi dei presenti, sconvolti dai tornanti e dalla guida sportiva dei fratelli Topo, i quali alle rimostranze del gruppo rispondono in coro che s'abbian tutti quanti ad attaccare al cazzo, non c'è tempo da perdere, nella vita, vi ci vorrebbe un po' di guerra. Ripartenza allegri allegri.

Ore 15.51: arrivo alle minacciose pendici del monte Pipone, il massiccio dove la fauna locale è stranamente ostile & bizzarra. I convenuti vengono fatti scendere a forza e condotti presso la locale guida Mallio, la quale (pur essendo Mallio nome da uomo, il nome guida è femminile, onde il dilemma grammaticale sì abilmente risolto) condurrà il gruppo alla visita delle seguenti attrazioni:
- casa natale del Petrarca ad Arquà (in realtà casa di su' cognato a Falterona Val di Zeppa, alle falde del summentovato monte);
- Monumento agli eroici lavoratori della merda (a rinvedire i fasti della INDIM – Industria per l'Impastamento della Merda – già settore trainante della cittadina di Spruzzo, oggi ingiustamente messo fuorilegge dalle ineffabili norme igieniche odierne);
- escursione (obbligatoria) per impervî sentieri boschivi, con la possibilità o la quasi certezza d'essere attaccati dai locali lupi, bestie ferocissime ma molto aggressive che d'istinto dispregiano chiunque osi avventurarsi presso i loro luoghi, specialmente ora che sono in cova (?) tra i fiori (che come ben si sa, ci parlano, e noi duri).
Il tutto (per i sopravvissuti) con severissima interrogazione finale, seguendo l'antico adagio pedagogico chi non sa s'attacchi al cazzo.
Suora Mobile si commuove alle domande che nostalgicamente ricordano il povero GianGaleazzo Ciano, eroe di Crimea.

Ore 18.00: ripartenza con sosta obbligata all'autogrill “ERNIA”, ove chi vuole (tutti, e non è vero che la ditta c'abbia la percentuale) può (deve) consumare un agile pasto a base di:
Orso alla zingara
Cavilli del notaro in fiamme
Dolcino di macerie & pan di spagna mantecato alla demidoff (il famoso cuoco che mise a punto la cottura per combustione spontanea nella merda)
il tutto innaffiato con dell'ottima aranciata sanguinella dello zio Nerbo, che ci sta sempre bene.
Prezzo € 28,55 (IVA a parte, aliquota simpaticamente a sorpresa). A chi non stesse bene, può comodamente attaccarsi al cazzo e portar nove.
L'ostensione dello scontrino pria di poter risalire sul pullman è soltanto per scopi puramente statistici (chi non ce l'ha resta lì ad ingrassare i vermi).

Ore 20.45: fine INTINERARIO e rientro allegri allegri presso la piazzola d'emergenza dell'OTOSTRADA O-11 altezza del viadotto sul Torrente Inganno, proprio in tempo per il posticipo serale Bombacci FC-Cozzolino sul Caimano, ovviamente a casa vostra e a vostre spese. Qualora parte dei veicoli non fosse presente (o in condizioni diverse da come questi erano stati lasciati), codesta spett. ditta dichiara di non aver responsabilità alcuna e di non voler assolutamente sentir parlare di rimborsi, cause, od altre amenità, ma anzi, v'avete tutti quanti ad attaccare al cazzo.

dicembre 02, 2009

CONSIDERAZIONI SPARSE (DETTATE DALL'APPREZZAMENTO DEL SILENZIO E DELLA TRANQUILLITÀ - OVVERO: GODI FINCHÉ PUOI, DISSE LA CICALA)

Vorrei esser nato americano solo per dire che ero connazionale di Carver e John Steinbeck.

A proposito di Steinbeck, credo che Furore sia uno dei libri più belli che siano mai stati scritti.

Quando dico che i più grandi scrittori di oggi sono scrittori americani, non intendo dire in senso assoluto. Semplicemente, gli Stati Uniti sono per il XX secolo quello che la Francia è stata per il XIX. E la comprensione del proprio tempo è maggiore, più profonda e completa presso un individuo che vive esattamente nella realtà che – appunto – tale tempo rappresenta.
Essere qualcosa come il centro del mondo, per tutta una serie di motivi, porta con sé tutta una serie di conseguenze e situazioni, non ultimo un maggior numero di idee contraddizioni e forze centrifughe, che è dire anche di istinti e vitalità, siano essi contro o inseriti.
Il Novecento è stato la luce che all'alba si rifletteva sulle skyline; è l'energia che veniva prodotta (oggi: importata – ma poco cambia, da questo punto di vista) e sprecata; è tutta quella congerie di persone che si rende massa in nome del progresso; la Società che esiste per perpetuarsi in un moto continuo assolutamente fine a se stesso, destinato a degenerarla – cosa che sta appunto avvenendo per il XXI secolo e che ci porta a notare come tutto sia valido ancora allo stesso modo, ma con in più il fascino dell'essere in piena decadenza, un ombelico del mondo che ormai è ventre molle, vendutosi ai terzi e ai quarti perché ormai son solo i soldi ciò che fa forza. Ma spesso è nella decadenza che molte cose luccicano di più, e l'arte non tiene certo dietro al predominio economico.
Questo è il mondo dell'oggi e dell'immediato ieri: e chi meglio di uno scrittore americano, che quel mondo concretamente vive nel quotidiano, può comprenderlo e illustrarcelo? Flaubert sta all'Ottocento occidentale come Cormac McCarthy sta al Novecento, occidentale e non.
Perché tutto il mondo è paese ormai, e gli stipendi irragionevolmente gonfiati di altisonanti top-manager contribuiscono a far sì che dall'altra parte del mondo un poveraccio qualunque indirettamente aderisca ad un'organizzazione terroristica e cerchi di far saltare qualcun altro. Viva la globalizzazione. 

Mi sono accorto che nel pezzo qui sopra, ci sono due indirette citazioni cinematografiche. Si pensi, alle volte, la vita. 

Mastella & co.: Il fatto che ancora oggi il trasformismo sia un costume così diffuso e "scontato", a livello politico, dà la piena misura di quanto poco questo paese si sia evoluto rispetto ai suoi esordi repubblicani. Chi tra noi ricorda Agostino DePretis?

La cronaca nera è la storia del popolo, che se ne bea e si crede pure umano e interessato. Molti ci speculano sopra. 

Secondo uno studio condotto nell'anno 2008 a Strasburgo dall'Istituto Europeo per la Statistica, il 90% delle persone che posseggono un SUV sono stronzi senza perdono, e come tali si meriterebbero d'esser trattati. 

Sarebbe necessario che Giovanni Verga fosse fatto leggere (anche forzatamente) al di fuori della scuola, che tanto in quegli anni i ragazzi non capiscono un cazzo. Quel che intuì riguardo al ciclo dei vinti vale quanto il pensiero dei classicamente più quotati filosofi europei del passato. Senza che questo sminusica i filosofi europei, beninteso.

