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novembre 30, 2005

XV.
Incredibile. Assolutamente incredibile. I diari di mia zia hanno rivelato qualcosa di sconvolgente. Mio zio era un negoziante di scherzi di carnevale. In particolare, si legge, prediligeva le cacche finte. Il suo negozio ne allineava tutti i tipi allora disponibili, in bella mostra su uno scaffale vicino alla vetrina principale. Faceva grandi affari, mio zio, specie nel mese di febbraio.
Poi, un bel giorno, qualcuno gli fece uno scherzo. Mentre lui era nel retrobottega, qualche burlone sostituì un paio di quelle cacche finte, con alcune vere (magari, ma è solo un sospetto di mia zia, fatte sul momento, direttamente lì, anche se non si spiega – e non lo faccio nemmeno io, a dire il vero – come sia stato possibile, dal momento che lo scaffale era posto piuttosto alto per un uomo… ehm, come dire… in posizione defecatoria). Cosa successe allora? Che il sole, amplificato attraverso la vetrina del negozio, fece ben presto fermentare le vere cacche e, di lì a qualche ora, divampare un furioso incendio nel negozio – ignea catastrofe che si portò via le cacche, gli scherzi, il bancone e mio zio. Naturalmente tutto questo è una congettura di mia zia. Di certo c’è solo che in un giorno del lontano luglio 1975, mio zio si arrostì del tutto nell’incendio che distrusse il suo negozio di scherzi, il “Dingo Ceruleo”. Rimase solo il piccolo simbolo di quel negozio, che il mio povero consanguineo aveva fatto coniare da non so bene quale fabbro: un piccolo dingo torvo ma giuocoso, in metallo e polistirolo, dipinto di celeste, appunto. Ho trovato anche quello, in cantina, tra miriadi di lattine di birra che non sapevo nemmeno di avere.
Ecco spiegata, almeno in parte, la profonda ritrosia di mia cugina. Quell’arpia. Ma ciò non mi fermerà: sono sicuro che è proprio mio zio che mi sta guidando da lassù, dal suo paradiso di cacche celestiali, giacché vuole che segua le sue orme. E io credo nel Destino. Nel Destino, nei Numi. Ebbene, anche la mia catena si chiamerà “Dingo Ceruleo”. Io, proprio Io, Manlio Sacchetti, riuscirò laddove il mio grande zio aveva fallito, lasciandoci (tra l’altro) la ghirba!
Ma sarà meglio cercare di dormire, adesso. Spero solo di non rifare quel sogno…

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