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giugno 26, 2005

ARTICOLO UN PO' LUNGO, MA INTERESSANTE...


“La REPUBBLICA”, OGGI – L’IMPORTANTE È CHIAMARSI DOCTOR: COSÌ MANAGER E POLITICI ARRICCHISCONO I LORO BIGLIETTI DA VISITA. 
Uno degli ultimi “doctor” è venuto a laurearsi col suo elicottero privato: tanto per dire di quale livello sociale parliamo. Molti portano i figli grandi. Qualcuno, ricevendo la benedetta pergamena, si scioglie in lacrime: “L’avevo promesso a papà sul letto di morte”. Hanno almeno quarant’anni, sono uomini di successo, ricchi e molto spesso famosi, tutti divorati da un unico desiderio: tappare quel vuoto sulla parete, che pesa come una vergogna, con una bella cornice d’argento attorno al “pezzo di carta” sospirato, il diploma di laurea di qualche università, senza sottilizzare, va bene anche se ha un nome improbabile come “The Honolulu University”.
Eppure esiste, la Honolulu University delle isole Hawaii, e […] sono ormai decine gli italiani che hanno appeso alla parete il suo degree. Così come esiste la Clayton University, balzata agli onori delle cronache da quando Stefano Ricucci, l’arrembante immobiliarista che vuole comprarsi il Corriere della Sera, ha rivelato di esservisi laureato in Economia. La Clayton non si sa bene dove stia (pare in Missouri, ma sul sito internet dà un indirizzo di Hong Kong), comunque Ricucci non ha dovuto preoccuparsene per andare a sostenere i suoi 18 esami di Bachelor e gli altri 18 di Doctor, né per discutere la dissertazione finale. Si fa tutto in Italia. Comodamente. Senza mai vedere un solo professore americano, senza neppure essere tenuti a pronunciare una sola parola in inglese. Gli esami, a Roma. Solo per la Laurea si va all’estero: nella Repubblica di San Marino. Dove la Clayton, la Honolulu, la Adam Smith University (che risulta sempre domiciliata alle Hawaii) hanno una succursale attivissima, che produce una quarantina di doctor ogni anno. 
Trovare l’ateneo dei ricchi e famosi non è semplice. Il palazzo di vetrocemento esibito sul sito internet è in realtà un condominio direzionale sullo stradone che da Rimini sale alla Repubblica del Titanio, cento metri oltre il confine. Sali al secondo piano, sopra un mobilificio, e suoni al campanello che dice European Institute of Technology. Un corridoio, due segretarie, un’auletta, un bagno e tre uffici, nell’ultimo dei quali trovi il direttore, Aureliano Casali, un simpatico esilissimo sammarinese di 78 anni che fuma sigarette al mentolo, pioniere degli studi di psicocibernetica. L’EIT è figlio suo, esordì nel ’92 con corsi di chiropratica, osteopatia, naturopatia e altre medicine alternative, ma s’accorse presto che l’attività più promettente era un’altra: il brokeraggio delle lauree a distanza. 
“Noi non rilasciamo lauree, per favore lo scriva perché il governo sammarinese è severissimo. Noi mettiamo solo in contatto l’aspirante laureato con l’università americana più adatta a lui”
Perché americana? Negli USA non esiste il valore legale della laurea, qualunque privato può aprire un ufficio e chiamarlo University più un nome di fantasia, meglio se altisonante. Poi bastano una sede, due professori e bilanci in regola, e l’università può pure rilasciare degrees con l’intestazione in lettere gotiche. Tanto il valore di una laurea, negli USA, viene dal prestigio di chi la rilascia. E la Honolulu e la Clayton, […] si sarà capito, non sono proprio al livello di Harvard o Yale. “Noi non promettiamo Harvard”, protesta Casali, “però non siamo neppure i soliti venditori di lauree fasulle. Abbiamo una clientela d’élite, non inganniamo nessuno, chi si rivolge a noi sa precisamente cosa ottiene”. Sa, perché c’è scritto nel modulo di iscrizione, che le lauree di queste “università non tradizionali” che si autodefiniscono open university per distinguersi da quelle con aule e campus e sono poco più che centri di formazione per corrispondenza, non hanno valore legale in Italia, nel senso che un Doctor in Architettura della Honolulu non potrà mai fare l’esame di Stato per diventare architetto, e il Doctor in Economics della Clayton non sarà mai ammesso a un concorso pubblico che richieda una laurea. 
“Ma i nostri studenti non ne hanno bisogno”, sorride Mario Festa, direttore del Campus romano dell’EIT, vale a dire degli uffici di piazza Rondanini dove Ricucci, sotto la sua personale supervisione, ha preparato gli esami. “Non chiedono una laurea per far carriera: il successo l’hanno già raggiunto”. Ma allora a cosa gli serve? Perché spendere dieci o dodicimila euro per un titolo sconosciuto e inservibile? Solo per la vanità di un “dott.” sul biglietto da visita? Anzi neppure quello, perché tutto quello che l’EIT è riuscita ad ottenere dal ministero è che i “suoi” laureati possano fregiarsi, senza incorrere nell’abuso di titolo, del prefisso anglofono “dr”, ma assolutamente non dell’italico “dottor”.
“Non è pura vanità”, spiega Festa. “Pensi all’imprenditore che ha costruito un piccolo impero faticando, lasciando gli studi, e adesso sente la mancanza di un riconoscimento per ciò che ha saputo fare. Pensi al commercialista titolare di un grande studio, costretto a vergognarsi del suo povero “rag” di fronte a tutti i giovani “dott” a cui dà lavoro. Pensi al dirigente di Mediobanca (non è un esempio inventato) che non ha nulla da scrivere davanti al nome sulla targa dell’ufficio…”. Manager, professionisti, politici (“abbiamo fatto laureare tre sottosegretari in carica”) non hanno il tempo, né forse l’umiltà di andare a sedersi sui banchi dell’università di massa, assieme ai ragazzini. Cercano una strada più semplice, riservata, efficiente, veloce. Pazienza se un “dr” non vale come un “dott”: quanti se ne accorgeranno? […]
Qualche volta, comunque, anche un “dr” serve a fare carriera davvero. Certi datori di lavoro s’accontentano della forma. “Molte banche chiedono la laurea per la promozione, e accettano anche quelle straniere. Il direttore della divisione italiana di una grande multinazionale è diventato direttore europeo esibendo una laurea Clayton”. Del resto, è un buon affare: poche migliaia di euro, il costo di una vacanza per i facoltosi businessman che si rivolgono ai brokers di San Marino. “Serve anche un po’ di sforzo”. Sforzo? “Devono pur studiare”. Ah, certo. “Su questo non si transige. Dopo la vicenda Ricucci ci telefonano a decine, vorrebbero pagare e avere subito la pergamena, s’infuriano quando spieghiamo che i libri devono studiarli davvero, almeno per un paio di anni”.
Anche qui, però, non siamo a Yale. L’executive-matricola può mettere a frutto, se ne ha, gli esami di carriere universitarie interrotte, ma soprattutto i suoi “crediti professionali”: essere commercialista, aver fatto un master a pagamento alla Bocconi, o anche solo un corso d’aggiornamento alla Guardia di Finanza può valere uno sconto sul piano degli studi: da una ventina di base, gli esami possono anche dimezzarsi. I rimanenti vertono anche su “programmi personalizzati”, cioè ricalcati sugli interessi e le competenze del candidato. Anche la laurea è una specie di relazione professionale: come Ricucci, che ha fatto la tesi sul mercato azionario, i doctor studiano se stessi. Gli esaminatori, reclutati dall’EIT un po’ nelle università italiane, un po’ nelle professioni (le University si fidano, non mandano neppure un commissario) lo sanno e non esagerano nelle pretese.
Così, è vero, si ribalta il senso dello studio: la laurea non è la premessa del successo nella vita, è il suo coronamento, il suo premio. Ma nel paese delle lauree honoris causa a pioggia, cantanti rock e campioni sportivi in testa, non è forse quello che già succede anche nei nostri atenei più prestigiosi, per volere di rettori ermellinati che si metterebbero a ridere di fronte a un diploma intestato Honolulu University?