Penso che appena mi sarà possibile farò un salto all'Università dove mi sono laureato; entrerò (se ancora sarà possibile – o tutto si è così squallidamente trasformato in scuola superiore da non poter nemmeno più entrare per via del controllo dei bidelli?); farò due passi, mi metterò un attimo appoggiato al banco della biblioteca e poi seduto in una sala di lettura.
Dubito però che potrò prenotarmi per il ricevimento affiggendo un foglio alla porta dell'ufficio del professore, scrivendoci “Bozzone” o “Giorgio Chinaglia” o “Pia Fisiotera” e rimaner lì per sghignazzare quando arrivano le solite appiccicone e leggono e non capiscono e si segnano sotto, scocciate perché non son le prime.
O che potrò guardar l'orario delle lezioni affisso in bacheca.
Forse si fa tutto tramite posta elettronica, oggi. O a lezione comunque il professore ti conosce per nome e ride e scherza con te, e poi segna sul registro quando ti ha interrogato.
Ma pace, dopotutto: prenderò un caffè alla macchinetta nell'atrio (sarà possibile solo con un badge?), e magari – se sarò pure sfortunato – ci incontrerò Batacchio, che ai suoi tempi era proprio un bel personaggino, sì. Ma no: anche lui sarà morto, vedrai.
Una buona notizia, o quantomeno: meglio lui che io. Lui e i suoi pantaloni di pelle...

novembre 26, 2009

Nel posto dove mi trovo a dover passare mio malgrado la maggior parte delle mie ore da sveglio, in questi giorni è venuto un programmatore di computer.
Doveva sistemare il portale dell'azienda, una cosa per favorire & incrementare il flusso di denaro verso la medesima, conseguentemente migliorarando il tenore di vita dei titolari, il tutto con l'ausilio di internet e la moderna tecnologia in genere.
Perché bisogna sempre migliorare, ambire e competere, nelle moderne società basate su un'economia di mercato.
È arrivato ed ha piazzato il suo portatile sul tavolo; aveva più o meno la mia età. Ha cominciato a lavorare, con me accanto. Dovevamo guardare insieme alcuni aspetti della cosa, perché sono io quello da cui tutto è passato, in questo caso. L'oscura rotella tra il capoccia e chi materialmente fa.
A me sono tornate in mente cose.
Ripensavo ai primi computer, o almeno a quelli che per me furono i primi computer, in fine anni '80 - diciamo nel periodo post atari e pre amiga, lasciando stare il C=64, che faceva parte d'un altra strada, non la mia. Già: io avevo il C=16 prima e il Plus4 poi (e ok, furono due fallimenti, da un sacco di punti di vista, ma in un modo o nell'altro le strade su cui mi trovavo io non erano mai quelle giuste - perché questa avrebbe dovuto far eccezione? Ma questo è tutt'altro discorso, e come mi disse una tizia che mi lesse il fondo del caffè anni fa io le mie belle porte le trovo quasi sempre chiuse, e dopo aver sbagliato almeno una volta o due la strada, quindi passiamo oltre).
A seguire, mi è venuto in mente l'Istituto Svizzero di Tecnica, che nient'altro sarebbe che una specie di scuola per corrispondenza per imparare un po' a programmare con quello che era il linguaggio di allora: il basic. Coi primi computer, mio padre cominciò a fare questo corso, che prevedeva delle dispense e degli esercizi, con invii reinvii e correzioni, una lezione dopo l'altra. Cominciammo a farlo insieme, e ancora ricordo i grossi pacchi avvolti in carta marrone che il postino ci scaricava sotto il loggiato ogni mese - raccoglitori, dispense, etc. Ricordo anche le correzioni fatte a penna del professore che correggeva i nostri elaborati, che spesso erano stampati con la stampante ad aghi, quella che utilizzava la carta a righe orizzontali grigie e celestine, quella coi buchi ai lati, perché il carrello della stampante potesse farla scorrere.
Più che altro, tutto questo mi ha portato a ricordare una correzione che mio padre mi fece leggere, un po' di tempo dopo che il corso era iniziato: "Ottimo lavoro, ma come mai suo figlio non collabora più?"
Mi chiesi come facesse a saperlo, e pensai che fosse stato lui ad aggiungere la frase, ed ancora oggi tutto quel che mi vien da dire è soltanto che mi dispiace... come sempre, tra l'altro, di un sacco di cose.

Non credo di esser stato granché, in quella occasione, come in altre. A volte sì, ma molte, molte meno.
Poi, il programmatore mi chiese com'è che volevano che venissero emesse le fatture, e io glielo spiegai, dopodiché tornò a lavorare, sul suo portatile extra large.
Io mi stavo dicendo che magari, se avessi dato modo a quel professore (o a mio padre) di non scriver quella frase, oggi potevo esserci io, al suo posto.
O magari chissà, no. A volte basta un niente, per prendere una strada diversa.
Alla fine, comunque, il punto era sempre il solito: che io non c'ho mai capito veramente un cazzo, nella vita...

novembre 18, 2009

LE SORDYDE AVVENTURE LAVORATIVE DI TVBJNGXYA©

Tvbjngxya© si gira, disturbato per l'ennesima volta da MotorinoChieditore©, come al solito totalmente inetto/a & bisognoso/a d'ogni tipo d'aiuto et indirizzo, nonostante la Realtà chiamata Azienda sia di sua proprietà e generi ricchezza a suo esclusivo beneficio. C'è un attimo di silenzio. D'improvviso, dagli occhi di Tvbjngxya© escono due fasci da Raggi Gamma, e MotorinoChieditore© schianta. Schianta dall'interno, esplodendo e gioiosamente spargendosi un po' sul muro a destra e un po' sul muro a sinistra.
Poco è il tempo posto in mezzo che squilla il telefono. E' Pfhatygheng©, identifiicativo: contabile petulante & acido/a. Dalla bocca,Tvbjngxya© fa immediatamente partire il Tifone Infernale, che si insinua nel telefono e va a sconfiggere Pfhatygheng©, che sull'immediato spira, la cornetta ancora all'orecchio.
Indi, Tvbjngxya© si gode il silenzio. Si fa il caffè. Guarda il vuoto. Alza il telefono e chiama Phyrympji©. Con Phyrympji© inizia a ciaccolàre, riferendo l'accaduto e progettando radiosi avveniri. Alla sua ora, Tvbjngxya© esce. Dà due mandate alla porta e si dirige verso casa.
Ed è allora che la sveglia suona.

novembre 13, 2009

Pretend that you owe me nothing,
and all the world is green.
We can bring back the old days again,
and all the world is green.
 

