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giugno 30, 2009

OGGI È FORTE, IL SOTTO ROSPO 

E poi accade questo, anche:
un qualunque venerdì, verso le diciannove. Perché io esco alle diciannove, si pensi.
Faccio il conto alla rovescia per archiviare anche questa settimana, passata come le altre una dopo l'altra, come passerebbe un lungo viaggio in macchina su una strada dritta, un viaggio molto probabilmente senza fine. Piuttosto male, quindi.
E poi, mentre sei lì che brami l'uscita (e magari la sogni senza ritorno), e in mano ti scoppia la bega delle diciotto e cinquanta, puoi solo stare a sentire quel che succede, ripetendoti come un mantra evviva la vita evviva la vita evviva la vita, mentre qualcuno al telefono ti parla.
“Sono l'accompagnatrice del gruppo di austriaci sistemato all'hotel Eriberto. Siamo appena arrivati. Quest'albergo è indecente!”
Puoi solo balbettare qualcosa, di rimando. Ma... che succede... come mai... non so che... ci lavoriamo tanto e non è mai capitato nulla... cosa hanno detto, lì... è strano però... mi dispiace... ok, vengo a vedere di persona.
La bega delle 18.50, venerdì.
Come al solito, le camere sono sporche, i clienti si stanno lamentando e lasceranno sicuramente (orrore!) un feedback negativo alla loro agenzia, dalla quale quindi non avremo (noi chi?) più un cliente, e il personale è stato molto sgarbato e ci ha letteralmente tirato le chiavi delle stanze sul bancone, come se fossimo bestie, senza nemmeno farci un sorriso.
Non avendo mai tirato una chiave di una stanza a una bestia che si affaccia grufolando sul bancone, fatico a comprendere il dramma nella sua essenza; però vedrai è una sensazione umiliante, per la bestia. Gli animali son sempre migliori di noi, sapevo.
Mentre guido penso: che gli dico, a questi? Il fatto che ci sia un'accompagnatrice che parla italiano è già un dettaglio favorevole, visto che nessuno lì, sicuramente saprà una parola di tedesco. Io per primo, eh? Poi passo a considerare quale altro hotel c'è nei dintorni, casomai quegli allegroni venuti da oltralpe non vogliano intender ragione. Buio completo. Ancora non so un cazzo di questa cittadina piena d'alberghi, i cui abitanti hanno come tratto distintivo l'avere o il non avere ancora aperto (e chiuso) un bar o preso in gestione (e lasciato) un hotel. Cazzo, son veramente il ritratto della professionalità.
Parcheggio e scendo. Mi accoglie sulla porta il direttore dell'hotel Eriberto, un perticone omosessuale di due metri di secchezza, che mi guida per ogni scala, ogni angolo comune, ogni camera, bussando alle porte ed entrando quando non sente nessuno dire ja? da dietro. 

Vedi? Non sono sporche. Ti pare che siano sporche? Son un bel po' di metri quadri, lei dice che ho detto di pulirle dopo che sono arrivati, ma come facevo? Guarda, guarda... le vediamo tutte, tanto. Io come standard do un servizio da una cifra sicuramente superiore a quanto pagano loro. Guarda, guarda qui, entra... 

