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dicembre 24, 2009

NATALE A STRISCE, TUTTO VERDE E BLU (MA QUANTO SON POËTA). BABBO NATALE RICOPERTO. MA QUANTA NEVE - GUARDA LÌ: UNO, DUE, TRE FIOCCHI. PREM PREM PREM. HO UN AMICO CHE È LAUREATO IN CLARINETTO SAI? SÌ, SÌ (POESIA FUTURISTA)

Ci pensavo qualche giorno fa, spinto da cose così, situazioni contingenti, momenti, un po' l'aver preso spunto da quel che scriveva un amico, un po' dalla vita in generale e da chi incontri, un po' dall'umore del momento: dovessi definire che anno è stato questo, o comunque ripensare agli anni trascorsi in termini di positivo/negativo, io non saprei proprio che dire...

è stato un anno come gli altri, con un fondo di malinconia e di senso di quel che non è stato, di quello che (forse magari chissà) avrebbe potuto essere se – ma insomma non sarà così per tutti? Alla fine siamo tutti uguali, e ognuno ha speranze, progetti, idee. Chi più, chi meno, ma è una cosa che dovrebbe appartenerci come persone.
Forse, se mi guardo indietro riesco effettivamente a rivedere due begli anni, magari per ragioni diverse, e mi chiedo se siano stati tali veramente o se sto isolando soltanto dei ricordi un po' più forti e con quelli oscuro felicemente tutto il resto – è così banale che non vale la pena nemmeno di notarlo, quanto un singolo anno sia un insieme di cose positive e negative, un susseguirsi di eventi che vuoi e che non vuoi, che non dipendono da te e che dipendono da te in una piccola misura. Una periodizzazione fatta così, per ragioni di praticità e calendario, ma che in realtà non racchiude né delimita niente di preciso, perché certo non si cambia a scadenze regolari, o si vive tutto il bello e tutto il brutto in contenitori preconfezionati e sempre uguali.
Forse, ancora, posso dire di avere dei ricordi da tenermi stretto per il 2001, per il 2004, magari anche per parte del 2003 e del 1998. Il 2007, anche, che è stato più che altro un anno di bella fatica. O comunque sia questo è quanto i miei ricordi hanno sistemato, a posteriori. E prima ancora? Di prima non ricordo più nulla, come entità nel suo complesso, come periodo che parte da un giorno e arriva a un altro e via così. Ricordo – quello sì – bei momenti, momenti imbarazzanti, momenti grigi e momenti di solitudine (a volte felicissima, a volte tetra); forse un senso di energica speranza in più, qualcosa che mancava ma che al tempo stesso mi faceva trovare energie nascoste, giusto per essere cercato – una sorta di tensione verso, quella che qualcun altro potrebbe definire anche libido, magari, ma forse sarebbe riduttivo.
Ricordo bei viaggi, molti, momenti sparsi, libri teatro e cinema e mostre, pochi amici, gli studi e i giorni in cui scrivevo la tesi, i miei nipoti che sono nati, l'incontro con mia moglie. Ricordo cose che non avrei dovuto fare, e mille altre che avrei dovuto far meglio, o diversamente. Più di tutto, mi rendo conto che spesso sto pensando a cose che sono successe un tempo, valutando come sarebbero successe se l'avessi affrontate come sono adesso. E ogni volta mi rendo conto che l'avrei affrontate meglio, e avrei sempre risolto tutto (son drago, sì). Il che è una specie di tortura con (dubbia) garanzia: perché quelle cose non – troppo facile sarebbe! – si possono riaffrontare, e rimangon come furono; però da come ne uscirei capisco... cosa? Che sono migliorato? Che è una gran fregatura? Che un conto è vivere e un altro ri-vivere? E quindi gongolo o mi vien rabbia, tanto son stupido.
Capisco lucidamente che molto tempo fa una scelta sbagliata sta ancora determinando e appesantendo la mia vita, tirandomi sott'acqua come il Gordon Lachanche di Stand by me; d'altra parte, avessi fatto ieri quella scelta che oggi mi pare la più giusta, forse ora sarei messo pure peggio. Chi lo sa.
Qualsiasi cosa è determinata da una buona parte di caso e  ambiente esterno. Basta che il vento soffi un attimo di più e tutto salta. In un certo senso, potrebbe meglio illustrare quel che penso questa breve storiella: da un paesino della Sicilia che si chiama San Fratello, agli inizi del - lo voglio dire, rende tutto così libresco... - secolo scorso partì emigrante e presumibilmente disperato, il fratello di mio nonno. Lui non fece fortuna, a quel che ho potuto apprendere (avremmo libri di storia sotto gli occhi, se solo volessimo, ma spesso siamo ciechi, riguardo a quel che ci è vicino), ma i figli sono americani, e vivono a New York. Mi piace pensare che suo fratello sia stato indeciso fino all'ultimo, e alla fine abbia deciso di entrare nel corpo dei carabinieri, vivere situazioni ed eventi di cui - ahimè! - nulla, proprio nulla so, e venire finalmente trasferito in Toscana. E se fosse partito anche lui? Sarei nato americano, avrei avuto mille e mille possibilità, scriverei forse sul New Yorker? Mi sarei perso in un sobborgo e in una gang? Avrei fatto la fame e mi sarei tagliato un dito in una catena di montaggio e mi sarebbe andata in cancrena la mano perché non avevo i soldi per la copertura assicurativa?
Chi lo sa.
Che anno è stato? Chi lo sa. Alla fine, mi rendo conto che ho tutt'altro che poco. La rovina è forse voler sempre di più, non accontentarsi; non già (almeno nel mio caso) nei termini di una cupidigia materiale o pecuniaria: la rovina (o la fortuna) è nella nostra immaginazione. Ma almeno ho capito il passato. Forse magari mi aiuterà ad affrontare il futuro.
Quanti forse...