Io avrei una domanda, se permette; una domanda che comincia con una storia. Una storia che racconta di...
un circo sgangherato e straccione; un circo di saltimbanchi e acrobati, imbonitori in baracconi e personaggi più o meno usciti da testi di Tom Waits; un circo che esce piano dal buio e su una melodia povera e sinistra va nella penombra – perché è impensabile che un circo così esca dal buio per entrare nella luce, ma questo vien da sé; poi inizia lo spettacolo, e si cerca di attirar la gente con trucchi da quattro soldi, un po' di poesia, meraviglia, qualche canzonetta e il fascino del poco, negli stracci e nelle parole.
A poco a poco le performance si esauriscono, i guitti lasciano i loro strumenti, i loro carrelli, i loro sinistri attrezzi ed uno a uno si defilano. La luce si spegne su ogni postazione - una dopo l'altra restano al buio, che torna ad avanzare nella sala. Gli artisti sono tutti scomparsi, e non si vede quasi più nulla. Noi, gli spettatori che giravano fra i banchi ed ascoltavano le storie, istintivamente li seguiamo, loro che nel frattempo si rivelano messi ai nostri lati, a farci un corridoio verso l'uscita, che rimane l'unico punto di luce lontana. Nel passargli accanto, ognuno di loro mette in mano un foglietto a una persona. Sento la mano di qualcuno nella mia, e non so proprio chi sia, se la lanciatrice di materiali arrugginiti, la peccaminosa, l'agente di viaggio delle quattro tende, la manipolatrice di vecchi ricordi. La conduttrice del cavallo che depone frutta se risolvi i suoi indovinelli. Il tizio che comanda una testa che dà risposte a domande che nessuno ha posto nella scatola. Il nano che ha una bambola più grossa di lui che canta.
Comunque, non possiamo far altro che camminare verso la luce. Poi, ci guarderemo cosa la sorte ha lasciato nel palmo della nostra mano.
Si chiudono le porte; siamo fuori: tutti strizziamo gli occhi, per il fatto di esser tornati nella luce.
Io mi guardo la mano. Svolgo il foglietto, una carta grezza color senape, da tovaglietta di trattoria.
C'è scritto:

Signore, deve tornare a valle. Lei cerca davanti a sé ciò che ha lasciato alle spalle.
Non mi dico niente di particolare. Solo, difficilie che fosse così, alla fine. C'erano circa cinquanta persone, là dentro; cinquanta persone e dieci saltimbanchi. Ascolto cosa dicono di avere gli altri. Ripenso che è una cosa quantomeno singolare, e che niente succede per caso.
Un tempo avevo scritto una relazione, riguardo il poeta le cui parole ho adesso nella mano. Me le continuo a guardare, mani e parole, foglietto lungo e dita che lo tengono aperto. È un poeta che nessuno conosce, fuori dal settore – non è Pasolini né Montale, insomma.
Poi sono passati molti anni, e in quella che è diventata la mia vita, per come questa si è svolta e pare continuare a svolgersi, di Giorgio Caproni e del franco cacciatore; della poesia, di molte cose che avevo imparato a quei tempi, non ho dovuto avere più bisogno. Avevo messo tutto lì, in un angolo, dietro mille altre inutili e più noiose incombenze. Cose per conto di altri, che coprivano tutto il resto, ogni giorno di più, rendendolo sempre più inaccessibile, come un ricordo sempre più lontano che svanisce lento.
La cosa curiosa è che poco tempo prima del circo, senza un nesso o motivo apparenti, una persona, ad una cena, mi chiese:
Conosci Caproni?
Tornò inevitabilmente fuori la mia vecchia relazione; questa persona la volle, la lesse e nulla ne venne fuori. Mi disse bravo, tutt'al più. Cos'altro poteva fare, d'altra parte?
Poi mi sono ritrovato a un circo waitsiano, una sera, dopo aver buttato giù una manciata di pistacchi vinchi e patatine con un bicchiere di vino rosso, e un qualche personaggio mi ha messo in mano una frase di Caproni. Caproni nessuno lo conosce, o quasi, e lì dentro eravamo in tanti. E un tizio che aveva una qualche attrazione e molti stracci, mi ha messo in mano una sua frase, che lui stesso aveva scritto su un foglietto strappato.

Posso tornare al presente, adesso. La mia storia è finita. Nel presente, adesso, posso fare la mia domanda: 


Cosa sta cercando di dirmi, la vita?

The moon is yellow silver -
oh, the things that summer brings.
It's a love you'd kill for,
and all the world is green

novembre 12, 2009

PERIODI FELICI, REMIND #1

Di me che esco da lezione col mio zaino. La voce nel microfono, quel che ho sentito, le file lunghe dei banchi unici dell’aula magna, l’atmosfera generale. Scendo le scale; tutto piuttosto sporco, e fogli appuntati con le puntine alle pareti rivestite di legno (“vendo D.J. Grout, Storia della musica in occidente, usato, ottime condizioni”; “Affittasi camera per ragazza zona santa reparata”). C’è poca gente. Fuori è buio; torno - mentre chiedo che ore sono a un tizio - verso la stazione, sapendo che entrerò alla Feltrinelli.
Ormai so dove si trovano tutti i reparti, l'ordine delle singole case editrici; la gente potrebbe chiedere a me (“Storia? primo piano, subito a destra!”; “Fenoglio mi pare sia nella Einaudi… dritto, poi destra per i Tascabili; sinistra e poi subito di fronte se lo cerchi nei Coralli”): scendo le scale; piano di sotto - musica, cinema, fumetti.
Le ultime uscite delle nuove edizioni di Schultz. Peanuts, per stare anche meglio, a dispetto di tutto. A quattro a quattro, libretti piccoli, Baldini & Castoldi; escono senza una cadenza precisata. Pago e proseguo per la stazione, con l’aria fredda e la gente che mi passa accanto. Lo zaino in spalla e il sacchetto di plastica in mano. Tra poco lo butterò via, e infilerò il contenuto nello zaino.
Il treno è affollato, solita e squallida luce al neon. Lo percorro verso la testa, cercando di non incontrar lo sguardo di gente che posso conoscere, perché voglio sedermi da solo, per continuare a leggere La Certosa di Parma.
Sì... qualche tempo prima – ero al primo anno, e tornavo con un ragazzo con cui condividevo un corso – stavo leggendo per conto mio, incurante del fatto che lui fosse accanto e non leggesse. Il Rosso e il Nero - sempre Stendhal, ma in una pessima edizione, molto anni ’70 (forse davvero anni '70), carta rugosa e caratteri minuscoli. Chiudo il libro quando siamo vicini all’arrivo. Ho finito. Lui mi guarda e mi fa: “chi è l’assassino?”
Cazzo dici, penso io. È Il Rosso e il Nero, mica Agatha Christie (p
er questo poi cerco di non incrociare sguardi che non voglio).
Oggi lui lavora in TV, io sono un bischero qualunque.

ottobre 30, 2009

NON VI PARE

Non vi pare che questo paese sia... come dire... sia...

com'è?

Il presidente del consiglio frequenta abitualmente escort, accompagnatrici, puttane; fa festini orgiastici ogni settimana, fa arrivare le donne con mezzi di stato, le paga personalmente e via così.
A chi fa notare come questo sia un tantino moralmente riprovevole o comunque in contrasto coi doveri e la figura di una carica pubblica, si fa rispondere dai giornali asserviti che presto ci saranno rivelazioni scottanti su altri personaggi, che adesso invece si ergono a censori.

I cattivoni.
Un esponente dell'opposizione, governatore di una regione, va abitualmente a transessuali, facendo abitualmente uso di cocaina.
I carabinieri, nel momento di una retata, lo riprendono di nascosto con il telefonino e poi lo ricattano.
Il presidente del consiglio viene a sapere che esiste questo video e avvisa questo esponente dell'opposizione: "circola un video su di te, stai attento".
Pare che di questi video ne esistano parecchi.
L'Arma è tecnologica.
Un altro esponente dell'opposizione si ferma la sera per chiedere quanto costa la prestazione a un transessuale.
Il presidente della camera lascia la moglie e si mette con una di trent'anni più giovane, che in precedenza stava con Luciano Gaucci – era una compagna di classe del figlio, al Liceo.