a seguire vengo introdotto innanzi alla capogruppo, una donnetta alta il giusto e piena di nei, acida e nera corvina come il peccato di cattiveria (il famoso peccato di cattiveria, sì). Si muove a scatti e si lamenta di un po' tutto il creato, e soprattutto del fatto che non è stato corretto aver visto prima il direttore e soltanto in seguito lei. Son problemi veri, questi, che vi credete. Il mio amico perticone mi fa capire che stamani, per esser qui adesso, tutti quanti si sono alzati alle quattro e hanno fatto tutta una tirata da Mengazzone sul Nerchio o dove cazzo erano, e quindi adesso saranno stanchi & nervosi. Più che altro lei, magari, visto che il resto dei placidi zii-itle improsciuttiti e informi, con piccole vene rossastre sulle guance, pascola lietamente nell'arrabattato giardino un po’ demodé dell’hotel, il quale gabella per centro benessere uno ex-sgabuzzino in lamiera ondulato o poco più. Ma insomma, siamo a Famaglione, alle pendici del monte Pigia, mica New York, e tutto il resto vien da sé.
Il mostriciattolo attacca subito, e un cliente così non lo ritrovate, e che vi pare un hotel che si può dare a degli adulti, (nell’interessante mondo del turismo vige la dicotomia adulti/studenti, coi secondi da mettere al macero e pigiare alla cinese, a fronte d’un rifarsi una verginità da oste squisito e convivialone coi primi), e che sarà possibile che alla reception non ci sia neanche un italiano, e io faccio da venticinque anni questo lavoro (brava! Io avevo già le crisi mistiche dopo nemmeno due mesi, e andavo vedendo Padre Pio che fumava al mentolo nella mia macchina, la sera) e a me non mi fregate; il tutto con noi due a mettere in piedi un siparietto posticcio di cui niente m’interessa e in cui purtuttavia devo prodigarmi: solitamente, la finalità per coloro i quali esibiscon come un vanto l'appartenenza a questo mondo è la mancia, pseudo-dorato sovrappiù d'accatto felicemente sbandierato, a consolazione della propria malcelata subalternità. Io, che preferirei forse perdere un coglione piuttosto che avere un qualche scamiciato gamellone in visita che m’allunga un diecino perché gli ho servito bene l’insalata, continuo a non voler entrar nel meccanismo.
In ogni caso, le provo e le riprovo, di buona lena: offriamo al donnino  iperteso un bell’aperitivino; il direttore giura che a cena servirà un buffet d’antipasti e promette cicchetti allo scostante portiere magiaro (magari era laureato in storia sua locale, ed odia gli austriaci, si sa un cazzo, alle volte); io uso tutte le doti di facondia e tatto che m’hanno insegnato nel corso degli anni. Nessuno me le ha insegnate, e di mio non le possiedo: ragion per cui sarò scusabile se dico di non aver risolto un cazzo.
Difatti tutto questo non serve a nulla, come da programma: il tapirotto con la rabbia resta pervicace nella sua idea inacidita, mentre si siede sola in un tavolino discosto dalla piscina, fuori, col suo aperitivo ormai tiepido. Ma il gruppo di zii-itle resta lì, e dormirà (già: l’ho detto che dovevano solo cenare, dormire e poi il giorno dopo ripartire?) felice (o meno) nei propri lettini. Magari (magari no) dopo arriveranno feedback negativi, e credo che dovrò vedermela – fornendo spiegazioni parimenti vane e inascoltate, oltreché del tutto inutili – del tutto col titolare. Ma in ogni caso me la sarei dovuta veder comunque, e poiché parlar con lui/lei o con un cardo mariano è uguale, fa poca differenza.
Io rimonto in macchina, chiedendomi cosa ho fatto negli ultimi quarantacinque minuti, oltre tutto fuori orario. Chiacchiere a vuoto, tanto per riempire, senza crederci nemmeno un po'. Cosa ha risolto, o modificato; a cosa cazzo è servito.
La risposta è: a un cazzo.

Sì, amo proprio il mio lavoro.