dicembre 23, 2009

BUON NATALE. BUON NATALE UN CAZZO.
E venne il giorno della festa.
Sul serio, mai ho sopportato l'idea delle cene natalizie di lavoro. O delle cene di lavoro natalizie. O delle cene di lavoro. Mal sopporto anche le cene natalizie: son difficile, lo so. Comunque sia: stavolta ho perso, e in un modo o nell'altro son dovuto passare al lato oscuro della forza. Non solo, son dovuto pure andarci accompagnato. Ci son mille attenuanti (son bravissimo a trovarmele, le attenuanti, io!) e quase altrettanti scuse, ma il fatto resta nella sua interezza: una cena di lavoro, a Natale. Niente di meno. E allora ti trovi a un tavolo, compìto quanto basta – che è certo sempre meglio di sbracato a tutti i costi nell'ebbrezza avvinazzata; un po' meno tristezza la fa – a condividere momenti ed opinioni, oltre le canoniche otto ore che ogni giorno ti appesantiscono alla morte le giornate. E al di sopra dell'odio per questo tipo di vita che ti infiamma e ti guasta quel poco che ne resta.
Ma hai visto questa cosa? Hai letto quest'altra? Io una volta ho fatto questo; io quest'altro. E via così, con condivisione d'umane miserie e vissuti che in niente avrebbero a incrociarsi e in effetti non lo fanno, dissolvendosi veloce nella complicità forzata d'una sera, in cui come per magia ci dovremmo settare un ideale AMICIZIA MODE su ON e andar felici e cordiali a raccontare ed ascoltare, far battute ed interessarsi di figlioli altrui, preoccupazioni di futuro e ricordi di vacanze.
Che gran puttanata che sa essere la vita!

Poi il giorno dopo capita che nevichi, fai tardi al lavoro e l'ON ad AMICIZIA MODE è stato sostituito dal consueto rapporto patronale (CAPO CHINO MODE: ON) - tu schiavo lui signore, fammi questo fammi quello, e com'è possibile questa cosa e come mai hai fatto quest'altra, e questo non va bene e questo men che mai.
Questo stesso tizio, la sera prima, brindava e faceva l'allegrone con te e quanto hai di più caro.
E buon natale. Buon natale un cazzo, caro mio.
Non funziona così, no, checcazzo.

dicembre 17, 2009

MAÎTRE À PENSER MODERNO

Mi chiedevo: ma il Partito Umanista, chi candida alle elezioni? 

Poliziano? Il Valla? 

Ahahahahahahahaha.

No, così. Per dire, eh?

dicembre 16, 2009

SILENZIO DESTINATO A SCOMPARIRE A BREVE, SILENZIO MESSO A FRUTTO (SI FA PER DIRE, O: BEATO CHI S'ACCONTENTA DI POCO)

Accetta tutto ciò che ti accade con leggerezza.

