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agosto 03, 2007

LEZIONI UTILI: EDILIZIA DOMESTICA
 
Ehi tu! Hai una Dodge del ’74, nera e wendicativa come l’angelo della morte, coi cerchioni in titanio e il serbatojo cromato? O una Pontiac rosa confetto del ’76 con gli sportelli saldati e l’ingresso stile Hazard? Una Cadillac cabrio del ’69 con gli specchietti saldati e il volante in madreperla? Sì? Ecco, allora cambiale; quanti cazzo di chilometri ci vuoi fare, imbecille? Aspetti forse che ti mojan sotto? Che si stacchi una ròta? Testa di cazzo, magari sarà anche dieci anni che non fai la revisione, vedrai se ti beccano gli ausiliarî del trafigo (speriamo mojan tutti) te lo danno loro, te lo danno. Merda.
Comunque sia, anche se tu avessi una SINCA-1000 o anche una NSU-PRINZ (Bräu – ahahahahahah questa io l’ho capita, voi non saprei) magari verde profondo con gli interni pelosi e le tendine dietro, non puoi dire d’essere un omo™ se non hai un posto dove riporla, all’ombra e con tutti i CONFORTS del caso, giusto perché quando c’entri d’estate non ti paja d’entrar nel forno crematorio che – peraltro – di qui a pochi anni t’inghiottirà comunque (è sempre bene ricordarlo, memento mori; polvere eri e polvere ritornerai – speriamo – presto, e via e via).
Solo che... puoi forse tu permetterti una squadra di sussiegosi muratori, col rischio che ti montin tutto a cazzo e controvoglia e quando gli pare a loro, col rischio che poi di lì a poco venga rovinosamente giù tutto solo perché non hai capito in che idioma t’hanno detto bada capo questa struttura noi s’è montata pericolosamente instabile così, tanto perché c’era più d’agio di far così? Non rischiare a vuoto: fàttelo da te, con la magia & il brrrivido del bricolage e la tua proverbiale abilità pei lavori manuali. Poi verrà tutto giù uguale, solo che potrai incolpare soltanto te stesso, o magari la malasorte, gl'avversi numi, o – perché no? – le stelle, nemmen tu fossi un eroe metastasiano, il quale (Metastasio, no l’eroe), giova dirlo, è morto anche lui secoli fa, magari di podagra o anche di sinossi, pace all’anima sua.
Ma qual è la corretta procedura per farsi un bel gazebo/pergolato/copertura per la macchina?
Anzitutto, c’è da scegliere il tipo. Scartati materiali non conformi quali il piombo, lo stagno e le carte da gioco, vi restano due possibilità: il legno o il ferro. Come materiali leganti la scelta è assai più vasta: si va dal DAS alla merda, passando per sostanze acriliche (ma tossiche) quali resine, colla di pesce, chicchini gommosi impastati con la pistola a caldo. Personalmente, consiglio sempre il ferro a “T” combinato con le resine di pino trattate, purché malissimo e con alterigia somma. Quindi, veloci: andate dal ferrajolo più vicino e fatti tutti i conti (che di sicuro sbaglierete) compratevene quanto ne serve, tipo anche 4 pali per lato, di 3 mt. l’uno. Ricordatevi – casomai – di lasciarne aperto uno, sennò col cazzo che ci mettete la macchina, poi. Procuratevi poi un bel martello pneumatico (è facile: basta appostarsi nei pressi d’un cantiere dell’ANAS. Quando l’operajo s’assenta per necessità fisiologiche, repente balzate dall’ombra e sottraete l’ATTREZZO™) e