giugno 25, 2009

CHE IO STO QUI E ASPETTO BARTALI

E questo è quanto, poi:
chiama l'agenzia di viaggi Mozzicagni Enios y Hijos, direttamente da Salamanca, posto parecchio molesto in Spagna (presumo per le piattole che ci son nei parchi, un po' come a Siviglia ma chissà, magari c'è altre beghe, poi. In fin dei conti le piattole si fanno i fatti loro).
Dovete spostarci il gruppo di studenti IES LA RAMAZZA PRIMERO che avete sistemato all'hotel Ciùïno, perché si lamentano.
Bene, son contento. Questo me lo dicono in spagnolo, giacché in Spagna parlano spagnolo. Detta così pare una cazzata, eh, ma provate voi a non saperne una parola, di spagnolo, e questi parlano solo ed esclusivamente spagnolo... che poi, dicevo: con l'inglese non si doveva tenere il mondo per le palle?
Comunque sia, di cosa si lamentano? L'hotel non pare avere acqua calda. Loro stanno due notti. Inoltre, il personale non è gentile e le camere sono sporche, ma più che altro stamani, quando si sono svegliati, non potevano lavarsi perché gli è stato detto che non c'era acqua calda. Così gli ha detto il personale. Loro allora hanno preteso di parlare col direttore, che per tutta risposta è stato chiamato – dormiva, aveva fatto il turno di notte – ed è sceso in cantina e ha fatto tosto ripartire l'acqua, quindi loro si son sentiti anche presi in giro e poi oltre a tutto questo c'è il fatto che l'hotel è sporco e un cameriere gli ha risposto male e alla colazione non gli hanno servito i cornetti né una crema spalmabile e in Italia che si mangia sempre maccheroni? Insomma, vogliono cambiare hotel. Così hanno detto i professori e il capo-gruppo.
Vorrei chiedere: il capo-gruppo come si chiama? Rompicoglioni-tonante? Alce-coglione-comandone?
Ma non dico nulla, e riattacco.
Chiamo quindi l'hotel e parlo col direttore, un ometto trasandato che parla come Martufello, cercando dunque di trattener le risa quando lui apre ogni sua frase con fijo mio e quella bella calata che un po' fa bagaglino e un po' Monica Bellucci nello sciaguratissimo N. di Virzì (peccato che lei pensasse di parlar napoletano, eh?).
Insomma: nella notte (ore 2.30) gli si è rotto il boiler della caldaia, che adesso perde a profusione; quindi lui ha dovuto chiudere il tubo dell'acqua che riparte dal boiler e quindi da allora non c'è acqua calda. Nella mattina ha semplicemente riaperto l'acqua del boiler per una mezz'ora, giusto il tempo che i ragazzi utilizzassero il bagno prima di partire per l'escursione giornaliera, facendo allagare un po' la cantina. Sacrifici per il cliente. Tutto ciò, in attesa dell'idraulico che – pare – arriverà a minuti e risistemerà tutto. Non era possibile trovarlo al momento della rottura del boiler, giacché gli idraulici a quell'ora dormono, come un po' tutte le persone eccetto i metronotte, le puttane e i direttori d'albergo che fanno il turno di notte.
Quanto alla scarsa pulizia delle camere, mi invita a fare un sopralluogo, così magari posso documentare con qualche foto, sia la situazione della caldaia che – appunto – le camere.
Per la colazione, né più né meno, hanno avuto il servizio per cui hanno pagato.
Nel mondo c'è l'effetto serra, la crisi mediorientale, lo sterminio delle balene e delle foche, e qui ci si lamenta per la nutella a colazione.
Quindi parto. Quando il titolare dell'agenzia vuole, io parto. Vado a piedi, cellulare con indecente fotocamera inclusa alla mano; tanto, in questa cittadina decrepita e sudicia, piena d'alberghi in tono minore che offrono ciascuno il solito servizio rattoppato, le distanze son minime. 
Realizzo - ben sapendo che nessuno coglierà la profonda e sottile ironia della cosa - un interessantissimo servizio fotografico più filmino con audio su un boiler che piscia acqua, sul pavimento bagnato della cantina, sulle camere e anche (già che son lì) sull'idraulico che lavora, chiavi inglese in tasca e salopette blu. Bell'uomo, tra l'altro, l'idraulico; peccato quei baffoni.
Torno indietro e devo chiamare l'agenzia di viaggi spagnola, e perorar la causa del boiler che perde e dell'idraulico che lo sta aggiustando. Nessuno, come pensavo, dà mostra di comprendere l'impalpabile comicità del passare una mattina a far foto a un boiler che perde, per poi girare il tutto ad una tizia di un'agenzia di viaggi di Salamanca alquanto incazzata.
Entro un'ora tutto verrà riparato; il gruppo tornerà nel tardo pomeriggio e tutto sarà magicamente a posto; non state a rompermi il cazzo con esigenze di spostamento su altro hotel, tanto fanno tutti cacare e poi non si trova nulla perché in questo periodo in zona c'è Pitti-Frustone (degno seguito di Pitti-uomo, Pitti-bimbo, Pitti-donna e Pitti-cane) e tutti gli hotel son pieni. E poi è vero, c'era un guasto, ho pure tutto un servizio fotografico che nemmeno Corona, è tutto documentato, vi ho appena girato le foto più il filmato via MMS (a spese mie... tanto non si vede un cazzo, ma la macchina fotografica mica me la porto dietro a prescindere, io) così magari ne parlate con Rompicoglioni-tonante o chi per lui. Ho pure perorato la causa della maggior gentilezza del personale, stasera accoglieranno il vostro gruppo in guanti bianchi. E niente maccheroni: zuppa di verdure! Contenti?
No eh?
No: nel giro di dieci minuti ricevo dieci-telefonate-dieci: a parte le inevitabili richieste di aiuto informatico perché il filmato non si avvia e le foto non si aprono, si va dalla scientifica richiesta di rimborso (simbolicamente calcolabile nel rifondere al gruppo una cifra pari al supplemento pagato per le camere Singole) più il cambio di struttura e magari le scuse del nunzio apostolico romano (mons. Camillo Jena-Greccia, arcivescovo di Magonza e di Svltana – sì, e su ma' putt...), alla più mite ma sempre inevitabile richiesta di cambio di hotel ma in struttura assai migliore.
Qui, dal piano alto non hanno nessuna intenzione di pagare una penale o di spiegare al proprietario dell'hotel la situazione come si è evoluta e far così la parte di quello che sta in mezzo ad ascoltar futili lamentele dell'uno e/o lamentazioni dell'altro. Lunghe, tra l'altro.
E CHI CHIAMERAI???
Ma il vostro impiegato di fiducia, quello messo lì apposta per immergere le mane-pien-di-dita nel torbido e mediare senza costrutto alcuno fra le parti che reclamano su basi astratte, sempre nel simpatico mondo del turismo! (M'importerà una sega, a me, del mondo del turismo, settore gruppi?)
Insomma, chiamo l'albergatore, che minaccia fulmini e saette – e mi tiene un'altra mezz'ora al telefono – se gli vien levato il gruppo e quindi la possibilità di fatturare entrambe le notti avendo quindi una perdita secca a fronte del suo aver già effettuato gli approvvigionamenti; nel frattempo me ne frego (come il Mussolini, sì) e trovo un altro hotel e ce li sposto, questi benedetti studenti spagnoli di chissà dove che proprio oggi dovevano venire a rompere i coglioni a me.
Indi, come sempre tutto s'aggiusta (anche il boiler, penso – dovrei tornare a documentarne la guarigione?), e in attesa di notizie contabili (leggasi note di credito, contestazioni, minacce a futura memoria e altre minimi sgarbi commerciali) da parte dell'hotel tradito, il gruppo, tra altre mille proteste e piccoli casini telefonici, si sistema all'hotel Gervaso, 4**** e ci stai largo, ma nel frattempo siamo arrivati al pomeriggio tardo, ancora uno, ed un altro giorno in arancione è tramontato, colorato di ricordi che non sai, e non rimane che star lì sullo stradone, impolverato se tu vuoi andare vai.
E VAI!