Un altro parlamentare si fa appositamente metter su dalla nostra compagnia di bandiera - peraltro mostruosamente indebitata e in vendita a chiunque sia così fesso da prendersi milioni di euro di debiti - un volo di linea dal posto dove di solito risiede, Albenga, a Roma, il tutto per sua esclusiva comodità e per evitar a lui l'incomodo del treno, che peraltro già non pagherebbe (e idem per il biglietto aereo, ci mancherebbe altro!).
A una proposta – non ricordo bene di chi, ma fa, direi, lo stesso – di effettuare test medici ai nostri parlamentari per vedere se questi abbiano fatto uso di droghe, si leva una vera e propria rivolta. Il test viene poi effettuato, su base volontaria, e i risultati restano completamente segreti. Pare che soltanto in 21 si siano presentati all'esame.

Boh... com'è, questo paese?



ottobre 23, 2009



Si poteva - esercizi di stile - dire anche così:
Era un gabbiano. Bestie del cazzo. I piccioni del mare, con l'aggravante che il mare non c'è: due volte merda. Volava; chissà dove accidenti andava: all'inferno, probabilmente, come me tutti i santi giorni – e nel frattempo gli passavo sotto con la macchina.
Ho avuto in mente tutto quel che non sono diventato e non sono stato, nella vita. Ce l'ho sempre, in mente. Dopo una cena, qualche tempo fa, il ricordo è anche più vivo, e brucia se possibile di più. Da allora, ho avuto modo di riguardare una vecchia relazione su Giorgio Caproni, e deprimermi ancor di più. Non si dovrebbe guardar troppo nel proprio passato, no: perché assai raramente i sogni si tramutano in realtà, e qualcosa è difficile che avvenga. Sperare? Tempo perso.

Gabbiani.
Bestie del cazzo.

ottobre 22, 2009

“Ahi l’uomo - fischiettai -
l’uomo che di notte, solo,
nel gelido dicembre,
spinge il cancello e - solo -
rientra nei suoi sospiri..."

Stamani, visto un airone. Un grosso uccello bianco, col collo lungo e le zampe sottili. Penso, fosse un airone. Volava, un campo da lavorare sotto di sé, mentre lo superavo in macchina. Ho pensato a quel che avevo pensato di fare, nella vita. Mi è tornato in mente qualche sera fa, ad una cena con un'amica. La cosa ha dato poi il via ad una serie di eventi, che adesso fan sì che mi ritrovi in mano una vecchia relazione su Giorgio Caproni.
Questa persona comunque ha detto
grazie, speriamo che i sogni si tramutino per voi in realtà. Ma qualcosa avverrà. Lo voglio sperare e ve lo auguro di cuore.
Belle parole, direbbe Vonnegut.
Così, semplicemente.

Chissà dov'è volato quell'airone.
Se era un airone.

ottobre 18, 2009

Poiché, avrà giudicato il sig. Cosmelli, l’Italia è uno dei paesi in cui meno si legge (e se si legge, si legge i libri di Sophie Kinsella, Francesco Totti e via così), la cosa migliore è cercare di arrivare direttamente alle case delle persone, nelle loro cassette della posta.
Questo era nella mia. Semplicemente, io riporto, ringraziando il sig. Cosmelli. Nessuno (o quasi) legge questo blog (e chi lo legge, suppongo sappia più o meno già tutto questo); tuttavia, questo è quanto posso fare, che è sempre più che un calcio negli stinchi:


Sette domande al Primo Ministro Italiano, Signor Silvio Berlusconi

Al Primo Ministro della Repubblica Italiana sono state rivolte dieci domande circa le sue relazioni con una ragazza minorenne invitata più volte anche a cene ufficiali. Fino ad ora si è rifiutato di rispondere. Si potrebbe fare uno sconto al Signor Silvio Berlusconi, chiedendogli di rispondere a sette domande, secondo noi molto più importanti.
Signor Berlusconi,
potrebbe rispondere pubblicamente a queste domande?
Premessa:
La Banca Rasini di Milano, di proprietà negli anni ’70 di Carlo Rasini, è stata indicata da Sindona e in molti documenti ufficiali di magistrati che hanno indagato sulla mafia, come la principale banca utilizzata dalla mafia per il riciclo del denaro sporco nel Nord-Italia.
Di questa Banca sono stati clienti Pippo Calò, Totò Riina e Bernardo Provenzano, negli anni in cui formavano la cupola della mafia.
In quegli stessi anni il sig. Luigi Berlusconi lavorava presso la Banca, prima come impiegato, poi come Procuratore con diritto di firma e infine come Direttore.
1) Nel 1970, il procuratore della banca Luigi Berlusconi ratifica un’operazione molto particolare: la banca Rasini acquisisce una quota della Brittner Anstalt, una società di Nassau legata alla Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio di amministrazione figurano Roberto Calvi, Licio Gelli, Michele Sindona e monsignor Paul Marcinkus. Questo Luigi Berlusconi, procuratore con diritto di firma della Banca Rasini, era suo padre?
2) Sempre intorno agli anni ’70 il sig. Silvio Berlusconi ha registrato presso la banca Rasini ventitré holding come “negozi di parrucchiere ed estetista”, è lei questo signor Silvio Berlusconi?
3) Lei ha registrato presso la Banca Rasini, ventitré “Holding Italiane” che hanno detenuto per molto tempo il capitale della Fininvest, ed altre 15 Holding, incaricate di operazioni su mercati esteri. Le ventitré holding di parrucchiere, che non furono trovate ad una prima indagine della guardia di finanza, e le ventitré holding italiane, sono la stessa cosa?
4) Nel 1979 il finanziere Massimo Maria Berruti che dirigeva e poi archiviò l’indagine della Guardia di Finanza sulle ventitré holding della Banca Rasini, si dimise dalla Guardia di Finanza. Questo signor Massimo Maria Berruti è lo stesso che fu assunto dalla Fininvest subito dopo le dimissioni dalla Guardia di Finanza, fu poi condannato per corruzione, eletto in seguito parlamentare nelle file di Forza Italia, e incaricato dei rapporti delle quattro società Fininvest con l’avvocato londinese David Mills, appena condannato in Italia su segnalazione della magistratura inglese?
5) Nel 1973 il tutore dell’allora minorenne ereditiera Anna Maria Casati Stampa si occupò della vendita al sig. Silvio Berlusconi della tenuta della famiglia Casati ad Arcore. La tenuta dei Casati consisteva in una tenuta da un milione di metri quadrati, un edificio settecentesco con annesso parco, villa San Martino, di circa 3.500 metri quadrati, 147 stanze, una pinacoteca con opere del Quattrocento e del Cinquecento, una biblioteca con circa 3000 volumi antichi, un parco immenso, scuderie e piscine. Un valore inestimabile che fu venduto per la cifra di circa 500 milioni di lire (250.000 euro) in titoli azionari di società all’epoca non quotate in borsa, che furono da lei riacquistati pochi anni dopo per circa 250 milioni (125.000 euro). Il tutore della Casati Stampa era un avvocato di nome Cesare Previti. Questo avvocato è lo stesso che poi è diventato suo avvocato della Fininvest, senatore di Forza Italia, Ministro della Difesa, condannato per corruzione ai giudici, interdetto dai diritti civili e dai pubblici uffici, e che lei continua a frequentare?
6) A Milano, in via Sant’Orsola 3, nacque nel 1978 una società denominata Par.Ma.Fid. La Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha gestito tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e riciclatore di capitali per conto del clan di Giuseppe e Alfredo Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Carmelo Gaeta e altri boss – di area corleonese e non – operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona. Signor Berlusconi, importanti quote di diverse delle suddette ventitré Holding verranno da lei intestate proprio alla Par.Ma.Fid. Per conto di chi la Par.Ma.Fid. ha gestito questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché lei decise di affidare proprio a questa società una parte così notevole dei suoi beni?
7) Signor Berlusconi da dove sono venuti gli immensi capitali che hanno dato inizio, all’età di ventisette anni, alla sua scalata al mondo finanziario italiano?
Vede, Signor Berlusconi, tutti gli eventuali reati cui si riferiscono le domande di cui sopra sono ormai prescritti. Ma il problema è che i favori ricevuti dalla mafia non cadono mai in prescrizione: i cittadini italiani, europei, i primi ministri dei paesi con cui lei vuole incontrarsi, hanno il diritto di sapere se lei sia ricattabile o sia una persona libera.
P.S. Dato che lei è già stato condannato in via definitiva per dichiarazioni false rese ad un giudice in tribunale, dovrebbe farci la cortesia di fornire anche le prove di quello che dice, le sole risposte non essendo ovviamente sufficienti.
Carlo Cosmelli
Dipartimento di Fisica & INFN
Sapienza, Università di Roma
00185 ROMA, I