cominciate a far buchi dove più v’aggrada, nel terreno. A questo punto vi saranno di sicuro venuti i dubbi più atroci, riguardo a chi, fra’ vicinî, possa aver chiamato i vigili, così tanto per darvi delle noje. Però tanto ormai ci siete, niente questioni: loro son stati minacciosi, quindi mettetevi all’anima un bel giretto pégli uffici più varî e cavillosi, appurando tutti i vostri sospetti più nefasti. Ci vorrà il permesso della commissione paesaggistica, dei vigili edilizî, del comune; una relazione geologica (in cui si dichiarerà che nel terreno sottostante la nuova costruzione non risiedono sedimenti preistorici tipo celacantidi fossilizzati, ossa di brachilosauro sciupate ma comunque recuperabili, conchiglie estinte ma comunque conservate nell’ambra), nonché un bell’atto del notajo in cui dichiarate (e lui c’è apposta per confermare toh lui l’ha dichiarato qui davanti lo giuro sul canguro fan 5.000 euri e ci sta largo, vòl la fattura? No, sennò sono 6.000) che la vostra intenzione di costruire il gazebo/pergolato/copertura è assolutamente pacifica e piana, e rientra nell’ambito denuclearizzato del vostro comune di residenza. Indi, pagando il tuto, fate passare i due (4) mesi che ci vorranno per la registrazione di tutte le pratiche e ricominciate daccapo. I buchi eran già pronti, quindi partite lesti con la posa dei pali, per la quale è necessario impastare prima l’amalgama di resina (avrete attinto da tutti i pini della zona, raccattando anche diverse multe per violazione di proprietà privata, e un par di morsi di cani) cogli agenti chimici quali Bromuro di Odio, Solfato di Trapasso & Zafferano. Attenzione, perché simil mistura può riescir alquanto indigesta: frequenti sono i casi di gente che ci vomita dentro, in preda all’onco sfrenato. Nel qual caso, nessuna paura: il bolo di rigetto è ottimo legante, e renderà il tutto più compatto, per tacer dell’odore. Mescolate il tutto con sdegno e ferocia, tirando anche frequenti calci al secchio, così, per dar l’idea d’essere indaffarati; indi procedete alla colata che, se non corroderà il ferro messo in verticale, vedrai poi regge. A questo punto, presa una mazza ferrata degna di Czernobog (il dio slavo della vendetta) date folli quanto sonorissimi colpi sulla cima dei pali. Avrete senz’altro visto un film di Bud Spencer: quindi non avrete problemi a farlo; nel caso aiutatevi fischiettando la colonna sonora di Altrimenti ci arrabbiamo. La cosa - confesso - non serve assolutamente a nulla, ma è purtuttavia molto maschia, e in questi lavori la componente virile è fondamentale per la buona riuscita del tutto. Posati tutti i pali, verrete a conoscenza del fatto che alcuni dei vostri permessi non sono più validi (o non lo sono mai stati), giacché le leggi nel frattempo son cambiate. Un solerte messo comunale, verrà a dirvelo, recando seco copia dell’ordinanza comunale 745.12/bis della giunta comunale, firmata dal syndaco Anatresio e dall’arciprete Strozzi-Pipy, che non avrebbe dovuto ma si trovava in loco per un caffè e per parlare un po’ di figa col suo amico syndaco, sicché ha firmato anche lui per aggiungere importanza alla cosa. L’ordinanza recita, testualmente: “Basta coperture”.