giugno 24, 2009

L'AGILE VOLPE BALZÒ SUL CANE INFINGARDO

Certo poi, per carità, io son quanto di peggio ci può essere, sul ramo “dipendenti”. Un uccello che sarebbe meglio non far posare mai. Dal punto di vista del ramo, dico.
Per un po' mi son baloccato con l'idea di avere una qualche qualità, una qualche propensione artistica. Mamma mia.
Comunque, niente di tutto ciò. È alquanto sicuro, sì. E quindi mi scopro ora a non aver più niente da dire, niente da pensare, niente per cui possa dire di me qualcosa di significativo. Io sono quello che... Sono bravo a... Io faccio... Io...
Niente, io non faccio niente, e vado alla deriva, trascinato, senza nemmeno esser poi così simpatico, o acuto, o interessante per qualcuno. Certo, è curioso quello che dipende dalla semplice energia: sei tutto o niente, dipende da come ti senti, dall'energia che ti scorre dentro. E dov'è la verità, se ce n'è una? Quanto vali? Cosa sei?
Ogni strada che percorri dovrebbe avere una fine, quantomeno un senso, una direzione. Un passo dopo l'altro, sì, ma verso una qualche meta. Un sacrificio, qualche rinuncia: ma per arrivare a qualcosa. Io vado nel buio, un passo dopo l'altro, e la strada non ha senso.
Cazzi miei, ci sarebbe da dire, visto che comunque ho smesso coscientemente di coltivarle, quelle cose, fosse per colpa mia o per le congiunture maligne della vita,e h?
E quindi ora mi ritrovo nel settore del turismo, a trattar coi gruppi ed altre amenità. Solo l'ultimo di una lunga serie - una lunga serie destinata a proseuguire, non c'è altra soluzione - di lavoretti sciapi per Tizio o Caio, in cui ti fai carico dei loro problemi o ti prendi a cuore dettagli noiosi e del tutto superflui per la tua vita. Il gioco è sempre quello, sia che tu debba smistar telefonate, registrare una nota spese con rimborsi a piè di lista, prenotare una guida turistica, verificare una bolla.
Magari un giorno cambierà; mi piace dirmi fiducioso & gravido di speranze per l'avvenire.
Magari no.
Nel caso: pace, eh?
Certo io posso dire di non averci provato (o di non averci provato abbastanza), ed è quindi andata male. Che vi aspettavate, da uno come me? Non è un risultato perfettamente in linea con tutto quel che precede? E se non lo è, sarà uguale?



giugno 22, 2009

IL TEMPO, FERMO, RESTA SOLO IN FOTO
Dicevamo, no? Dicevamo che io lavoro nel settore turismo. Turismo di gruppo, quello coi pullman, le guide con l'ombrellino e i pasti fissati in hotel e i ristoranti turistici.

