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novembre 13, 2009

Pretend that you owe me nothing,
and all the world is green.
We can bring back the old days again,
and all the world is green.
 

Io avrei una domanda, se permette; una domanda che comincia con una storia. Una storia che racconta di...
un circo sgangherato e straccione; un circo di saltimbanchi e acrobati, imbonitori in baracconi e personaggi più o meno usciti da testi di Tom Waits; un circo che esce piano dal buio e su una melodia povera e sinistra va nella penombra – perché è impensabile che un circo così esca dal buio per entrare nella luce, ma questo vien da sé; poi inizia lo spettacolo, e si cerca di attirar la gente con trucchi da quattro soldi, un po' di poesia, meraviglia, qualche canzonetta e il fascino del poco, negli stracci e nelle parole.
A poco a poco le performance si esauriscono, i guitti lasciano i loro strumenti, i loro carrelli, i loro sinistri attrezzi ed uno a uno si defilano. La luce si spegne su ogni postazione - una dopo l'altra restano al buio, che torna ad avanzare nella sala. Gli artisti sono tutti scomparsi, e non si vede quasi più nulla. Noi, gli spettatori che giravano fra i banchi ed ascoltavano le storie, istintivamente li seguiamo, loro che nel frattempo si rivelano messi ai nostri lati, a farci un corridoio verso l'uscita, che rimane l'unico punto di luce lontana. Nel passargli accanto, ognuno di loro mette in mano un foglietto a una persona. Sento la mano di qualcuno nella mia, e non so proprio chi sia, se la lanciatrice di materiali arrugginiti, la peccaminosa, l'agente di viaggio delle quattro tende, la manipolatrice di vecchi ricordi. La conduttrice del cavallo che depone frutta se risolvi i suoi indovinelli. Il tizio che comanda una testa che dà risposte a domande che nessuno ha posto nella scatola. Il nano che ha una bambola più grossa di lui che canta.
Comunque, non possiamo far altro che camminare verso la luce. Poi, ci guarderemo cosa la sorte ha lasciato nel palmo della nostra mano.
Si chiudono le porte; siamo fuori: tutti strizziamo gli occhi, per il fatto di esser tornati nella luce.
Io mi guardo la mano. Svolgo il foglietto, una carta grezza color senape, da tovaglietta di trattoria.
C'è scritto:

Signore, deve tornare a valle. Lei cerca davanti a sé ciò che ha lasciato alle spalle.
Non mi dico niente di particolare. Solo, difficilie che fosse così, alla fine. C'erano circa cinquanta persone, là dentro; cinquanta persone e dieci saltimbanchi. Ascolto cosa dicono di avere gli altri. Ripenso che è una cosa quantomeno singolare, e che niente succede per caso.
Un tempo avevo scritto una relazione, riguardo il poeta le cui parole ho adesso nella mano. Me le continuo a guardare, mani e parole, foglietto lungo e dita che lo tengono aperto. È un poeta che nessuno conosce, fuori dal settore – non è Pasolini né Montale, insomma.
Poi sono passati molti anni, e in quella che è diventata la mia vita, per come questa si è svolta e pare continuare a svolgersi, di Giorgio Caproni e del franco cacciatore; della poesia, di molte cose che avevo imparato a quei tempi, non ho dovuto avere più bisogno. Avevo messo tutto lì, in un angolo, dietro mille altre inutili e più noiose incombenze. Cose per conto di altri, che coprivano tutto il resto, ogni giorno di più, rendendolo sempre più inaccessibile, come un ricordo sempre più lontano che svanisce lento.
La cosa curiosa è che poco tempo prima del circo, senza un nesso o motivo apparenti, una persona, ad una cena, mi chiese:
Conosci Caproni?
Tornò inevitabilmente fuori la mia vecchia relazione; questa persona la volle, la lesse e nulla ne venne fuori. Mi disse bravo, tutt'al più. Cos'altro poteva fare, d'altra parte?
Poi mi sono ritrovato a un circo waitsiano, una sera, dopo aver buttato giù una manciata di pistacchi vinchi e patatine con un bicchiere di vino rosso, e un qualche personaggio mi ha messo in mano una frase di Caproni. Caproni nessuno lo conosce, o quasi, e lì dentro eravamo in tanti. E un tizio che aveva una qualche attrazione e molti stracci, mi ha messo in mano una sua frase, che lui stesso aveva scritto su un foglietto strappato.