Le informazioni riportate nelle sette domande sono estratte dal libro L’odore dei soldi, di Elio Veltri e Marco Travaglio, Editori Riuniti, 2001.

ottobre 15, 2009

METTI PIÙ PASSIONE IN QUELLO CHE FAI

Sì. Un cazzo.

Più entusiasmo di fronte alla vita.

Sì. Lallarillallero.

Lavori? Grazie, preferisco vivere.
(termini in stretta antinomìa; nel momento in cui capirò per quale motivo son comunque sempre associati fino all'identificazione completa, avanzerò d'una casella o due. Nella vita, dico.)

ottobre 14, 2009

In questo posto, stamani, c'era una macchina promozionale del Grande Fratello - Selezioni ufficiali.
Scritte, e numeri di telefono, da una parte, su un vialone.
Ci può proprio stare, avrà successo.

Poi alla radio han passato Layla - Derek and the Dominos.
Un'altra giornata del cazzo in questo posto, a servizio di Bambina Viziata®, che s'è comprata una quota della società in cui lavora e comanda & spadroneggia, pur non capendoci un cazzo e valendo anche di meno.
Son solo i soldi, che ti definiscono.

ottobre 13, 2009

CRASI DI UNA STASI (LA MIA)
...ecco, sì. Allora. Dicevo.

Sono 8 anni - pensavo - che faccio questa vita. Bella, peraltro. Che val la pena. Sì. Proprio. Et indi riflettevo su un ipotetico elenco delle frasi che - suppongo - dovrei prima o poi sentirmi dire. Vedrai sì, poi, eh?
1) Ma Ciao! Fino ad oggi abbiamo scherzato; ecco qui la tua vera vita. Fino ad oggi l'ha vissuta Agazio Batrace, omino di marzapane & croccante creato all'uopo per il nostro simpatico gioco. Lo sopprimiamo subito, e puoi riprendere il tuo posto. Buona fortuna e scusa se lo scherzo si è protratto così a lungo;2) La lunga notte è finita;
3) Vai, sei di nuovo quel che eri;
4) No su, basta scherzare... non importa mica che a lavorare uno debba andare proprio tutti i giorni. Uno dopo l'altro, sempre uguale, e tutto ti resta accartocciato e compresso per il fine settimana. O che discorso è? Finché si scherza...

(l'elenco continua a seguire)

ottobre 11, 2009

"ma come sei elegante!"
"Sì, ho cambiato lavoro: sono un assicuratore, un agente immobiliare, uno di questi lavori socialmente molesti..."

Avrei voluto dire, se qualcuno me lo avesse chiesto.
Ma nessuno me lo ha chiesto.
Quindi lo scrivo qui.
Anche a questo serve un blog.

ottobre 09, 2009

VIVA L'ITALIA. VIVA BERLUSCONI. E COMUNQUE...

...e comunque, ci son notizie che sono un'iniezione di energia e di bellezza. Ad esempio, è bello sapere che l'uomo (teoricamente, o comunque stando ad un comune lessico politico) più potente della terra, è anche l'uomo a cui è stato assegnato il premio NOBEL per la pace. Quantomeno, un'esortazione all'ottimismo.
Sarà un premio preventivo (o magari no - di sicuro può far di più Obama con un discorso dal Cairo che Bush in due mandati di guerra), sarà quel che sarà. Per certo, NON c'era una ragione che fosse una di darlo al cav. mafios. simpatic. Silvio Berlusconi I (sul serio, era soltanto una barzelletta, vero?) e di sicuro, Obama è quanto di più simile a Bob (non solo a John) Kennedy ci possa esser stato.
Alle volte, anche nei nostri tempi, può nascere un fiore.

ottobre 08, 2009

MA FINIRÀ, PRIMA O POI?
...mi piace, comunque, esser solo in ufficio. Mi posso anche immaginare in tutt'altre situazioni, quando sono solo in ufficio. Mi sento pacificato. O almeno, un po' di più...

e continuo a pensare che non ne ho più voglia.

Ieri comunque ho presenziato a questo dialogo, a riguardo di una persona che adesso non so come sta facendo (come si suol dire - siamo buffi oggi, eh? se ne parla sempre come se fosse un merito...) i soldi:
"...ma se lo merita, da' retta! Ha patito tanto"
"Pensa che da ragazzo girava in Panda..."

Poi sono andato in fiera (!), a dir puttanate a una stesa di umanità vestita bene, che gioca tutta quanta ad esser compresa nel proprio ruolo. Come occupano gli spazi, come si atteggiano, come son seri: cose del genere son proprio l'autoreferenziale quintessenza di quella stronzata gonfia e vana che è il mondo del lavoro. E la perfetta illustrazione di un messaggio che potremmo sintetizzare così: cosa cazzo siamo di fronte alla Storia e al Mondo? Appunto, un cazzo. Eppure vogliamo far finta che siamo, e tanto, con le nostre (vostre) aziende, coi nostri (vostri) appuntamenti, coi nostri (vostri) discorsi pieni di progetti e prospettive, crescite e utili, di grandi imprenditori e dirigenti.
Solo un gioco, in cui qualcuno comanda e gli altri obbediscono. Bambini che giocano a fare i grandi - ad andare a lavoro con la borsa di cuoio tutti compiti e impostati, come quando si gioca alla casa e quello che fa il babbo fuma la pipa - senza più aver niente di quel che rende bello un bambino. Nessuno gli ha mai spiegato che non era così che si cresceva, e che esser grandi è un concetto che semplicemente non esiste.
Altrimenti il mondo sarebbe stato un posto assai migliore.