Per favore, uccidetemi.
È tutto così entusiasmante, stimolante ed avvincente che se ci penso mi vengono i brividi. Poi magari vomito, anche, o mi caco addosso.
Il discorso è questo: questa roba mi deve piacere e mi deve interessare. Sennò ci convivi male. Ecco, io vivo e ci convivo malissimo: stilo i programmi per simpatici torpedoni di stranieri o italiani in visita in posti differenti rispetto a quelli dove risiedono. Prenoto hotel, fisso guide, pullman, escursioni di tutto un po'. E li rivendo, inserendo un ricarico a persona che per chi sta sopra di me è sempre troppo poco. Capirai, lui si becca proprio quello. Spesso, senza far nulla o capire come ha fatto a farlo, ma se lo becca, eccome, quindi ne vuol mungere il più possibile.
Mi scontro con i problemi più assurdi, cose a cui reagire con frasi tipo ma che cazzo me ne frega a me?, m'importa una ricca sega, e via così sarebbe la cosa più naturale e ovvia: l'accompagnatore del gruppo X dice che la colazione non è abbastanza ricca; due clienti del gruppo Y si lamentano perché hanno trovato un asciugamano sporco; i pasti non sono abbondanti (una volta ho litigato perché pretendevano 100gr di pasta a testa, pesata); le stanze non sono sufficientemente spaziose; il personale non è gentile. E via così nell'aleatorio & discutibile, tanto per scassare il cazzo. Tu dovresti intervenire e fare... cosa? Questo non l'ho ancora capito, ma vedrai è perché io son scioperato.
Un hotel può anche chiamarti a sera, sul cellulare (è importante che nel settore turismo tu non abbia una vita tua – ciò in nome di questa presunta sacralità missionaria della cosa in sé), perché non riesce a far accettare al cliente straniero il fatto che in Italia si mangia quasi sempre la pasta. O una guida turistica, perché non è riuscita a far capire all'autista del gruppo dove si devono trovare il giorno dopo.
Nel mondo del turismo son tutti particolarmente servili, e il cliente ha sempre ragione. Non ho mai capito perché, ma se anche il cliente chiede un iguana su una pietra calda in camera, in ottobre, tu gli devi far trovare un iguana su una bella pietra calda, in camera, in ottobre. La vita non funzionerebbe così, ma tant'è; marciare, e zitti. Al suo interno poi, il mondo del turismo è fortemente gerarchico, e chi sta sotto teme più della morte o del male fisico le sfuriate (qui le chiamano cicchetti) di chi sta sopra, seppure chi sta sopra ha meno istruzione, anni intelligenza o quel che vi pare, rispetto a te. È un sistema che si fonda sulla paura e sulla piccineria. Tipo il lavoro in genere, sì, solo magari un po' più accentuato & meschino. Di solito il lavoro va a folate, e quando non ce n'è chi sta sopra di te si sente in obbligo di trattarti ancora peggio, perché magari (anche lui non lo sa, eh? Ma un capro espiatorio va sempre trovato, e generalmente è fondamentale che sia qualcun altro) è colpa tua.
È bello il mondo del turismo, sì.
Ti toglie molto, e non ti dà un cazzo. Come il resto del lavoro, che di solito fai per qualcun altro, che di solito vale assai meno di te. Per vivere, si dice.
E per vivere, questo pretende che tu gli dia la tua vita, e gliene sia pure grato.
Bel sistema, sì!

giugno 19, 2009

SACCONI D'IMMONDIZIA

Eccomi qua, una laurea vecchia di qualche anno (spesa bene), e un ministro del lavoro che dice ai neo-laureati di andare a fare gli imbianchini e i commessi, che c'è tanto bisogno. Si muovano, e perdano quella inutile puzza sotto il naso che hanno.
I giovani imprenditori - freschi giaguari col SUV e il vestitino d'Armani, o plastïone figliòle con la pelle bruciata dal sole e costosissimi reggiseni push-up, venute con la mini e fior di portatili - applaudono entusiasti.
Poi un bell'happy-hour per tutti. Magari Gingy broccola Trizzy, che però starebbe con Fruzzy, giovane imprenditore nel settore del consulting, figlio del patron del luxury brand di punta nel settore dei prodotti per l'ottica. Fruzzy tanto si consola con Mendy, rampolla della casata del counselor, fresca di Master e magari di cazzi che contano.
La crisi, in Italia.
Fossi in grado, vorrei aver tempo per raccontare la mia storia, giorno dopo giorno. Cioè, due cose: uno, non sono in grado; due, non ho tempo.
Certo, è anche vero che un giorno basta: son tutti uguali. Massì, massì... si vedrà, chi se ne frega.
Tanto, tutto passa, anche momenti d'una vita vissuta come a sentir due che scopano dalla stanza di sopra.
Insomma; quel che voglio dire - penso - è che sai che finirà, sì...
Saluti.


giugno 09, 2009

EPIGONI D'OGNI PEGGIOR COSA, o anche:
CONTINUIAMO COSÌ, FACCIAMOCI DEL MALE

I.

