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novembre 15, 2006

Nelle sale (o nei tynelli, van bene anche i tynelli), quest'anno per le pheste, andate a vedere, numerosi:


Panettone, di Cristiana Finiscìti
Opera pluripremiata a Canne (no Cannes; proprio Canne, quella di Annibale e gli Elefanti) con lo scettro dei Masters™, la Coppa Italia e un bella cena per quattro da Gerri il Geriatra (a tempo perso rystoratore), il film racconta le vicissitudini di un modesto operajo in una fabbrica di Panettoni di Albignàsego Onara, nell’operoso Nord-Est, con acuti indugi sulle piccole gioie e i (grandi) dolori della vita di questi, primo fra tutti il ricordo di un’infanzia dolorosa e incancellabile, per mano un padre – nostalgico di Crispi – che abusava di lui costringendolo ad ascoltare ogni giorno i canti dell’Era Coloniale. Film della (e sulla) memoria, in bilico fra il grigio della melanconia e il nero della tragedia, segue i dolorosi frammenti di ricordo del misero operajo, Germanello Ferranasi, frammischiandoli al presente, con una moglie che ormai non ama più e che mai forse l’ha capito fino in fondo, una sorella disabile, un vicino di casa spregioso, fino al progressivo disvelamento e presa di coscienza della crisi interiore in cui si dibatte il protagonista, crisi che prenderà le mossa in maniera (apparentemente, freudianamente parlando) del tutto incongrua e immotivata, a seguito di un picchetto di protesta in fabbrica, causa l’alto tasso di glicemia riscontrato alla visita fiscale per gli operaj, costretti a respirare tutto il giorno zucchero a velo e odor di burro. La Mobilità e la vieppiù misera Cassa Integrazione che ne conseguono trascineranno Germanello Ferranasi in un vortice di paure e instabilità; ma sarà solo da lì che ricomincerà la sua risalita, proprio appigliandosi disperatamente a quei valori che credeva ormai di non poter trovare più dentro e intorno a sé. Il protagonista morirà, ma è uguale, è il pensiero che conta.
Liberamente tratto da un libro di Calpurnia Finisciti, sorella della regista, uscito nel 2003 (Io e il panettone, Cavator di Risaje Editore), e prodotto dai Fratelli Urucane, uno dei quali è anche marito della Finisciti (l’altro è cognato di Oliver Stone), il film vanta un budget di circa 16 milioni di euro, poi drasticamente intaccato e svilito perché la (oggi) diabetica regista ha comprato 3 milioni di euro di Capezzoli di Venere, i dolcetti che Salieri offriva a Constanze Webber in Amadeus di Milos Forman. Tra gli interpreti, oltre al protagonista – un grande Stefano Accorsi – si segnalano la moglie (Angelica Urucane in Stone) e il cammeo di Laura Morante, perfetta per il ruolo della crudele padrona della fabbrica e non solo, con evidenti richiami BDSM. Nella colonna sonora si segnala la hit “Stringimelo” rifacimento di un successo anni '83, qui affidato alle debuttanti corde vocali di Eloisa, anche aiuto regista e cugina della medesima.

