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novembre 17, 2005

IV. Maledizione. Il modulo P-37/bis è veramente un inferno. Ho passato la notte, fino a poco fa, a cercare di compilarlo, con la testa fra le mani. Vogliono informazioni assurde. Anzitutto non accettano di scindere le cacche finte da cose come le barbe finte di carnevale e le maschere di gomma. Per tacere poi degli scherzi più “spicci”. Ciò è decisamente assurdo: sono cose profondamente diverse, con assai meno implicazioni poetico-elegiache rispetto alle cacche, tanto per dirne una. Impossibile pensare di vendere tutto nello stesso negozio.
(Tra l’altro i miei progetti a lungo termine prevedevano, dopo il felice avvio del negozio di CACCHE FINTE DI CARNEVALE, l’apertura – nella stessa via, ma in altro fondo – di un altro negozio, questo sì specializzato in BARBE FINTE DI CARNEVALE, fino alla nascita di una vera e propria catena, con ciascun punto-vendita incentrato su un particolare tipo di scherzo, e relativa squadra di commessi specializzati e qualificati al servizio del Cliente Esigente – questione solo di fare un passo alla volta: così mi tarpano subito le ali).
Poi vogliono sapere migliaia di altre cose incredibili: quantità prevista di cacche ordinate in un anno, rapporto cacche-altri articoli carnevaleschi, reddito presunto o probabile, stima (anche se “in via del tutto indicativa”) di cacche per cittadino, quantità di mesi in cui il negozio resterà aperto. Ovviamente, questi due ultimi punti sono in diretto contatto fra loro: è chiaro che se la stima rapporto cacche-cittadino sarà alta (poniamo: una cacca ogni quattro cittadini), il comune concederà l’apertura anche ben al di là dei mesi di febbraio-marzo – periodo paradisiaco per antonomasia, per il venditore di cacche finte di carnevale. Solo, come faccio io a saperlo, allo stato di cose attuale? Ah, maledetta burocrazia! Maledetto modulo P-37/bis! State avvelenando il sogno di una vita...

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