Noemi Letizia vestita da star (in definitiva la Paris Hilton de noantri, dove noantri siamo i soliti rozzi provincialotti a bocca spalancata davanti a un dirigibile o a un qualunque baraccone delle meraviglie e lozioni miracolose, pronti ad importare e far nostro oltremodo degradandolo – se possibile, e questo insomma dimostra che è possibile anche far peggio di Paris Hilton e tutto ciò che questa rappresenta, tanto per dire – tutto ciò che di peggio si palesa nel mondo) più la famiglia parimenti griffata tutti insieme, da brava famiglia italiana coi Valori con la ‘V’ maiuscola, a votare con la scorta (chissà – piccola concessione alla demagogia: una scorta pagata da noi contribuenti?), sono l’ottimo specchio del nostro paese e della nostra situazione attuale, uno specchio sporco ma sempre pronto ad accusare gli altri di maggior sporcizia o chissà che (io? Voi, piuttosto!), e una situazione che potremmo senz’altro comprendere nell’ambito del motto del caro Ennio Flaiano, come "grave ma non seria".
Non è seria perché nessuno alla fine prende sul serio quell’uomo che fa il guitto con tutte le signore e regala collier da seimila euro a una misteriosa amica di famiglia che non ha ancora deciso se "fare la politica (con papi, ovvio) o la show-girl"; non è seria perché nessuno dà credito a quell’uomo che satireggiando utilizza mezzi di stato per invitare membri di altri governi, nani e ballerine ai suoi festini goderecci a bordo piscina poi gridando – e di fatto impedendo ogni divulgazione, per quanto può farlo (bontà del villaggio globale, una volta tanto!) – allo scandalo per l’intrusione nel privato da parte di qualche paparazzo importuno; non è seria perché nessuno crede davvero che sia quell’uomo l’unto dal Signore destinato a tirar fuori l’Italia e perché no l’Europa dalla crisi, il tutto a base di formule tipo “la crisi è tutta nel vostro atteggiamento”, “andate e spendete: solo così riparte l’economia”, e via discorrendo.
Non è seria perché – via, diciamocelo! – nessuno crede più davvero che i Comunisti di tutto il mondo uniti (quando mai, tra l'altro, sarebbero stati uniti?) cospirino contro di lui povero cristo, o che all’origine di ogni evento a lui indigesto (il conflitto di interessi, i numerosi processi, la corruzione di testimoni, perfino il divorzio dalla moglie), siano i complotti alimentati dall’odio e dall’invidia e dalla mancanza di amore di tutte le Sinistre.
Allo stesso tempo è grave perché quest’uomo, il quale ci ha sempre squadernato sotto gli occhi il proprio privato a più riprese (l’opuscolo fotografico del ’94 poi riproposto in versione aggiornata nel 2006 ne è solo l’esempio più eclatante, forse perché appunto programmatico di una – quale? – ideologia) facendosene forza scudo e vanto al pari del cerone e del trapianto di capelli (quale può esser la colpa di un fotografo impiccione, quindi? Aver proseguito sulla stessa falsariga?); quest’uomo, dicevamo, fra un frizzo e un lazzo, fra un cu-cu ad Angela Merkel e una guasconeria urlata a Mr. Obama, ha di fatto azzerato – nella pericolosa logica del partito-azienda prima, e del parlamento-azienda poi – il Potere Legislativo, governando con decreti legge ed approvazione a fiducia di una Camera ormai ridotta a Consiglio di Amministrazione, passando quindi a metter le mani sul Potere Esecutivo, accentrando tutto su di sé per interposte persone, col Presidente della Repubblica ormai sempre più solo, a far da saltuario grillo parlante inascoltato. Il prossimo passo, forse il più difficile, ma è per questo che la guerra viene così di lontano (almeno da Tangentopoli), sarà inserire sotto la propria grande ala nera, rendendolo autoreferenziale, anche il Potere Giudiziario, costituito al momento da magistrati assai importuni per l’attuazione di quel caro vecchio Piano di Rinascita Democratica (tra l’altro riproposto – e distribuito ai piani alti dell’azienda – in versione marcatamente Fininvest, in anni a noi più vicini che non il ’76) che segnò i suoi inizi nella scia di Licio Gelli e la P2.
Alla fine, fuochi d’artificio finali, con la modifica della costituzione (scritta dai Comunisti, macchiata da un antifascismo sinistrorso assolutamente da ricoprire – di azzurro magari, ché il nero è desueto e poi bisogna pure innovare) e l’uomo forte che s’insedia a capo di una nuova Repubblica, la Terza, e non ci sarà più bisogno di elezioni, discussioni, dibattiti: pensa a tutto lui, e si legifera s'esegue e s'autoassolve, amen.
Per gli altri ci saranno la televisione con le fiction e i reality, Bruno Vespa come programma politico, e in definitiva un immaginario collettivo (e una scuola) ad usum popoli, magari con colonna sonora di Apicella e tante belle e devote preghiere, per far felice Mamma Chiesa.

