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gennaio 29, 2010

IL VOSTRO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO PENSA A VOI! SEMPRE, IN OGNI MOMENTO! VOI SIETE IL SUO UNICO ED OSSESSIVO INTERESSE! LUI VUOLE IL VOSTRO BENE. E IL SUO ANCHE, CERTO, MA LUI È UNO DI VOI, QUINDI TUTTO TORNA, NON STATE A FAR DOMANDE. RIPONETE LA VOSTRA FIDUCIA IN LUI. LUI È PIENO D'AMORE. DA QUANTO NE HA DENTRO, DEVE PERIODICAMENTE DONARLO. E ANCHE PER QUELLO LO VOGLIONO INCASTRARE. MA LUI NON DEMORDE, E CONTINUA A PENSARE A VOI E AL VOSTRO BENESSERE.

Per questo, dopo aver fatto approvare la legge sul processo breve – solo per nominare l'ultima tra le belle trovate – è passato a risolvere l'annoso problema che fa, da sempre, e ogni giorno di più, dell'Italia un paese con gravi, gravissimi problemi, agli occhi del mondo intero.
GLI IMMIGRATI.
Sì, caro cittadino, perché il problema dell'Italia (così come quello di Palermo era il traffico – Johnny Stecchino docet) oggi come oggi, sono e restano GLI IMMIGRATI!
Per migliorare questa incresciosa situazione, il Presidente del Consiglio ha anche coniato un efficacissimo slogan, a meri fini di consenso popolare:
“Meno immigrati, meno reati”
(Perché no allora Berlusconi c'hai rotto i coglioni? O anche Alfano pigliacelo in mano? Brunetta schianta in fretta?)
A questo interessante e quantomai veritiero slogan faranno rapidamente seguito tutta una serie di provvedimenti volti a colpire il neo, il male, il cancro di questa nazione, meritamente stangando coloro che qui vengono a rubarci il lavoro ah no a rubarci il lavoro no giusto, sennò non sarebbero tutti delinquenti insomma via ci siamo capiti, lorolì, sì, che vi entrano nelle case, depredano la vostra proprietà e minacciano la vostra incolumità, zavorrando intollerabilmente l'economia nazionale che altrimenti certo avrebbe già ripreso - mercé la tua infallibil guida - tutta la sua inarrestabile baldanza, facendo veleggiar la nostra cara nazione ben al di sopra della nera crisi in cui le sinistre internazionali, con la loro politica d'odio & micragne avevano precipitato il mondo.
Grazie, nostro Presidente, grazie!
E grazie anche per incoraggiare forme di devozione popolare (sì, un po' come Santa Madre Chiesa) verso di Te, con l'uscita del meraviglioso libro Noi amiamo Silvio, che racchiude tutte le magnifiche Tue gesta misericordiose e i Tuoi miracoli (tra cui quello di apparire sempre più giovane in ogni foto, e questo solo grazie al mistico strumento “photoshop”, i cui benigni risultati fanno ancora una volta di più prova della tua natura semi-divina - a noi poveri mortali al massimo è concesso di trarre una foto in seppa da una a colori!).
Sì, Presidente: grazie! Sei troppo per noi. Perché non ascendi al cielo ed eviti di sprecare tempo a giustificare il tuo operato, come nel caso del nuovo articolo di Panorama in cui un “giornalista” da te peraltro stipendiato ha ricostruito il sedicente complotto eversivo delle toghe rosse di Bari secondo cui ad esempio la D'Addario sarebbe stata già da loro prezzolata e introdotta a Palazzo Grazioli scientemente, per incastrarti e farti la pelle una volta per tutte! È gente senza amore, che vuole solo il potere per se stesso, per mettersi al riparo da tutte le brutte cose & tutti i compromessi che ha fatto in passato, decidendo quindi cos'è bene e cos'è male, facendo prosperare le proprie aziende e i propri interessi, nel contempo badando a metter bene le mani sul paese, in vista dell'instaurazione di un nuovo ordine definitivamente fondato sul denaro, sulla gerarchia e sui furbi, magari incoronandosi capi supremi in una repubblica di stampo fortemente presidenziale che riconosca il fatto che lo stato è esclusiva proprietà del sovrano, che legifera a suo esclusivo beneficio attraverso un manipolo di tirapiedi inconsistenti ma privilegiati, con nessun altro obiettivo se non quello di perpetuar se stesso nel suo feudo, dove mai non cascano nemmeno i capelli (al sovrano, che è il più furbo).