Accetta con leggerezza anche quando ti accade di non riuscire ad accettare tutto ciò che ti accade con leggerezza.
Questo è quanto, forse.
E nessuno dice che possa essere facile.
A volte mi capita di ripensare a quella che è stata fin qui la mia storia, ed ogni volta la trovo così strana, piena di errori ed occasioni che non ho colto, e che più o meno regolarmente si sono ripresentate. Nascoste, seminascoste, misteriose, evidenti. E io che continuavo a non coglierle, a non capirle. Di molte cose che mi sono successe o che ho fatto provo una forte vergogna; di altre, fastidio. In realtà c'è una mistura di caso e di niente-che-accade-per-caso che è quantomeno affascinante, specie quando ti sembra che la vita ti stia prendendo per il culo. Perché questo lo fa spesso, la vita, sì.. Non hai nemmeno modo di sapere dove ti porta: quantomeno, non puoi dirigerla. Al limite, assecondarla – magari cogliendo quelle occasioni che ti presenta, per migliorarti, almeno farti fare una parte di quello che vorresti. Perché forse se desideri tanto una cosa, alla fine si avvera. O forse non del tutto, ma almeno un po'. Se la assecondi.
Dovrei metter molte meno parentesi o incidentali, in quello che scrivo. La forza delle cose è nella loro semplicità.
Si può ragionevolmente comprendere come i momenti in cui una persona cambia maggiormente siano quando inizia una storia con un'altra (quando trova un ragazzo/a, si fidanza o comunque si sposa, fate un po' voi), quando comincia a lavorare (e comincia ad avere un rapporto di tipo continuativo coi soldi e/o con una realtà lavorativa), quando ha un figlio. Il che ci riporta al fatto che fondamentalmente la nostra visione del mondo è subordinata o comunque fortemente vincolata ad un altro soggetto (o più). Il che dunque ci potrebbe far dire che un sacco di fattori concorrono a che non si sia mai noi stessi, o che comunque facciano di tutto per trasformarci/nasconderci. Il che, infine, ci costringe a concludere come siamo esseri malatamente sociali.
Ci sono veramente tantissime cose che non so, tantissime riguardo al quale sono confuso, ancor di più di cui non capisco un cazzo. È proprio una vita piccina...

Ecco, io ad esempio, la gente proprio non la capisco.

dicembre 15, 2009

NUOVE CONSIDERAZIONI SPARSE IN OMOGENEO DISORDINE (SEMPRE DETTATE DA QUEL VERO E PROPRIO DONO INCOMPRESO CHE È IL SILENZIO, SOMMO MEDICAMENTO DELL'ANIMO UMANO - ALMENO DI QUALCHE ANIMO UMANO)

Quando anche i tuoi sogni notturni cominciano ad avere il colore e l'andamento del resto del giorno, capisci che è l'ora – in un qualsivoglia modo – di dire basta.
Uno dei regali migliori che in un modo o nell'altro mi sono fatto negli ultimi anni è stato leggere Calvin & Hobbes, di Bill Watterson. Il fuoco del mio (piccolo, mezzo) secolo – la ruota fu C. M. Schultz, e scoprii prima questa che quello, in realtà: d'altra parte, è anche vero che potrei senza dubbio definirmi un cavernicolo con grossi problemi – una specie di terapia. Ringrazio davvero chi (perché non è stata una scoperta, non son più buono nemmen per questo) mi ci ha fatto arrivare, dovunque adesso sia, tipo in Cina, Yemen, Pioltone di Zambrate (MU) o chissà che.

A questo proposito, sempre la stessa persona mi diceva sempre che certamente dovrei sforzarmi di scrivere una pagina al giorno, fosse anche di assolute idiozie. Cazzo, lo vedi, lo vedi? Lo sto facendo. Non sarà granché, ma non mi pare il caso di star qui a cavillare. No?
Ad eccezione di un ristrettissimo numero di persone, al riguardo di me-nel-mondo ho sempre questa strana ma fondata sensazione: io parlo e nessuno mi ascolta. In una qualunque conversazione al di fuori di quel ristretto numero (quanto apprezzo quel ristretto numero!), quello che dico passa letteralmente attraverso l'altro/a, che continua a parlare ed andar sopra a quel che dico. Se anche ho iniziato qualcosa, non so finire quel che sto dicendo, perché lui/lei riparte liberamente. Se nel suo discorso c'è una pausa, provo ad inserirmi, e di solito non riesco e sfumo nel silenzio quel che ho iniziato a dire.
È imbarazzante? Forse all'inizio, poi ci si fa l'abitudine. Né m'interessa granché. È un po' come sentirsi fuori posto.
È
per questo che, quando posso e mi riesce, scrivo. Forse.
Quando uno legge quel che ho scritto, io solitamente non vedo. E se non sta attento a quel che legge e non capisce, uno, cazzi suoi; due, non si perde granché; tre, non ho modo di restarci male.