Posso tornare al presente, adesso. La mia storia è finita. Nel presente, adesso, posso fare la mia domanda: 


Cosa sta cercando di dirmi, la vita?

The moon is yellow silver -
oh, the things that summer brings.
It's a love you'd kill for,
and all the world is green

7 commenti:

Lypsak ha detto...

La stessa domanda me la pongo or ora anche io.
Sono a un bivio, ma tengo duro.

utente anonimo ha detto...

Se tu attivassi su codesto blog i feed rss sarebbe più facile e conveniente seguire i tuoi deliri digitali....

poi fai un po' come ti pare.

Luigi PierLenoci

Paperogonfio ha detto...

sarebbe molto bello attivare i feed rss; certo, sapessi come si fa...

ci provo subito; ci godo a far seguire i miei deliri digitali, in effetti.
grazie mille

P.S. Ma Pier Lenoci è un nome vero? cavolo, mi spiace non averlo inventato io!


ciofo ha detto...


Forse vuol dire che nulla e' sprecato, che le cose che si e' messo via non sono buttate ma sono li in attesa di utilizzo.

Puoi pensare che siano inutili ma sono una ruota di scorta quando non hai ancora bucato, fa piacere sapere che c'e'.

Paperogonfio ha detto...

Dovrei aver abilitato i feed rss, 'nsulla torre della breccia antica (eh???)
Ora potrò udir augelli far festa (forse gli sparerò)
E la gloria giungerà lesta (forse no)
Avrò fatto una cosa acconcia, ad abilitare i feed rss? (certo che sì)
Non porterà merda? (certo che sì)

Che ho fatto, abilitando i feed rss, dott. PierLeNoci? (che me lo spiega?)

Grazie, grazie, grazie a tutti (come disse AnnaLisa Minetti quando vinse il festival di sanremo, prima di picchiare una sapida boccata sul microfono)

Lypsak ha detto...

Hai fatto una gran bella cosa, ed era anche l'ora, caro il mio lei!!!
Controllo subito che funzionino, e se proprio vuol saperlo volendo può anche associarli al suo feisbuk così tutti i suoi amichetti (ma soprattutto marpioni approfittatori) potranno sapere che lei ha sgravato qualche decimigliaio o anche meno di battute alla tastiera.
Comodone, eh?

utente anonimo ha detto...

ah, il sapere info-rmatico!
ah, la tennologìa!

sììììì, iuppi iuppi alé alé!
non vedo l'ora di condividere vieppiù i miei solipsismi d'ira/invidia/bile con terzi ignari e pure candidy fintantoché non si perdono dietro a simili stronzcioèvolevodirerobafilosofica&profonda!

saperle, eh, le cose...
pensavo che rss volesse dire Repubbliche Sociali a Scoppio, e che a meno di non essere sul lago di garda vestiti di nero magari amiconi di Alemanno (dio ti butti nel ranno) uno fosse automaticamente tagliato fuori.

toh, al momento sono in attesa di una mia lezione di bartesio.
(ora son pure ballerino, zampetto & salto pajo unto da domeneddìo nostro o anche da su' cognato)

si noti, tra l'altro che il codice di sicurezza che mi propone il mio blog, che da questo mac 12900/bis non mi riconosce è
TUMPIR

bello, no?
nomi a frotte, belli sugosi, mentre da là viene una suadente & strascicatissima mvsica di tango.
mi sento molto toulouse-lautrec nel frattempo.
artista? pittore?
no, nano.

ahahahahaahahahahaha