E pensare che c'è chi non la pensa come Te.
No, nostro Presidente: a tutti loro, attendendo frementi il giusto castigo urliamo:
Meno male che Silvio c'èèèèèèèèèèèèè

gennaio 28, 2010

Gli efficaci rimedi di Suor Giorgio®

Forse non tutti sanno che per realizzare un terrapieno come dio comanda (tra l'altro, Dio comanda un terrapieno? Ciò, oltre le solite dieci cose che poi gli uomini solitamente disattendono pur facendo bella mostra di inchinarsi e di seguire? Quante cose comanda? E questo no, e quello nemmeno, e tu partorirai con dolore, e la manna dal cielo e i terrapieni, oh! Ma allora? Già uno va a lavorare) è mandatorio recarsi a Denghe sul Manico, muniti di regolamentare ruspa e n. 3 camî vuoti. Qualora non si possedessero il patentino di guidatore di ruspa e/o di geometra di cantiere, può esser sufficiente un'orazione a Sant'Inferio Martire (colui che sopravvisse ai rigori dell'inverno russo pur trovandosi a Cagnes-sur-mer, Côte d'Azur), con cui agilmente si può aggirare ogni ostacolo e lungaggine di tipo burocratico/legislativo. La terra di questo ameno sito, localizzabile (ma solo nei giorni feriali – altrimenti è a Ceriano Laghetto) nella Cappadocia inferiore, è particolarmente adatta per i terrapieni, forse perché di derivazione neo-cretacea con rimasugli argillosi e anche un po' di pangrattato (misteri della scienza), e chi vi si reca ha la certezza di poter scorgere (e magari di caderci) nel paesaggio tutta una serie di profonde voragini lasciate a simpatica testimonianza di chi prima di voi si è recato a prelevare la propria porzione di terreno per costruirsi il proprio terrapieno, al di sotto del quale ha fatto certamente scorrere il putrido fiume di liquami che ha come sorgente la fossa biologica a cui il costruttore dello stabile di residenza s'è scordato di dare uno sbocco, per fini squisitamente di risparmio (suo). Il lato positivo della cosa però è che tutt'intorno fiorisce una optima (ottima fra le ottime, razza d'ignoranti) coltura di erbacce rigogliose e zanzare muschiate.
Di per certo, ciò è il motivo che spinge anche voi a Denghe sul Manico, razza di pidocchi che per risparmiare sui permessi avete messo tutto in mano all'impresa edile Carmelo Batrace & Nepoti, quindi ben vi sta.


Il metodo migliore per viaggiare, esperendo veramente il mondo nella sua totalità, è costruirsi una pagoda di stecchini Shangai + pece di Boemia, e lasciarsi trasportar dalla corrente. Così tra l'altro fece San Giddap, che ebbe quindi modo di vedere in consapevolezza gran parte della Piana dei Vajoni, Monbrucche e Costantinopoli di Mendrisio. Nonostante avesse avuto poi a dire che eran tutti posti di merda, il Papa Buono® lo fece santo, anche – sostengono i suoi detrattori – per tragico scambio di persona con San Rèndimelo, che invece aveva appena convertito l'intera popolazione dei Cìmmeri, notoriamente atei & bestemmiatori.

Giacciono forse nel vostro frigorifero avanzi e rimasugli di cene ammezzate, piatti che nessuno ha voluto finire, tocchi di formaggio lì lì per muffire, carne rinsecchita e tutt'altro che invitante, verdure in cui presto si spanderà la marcescenza? Nessuna paura, pecorelle! Prendete tutto lesti e fischiate d'ogni cosa nel sacchetto della spazz cioè no volevo dire accendente un degno fuoco sotto a una degna padella e fate appassire le verdure rimaste, con un filino d'olio da macchine (più digeribile e originale rispetto al tradizionale olio per capelli con cui certo usate friggere voialtri). Aggiungete su su gli avanzi, siano essi crostini vinchi o mollacchioni, pezzi di gruyère scipito, ali di pollo alla buffalo's, turnedots alla rossini che il recente ospite ha rifiutato adducendo il discutibile motivo che lui/lei è vegetariano/a. Abbassate la fiamma e nel frattempo pregate un po' san Pivot della Mabo, che certo male non vi fa. Innaffiate il tutto, per mascherare gli eventuali difetti di cottura, con abbondante salsa di pomodoro, magari due ulivine di numero, prezzemolo a piene mani e tre-capperi-tre. Lasciate freddare e invitate di nuovo il/la disgraziato/a che la volta scorsa v'ha fatto sprecare tutto questo ben di Dio. Dite lui/lei che è tutta verdura cotta a vapore e rimettetegliela sotto. Qualora subodorasse una qualsivoglia truffa, prendete la gomena che certo terrete a portata di mano e legatelo/a alla sedia; indi, con l'ausilio d'un imbuto del 16 (e di una caviglia da marinai se la trota/il sarago non collabora), assicuratevi che apprezzi la vostra arte culinaria, altro che vegetariani, se gli animali volevano che non si mangiassero ce l'avevano a dire, no? Avviso: qualora la cena fosse stata fatta con secondi fini di natura lubrico-lumacoso, probabilmente la parte della corda andrebbe omessa.

