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ottobre 23, 2006

GLI SCAFFALI DELLE LIBRERIE RÙTILANO NOVITÀ, DI QUESTI TEMPI. E NATALE È ANCOR LONTANO. IL DOTTOR MERDA LE RACCOGLIE PER VOI E VE LE PROPONE, NEANCHE FOSSE L'UOMO DEL MONTE, O QUELLO DEI SUCCHI DI FRUTTA "G"

RENATO LO FESSO, Autofficina Desiderio Parte II, Vitige Macello Editore, € 18,05
Torna Giangy, il meccanico tormentato ma generoso di Autofficina Desiderio, il romanzo-culto che ha rivelato (anche se nessuno l’aveva chiesto) il grande talento del nuovo Milton però più biondo e butterato e soprattutto non inglese. La nuova vicenda si svolge in Madagascar, perché gli scrittori quando diventano famosi hanno un sacco di pretese sul dove andare a vivere per un po’ e dove (ma guarda un po’ il caso) ambientare il loro nuovo, preziosissimo parto, tipo c’è chi va in Francia perché così non lo riconoscono (Tricicco), chi in Scozia perché lì c’è la quiete necessaria a uno Scrittore (Trappoliti), chi in Bolivia (la Fezziconi) per rigenerarsi specchiando se stesso negli occhi dei poveri bambini di strada che se potessero ti ruberebbero anche il buco del culo e poi ti prenderebbero a calci finché non torni nel tuo paese a nuoto e ti metti finalmente a fare qualcosa di veramente costruttivo e consono alle tue capacità senza scomodare l’arte, tipo montar mobilini dell’IKEA o lavorare al nero alla Catena di Montaggio Circuiti Stampati ma coll’inchiostro simpatico sicché dopo un’oretta o due c’è da buttar via tutto e ricominciare.
Comunque la si voglia vedere, questo secondo capitolo della saga-Giangy ci mostra il protagonista in una situazione inedita rispetto alla precedente (e grazie al cazzo, sennò era una riedizione del primo libro): costretto a fuggire dalla Brianza Operosa (VA), a seguito del disguido con Pepi, il nostro aveva inizialmente optato per luoghi assai meno esotici, quali Pipone e Caerano Val di Mola, da raggiungersi in treno, perché l'aereo porta male, secondo una superstizione profondamente radicata nella sua famiglia. Tuttavia, attirato coll’inganno nel bagno della stazione ferroviaria di Brianza Operosa, viene tramortito da quattro loschi figuri (di cui uno zoppo) e imbarcato contro la sua volontà (o anche no: ormai era tramortito, per lui lo potevano anche inculare…) sul volo MadagAir 6799, in partenza dall’antistante aeroporto GeiEfChei (Giorgio Ferrando Canfora, syndaco di Brianza Operosa ed eroe della II guerra Brianzo-Bergamasca)
Fattosi una ragione di tutti i centimetri di pelle nera che lo circondano, e fattosi togliere il malocchio conseguente alla sua permanenza coatta sull'aereo, Giangy cerca di riorganizzare le idee e tirare avanti: comincerà col riaprire la sua officina, che chiamerà, in onore al suo passato, “Autofficina Desiderio Parte II”, dipingendo, in riverente omaggio al suo più grande eroe, un enorme murale di Borghezio, in posa nobile e ammonitoria. Tuttavia, nella sua pervicacia leghista, egli ignora che nell’idioma locale le parole “Autofficina Desiderio Parte II” significano letteralmente “Date Fuoco Veloci alla Baracca”, e che Borghezio ha una formidabile somiglianza con Zul-Ab-Jucul, il locale ma terribile dio degli Scoppi e delle Risa. Per lui si preparano giorni difficili, giorni di Fuoco, giorni di Scoppi e di Risa, in cui le risa son ovviamente quelle della popolazione indigena.

JOE GARAGLÒ, Memorie di una spillatrice, ed. Inchiòstramelo, € 21,10 Dopo anni di silenzio e di galera (speriamo), torna l’autore di Best-Sellers quali Raudo, Vescica Natatoria e Trasudo, sentilì come trasudo. Stavolta, con Memorie di una Spillatrice, decide di alzare il tiro: non più ricordi di un ragazzino, magari in una storia di iniziazione, epifania e apprendimento, bensì ricordi di un ragazzino, in una storia di iniziazione, epifania e apprendimento. E rapporto col padre, sullo sfondo di un bel po’ di personaggi ai margini della civitas, balordi e gratuiti. E il gioco è fatto. Tante parolacce, vicende un po’ torbide e un po’ strampalate, scritte col piglio di chi sa che anche a questo giro venderà milioni di copie e andrà in culo al mondo portando pure sei, senza nemmeno sapere chi diavolo sia Hopper.
La vicenda, che assai originalmente adotta il punto di vista di un adolescente, vede il tentativo di svaligiare un bancomat attraverso un nuovo modo di usare una spillatrice (non vi diciamo come per non rovinarvi la sorpresa), e arriverà a deflagrare – la vicenda, no la spillatrice – come un vero e proprio terremoto, avente a epicentro una notte che sarà decisiva per le vite di tutti i personaggi: in quella notte una grande tempesta sconvolgerà la pianura sradicando alberi e scoperchiando capannoni industriali, trascinando tutti verso l’occhio del ciclone (ma sentilì!) e facendo cinicamente colpire da un fulmine un par di ricci, così tanto per far pulp e strizzare l’occhio a più tipi di pubblico. Per la cronaca, tra l’altro, il terremoto non deflagra, ma ormai l’ho scritto e fa lo stesso. Svaligiare un bancomat con una spillatrice mi pare del resto assai peggio.
L’ambientazione suggestiva e allo stesso tempo realistica, la trama dal ritmo incalzante e dai risvolti imprevedibili, la capacità di tratteggiare un ritratto vivace e grottesco della società contemporanea, in cui Indigenza e Ignoranza fan rima con Violenza e Mira-Lanza (non me ne veniva altri, abbiate pazienza), fanno di questo romanzo un bell’acchiappacitrulli in cui molti di voi cadranno, e ne andranno pure fieri.

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