La solitudine dell’Outsorcing,
 di Fabri Fibra
Film che ha suscitato polemiche e smosso coscienze, condotto abilmente dalla sorprendente regia del debuttante Fabri Fibra, è una sorta di “romanzo di formazione su celluloide” (parole del regista), un diario che racconta il recupero del rapporto tra un padre e suo figlio, uomo d’affari a capo della sezione del Rotary di Capriate San Genesio, l’uno; adolescente con l’hobby dell’esoterismo e del canto in un gruppo trip-hop-acid-funky (i Topi di Gogna) il secondo. Quando Gaddo, il figlio, pretende che ci si rivolga a lui in terza persona con l’epiteto di “Malvagio Golem”, e quando (soprattutto) arriva a fare irruzione a una festa rotariana del padre vestito da Bestia Immonda, qualcosa si rompe irrimediabilmente fra i due, senza contare che a causa dell’impresa del giovane, Umberto, il padre, ha irrimediabilmente perduto la possibilità di scalata rotariana (da “Puro Fiancheggiatore” a “Sacra Costola”, saltando cioè le due fasi intermedie di “Buonavoglia” e “Capra de’Monti”) che gli si era appetibilmente aperta e per la quale aveva indetto la festa. Sottoposto con l’inganno a elettroshock (gli era stato detto che avrebbe provato per primo al mondo una nuova droga elettrica), Gaddo si ritrova da un giorno all’altro impiegato presso la Squilla&Spaventa, ditta di CRM Analitico e Gestione Back-Office di importanti aziende, tra cui quella del padre (Rampante Nautica a Pressione snc), la Telecom e la Ciuino Trasporti. Riprendendo lentamente coscienza di sé, Gaddo nel rancore del ricordo arriva a macchinare un piano per rovinare il padre, e piegando ai suoi disegni il reparto Monitoraggio Crediti della ditta, riesce a far credere al reparto amministrativo della Rampante snc d’aver contratto in passato un grosso debito ormai scaduto. Il padre è costretto a saldare, ma a telefonate si susseguono telefonate, e ogni giorno si presenta un nuovo debito, finché la RA.NA.P. snc fallisce e Umberto si toglie la vita, anzi no poi ci ripensa e capisce che è meglio scappare a Cruz Azul con una modella di trenta anni di meno, in gioiosa e ammirata clandestinità.
Gaddo, diventato nel frattempo presidente della Squilla&Spaventa, progetta l’ingresso in politica col partito dello shōgun Mitso Kunimyto (MK consulting), proprio mentre esce sul mercato discografico il CD dei suoi amati Topi di Gogna: Outsorcing & Collaborative Browsing. Il testo di uno dei pezzi (Indovino) recita così: “leggo il futuro nella merda / ho cacato tutto quanto a semini / yeah, i miei stronzi eran cumuli di merda di semini / e nel futuro della mia merda / ho appreso che mio padre sarebbe morto / e che avrei ereditato tutto / e quindi l’ho ucciso”.

4 commenti:

utente anonimo ha detto...

e fuffy fpNpiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

e tinty giNgiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

...il resto lo sai.

Ciao Nedo, son qui che stranamente cazzeggio in attesa dell'arch. comm. gen. gran pezzo di... che mi deve spiegare un nuovo disegno, yuppyyyyyyyyyyyyyyy.

Ho plottato ed eliocopiato fino e 3 nano-secondini fa e poi mi son fatta un teino caldo, anzi incandescente...

Se stasera si riesce a vedersi ti dò una nuova esylarante lettera del Votavy Club in cui sono elencate tutte le malefatte di un socio che vuole essere riammesso, ti ricordi la precedente?

Ora ti saluto, prima che rientri l'Orco Puzzone.

Ciao, mi manchi!

Lypsak ha detto...

Quando hai detto che escono sti troi... questi capolavori inestimabili dell'avte contempovanea?

No, perché devo progettare una gita a Monculi, non vorrei collidessero...

Avviatura ha detto...

"Applausi per Fibra che mi fa cacare".

Ma questo Vi è già noto. Pensavo che nel film di Fibra ci fosse anche Silvio Muccino, Gabriele Muccino, Nedo Muccino, Muccino I, Muccino IV (ho scritto t'amo, sì, ma sulla favaaa...), tanto per rendere questo film di rottura (sì, ma di questo bel pajo di coglioni, no vero, Miller, mica Faletti).

Inoltre, avgvro al fecògeno un ricco sodalizio con Ipecacuana (e su' ma' puttana, comunque uno fa caàre, l'artro fa venì l'onco, forse).

GiorgioC ha detto...

Io gli appalusi a Fibra li farei sulla faccia...