Se vi metteste a pregare un po' Sant'Eufemia, forse (magari no) lo scaldabagno smetterebbe di soffiarvi contro minaccioso ogni volta che v'avvicinate per accenderlo o anche solo per guardarlo. Ciò, tra l'altro, ci porge anche comoda occasione per consigliarvi il più efficace rimedio contro gli scaldabagni ostici & riottosi a' vostri voleri: far la doccia con l'acqua diaccia, rammolliti che non siete altro. Il disagio fortifica e predispone alla santità e alla meditazione, specie su quanto siete stati malaccorti ad acquistar lo scaldabagno alla CE.SC.I (Centro Scaldabagni Infidi).

Sapete che a Valencia c'è il Graal? Pensate un po': tutti l'han cercato per secoli e secoli e invece ERA L



Ì. Non è ganzo abbestia? Che poi sta lì, dietro una teca, con padre Capra e padre Ermellino che ci pregano davanti. E stanno lì a giornata, invece di giocare al totocalcio, come fanno tutti gli altri a Valencia (non sarà un rimedio, ma mi pareva lo stesso una cosa importante da dire, no? Se si veniva a sapere qualche anno fa magari Dan Brown non scriveva il Codice da Vinci e il bolso Tom Hanks non faceva il film omonimo. Alle volte, a cosa porta l'ignoranza! Preghiamo sempre San Genni Monocorde che questa sia sconfitta)

gennaio 27, 2010

Pensavo che non avevo ancora cominciato a vivere davvero. Mancava sempre un tassello, come se la propria vita non fosse che un mosaico, una serie di pezzi incastrati uno nell'altro, e tu arrivi in fondo alla scatola e scopri che ne mancano uno o due, e il puzzle ti rimane incompleto, tuo malgrado. Fosse solo un lavoro di ricerca e quando alla fine hai tutti i pezzi, la baracca cominciasse a funzionare! Perché magari quel che manca poi lo trovi – la cara e vecchia arte di arrangiarsi – ma allora scopri che qualcosa di quello che già avevi è scomparso, se n'è andato, volato via, forse rubato. Qualcuno aveva detto che gli altri pezzi sarebbero stati fermi, nessuno ci avrebbe messo mano?
Tu prova a tenerli fermi; difendili dagli altri e termina il mosaico, perfetto, tutto a posto, un'opera d'arte, davvero, mettiti seduto, rilassati, un bel respiro.
Non c'è nessun click, e niente si mette a funzionare meravigliosamente, come per magia. Nessun ingranaggio incantato, nessuna porta per il paese dei balocchi, nessuno specchio che si apre.
Ricominci da capo, e cerchi l'errore; non c'è; riprovi, magari scopri che se non credi in quel che fai, niente ha valore, e le strade sono due: o ristagni nel rancore di qualcosa che ti manca mentre fai qualcosa in cui non credi o sei ridicolo, in altre parole vivi male. E continui a cercare, l'interruttore ci sarà, m'illuminerò a giorno la vita, tutti i miei cerchi saranno ovali perfetti, basta che metta quello là, setti x a meno quattro, sposti il pedone in a4, compri questo o quello, dica una preghiera, faccia cose, veda gente.
Niente da fare, direbbe Estragone dandosi per vinto, mentre soggiunge Vladimiro, il quale a rincarar la dose aggiungerebbe che comincia a crederlo anche lui.Di tutto questo – giuro – ne ero consapevole; ma mi serviva così a poco, mentre attendevo che il tempo mi trascorresse addosso, fissando il vuoto o qualcosa che ne faceva in qualche modo le veci, come un genitore che firmava le tue giustificazioni, fin tanto che non cominciavi a far da te, perché pensavi di potere o sapere fare meglio. Eravamo entrambi ancora lì, io e tutti quei minuti, lenti, inesorabili, sudati. Si può sentire lo scorrere del tempo? E se sì, è possibile rendersi conto di quanto lo stiamo sprecando in posti che non meritano la nostra permanenza, in cose che non dovrebbero assorbirci, in situazioni poco areate, buone per farci appassire o poco più? Qual è la giusta direzione?
E perché le idee migliori vengono sempre mentre stai cacando, o quando sei nel letto e hai già spento la luce?
Poi non ritornano, sapete.
Prendi un foglio e una penna, e ci sarà il niente.