La stessa cosa, tra l'altro, mi succede spesso dovendo interagire in qualche modo con la gente, camminando, a giro, in coda da qualche parte. A volte mi sembra di essere invisibile.
Il tentato pseudo-attentato (?) – un tizio che si avvicina nella folla e ti lancia una statuetta sul viso; una tipologia di attentato perfettamente adeguata a ciò che questo paese è – al nostro caro premier purtroppo sarà qualcosa che si ritorcerà contro a un sacco di gente. Non già e non solo per come questo atto sarà tirato in ogni direzione e sventolato da un punto di vista morale (il nostro caro premier è tanto buono e ama tutti, e non si capisce perché qualcuno possa volergli nuocere – paternalismo da uomo-forte di stampo sudamericano); ma perché ciò farà esattamente il gioco di chi sta cercando di esasperare sempre più il clima da contrapposizione e scontro nei confronti del diverso, in vista di una sua totale messa al bando perché – colpa di quest'ultimo, certo, e cose del genere ne danno ovviamente la misura – sempre più pericoloso e perciò da isolare, foss'anche combattendo (germe di totalitarismo di stampo più occidentale, seppur temperato da quella che pretenderebbe di essere la moderna società civile, basata su economia di mercato, progresso e democrazia). In altre parole, un episodio come questo si rivela perfettamente funzionale a strategia che miri, in nome di una sicurezza nazionale, di tutti i cittadini (per una malriuscita equivalenza, la sicurezza – e magari anche la privacy – del premier, è sempre la sicurezza e la privacy e perfino l'ingiudicabilità di tutti, purché questo tutti sia un'entità modellata come pare a noi – una democrazia di chi ci piace, e morte a tutti gli altri, ché son malvagi e pericolosi) a scavare un fossato, condannare chi sta di là, combatterlo, infine (magari), metter fuori legge ciò che ci pare pericoloso, diverso da noi e quindi iniquo, sbagliato, dannoso. Per chi? Ma per tutti, ovviamente; in nome degli interessi di tutti.
Non attendono altro, fate attenzione: e ricordate che non è saggio dar loro anche soltanto un pretesto. per far apparire necessario un giro di vite. Il gesto di un tizio che si avvicina nella folla (complimenti al servizio d'ordine) e ti lancia una statuetta sul viso è già la conseguenza diretta e voluta di una regia occulta, un progetto preciso e senza scrupoli, che per tutti vuole il male. Che succederà, adesso?
Serriamo le file contro il maligno, italiche genti. E alle 15.00 c'è Amici, c'è la sfida tra Gimpy il cantante e Agranzia la ballerina.  O per chi non gli piace, alle 20.00 Striscia la notizia, così si ride e si vede la velina nuova che mostra il culo. Efforzaitaliaaaaaaa.

dicembre 10, 2009

I RICORDI 

Mi ricordo, sì mi ricordo, di un tizio che si chiamava Paco.
Uno, un tizio che si chiama Paco se lo immagina col sombrero a mangiar tortillas seduto in terra fuori da una posada. E 'nvece.
E invece era un tizio segaligno e i piedi lunghi, nato probabilmente a Vìzzero Banzarate, con la testa appuntita tipo figura di Modigliani ma più brutta (ovvio), gli occhi come sgradevoli fessure e il kefiah. Sempre sfatto dalle canne e da chissà che altra roba che prendeva.

Alla visita militare c'andò in autostop; quaranta chilometri ripartiti su più macchine, con uno zainaccio pieno di roba dalla dubbia utilità in caserma. Difatti gli fu immediatamente sequestrato, e lui fu zombato ben bene, con tutta probabilità dal serg. Lillo Patacca e dal ten. Nicotra LoSapevo.
Al rito delle impronte digitali rifiutò poi di pulirsi il dito, perché – disse – a lui piaceva stare sporco.

