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aprile 02, 2010

Ecco quel che mi metto a pensare in questi giorni. Poiché non son nemmeno poi questo granché, si tratta pure di pensieri d'accatto, presi – nemmen ricordati: trascritti, col libro qui accanto a me (che gran cranio, che sono!) – da un testo che s'intitola La vita davanti a sé. La vita davanti a sé puzza, mi verrebbe da chiosare. Romain Gary, tra l'altro si è sparato, a suo tempo. Ci son cose che si pagano, il fatto è questo.
Ma io penso che per il resto la Mecca non sia poi tanto diversa da qui. Io vorrei andar lontano in un posto pieno di cose diverse e non cerco neanche di immaginarmelo per non guastare tutto. Il sole, i pagliacci e i cani si potrebbero tenere perché in materia non si può fare di meglio. Ma per il resto sarebbe tutta una cosa mai vista e fatta apposta per questo scopo. Ma penso che anche così finirebbe per essere la stessa cosa. C'è perfino da ridere qualche volta se si pensa a come le cose ci tengono al loro posto
Penso anche – a questa brillante conclusione ci sono invece arrivato da solo, vedete un po' voi quanto son bravo – che si dovrebbe vivere fintantoché si è in grado di apprezzare un treno che passa, seduti nel passeggino, davanti al binario, portati lì da un nonno, un babbo, una mamma. Pieni di meraviglia, a ridere di gusto e a riempire a nostra volta di meraviglia chi ci ha intorno.
Poi si cresce, e il resto non conta più granché.
Ma quando ci portavano a vedere il treno...

1 commento:

Paperogonfio ha detto...

E non te lo ricordi nemmeno direttamente. No. Vedi un bambino nel passeggino, che guarda fisso i vagoni, interessatissimo.
Allora ripensi a quando capitava a te.
Memoria d'accatto, anche quella.