Torna a letto, spegni la luce e aspetta.
Verrano tempi migliori, sì.
Perché ancora non avevo cominciato, a vivere davvero. Dovevo solo smettere di pensare che ci fosse quello stramaledetto click, quella sequenza di note che quando la suoni, poi compare un personaggio e tutto s'aggiusta.
Perché non c'è niente del genere, capisci?

gennaio 12, 2010

E così mi toccava terminare Milco.
Purtroppo non c'era niente da fare, erano le regole. Non che, a ben pensarci, mi toccasse granché. Il fatto comunque era che, quando ti indicavano a chi toccava, dovevi semplicemente fare il lavoro, comprenderne pure le ragioni ed esser felice. Se si faceva parte dei Cavalieri per un Mondo Migliore, come ci chiamavamo tra noi, non potevamo avere esitazioni: c'era da riportare il mondo su una strada accettabile e giusta, una strada che aveva perso da chissà quanto tempo, soltanto in nome dei soldi, delle macchine a sproposito, di logiche lavorative basate su apparenza conoscenza e privilegio, di sete di successo e lusso fini a se stessi, di più forte sul più debole come norma. Dette così, parrebbero bazzecole da libri di sociologia. E invece, provate a far sì che questi siano i punti cardine che guidano la vostra vita di tutti i giorni, e senza accorgervene vi ritroverete un mondo veramente di merda. Ciò che appunto è successo, e nemmeno ci facevate più caso.
E qui siamo arrivati noi.
Siamo una società segreta, un'organizzazione criminale, una loggia deviata – e stavolta deviata dalla parte giusta, e non avremmo lasciato distruggere il posto in cui vivevamo stando soltanto a guardare il potente di turno che lasciava scaricare gas tossici nell'atmosfera soltanto per far scarrozzare l'amichetta di trent'anni più giovane a farsi i capelli. Tra l'altro.

In ogni caso, saremmo dovuti partire dal piccolo, dal singolo, dal signorotto di zona; poi, non appena i nostri ideali si fossero saldati al popolo e da questo avessimo ricevuto appoggio ed entusiasmo, saremmo andati inevitabilmente a crescere, salendo su, su e ancora su, finché saremmo giunti agli amministratori locali, ai figli di papà, ai primi papaveri mediolocati - i papà, appunto, agli uomini d'affari, ai politici nazionali. E lì sì che sarebbe venuto il bello.
Nel frattempo, c'era Milco. Milco - si chiamava proprio Milco - lo conoscevo perché eravamo stati ragazzi insieme, e di lui negli anni in cui il male ancora non si manifesta (o per lo meno, si manifesta assai di rado), sostanzialmente ricordo quando cercava di farmi diventare tifoso della Juve.
Francesca mi diceva:
“Dai, diventa della Fiorentina!”
E Milco:
“No, della Juve!”
E l'altra:
“No no, nella Juve c'è Cabrini, e a Cabrini-gli-puzzano-i-calzini. Della Fiore, della fiore!”
Avevo sei anni, ma a me Francesca piaceva. Poi si è sposata con un altro, ma insomma all'epoca mi piaceva, e ciò senz'altro rientra nelle ingiustizie del mondo che avrei contribuito a sanare come Cavaliere per un Mondo Migliore, numero 43. Ma tant'è; e all'epoca Milco, con l'aria dimessa che lo contraddistingueva, disse:
“Dai, diventa della Juve, tanto a tutti i giocatori gli puzzano i calzini, dopo aver giocato”
Diventai della Fiorentina, ma insomma, non è questo il punto: aveva una testa tonda come un palloncino, capelli gialli che la ricoprivano per tre quarti, e via discorrendo. Gli anni erano passati e lui aveva ardentemente sostenuto il Cavaliere nell'ormai lontano 2004, faceva il manager all'ombra del paparino alla Smotorizzazione Sbrenna snc facendo la cresta sul dividendo ed evadendo buona parte delle tasse in nome d'una creatività nella finanza tutta sua, guidava un bel gippone nero e vestiva orride scarpe di Gucci e quel giacchetto carissimo che tutti gli idioti esibivano come fosse un vanto. Non sapevo se era un patito di Maria de Filippi e andava in vacanza a Ibiza, ma tanto mi bastava.
Sarebbe toccato a lui, senz'altro indugio. Milco. Altro che amici d'infanzia; nome del cazzo, Milco.
Il mondo era da cambiare. Dopo, ci saremmo ritrovati tutti amici, magari. Chi restava.
Chi lo meritava.
Quindi.
Quindi armai il caricatore e indossai la divisa da iena d'ordinanza. Ripassai il mio versetto della Bibbia (eravam tutti cinefili, noi Cavlieri). E via, si andava in scena.