Ora: è vero che questa insulsa rubrichetta finisce sempre per precipitare verso la morte o qualcosa di parimenti rovinoso, ma - in questo caso - che diavolo posso farci, io? Volete voi che un personaggio così non sia morto & sepolto?
E invece è amministratore delegato del CTP, Centro Tegole in Polistirolo (ditta che non lavora granché, invero).
Alle volte - lo dico sempre, lo so - la vita!

dicembre 03, 2009


FAVOLOSA GYTA (O GYTARELLA) IN-MERSI NELLA NATURA PIÙ SILVESTRE ED ATRA. CON POCHISSIMI DISAGI, E ANCOR MENO DISPERSI (FORSE). UN SOLO CASO D'INCENDIO DOLOSO SEGNALATO, SUL PULLMAN (AL CHILOMETRO QUARANTATRÉ)

Partecipa anche tu – meglio se numeroso – e godi appieno della maravigliosa occasione che ti si para inaspettata d'innanzi e te che faresti allora vorresti scansarti? O imbecille, resta lì sereno e prendila pieno, cogliendo il fiore che ti sboccia dinanzi a quel nasone assiro da babbaleo che ti ritrovi! Credi forse che simili casi fortunati crescan sugli alberi? Eh? No, dico; eh? Credi che le persone ammodo vadano in giro dando al primo gamellone che incontrano simili possibilità? Razza di ingrato, ti ci vorrebbe ma di fare un po' di fame. Tsé, la gente.

Questo è l'INTINERARIO veritiero e già confermato, vai sicuro e porta nove
.
Motto della gita sarà: "Attaccati al cazzo. Vedrai conviene"


ore 6.10 (o anche 7.48): ritrovo allegri allegri presso la piazzola d'emergenza dell'OTOSTRADA O-11 altezza del viadotto sul Torrente Inganno, dopo il cavalcavia Malaventre. Le macchine dei convenuti poi restano lì mi pare ovvio anche perché si va tutti insieme su uno/due pullman (se uno, pullman; se due, pulmi – ma che ve lo declino a fare, a voialtri, il plurale latino) della SITA, condotti dai fratelli Topo Sulmona (Topo è il nome, son gemelli). Saluto al sole, come ai bei tempi del fascio e via veloci. Chi non c'è, s'attacca al cazzo, noialtri non siam gente che s'aspetta, ma si tyra dritto. Sempre.

Ore 7.59: i partecipanti e i convenuti in genere scoprono con gioja che sopra un veicolo l'animazione è tenuta da Padre Poiana e, sull'altro, da Suora Mobile. Ormai è tardi e le porte son sigillate col Saratoga, quindi chi poteva preferire Suora Mobile o viceversa può ancora una volta attaccarsi al cazzo. Inizio dei convenevoli e dei diversivi per far apparire men duro il viaggio, con canti della guerra di Libia e giaculatorie a favore di S. Zanobi da Strada, il povero santo che fu stiacciato dalla SITA mentre predicava ai coni segnaletici e per questo siam sempre forzati a nominarlo quando si monta su un veicolo di codesta spett. ditta. Proprio in virtù di un malcelato quanto sacrosanto senso di colpa, i due fratelli Topo si commuovono, e piangendo laGrime copiose vanno a tamponarsi l'un l'altro, costringendo il gruppo ad una sosta forzata per un simpatico cambio gomme e sostituzione dell'albero motore

ore 12.14: dopo il tempestivo soccorso dell'ACI, che conclude il suo sopralluogo dicendo a tutti di attaccarsi una volta di più al cazzo, i partecipanti sono comodamente stipati sul pullman meno danneggiato tra i due, mentre l'altro è dato alle fiamme e gettato dal cavalcavia sul fossato Daitarn per meglio nascondere eventuali prove. Canti a San Giobatta, San Gaspare Minoritario ed inni della resistenza repubblichina a gò-gò. Padre Poiana comincia a spargere coriandoli sugli astanti, in festa.

Ore 12.16: Padre Poiana viene abbandonato in prossimità della galleria Renitenza, e il comando supremo è assunto da Suora Mobile, che decide d'imperio di andare a visitare il Monte Pipone, così noto per l'instabilità del suo clima. Alle proteste dei partecipanti la giuocosa suorina risponde pia che s'abbiano tutti quanti ad attaccare al cazzo, ora che Padre Poiana è morto il comando si faceva che lo prendeva lei, del resto c'era anche scritto sullo statuto quindi per me potete tutti trasformarvi in cani da zibetto.