Peccato, c’eravate quasi. Avevate anche appena comprato un telo ombreggiante verdone (in tinta con la NSU-PRINZ e/o SINCA-1000) impermeabile e immarcescibile e pien d’anelli di fissaggio per la modica cifra di 1.000 eurini e ci stai largo, al netto di tiranti e ganci d'attacco (altri 400 comodi comodi, purché tutti sull'unghia in contanti guai assegni o cambiali, quelli portali un po' a tu ma', va')?
Ficcatevelo in culo, vi dirà il messo comunale.

D'altra parte, "Basta coperture". Si dev'esser più chiari? Razza d'ingrati.

agosto 02, 2007

Bada, è tanto & assaj che qui non ci scrive nulla nessuno. Grazie al cazzo, ci posso scriver solo io. Che ci mancherebbe altro, poi; che ci vorreste scrivere, voi? Ahahahahaahahahahaahahahahamaorabastaridere. Tampoco non do – cazzo, vi pare dovrei? – giustificazione veruna al fatto che non scrissi più è tempo immemore (badalì che costrutto con ellissi di qualcosa, paio il re del cazzo & della merda di samraimiana memoria), imperocché mi son tirannico, acido ed ostile, nonché borioso com’un tacchino. E vi vo in culo, assai e di gusto. Questo è da tenersi a mente sempre: Arnaut Daniel era quello che cacciava la lepre col bue, scriveva nell’aria e nuotava contro corrente; io per me son colui che vi va in culo. E porta – generalmente – sei; a volte sette, od anche nove, quando gira proprio a mille. Sicché, puppa.
La storiella che mi frullava pel capino in questi giorni però m’imponeva d’esser scritta, perché come tutto il resto che c’è qui (a parte i pynferi, ai quali sto insegnando a giocare a calvin-ball – a quello men nano, perché quello inferiore, ovviamente, per adesso sa-una-sega®) è scipitissima et inutile, oltreché spesso volgare e di cattivo gusto. Così, tra l’altro, m’ha recensito l’Esquire, che è un giornale che se ne capisce, quindi lascia fare. E allora.
E allora insomma mi ricordo di quando fummo ad una cena dove non si conosceva nessuno. Perché non si conosceva nessuno? Perché chi ci portò c’aveva detto che lui conosceva tutti e c’era pieno di PHYAE. Poi non conosceva nessuno nemmeno lui e non c’era neanche pieno di PHYAE, che detta così è come dire – per dirla col Beckett, che di sicuro era più furbo di me che scrivo, nonché certo di chi legge (sempre me, e magari il patzientissimo ciofo, al qual son deferente; deferente o rancoroso, poi si vede) – “allora rientrai a casa e mi misi a scrivere: «è mezzanotte; la pioggia batte sui vetri». Non era mezzanotte. Non pioveva”. Comunque sia dicevo, venne fuori – quando ormai s’era lì – che nemmeno chi c'aveva menato seco conosceva nessuno. Tranne, di vista ma assaj di vista, la festeggiata. Già, giacché la tapina era festeggiata: o di fresco novellamente mestruata, o avea primamente concesso le posteriori intimità al drudo d’ordinanza, non saprei; ma qualcosa avea comunque a festeggiarsi, e sicché ci sarebbe stato d’uopo pure un bel regalo. Adunque vinto l’imbarazzo iniziale, ritti in circolo in fronte all’insegna della greppia mentre tutti si chiedevano “e questi cazzo sono?”, accedemmo al ristorante-sciampagneria-lussuosità “Alfio Diligenza”, ove ci fu facile sedersi in fondo in fondo, pur se da lì ci fu anche prematuro il notar l’orrido quant'amarissimo cimento che attendeva noialtri tutti, come guiderdone alla nostra bravata: nel locale si faceva careoche e pianobar. C’era la pianola, e il tritone d’ordinanza che pigiava que’ tastini, col su’ bel gileino modello Umberto-Smaila-è-il-mio-indubitabile-modello-di-vita. Di lì a poco egli cominciò, e tosto il microfono prese a girare pel tavolo e tutte chi voleva cantare l’ultima di Milva, chi l’ultima di Andrea Mingardi, lanciandosi in gran copia litigiosa sull’ATTREZZO™ tennologico e portandoselo IN BOCCA™, con noi che intanto si scoprì di conoscer uno della tavolata che però ahinoi era pure incontrovertibilmente frustone e quindi al danno c’unì la beffa amara nemmeno c’avesse scritti il Sacchetti. Pare si chiamasse pure Manolo Risaliti, e facesse il professore di buget all'Alberghiera di Pistacchio (prov. di Tifone Infernale).
Metà cena (dopo gli Avariati alla Panna, le Macerie Tarfufate e i Tagliolini alla Garritano), arriva la sorpresa: la festeggiata, tra’ laï entusiasti di tavolata, si fa scoprir suonatrice di pianola e, licenziato il tritone sgargiante s’asside davanti allo STROMENTO™ e ci delizia cor una versioncina di iesterdei tutta instrumentale, di quella che con la sinistra fai gli accordi e colla destra la melodia, o al limite du’ note insieme, per un gustosissimo bicordo. Il tutto mentre il di lei drudo, risibile bietolone dal largo collo e la notevole epa in optima vista nonostante cercasse di sviar gli occhi cor un vezzoso quanto abusato pizzetto alla robybaggiofaccilaeroplano, avea fatto modo d’averci pelle mani l’ARNESE™ di cui sopra e, seduto piantato, cominciava a soffiarci a voce grave e piena, quasi a fare il più molesto sottofondo che mai abbia sentito (a parte la musica di reneobrì o il buddabar, ma 'ste cose sarebbero venute dopo, indi poco conta): “BASTA…”; “FA’ FESTA…”; “ALLORA…”
Be’ momenti, quelli; momenti d’allegro convivio, unico, peccato poi la tisi se li sarà di sicuro portati via tutti, i partecipanti & convenuti, ma io me li ricordo, ah sì, me li ricordo. Tranne noi cinque, ovviamente, che a’ teNpi ci si chiedeva cose tipo occome fanno tutti a averci le PHYAE? E quella sera si capì che bastava fare come il bietola, lì, che era facile, bastava far così. E si fece, seduti piantati anche noi, a esser molesti e magari grassi e cor un lavoro importa
nte. E difatti oggi siamo tutti sposati.
Ame.