Mi chiedo quando comincerò a vivere davvero.

settembre 25, 2009

CINESERIE MOLESTE

Sono veramente stanco di questa vita. Ma veramente, veramente stanco.

Stanco.
Potessi, m'immaginerei nell'atto di essere tal Bleff Pileggi, magari corpacciuto e di anni quarantatré, nullatenente coi baffi ma di discreta presenza nonostante una camicia a maniche corte di taglia molto più larga, ostinatamente in disparte & solo mentre tutti intorno parlano e agiscono, e lui si gingilla mestamente con uno steccolo, chino su se stesso ed alieno da qualsiasi consorzio umano, quasi autistico. Ma felice, forse.

Invece, problemi; solo ed esclusivamente problemi.
Affanno, ansioso arrivo sempre oltre un immaginario termine, e vestiti che ti tornano male addosso e t'ingoffano. Senso di fastidioso calore stanco in fondo alla colonna vertebrale e/o dietro il collo. E cose da fare, falle da tappare, ed altre che se ne aprono e niente resta in mano. Conti che non tornano, in tutti tutti i sensi.
Da prendersi la testa fra le mani e star lì. 
Sono stanco.
Ah, fossi un Bleff Pileggi qualunque, nell'atto tutto intento di pulire il mio steccolo cor un coltellino da svizzero! Altro che rincorrere et aggiustar problemi di cui m'importa un cazzo, per un salario da fame e per l'ingrasso metaforico del padrone
, speriamo - gesù cristo, se speriamo! - esploda!

A volte penso che vorrei non esserci mai stato.

settembre 22, 2009

(nòvo et subito avviso del pari scritto per l'intero coll'ausylio majuscolo, a sottolinear l'importanza dell'evento/annuncio/novella e - soprattutto – a rinnovellar un po' di greggia cafonaggine)

A SEGUITO DI PICCINERIE D'ANTAN, NOIAMENTI DEL PROSSIMO TUO COME SE STESSI, DELETERI TORMENTI (QUALI?), ENFISEMI, ANSIETÀ, CIBREI, MENABREI ET ALTI LAÏ, NONCHÉ - IN OVVIO - PÈRIPLÎ INFINITI (?): ALFIN DI TUTTO CIÒ, DICEVO - OIOI ORA MI SAREI ANCHE ROTTO I COGLIONI - SAREI TOSTO AD INFORMAR VOIALTRI (O ANCHE DIRETTAMENTE LOROLÌ) CHE ANCOR DI NUOVO, FINALMENTE, SOMMAMENTE, RICHIESTISSIMAMENTE (PER USAR UNA SYNTASSI SYMPATICAMENTE ERRATA, MA D'ALTRA PARTE SO UNA SEGA IO, SON GEOMETRANS) CHE CIÒ


(papparapààààààààààààààà)



Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente?

ESISTE. Ancora, sì. Proprio.

Cioè, via, esisterà a breve. Forse. Se l'era dell'acquario non porta merda. Se non porto due punto sei andando 'n culo. Se la mia pyantagion di grilli per il capo smetterà di cantare. Se non mi scendesse la mandibola inferiore mentre mangio tre-chiletti-tre di lambruschi alla vigliacca (cotti al vapore). Insomma via, in altre parole, ciò significa che tal manufatto è quasi pronto et in uscita presso l'editordo in calce al medesmo. Ne darò conto a proprio tempo et agio (n'ha avuto poco, finora?). Il proprio tempo et agio par essere ENTRO E NON OLTRE ottobre (o anche maggio del prossimo anno, chissà)

AVVISO (per tempo): chiunque abbia letto questo messaggio, poi è obbligato a comprarlo

(No il messaggio dicevo il libro mi pareva chiaro; se scrivevo bene tutt'al più ero impiegato)

settembre 14, 2009


Bel film, Videocracy. Magari avrà più successo di quel che ci si può aspettare. Un successo che vuol dire un po' di pubblico, perché effettivamente son tanti quelli che non amano un determinato stato di cose, ma – ahimè – non abbastanza, a meno che il nostro simpatico presidente non abbia alterato anche i risultati delle elezioni (cosa di cui non ci si dovrebbe stupire più di tanto, visto che ha accusato gli avversari di averlo fatto, e da venditore qual è, è solito applicare alcune tecniche più che collaudate, quali quelle del Noi? Voi!; Accusa il concorrente di quel che stai facendo tu, etc. etc.); ma un successo che a poco o niente porterà, disciolto come sarà nella struttura un po' troppo confusa del film, che se in principio vorrebbe prendere 3 figure chiave e concentrarsi su quelle, dando anche conto di come la vive l'italiano medio, si perde alla lunga un po', tralasciando nessi e congiunzioni, per un quadro globale che resta una sequenza di aneddoti, quello sì, terrificanti ed annichilenti.
È il caso dello sguardo fisso e paciocco del porcellino bianco Lele Mora, che mostra orgoglioso i filmati di svastiche ed altri orrori detenuti sul suo portentoso cellulare, perché – che lo si sappia in giro – lui è fieramente mussoliniano; è il caso dello spot femminil-canoro Meno male che silvio c'è, o le sue foto biancovestito + camicia di seta blu con le becche in villa; è il caso di Fabrizio Corona che conta fogli da 500 euro sul letto e dice che bisogna entrare in politica, prendere il potere e farsi i cazzi propri (a quando una candidatura nel PDL?); è il caso di corpi femminili buttati a manciate ad agitarsi sotto l'occhio della telecamera, sia un provino o uno studio televisivo dove a culi si assommano culi, a tette, tette, e via così all'infinito, a colorar le nostre vite e darci tante belle cose da guardare. Corpi maschili che maschiamente troneggiano a bordo piscina, esibiti perché hanno (avranno, potrebbero avere, hanno avuto?) un qualche talento. Briatore che gira con gli occhialini azzurrati per il suo locale mentre si sceglie la fortunata da mandare per uno stage di una settimana al sultanato (rete 4); ancora Corona che ci mostra il cazzo imbarzottito sotto la doccia e ci dice che lui è il Robin Hood moderno, che ruba ai ricchi per tener per sé; il nostro presidente che sorride e che dice che il 50% del suo tempo lui lo dedica a migliorare le condizioni dell'Italia: siam proprio dei poveracci, dei poveracci che fanno le foto alle celebrità, e son contenti di partecipar dei loro successi.
In sintesi, come qualcun altro ha detto, un horror piuttosto che un documentario.
Dà noia allo stomaco.
Ed è pure antecedente agli scandali sessuali del sultanato, ai favori sessuali in cambio di candidature politiche, ai festini col ruffiano che porta donne & coca, alla strategia d'autunno - per quanto venga denigrata così tanto, c'è molto dell'URSS modello staliniano nel Sistema-Berlusconi, dai nemici della rivoluzione in giù, passando dal culto della personalità (ancora una volta il modello accusa qualcun altro di quel che stai facendo tu) - con l'epurazione delle persone non gradite a mezzo campagna diffamatoria (è toccato a Boffo, anche come avvertimento alle alte sfere di Santa Madre Chiesa - o con me, o niente più finanziamenti & favori; al momento tocca a Fini, in vista d'un repulisti per meglio accorpare nell'azienda quel che resta).
Chissà, sennò.

http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/spettacoli_e_cultura/cinema/venezia/videocracy-successo/videocracy-successo/videocracy-successo.html

settembre 10, 2009

I'M STILL JENNY FROM THE BLOCKS – SÌ, POROPOROPOLLON...