Ore 14.02: eventuale sosta per ripulir dai rimessaggi dei presenti, sconvolti dai tornanti e dalla guida sportiva dei fratelli Topo, i quali alle rimostranze del gruppo rispondono in coro che s'abbian tutti quanti ad attaccare al cazzo, non c'è tempo da perdere, nella vita, vi ci vorrebbe un po' di guerra. Ripartenza allegri allegri.

Ore 15.51: arrivo alle minacciose pendici del monte Pipone, il massiccio dove la fauna locale è stranamente ostile & bizzarra. I convenuti vengono fatti scendere a forza e condotti presso la locale guida Mallio, la quale (pur essendo Mallio nome da uomo, il nome guida è femminile, onde il dilemma grammaticale sì abilmente risolto) condurrà il gruppo alla visita delle seguenti attrazioni:
- casa natale del Petrarca ad Arquà (in realtà casa di su' cognato a Falterona Val di Zeppa, alle falde del summentovato monte);
- Monumento agli eroici lavoratori della merda (a rinvedire i fasti della INDIM – Industria per l'Impastamento della Merda – già settore trainante della cittadina di Spruzzo, oggi ingiustamente messo fuorilegge dalle ineffabili norme igieniche odierne);
- escursione (obbligatoria) per impervî sentieri boschivi, con la possibilità o la quasi certezza d'essere attaccati dai locali lupi, bestie ferocissime ma molto aggressive che d'istinto dispregiano chiunque osi avventurarsi presso i loro luoghi, specialmente ora che sono in cova (?) tra i fiori (che come ben si sa, ci parlano, e noi duri).
Il tutto (per i sopravvissuti) con severissima interrogazione finale, seguendo l'antico adagio pedagogico chi non sa s'attacchi al cazzo.
Suora Mobile si commuove alle domande che nostalgicamente ricordano il povero GianGaleazzo Ciano, eroe di Crimea.

Ore 18.00: ripartenza con sosta obbligata all'autogrill “ERNIA”, ove chi vuole (tutti, e non è vero che la ditta c'abbia la percentuale) può (deve) consumare un agile pasto a base di:
Orso alla zingara
Cavilli del notaro in fiamme
Dolcino di macerie & pan di spagna mantecato alla demidoff (il famoso cuoco che mise a punto la cottura per combustione spontanea nella merda)
il tutto innaffiato con dell'ottima aranciata sanguinella dello zio Nerbo, che ci sta sempre bene.
Prezzo € 28,55 (IVA a parte, aliquota simpaticamente a sorpresa). A chi non stesse bene, può comodamente attaccarsi al cazzo e portar nove.
L'ostensione dello scontrino pria di poter risalire sul pullman è soltanto per scopi puramente statistici (chi non ce l'ha resta lì ad ingrassare i vermi).

Ore 20.45: fine INTINERARIO e rientro allegri allegri presso la piazzola d'emergenza dell'OTOSTRADA O-11 altezza del viadotto sul Torrente Inganno, proprio in tempo per il posticipo serale Bombacci FC-Cozzolino sul Caimano, ovviamente a casa vostra e a vostre spese. Qualora parte dei veicoli non fosse presente (o in condizioni diverse da come questi erano stati lasciati), codesta spett. ditta dichiara di non aver responsabilità alcuna e di non voler assolutamente sentir parlare di rimborsi, cause, od altre amenità, ma anzi, v'avete tutti quanti ad attaccare al cazzo.

dicembre 02, 2009

CONSIDERAZIONI SPARSE (DETTATE DALL'APPREZZAMENTO DEL SILENZIO E DELLA TRANQUILLITÀ - OVVERO: GODI FINCHÉ PUOI, DISSE LA CICALA)

Vorrei esser nato americano solo per dire che ero connazionale di Carver e John Steinbeck.

A proposito di Steinbeck, credo che Furore sia uno dei libri più belli che siano mai stati scritti.