II.
In questo quadro, poco più poco meno (penso) una fotografia dei nostri chiari di luna, rimaneva in un angolo – soffusa, quasi un nulla – una piccola luce, una possibilità di dare un segno di vita: ci siamo ancora, siamo qui. E possiamo dire la nostra, almeno fino ad ora.
O almeno: ci poteva essere; ma se Noemi Letizia è lo specchio dei nostri tempi, va da sé che molti non l’abbian colta. Lo sdegno? Il menefreghismo? Chissà cos’altro; tutto ha fatto il resto.
C’è da chiedersi: chi avreste punito col vostro astensionismo? I politici, i quali non sono stati degnati della vostra attenzione e del vostro voto? Ci si sciacquano i santissimi: per un vostro astensionismo pien di sdegno, c’è una cisterna d’invasati, pronti a prostrarsi davanti al dio Silvione, che c’ha salvato dai carri armati sovietici e dalla faziosità inacidita e arida delle Sinistre. Gli altri italiani, che giustamente schifate e coi quali non v’immischiate? La cronica incapacità di strutturarsi come forza vera e propria della Sinistra (centro-sinistra, centro: quel che è), sempre pronta a dividersi in frazioni e frazioncine, come se ancora oggi si dovesse far dibattiti ad incipit "no cioè scusate compagni?"
Avete punito voi stessi: e Silvio - il quale d'altra parte ha pure voluto attendere a dopo le elezioni per render pubblica la notizia d'aver venduto Kakà al Real Madrid, per non sgualcire la sua immagine di vincente (a che punto siamo, poveri noi!) - ne è uscito rafforzato, strappando province e comuni, ribaltando (o essendo in procinto di ribaltare) situazioni consolidate, prendendosi l’intero (o quasi) Sud, indebolendosi forse di poco al Parlamento Europeo, ma a beneficio della Lega, con la quale ha già  (tempismo anche troppo sospetto) provveduto a stringere una salda intesa sul tema elettorale.
Perché? Davvero Franceschini, Di Pietro, Giuliana Sgrena, Sassoli, Topomoto e Autogatto, chiunque vogliate voi; davvero erano peggio che continuare a spianare la strada a questo ducetto mediatico in sedicesimo che strilla contro un qualche nemico (la sinistra disfattista, i fannulloni, gli intellettuali comunisti, i giornalisti di partito - un certo tipo di regime ha sempre bisogno di un nemico, di un uomo nero su cui assommare i peggior torti e le peggior depravazioni, sì da farne poi un tappeto sotto cui nasconder le magagne) ogni volta che una critica o un dissenso sono mossi; davvero è meglio arroccarsi nello sdegno – mi fanno tutti schifo, e quello non lo sopporto, e come si fa a votar quell’altro – e proseguir da spettatori a vedere i problemi veri di una nazione e di un tempo ricoperti e seppelliti da una valanga di gossip o notizie di colore quali gli abboccamenti amorosi del Presidente del Consiglio o del suo vice, tutti quanti difensori della famiglia (divorziati); o la sua memoria storica di personaggi del passato, come ad esempio la Thatcher, che – si badi – ai suoi tempi “era una gran bella gnocca”.
Lasciate passare, lasciate...
chissà che piano piano (nemmen troppo) non vi si ponga nemmeno più il problema, di votare.

Intanto si mette un po' più di bavaglio alla stampa: anche chiorbone (quello vero), mica ha fatto tutto in un giorno, eh!

giugno 01, 2009

ADDIO, TRISTE LUNEDÌ
o anche:
SIGNORA MIA, VEDESSE CHE STRONZO GALLEGGIAVA NEL GABINETTO... UNA COSA DA NON CREDERE


Ci sono momenti in cui anche dover andare a lavorare non è poi così male.