Mi vien da pensare che proprio c'è qualcosa che non capisco. Qualcosa che mi manca o mi sfugge. E ogni giorno che passa, mi sfugge di più. Chissà dove va a nascondersi; chi lo capisce, perché lo capisce, eccetera eccetera.
Il fatto è che mi sembra che un meccanismo affinatosi e consolidatosi in più di un secolo presuppone che tu – che ovviamente bene o male stai in quel serbatoio d'umanità che è la maggioranza di persone – butti via completamente la tua vita in una qualche attività che non ti riguarda minimamente, a vantaggio di uno/pochi. E che tu lo faccia per vivere, nel senso più biologico-materiale del termine. Tutto è iniziato con una concentrazione dei mezzi nelle mani di alcuni soggetti, i quali quindi più che mirare a portare (magari in pace con se stessi, in quel che facevano più o meno identificandosi), a termine un'azione/attività nel suo intero ciclo hanno dovuto/voluto, trovandosi in mano un numero sempre più alto di mezzi di produzione, frazionare il tutto, con la conseguente necessità di utilizzare l'attività di altre persone per rendere operativi quei mezzi e dargli un senso e un moto in vista di uno scopo. Non solo: sempre più frequentemente, tali individui accentratori niente o quasi avevano a che fare col prodotto finale, e dovevano quindi (paradossalmente) dipendere dall'attività delle altre persone, pur trovandosi a decidere sul come tale attività organizzare e come meglio comandare questa gente, magari non rendendola cosciente che da essa stessa dipendevano. Inoltre, lo scopo di cui sopra non rimaneva più il prodotto finale – il frutto di quella determinata azione/attività, magari un frutto unico irripetibile o quasi; bensì il denaro, che nient'altro era se non (primariamente) merce di scambio per acquistare i frutti di altre determinate azioni/attività, allo stesso modo strutturate. A propria volta, anche l'attività delle altre persone ha fin da subito avuto, come conferimento di senso e quindi compenso, un corrispettivo in denaro, il quale quindi si trovava a diventare l'unico protagonista di un circolo da cui uscire era impossibile. Tutto diventava denaro: la quantificazione del tempo e dell'attività di chi forniva l'attività all'individuo che i mezzi aveva; lo scopo di chi i mezzi forniva; i mezzi stessi, che un valore sempre più alto si trovavano ad avere. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che il contesto stesso pareva concepito per ingenerare bisogni e necessità – effettivi, semi-reali, fasulli o indotti che essi possano essere – così da mantenere il denaro sempre in circolo, si capirà come quest'ultimo possa diventare il principio e la fine di quella che è la nostra meravigliosa società, definendola e racchiudendola così nella propria essenza. E, dando a tutto un prezzo, quello che dovrebbe essere nulla più che un mezzo, si trovava a diventare essenza assoluta, appunto principio e fine della nostra esistenza: più denaro è a tua disposizione, meglio stai, e maggiore è il tuo potere o prestigio. La catena di eventi che ne è derivata può riassumersi a sua volta in un assioma bifronte: più mezzi accumuli, più azioni fai; più azioni fai, più denaro hai. Ovviamente, più mezzi accumuli, meno potrai essere in grado di gestirli da solo. E quindi: più mezzi hai, più azioni fai fare, e via discorrendo. Da qui è nata la figura dell'imprenditore, che non compie una determinata attività in vista di un prodotto finale, magari esclusivamente suo; bensì accumula e mette a disposizione per produrre su sempre più vasta scala. In vista di un accrescimento del proprio benessere, che è – sempre qui si torna – semplicemente denaro.
Si badi, nessuno sprezzo per la materia in sé: i nobili di ieri avevano fondato la propria superiorità – e dico in concreto, al di là cioè di astrusissimi quanto campati in aria ragionamenti su un sangue di un altro colore – su un retaggio antico che nient'altro era se non un possedimento terriero (da conte/contado in giù): può esser certo plausibile, quindi, che oggi la nobiltà sia motivata e originata dalla quantità di denaro di cui uno dispone. Della serie: il concetto era ridicolo ed arbitrario prima, ad oggi si aggiorna e conforma. E non si salti su con la storia di una rozzezza o di una scarsità di cultura dei nuovi arricchiti: l'affinamento (culturale artistico scientifico, qual che sia) è concetto che riguarderà magari i figli dei figli, e del resto si può ragionevolmente supporre che anche la nobiltà antica si sia affinata coi secoli - se e quand'anche.
Per buttarne giù una – che esattamente come questa all'inizio ha avuto miriadi di pregi e indubbie funzioni social-evolutive, incrancrenendosi magari con l'accumulo nel tempo di privilegi sempre più ingiusti, smisurati & immotivati –  al fine di provare ad instaurare un ordine nuovo ci son voluti secoli, rivoluzioni e princìpi, e un sacco di altre cose.
Dico di classi sociali, sapete.
Il mondo va più veloce, si sente dire spesso, e tutto è accelerato. Magari si fa prima. Ma un nuovo virus è sempre più forte del precedente, e si difende coi denti. Magari non si fa, e si va solo a peggiorare.
Cazzo però... scrivo tutto questo mentre due o tre colleghe ciaccolano e non riesco a concentrarmi, indi per cui ne verrà fuori un quadro decisamente mosso. Ma questo passa il convento. E se il silenzio va a farsi fottere, va a rotoli anche tutto il resto.
E il filo dei miei pensieri è già sottile di suo ormai.
E questo non è quello che volevo scrivere, alla fine.
Farò caà?

settembre 09, 2009


MYSTICO MA CANDYDO (?) SEGRETO

Vorrei molto essere assai più presente su questo blog, e scriver giù cazzate come se piovesse.
Magari m'affinerei
anche, e ne scriverei sempre di migliori, e di migliori, e di migliori...
E invece...