giugno 22, 2005

RICONOSCIMENTO ISTITUZIONALE ALLA DE FILIPPI - "AMICI" DIVENTA UNA SCUOLA VERA

ROMA - "In virtù della elevata preparazione e professionalità del corpo docente, del prestigio e dell’ottima rinomanza della scuola, nonché dell’ottimo livello raggiunto spesso dagli allievi, preparati con validi ed esaustivi programmi all’avanguardia nel campo dell’istruzione e della tecnologia, all’Accademia Artistica di “Amici di Maria de Filippi”, è conferito lo status di Scuola a tutti gli effetti".

Con questa motivazione, ieri a Roma, presso il Ministero della Pubblica Istruzione, si è chiusa la cerimonia che ha visto il vero e proprio trionfo, da tempo auspicato da molti, di Maria De Filippi. Alla presenza dei viceministri Guido Possa e Giovanni Ricevuto, dei sottosegretari Valentina Aprea e Maria Grazia Siquilini, oltre che di una vera e propria folla di fans e curiosi, è stata concessa alla ormai famossissima scuola di Canale 5 la facoltà di rilasciare Diplomi legalmente riconosciuti dallo Stato Italiano: si va dal Diploma di Recitazione (equiparato al tradizionale Diploma di Arte Drammatica), a quello di Musica (equiparato a quello conseguibile con alcuni corsi dei Conservatori Musicali), passando ovviamente per l’ambitissimo Diploma di Danza Classica (che sarà pari a quelli ottenibili presso le varie scuole di danza affiliate alla R.A.D. sparse per la nostra penisola).