gennaio 08, 2010

Ad Anacleto Mitraglia lo prendon tutti in giro. Un po' perché si chiama Anacleto Mitraglia, il vicino-umanoide di Paperino, un po' perché è Anacleto Mitraglia l'arfasatto, e se su una strada completamente sgombra c'è una merda, lui la pesta. Non ha mai avuto una ragazza, abita coi genitori e lavora come copista/fattorino nel laboratorio d'ingranaggi del dott. Sbrana, sito a Raggera Montajone (PRO).
Dopo il lavoro, Anacleto Mitraglia va a riprendere la macchina che ha lasciato nel parcheggio, posteggiata a lato di uno dei viali d'accesso, in senso contrario rispetto al senso di marcia. Si struscia sulla rete che divide il parcheggio da un campo da calcetto, ed entra dentro. Mette in moto e (la mattina pioveva) il tergicristallo parte. Mentre fa un metro in avanti, nota un foglio di bloc-notes, scritto a mano, che viene trascinato su con la spazzola. Chi è che mi lascia un biglietto sul parabrezza, si chiede Anacleto Mitraglia, e nel tempo che impiega per spengere il motore, scendere e arrivare a sfilarlo, già ha imbastito romantiche storie sulla misteriosa stangona castana col foulard imitazione Yves Saint-Laurent e le sneakers marroni, che lascia la sua utilitaria nello stesso parcheggio tutte le mattine, più o meno alla stessa ora, o a vecchie compagne di scuola che hanno scoperto per caso dove lui lascia la macchina e gli hanno voluto lasciare un intrigante biglietto. Ci sarà senz'altro un numero di telefono e una firma misteriosa, foriera certo di chissà quali frizzanti avventure, pensa Anacleto Mitraglia. Sfila il foglio. Ehi, c'è proprio un numero di telefono, nota un po' su di giri Anacleto Mitraglia, mentre rientra in macchina, chiudendosi dietro il pesante sportello - guida una Golsdragen Tubo, macchina che può vantare gli sportelli più pesanti in commercio (ciò deve essere utile a qualcosa, vuoi in termini di consumi e/o di sicurezza, ma Anacleti Mitraglia ragionevolmente non ne può avere la certezza). A seguire il numero di telefono, in calligrafia un po'  sgraziata e tremolante, c'è l'avvertimento: telefonare ore 20. Chi può lasciarmi scritta una cosa del genere, si chiede Anacleto Mitraglia, e nel frattempo continua a spaziare con la mente alle sue avventure galanti delle superiori, a quella ragazza che guardava entrare nella tal classe in compagnia delle amiche, all'altra dietro la quale si struggeva mentre lei stava con Eitienne, all'altra ancora che seguiva quel corso all'università (che poi Anacleto MItraglia ha lasciato perché i professori non capivano il suo genio). Alla stangona castana col foulard. A un'altra che lavora al forno di fronte al suo laboratorio.
Poi, Anacleto Mitraglia comprende.
Ehi, si dice, ed esce dall'auto. Fa il giro e si ritrova davanti al paraurti, lato passeggero. Il fanale è completamente rotto, e dal paraurti si è staccato un pezzo di carrozzeria, che lui immancabilmente ha finito di sbriciolare passandoci sopra quando ha fatto quel metro, prima di accorgersi del foglio che vorticava sotto il tergicristallo.
Anacleto Mitraglia saggia con la mano il danno, e gli ci resta pure un pezzo di vetro che era rimasto attaccato al fanale. Poi, rientra in macchina e parte.
Però pensa: brava persona.

La sera, dopo le venti, come indicato sul foglio, Anacleto Mitraglia prova a chiamare. Il numero non è esistente.

Anacleto Mitraglia dice a se stesso, ad alta voce:
"vita del cazzo".
Sua madre lo sente, e risponde:

"Come dici?"
E lui:
"Niente, lascia stare".
E nel frattempo ripensa alla stangona castana col foulard di Yves Saint-Laurent e le sneakers. O alla sua compagna di classe, che - Anacleto Mitraglia ricordava - abitava lì vicino.
Domani è un altro giorno.
Faran cencinquant'euri.