*SIGH*

Vita del cazzo.


agosto 24, 2009

Questo posto è per me una costante, mio estremo malgrado. Un luogo in cui finisco sempre per trovarmi, in un modo o nell'altro. Avrò avuto... ma sì, non importa che dica “avrò avuto”: avevo 14 anni, 14 anni ancora da compiere, ed era il 1989. Si può esser precisi anche parlando di cose non tangibili o troppo chiare, come un malessere, un'idiosincrasia, una repulsione somma. Perché questo è quello che è: una repulsione, una non possibilità di sopportazione, cui fa da contraltare una qualche forza che qui mi riporta, a intervalli irregolari – perché niente è regolare nella vita – ma costanti.
Questo posto è il mio personale pozzo dei non-desideri; oppure, con meno wonderland, quanto di più negativo ci possa mai esser stato, per me. Ci sono venuto a scuola; ci sono tornato una prima volta per lavoro; poi una seconda; e poi infine una terza, adesso. Sullo sfondo – e mi domando: poteva essere diversamente? Sì che poteva, ed è molto significativo che non lo sia stato, invece – anche orride frequentazioni/disavventure con l'altro sesso. E – badate – non è solo perché ero un adolescente ed ero a scuola ed eran le prime esperienze e quindi è normale e chi non ha mai vissuto 'ste cose e via così. No. Poi, non ero più un adolescente, non ero più a scuola e non eran le prime esperienze. E il risultato era lo stesso.
Voglio dire: tutti noi abbiamo avuto momenti brutti, senz'altro. E tutti noi li abbiamo legati in un modo o nell'altro a qualcosa: a una persona, a una stagione particolare, ad un semplice dettaglio, ad un odore. Le madeleines di Proust, per citare illustre esempio nobile, che a lui aprivano le porte dei ricordi d'infanzia. Le mie madeleines andate a male: io non posso certo sostenere che tutto quanto mi è capitato di brutto o spiacevole nella vita sia da mettere in relazione a questo posto (o a tutto ciò che da questo discende) e far così la più semplice delle equivalenze; tuttavia non c'è, dico, non c'è un evento positivo che pur riesca a ricollegarvici. E questo, pur avendoci sprecato ormai una buona parte della mia vita. Ma non è questo, il punto, in fin dei conti. Sarebbe chieder troppo, né vorrei momenti belli da ricordare. Quelli li ho, e li ho su tutt'altro piano e fanno parte di me e mi fanno anche da scudo. Semplicemente, io continuo a chiedermi: cosa diavolo c'entro io, con questo posto, con questo posto e la sua mentalità e la sua globalità e i suoi spiacevoli individui? Niente. Io non c'entro niente. Perché non riesco a lasciarmelo semplicemente alle spalle? Se tu capisci di non essere un pesce e ti trovi nel mare, ti rendi conto che dovrai per forza uscir dall'acqua, prima o poi. Cosa ti succederebbe se continuassi a rimaner nell'acqua e non fossi un pesce? E non sarebbe forse la cosa più naturale del mondo per te che hai appena scoperto di non essere un pesce uscir dall'acqua? E, allo stesso modo, non sarebbe perfettamente consequenziario non rimetterci più piede – perché hai scoperto che son mani e piedi, non pinne – se non per poco tempo e con l'assoluta certezza che nell'acqua ci sei solo di passaggio?
Sì lo so, gli exempla sono un conto e la vita è un altro, e non sempre – anzi, quasi mai – si fa quel che si vuole o si desidera; ma insomma, a tutto ci dev'essere un limite, no?
E io a me ci tengo, tra l'altro. E so che scrivere è esorcizzare.
O così pare, o così mi immagino io. In ogni caso, si tratta di provarci: scrivendo puoi rimettere in scala le cose, o dargli il giusto peso, o farti più forte rispetto a loro. Scriverne è lasciare quel che vogliono sia fatto per dir qualcosa che senti di dover dire, pensandoti, anche se per poco, libero - e la parola libero, credetemi, sarebbe da intendersi nella sua accezione più piena: libero, libertà, assenza di costrizioni, senza nessun vincolo o pastoja; ma anche adesso vale eccezion fatta per il telefono, il fax, l'e-mail - d'altra parte, devi  sempre servir qualcuno, diceva Bob Dylan, e questo è quanto di meglio posso essere e fare al momento. Anzi, a pensarci sento già le urla di domani, le continue insopportabili tirate e bofonchiamenti perché a seguito del solito sconclusionato controllo questo non è stato fatto, questo nemmeno, quest'altro neppure.
Io so che vado in un'altra direzione, e se anche c'è una forza che qui mi riporta, in un modo o nell'altro, riuscirò ad uscirne, perdio.
E questo è il massimo che posso fare, per adesso.
E adesso vaffanculo, torno a provare a vivere lo scampolo che ne resta al di fuori.

agosto 06, 2009

Ecco, sono a lavoro. Poi, attendo che qualcosa succeda. Prima o poi succede, vedrai.
Nel frattempo.
Nel frattempo pensavo: uno, che non riesco più a portare più a termine un libro senza perdermici e scordarmi tutto quel che è successo in precedenza, sicché da un certo punto in poi non ci capisco più un cazzo e mi saltan connessioni, rimandi, dettagli fondamentali (non sono i libri che leggo che fanno schifo, sono io...); due, che se abitassi in un posto tipo Arsago Seprio, o anche Cavaria Con Premezzo o – perché no? - Robecchetto Con Induno e mi chiamassi tipo Agazio o anche Sanerio probabilmente starei tutto il giorno a ridere; tre, che non capisco quale cavolo di interesse dovremmo avere nelle vicende private della famiglia Berlusconi. Voglio dire: ok che gli interessamenti di questo osceno satiro di tard'età nei confronti delle minorenni e/o delle prostitute e/o delle veline (o delle veline prostitute, o delle veline minorenni, o delle prostitute minorenni, fate un po' voi) dovrebbero  esser motivo più che sufficiente per le sue immediate dimissioni; ma con tutto ciò, perché oggi c'è un'intervista alla figlia, ieri alla moglie, poi un'altra alla ex-moglie (sempre la stessa, la seconda, il cui status è forse cambiato dalla prima alla seconda), in cui ci dicono e di come sia tutto finito, e ci danno informazioni sul patrimonio, e del fatto che loro non frequentano uomini più anziani e via discorrendo. Di tutto ciò, cosa ce ne dovrebbe fregare? Perché per esternare i vostri sentimenti (o magari mandar velatamente minacciosi messaggi trasversali a riguardo d'una futura divisione a vostro veder equa del patrimonio di famiglia) utilizzate i giornali o altri pubblici strumenti, e poi magari vi lamentate del fatto che il vostro privato è vilipeso e in pubblico sbattuto? Siam d'accordo che il politico (inteso come figura tout-court, non già come singolo individuo che di mestiere fa il politico) non ha privato, e ci mancherebbe: ma in tutto questo chi cazzo siete voi? Se politico siete anche voi, è niente più che la riprova che più che una repubblica fondata sul lavoro, l'Italia è un patronato fondato sulla tenuta di Arcore, e il castellano (con famiglia, sodali e sgherri) è il suo signore. Ecco, dunque: perché non ve la vedete un po' tra voi? Certo, da una parte Vi si può solo ringraziare: tirate acqua al mulino di chi (io, ad esempio) pensa che il nano anziano e la sua cricca meglio starebbero dietro qualche sbarra; tuttavia la cronistoria di cosa prova Veronica Lario e/o Barbara Berlusoni nei confronti del padre/marito/presidente operaio me la sarei persa volentieri. Cazzi loro. Quanto ai timori per un patrimonio da spartire, perché non Vi fate pressioni d'altro tipo, che immagino in loschi canali ci siate un po' tutti immersi?
Tutto ciò, sì. Però più che altro son preoccupato perché leggo male, e non capisco un cazzo e ancor meno me ne resta. Del rimanente - non più potendo ormai chiamarmi in modo diverso, o cambiar residenza a favore d'un posto pieno se ben va di zanzaroni e accenti orridi - me ne frego. Ma intanto ho fatto le sei e venti.
I consigli son sempre graditi.
Al proposito, come no.