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agosto 19, 2010

Stiamo andando verso quel cazzo di posto dove vendono mobili a prezzi inferiori rispetto alla concorrenza (o così dicono loro), e io guido per accompagnare 'sto tizio che veniva a scuola con me, e che ho riesumato controvoglia da una vecchia rubrica telefonica dietro la promessa di una percentuale su quel che comprerà basta che io lo convinca ad andare poi a tutto il resto ci pensano loro, fidati, è gente che sa proprio bene il suo mestiere, il resto lo fanno i prezzi e la qualità capiscimi bene, insomma, tu pensa a fare il tuo e trovarci gente poi si vede.
Il posto è in una qualche piana desolatamente industriale, brutta come solo questo tipo di posti riescono ad essere, e il tizio sarebbe anche andato da solo, com'è nella regola di solito ed era nei patti tra noi due; però si è fatto male ad andare in moto poco tempo prima, e ormai eravamo in ballo, quindi ho dovuto ballare. La vuoi la tua percentuale, o no?
Il fatto che si dovesse – a volte, ma solo a volte, la fortuna ti sorride! – sposare a breve, e che per questo avesse un po' di soldi, aveva senz'altro contribuito a farlo essere lì: il tizio sarebbe arrivato, avrebbe fatto acquisti, io mi sarei preso la mia merdosa commissione e tutti quanti gli ingranaggi della macchina avrebbero fatto il loro consueto giro e tutti quanti sarebbero stati felici e contenti, fino alla prossima volta.
Ricordavo che il tizio era un tipo a posto; se non fosse stato per la mia ritrosia a continuare a frequentar gente che in un modo o nell'altro qualcuno in un dato momento della vita ti ha imposto – possa esser stata la scuola, il lavoro, la chiesa, qualsiasi altro cazzo – avremmo magari anche potuto essere amici. Forse.
Comunque sia, una legge codificata da qualcuno che adesso non ricordo dice che due persone che non si vedono da tanto e che – anche per questo, forse – non molto hanno in comune, una volta che si trovano costrette ad intraprendere una conversazione continuata, finiranno inevitabilmente per cercare un territorio comune.
Ciò - certo - perché l'essere umano tende troppo spesso a disconoscere il valore del silenzio, ma questa è un'altra storia; nel caso in questione, si ponga solo mente a quel che poteva essere.
Ho sempre odiato gli aneddoti scolastici, quelle guasconerie con una finta complicità da giovani pirati, e pacche sulle spalle e ammiccamenti tra camerati quando si raccontano. Ma tant'è.
Ci sono cose che uno odia, no?
Ok, ammetto che io ne ho parecchie; però mi piaceva la storia dei polli nello Yorkshire settentrionale, quindi l'ho ascoltata di nuovo, zitto, e ridendo al momento giusto. A volte sono anche un essere sociale, coi tempi e i modi che tutti condividono.
Arriviamo in Inghilterra; alcuni di noi (me compreso) hanno partecipato al classico scambio con studenti stranieri: prima stai tu da un tizio che nemmeno conosci e di cui t'importa un cazzo e che magari finirai poi pure per odiare, dovendo scrivergli per forza, dopo, qualche letterina, e poi viene lui a casa tua. Solitamente, per alcuni ci scappa qualche storiella e una scopata (per me no, ti pareva?), il tutto parlando una lingua straniera, vuoi mettere.
All'aeroporto ci vengono a prendere i nostri ospiti, con le famiglie, e ci portano alle rispettivi abitazioni. Con gli altri ci rivedremo la mattina dopo, a scuola. Io, il tizio e un altro coglione ci ritroviamo sul furgone di una famiglia di origini gallesi, con due figli maschi decisamente brutti. e una casa presumibilmente grande. La famiglia ha un allevamento di polli, e ce ne parla mentre andiamo da loro.
“Che cazzo hanno detto?”, fa il Coglione, che come suggerisce il nome, una cima non doveva essere.
“Boh, mi pare che abbiano un allevamento di polli piuttosto grande. Settemila polli, mi pare abbia detto”, rispondo io, pensando sai il colesterolo di questa gente.
“Settemila? Io ho capito settantamila”, dice il tizio a cui adesso, con quindici anni di distanza, faccio da autista, “settantamila. Capite? Settantamila polli!”
“Cazzo! Settantamila!”, chiosa il Coglione a bocca aperta, pieno d'estasi.
“Settantamila polli?", dice il tizio, "vi rendete conto? settantamila polli è San Siro pieno di polli, cazzo!”
Io, per me, poi non li ho contati, né m'hanno mai svegliato: l'intero periodo l'ho passato ubriaco cercando di farmi la professoressa d'inglese che ci aveva accompagnato dall'Italia, quindi potevo sapere un cazzo della storia dei polli.
Però mi piace sempre risentirla.
Mi fa sentire uomo.
Io, settantamila polli e una professoressa d'inglese che non ci sta.
Pare un titolo d'un film, cazzo.