Scontata la soddisfazione della brava Maria, per l’occasione in un elegantissimo completo chiaro griffato Armani: “è una felicità davvero grande, che premia tutti i nostri sforzi. Ringrazio tutti quanti i miei collaboratori qui presenti, di cuore, e voglio dividere con loro questo premio, che non sarebbe stato altrimenti possibile. Certo, senza dimenticare i ragazzi, vera e propria spina dorsale della trasmissione!”

Per i festeggiamenti, la conduttrice, quasi commossa a fine cerimonia (“ora immagino che dovrei sentirmi come una preside!”, ha dichiarato un po’ impacciata, passando di abbraccio in abbraccio), pare abbia già pensato ad una esclusiva serata-vip, serata in cui farà da anfitrione a tutti i protagonisti di “Amici”. Ancora top-secret luogo e data, anche se, vista l’estate ormai cominciata, è difficile non pensare al celebre Pineta di Milano Marittima, o alla raffinata cornice del Twiga, in Versilia.


 

giugno 01, 2005

Laurea ad honorem a Valentino Rossi - Il ‘Doctor' diventa dottore

Il Doctor, ora è davvero dottore: dopo il cantante Vasco Rossi un altro mito dei giovani e non solo ha ricevuto una laurea ad honorem in comunicazione: il campione di motociclismo Valentino Rossi, da Tavullia. Un titolo che gli mancava. Benché uno dei suoi nomignoli sia proprio "il dottore", Valentino Rossi "dottore" non lo è mai diventato, malgrado una laurea era sotto sotto il sogno di mamma Stefania.

A colmare questa lacuna ci ha pensato la facoltà di Sociologia dell'Università di Urbino Carlo Bo, che proprio questa mattina ha conferito al pluricampione la laurea ad honorem in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni. Il tutto in una standing ovation organizzata nell'Aula Magna dell'Istituto.

Giacca a righe, maglietta, jeans e scarpe da ginnastica, il neo dottore ha esordito con un... "Sono abbastanza emozionato, come sto? La laurea mi rende felicissimo, e soprattutto rende felice mia mamma, che ormai si era arresa..."

"Sono molto contento" ha aggiunto il padre Graziano "responsabile" della passione per la velocità trasmessa al figlio. "Sono stato la causa della sua "dipartita" dalla scuola ed è stata una grande responsabilità portare avanti questo figlio nel mondo delle corse. Oggi la laurea ad honorem cancella questa preoccupazione definitivamente. Valentino, ha preso questa cosa con l'importanza che ha: vuol dire che ha capito che la città, che la gente gli riconosce grandi meriti".

Immancabile qualche luccicone agli occhi della madre, che ha raccontato di essersi arrabbiata con Valentino studente solo una volta, quando prese insufficiente in terza media. Nel parterre anche il cantante Lucio Dalla in veste di professore della facoltà. "Valentino - ha detto - è una grande comunicatore e comunicare è un dono della natura ma anche un dono acquisito"

"Certo che io ho faticato per prendere la laurea: ho dovuto vincere sei mondiali!". Incorreggibile Valentino Rossi, che anche da neo dottore non si smentisce e usa l' ironia per sdrammatizzare le situazioni emotivamente più forti.

In una conferenza stampa al termine della cerimonia per il conferimento della laurea ad honorem in comunicazione ("la prima in Italia in questo argomento", tiene a precisare il rettore di Urbino Giovanni Bogliolo), Valentino si è prestato di buon grado alle domande dei giornalisti che volevano sapere di lui come studente e della sua carica comunicativa. "A scuola - racconta il campione che è arrivato a fare due anni di liceo linguistico a Pesaro, prima di dedicarsi anima e corpo alle corse - la materia che mi piaceva di più era l'italiano, ma anche in matematica non andavo poi così male. Come studente mi ricordo soprattutto l' esame di quinta elementare, perchè alla vigilia mi ruppi il braccio sinistro, e per me che sono mancino fu un disastro".
"C' è sempre una grande pressione prima di un esame - divaga - e anche oggi l' ho sentita, più che alla partenza di un Gran Premio". Qualcuno gli fa poi notare che le sue 'zingarate' con l' amico Uccio sono diventate la cifra di uno stile da sublime comunicatore, che l' ha portato alla laurea.

"Quello è il bello - ribatte - che le cose pensate al bar la sera abbiano avuto tanto successo tra la gente. Forse il segreto è nelle cose vere, fatte per ridere". E la Tv? Come gestisce la sua immagine, l' icona mediatica Valentino Rossi? "Ho pochissimo tempo per me e quando ne ho non ho voglia di fare niente. In televisione non trovo tanti programmi dove poter andare, fare bella figura e soprattutto divertirmi. A me piacciono i Simpson, ma non mi hanno ancora invitato!".

"Nella mia professione - continua - è facile il rischio di sovraesposizione. La gente si stanca, mi stancherei anche io a vedermi sempre lì". Prima di andare via, Valentino si assesta sulla spalla la fascia arancione da neo laureato: "Mi tengo questo colore - se ne esce con un' ultima fulminante battuta - dopo che il magnifico rettore mi ha detto che il giallo è il colore dei cornuti".