Visite

giugno 01, 2009

ADDIO, TRISTE LUNEDÌ
o anche:
SIGNORA MIA, VEDESSE CHE STRONZO GALLEGGIAVA NEL GABINETTO... UNA COSA DA NON CREDERE


Ci sono momenti in cui anche dover andare a lavorare non è poi così male.

Ad esempio, metti che per il/la tuo/a tytolare sia festa (solo per lui, ovviamente); che il/la tuo/a collega stronzo/a faccia mezza giornata; che altri ancora non ci siano per altri motivi: ed ecco che il pomeriggio ti ritroverai solo, le luci spente e le serrande chiuse, senza niente in procinto di accadere e senza nessuno che ti richieda alcunché. Il fatto poi che non sia effettivamente festa soltanto per il tuo titolare, ma per un sacco di altra gente tranne te, in definitiva, aiuta: e il telefono non suona e niente accade, e ciò ti ferma anche un po' il giramento di coglioni per non esser rientrato (per cosa, poi?) nel sacco dell'altra gente di cui sopra; e quindi puoi rimuginar sul fatto che ti ritrovi tu, la pagina bianca e insomma stronzate magniloquenti come questa. Ah, l'eterna sfida tra il niente e la tua creatività! Il sottile confine tra il vuoto e il pieno, tra il bianco ed il nero, tra la vanità e il capolavoro! Ah, il trar fuori dal cilindro una, ancora una, una di più, inaspettata quanto ingegnosa idea, una bizzarra capriola dello spirito, una scintilla a dispetto di quel che è il quotidiano!
Ok, niente di tutto questo; però, una piccola gioia resta. Decido di alzarmi, di fissare per un attimo il vuoto, magari di levarmi le scarpe: mi dico che avrei potuto portarmi il tagliaunghie, un libro, l'album da colorare, magari quello dei Puffi in pose erotiche, o quello di Willy il Coyote che incula lo struzzo, a spregio. E penso, poi appoggio la testa sulla scrivania, mettendoci le mani sotto, chiudo gli occhi, sento il tempo passare. E nessuno che ti chiede niente; nessuno che pretende la tua vita per migliorar la sua. Ok, è quel che sta succedendo anche adesso, a ben guardare, ma chi se ne importa? Uno può fare il giro del mondo, fuori da queste quattro mura, ma pur facendolo è come se non si fosse mai mosso.
Per vedere contano gli occhi, non tanto quel che gli occhi vedono.
E certa gente, anche fosse sul suolo di Marte, è come se si trovasse al telefono con un fornitore o con un cliente, litigando per misere questioni che a lui per primo non son chiare se uno non gliele spiega e rispiega prima.
Io adesso, su questa scrivania da quattro soldi, con questa parete di cartongesso alla destra, questo troiaio porta raccoglitori dietro, quest'aria finta e queste cazzo di luci al neon sopra, sto spendendo il mio tempo meglio di lui/lei, che fuori da qui non ha uno straccio di barlume di vita.
Toh, e questo è quanto!
Non sono esattamente quel che si dice un dipendente modello. È che – diavolo – che razza d'interesse può avere sistemare un pullman di anziani Teutoni nell'albergo tal dei tali alla tal cifra, risparmiando così la talaltra perché il suddetto albergo ci include nientepopodimenoché le bevande nella quota? O la richiesta d'una nota di credito a tizio, litigando perché diversamente da quanto ha fatto era concordato? O mille altre inezie, fatte passare per capitali questioni che dovrebbero andare ad accrescere il tuo stress e menomare la tua vita qualora non dovessero andare a verso?
Mi sembra più grave il fatto che in nome di tutto questo abbia dovuto rinunciare alla possibilità di tornare negli Stati Uniti, visitando Philadelphia Baltimora e Washington con partenza da New York, il tutto nell'anno dell'elezione di Obama, il tutto per andare a rendergli omaggio e sentirsi – sì, quello sì! – parte, ancorché piccola della Storia.