Quando dico che i più grandi scrittori di oggi sono scrittori americani, non intendo dire in senso assoluto. Semplicemente, gli Stati Uniti sono per il XX secolo quello che la Francia è stata per il XIX. E la comprensione del proprio tempo è maggiore, più profonda e completa presso un individuo che vive esattamente nella realtà che – appunto – tale tempo rappresenta.
Essere qualcosa come il centro del mondo, per tutta una serie di motivi, porta con sé tutta una serie di conseguenze e situazioni, non ultimo un maggior numero di idee contraddizioni e forze centrifughe, che è dire anche di istinti e vitalità, siano essi contro o inseriti.
Il Novecento è stato la luce che all'alba si rifletteva sulle skyline; è l'energia che veniva prodotta (oggi: importata – ma poco cambia, da questo punto di vista) e sprecata; è tutta quella congerie di persone che si rende massa in nome del progresso; la Società che esiste per perpetuarsi in un moto continuo assolutamente fine a se stesso, destinato a degenerarla – cosa che sta appunto avvenendo per il XXI secolo e che ci porta a notare come tutto sia valido ancora allo stesso modo, ma con in più il fascino dell'essere in piena decadenza, un ombelico del mondo che ormai è ventre molle, vendutosi ai terzi e ai quarti perché ormai son solo i soldi ciò che fa forza. Ma spesso è nella decadenza che molte cose luccicano di più, e l'arte non tiene certo dietro al predominio economico.
Questo è il mondo dell'oggi e dell'immediato ieri: e chi meglio di uno scrittore americano, che quel mondo concretamente vive nel quotidiano, può comprenderlo e illustrarcelo? Flaubert sta all'Ottocento occidentale come Cormac McCarthy sta al Novecento, occidentale e non.
Perché tutto il mondo è paese ormai, e gli stipendi irragionevolmente gonfiati di altisonanti top-manager contribuiscono a far sì che dall'altra parte del mondo un poveraccio qualunque indirettamente aderisca ad un'organizzazione terroristica e cerchi di far saltare qualcun altro. Viva la globalizzazione. 

Mi sono accorto che nel pezzo qui sopra, ci sono due indirette citazioni cinematografiche. Si pensi, alle volte, la vita. 

Mastella & co.: Il fatto che ancora oggi il trasformismo sia un costume così diffuso e "scontato", a livello politico, dà la piena misura di quanto poco questo paese si sia evoluto rispetto ai suoi esordi repubblicani. Chi tra noi ricorda Agostino DePretis?

La cronaca nera è la storia del popolo, che se ne bea e si crede pure umano e interessato. Molti ci speculano sopra. 

Secondo uno studio condotto nell'anno 2008 a Strasburgo dall'Istituto Europeo per la Statistica, il 90% delle persone che posseggono un SUV sono stronzi senza perdono, e come tali si meriterebbero d'esser trattati. 

Sarebbe necessario che Giovanni Verga fosse fatto leggere (anche forzatamente) al di fuori della scuola, che tanto in quegli anni i ragazzi non capiscono un cazzo. Quel che intuì riguardo al ciclo dei vinti vale quanto il pensiero dei classicamente più quotati filosofi europei del passato. Senza che questo sminusica i filosofi europei, beninteso.

Penso che appena mi sarà possibile farò un salto all'Università dove mi sono laureato; entrerò (se ancora sarà possibile – o tutto si è così squallidamente trasformato in scuola superiore da non poter nemmeno più entrare per via del controllo dei bidelli?); farò due passi, mi metterò un attimo appoggiato al banco della biblioteca e poi seduto in una sala di lettura.
Dubito però che potrò prenotarmi per il ricevimento affiggendo un foglio alla porta dell'ufficio del professore, scrivendoci “Bozzone” o “Giorgio Chinaglia” o “Pia Fisiotera” e rimaner lì per sghignazzare quando arrivano le solite appiccicone e leggono e non capiscono e si segnano sotto, scocciate perché non son le prime.
O che potrò guardar l'orario delle lezioni affisso in bacheca.
Forse si fa tutto tramite posta elettronica, oggi. O a lezione comunque il professore ti conosce per nome e ride e scherza con te, e poi segna sul registro quando ti ha interrogato.
Ma pace, dopotutto: prenderò un caffè alla macchinetta nell'atrio (sarà possibile solo con un badge?), e magari – se sarò pure sfortunato – ci incontrerò Batacchio, che ai suoi tempi era proprio un bel personaggino, sì. Ma no: anche lui sarà morto, vedrai.
Una buona notizia, o quantomeno: meglio lui che io. Lui e i suoi pantaloni di pelle...