Ad esempio, metti che per il/la tuo/a tytolare sia festa (solo per lui, ovviamente); che il/la tuo/a collega stronzo/a faccia mezza giornata; che altri ancora non ci siano per altri motivi: ed ecco che il pomeriggio ti ritroverai solo, le luci spente e le serrande chiuse, senza niente in procinto di accadere e senza nessuno che ti richieda alcunché. Il fatto poi che non sia effettivamente festa soltanto per il tuo titolare, ma per un sacco di altra gente tranne te, in definitiva, aiuta: e il telefono non suona e niente accade, e ciò ti ferma anche un po' il giramento di coglioni per non esser rientrato (per cosa, poi?) nel sacco dell'altra gente di cui sopra; e quindi puoi rimuginar sul fatto che ti ritrovi tu, la pagina bianca e insomma stronzate magniloquenti come questa. Ah, l'eterna sfida tra il niente e la tua creatività! Il sottile confine tra il vuoto e il pieno, tra il bianco ed il nero, tra la vanità e il capolavoro! Ah, il trar fuori dal cilindro una, ancora una, una di più, inaspettata quanto ingegnosa idea, una bizzarra capriola dello spirito, una scintilla a dispetto di quel che è il quotidiano!
Ok, niente di tutto questo; però, una piccola gioia resta. Decido di alzarmi, di fissare per un attimo il vuoto, magari di levarmi le scarpe: mi dico che avrei potuto portarmi il tagliaunghie, un libro, l'album da colorare, magari quello dei Puffi in pose erotiche, o quello di Willy il Coyote che incula lo struzzo, a spregio. E penso, poi appoggio la testa sulla scrivania, mettendoci le mani sotto, chiudo gli occhi, sento il tempo passare. E nessuno che ti chiede niente; nessuno che pretende la tua vita per migliorar la sua. Ok, è quel che sta succedendo anche adesso, a ben guardare, ma chi se ne importa? Uno può fare il giro del mondo, fuori da queste quattro mura, ma pur facendolo è come se non si fosse mai mosso.
Per vedere contano gli occhi, non tanto quel che gli occhi vedono.
E certa gente, anche fosse sul suolo di Marte, è come se si trovasse al telefono con un fornitore o con un cliente, litigando per misere questioni che a lui per primo non son chiare se uno non gliele spiega e rispiega prima.
Io adesso, su questa scrivania da quattro soldi, con questa parete di cartongesso alla destra, questo troiaio porta raccoglitori dietro, quest'aria finta e queste cazzo di luci al neon sopra, sto spendendo il mio tempo meglio di lui/lei, che fuori da qui non ha uno straccio di barlume di vita.
Toh, e questo è quanto!
Non sono esattamente quel che si dice un dipendente modello. È che – diavolo – che razza d'interesse può avere sistemare un pullman di anziani Teutoni nell'albergo tal dei tali alla tal cifra, risparmiando così la talaltra perché il suddetto albergo ci include nientepopodimenoché le bevande nella quota? O la richiesta d'una nota di credito a tizio, litigando perché diversamente da quanto ha fatto era concordato? O mille altre inezie, fatte passare per capitali questioni che dovrebbero andare ad accrescere il tuo stress e menomare la tua vita qualora non dovessero andare a verso?
Mi sembra più grave il fatto che in nome di tutto questo abbia dovuto rinunciare alla possibilità di tornare negli Stati Uniti, visitando Philadelphia Baltimora e Washington con partenza da New York, il tutto nell'anno dell'elezione di Obama, il tutto per andare a rendergli omaggio e sentirsi – sì, quello sì! – parte, ancorché piccola della Storia.
Si dirà: il fatto che ci vada io (e porti con me nell'ordine: Anpelie, Tetragonium & Marcialla) non sposta d'un centilitro il galleggiante nel pozzo della storia, quella con la S maiuscola; ma forse l'altra, quella con la s minuscola, si sposta per le mie ponderose decisioni? I miei timbramenti di cartellino, i miei contributi maturati, le mie gesta professionali (!), le mie qualifiche (?) e il mio operato quotidiano per conto terzi: quello, cosa sposta, oltreché i miei frullantissimi coglioni?
Mi par ancora una volta assai più grave che il Presidente del Consiglio (e con lui, lo stuolo di media consenzienti ed opinione pubblica ottenebrata) d'uno stato sempre più da barzelletta gridi all'intollerabile intromissione nella privacy per la diffusione di foto attestanti il suo reiterato utilizzo di mezzi ufficiali quali aerei di Stato ed auto blu per trasportare invitati VIP e figliolette (minorenni o maggiorenni, purché bòne) al proprio compleanno, nella villa in Sardegna; che lo stesso sia il difensore sommo dei valori (quali?) della famiglia e si conceda interessanti incontri con minorenni e non, tanto poi le fa ministro; che possa corrompere avvocati a caso per poi sostenere che sia tutto un complotto di giudici comunisti; che per nascondere scomode verità promuova e faccia promuovere una campagna demagogica contro terzi, siano fannulloni del pubblico impiego, sinistra  maligna e catastrofista a tutti i costi, stranieri o clandestini a vario titolo, peraltro castigati da leggi speciali che autorizzano ronde giustizialiste; che la CEI si pronunci ad esempio sulle sue frequentazioni femminili dicendo “ciascuno ha una sua coscienza” – quella stessa coscienza a cui attingere era vietatissimo durante lo sciagurato caso Luana Englaro, quella stessa coscienza che andava appiattita su posizioni retrograde ed antistoriche di vecchi bacucchi che van vestendosi da donna in tema di sesso, famiglia e natività (esattamente tre cose che, stando ai crudi fatti, a loro son precluse, ci avevate mai fatto caso?)
O pensare al continuo declassamento e svilimento di tutto quel che ci circonda, per far sì che sempre meno persone provino ad usar davvero il cervello, rimbecillendo davanti alla solita trasmissioncina per il popolino, al solito film con un po' di puppe e culo e battute di massimo boldi o similare; al solito – per chi ha ancora pretese da intellettuale – librino sega di scrittori che però son già famosi o come conduttori o come personaggi televisivi o come attori o come quel che cazzo vi pare a voi, il tutto purché non scrivano bene e siano troppo originali. E la cronaca o il gossip a far da morboso sfondo, nera o rosa che siano.
Tutto è così sinistramente 1984. E noi siamo i prolet, e c'abbiamo pure le nostre canzoni composte in automatico e preconfezionate.

Altro che sistemare i conti del tuo/a titolare, permettendogli così di comprarsi magari un bel gippone, per farci i cinquecento metri che lo separano dal suo ufficio e andarci alla casa al mare tutti i fine settimana o nei giorni presumibilmente di festa per tutti tranne te. Che poi magari ti chiama pure, ogni tanto, per vedere se lavoro. Oh, lavoro sì, vedi come lavoro!
Testadicazzo.
Sì, ci son momenti in cui andare a lavorare non è poi così male. È suonato una volta soltanto il telefono, e qualche ora è passata. Mi sento meglio di prima, eppure niente è cambiato.
Ciò non va altro che ad accrescere il seguente convincimento:
Che esseri del cazzo che siamo!