Si dirà: il fatto che ci vada io (e porti con me nell'ordine: Anpelie, Tetragonium & Marcialla) non sposta d'un centilitro il galleggiante nel pozzo della storia, quella con la S maiuscola; ma forse l'altra, quella con la s minuscola, si sposta per le mie ponderose decisioni? I miei timbramenti di cartellino, i miei contributi maturati, le mie gesta professionali (!), le mie qualifiche (?) e il mio operato quotidiano per conto terzi: quello, cosa sposta, oltreché i miei frullantissimi coglioni?
Mi par ancora una volta assai più grave che il Presidente del Consiglio (e con lui, lo stuolo di media consenzienti ed opinione pubblica ottenebrata) d'uno stato sempre più da barzelletta gridi all'intollerabile intromissione nella privacy per la diffusione di foto attestanti il suo reiterato utilizzo di mezzi ufficiali quali aerei di Stato ed auto blu per trasportare invitati VIP e figliolette (minorenni o maggiorenni, purché bòne) al proprio compleanno, nella villa in Sardegna; che lo stesso sia il difensore sommo dei valori (quali?) della famiglia e si conceda interessanti incontri con minorenni e non, tanto poi le fa ministro; che possa corrompere avvocati a caso per poi sostenere che sia tutto un complotto di giudici comunisti; che per nascondere scomode verità promuova e faccia promuovere una campagna demagogica contro terzi, siano fannulloni del pubblico impiego, sinistra  maligna e catastrofista a tutti i costi, stranieri o clandestini a vario titolo, peraltro castigati da leggi speciali che autorizzano ronde giustizialiste; che la CEI si pronunci ad esempio sulle sue frequentazioni femminili dicendo “ciascuno ha una sua coscienza” – quella stessa coscienza a cui attingere era vietatissimo durante lo sciagurato caso Luana Englaro, quella stessa coscienza che andava appiattita su posizioni retrograde ed antistoriche di vecchi bacucchi che van vestendosi da donna in tema di sesso, famiglia e natività (esattamente tre cose che, stando ai crudi fatti, a loro son precluse, ci avevate mai fatto caso?)
O pensare al continuo declassamento e svilimento di tutto quel che ci circonda, per far sì che sempre meno persone provino ad usar davvero il cervello, rimbecillendo davanti alla solita trasmissioncina per il popolino, al solito film con un po' di puppe e culo e battute di massimo boldi o similare; al solito – per chi ha ancora pretese da intellettuale – librino sega di scrittori che però son già famosi o come conduttori o come personaggi televisivi o come attori o come quel che cazzo vi pare a voi, il tutto purché non scrivano bene e siano troppo originali. E la cronaca o il gossip a far da morboso sfondo, nera o rosa che siano.
Tutto è così sinistramente 1984. E noi siamo i prolet, e c'abbiamo pure le nostre canzoni composte in automatico e preconfezionate.

Altro che sistemare i conti del tuo/a titolare, permettendogli così di comprarsi magari un bel gippone, per farci i cinquecento metri che lo separano dal suo ufficio e andarci alla casa al mare tutti i fine settimana o nei giorni presumibilmente di festa per tutti tranne te. Che poi magari ti chiama pure, ogni tanto, per vedere se lavoro. Oh, lavoro sì, vedi come lavoro!
Testadicazzo.
Sì, ci son momenti in cui andare a lavorare non è poi così male. È suonato una volta soltanto il telefono, e qualche ora è passata. Mi sento meglio di prima, eppure niente è cambiato.
Ciò non va altro che ad accrescere il seguente convincimento:
Che esseri del cazzo che siamo!

2 commenti:

Lypsak ha detto...

Questo post sfiora la perfezione sotto molti punti di vista.

ciofo ha detto...


Una sintesi perfetta dell'Italiano Medio(cre) e dell'essere umano in generale.