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aprile 19, 2010

WELL, MY TIME WENT SO QUICKLY...

Quando che ero tranquillo c'eran certi fiori rosa-viola, a grappolo, folti in ciuffi d'erba in un punto e sporadici più in giù, come se il vento ne avesse portato i semi e avessero attecchito qua e là. Punti rosa-viola, e ciuffi rosa-viola.

Si nota, ecco.
E quando che ero tranquillo c'era il rarissimo esemplare di Gatto Sonoro, zitto e ieratico su una qualsivoglia superficie piana purché comoda, te ti avvicini e lo accarezzi e lui fa “GNEU”, neanche fosse un piu-piu qualunque. Resta lì; ti fermi e ti guarda. Quindi lo ritocchi. Gneu.
Si nota, anche quello.
E sempre quando che ero tranquillo, c'era il cielo azzurro e la temperatura tranquilla, e a camminare s'incrociava certa gente che ti pare potresti chiedergli qualcosa, vedrai si sarebbe tutti cortesi e complici, - si potrebbe anche ballare - e se tu stessi cercando una ragazza o anche un amico, la troveresti.
Si nota, anche quello, ma la seconda parte non dipende solo da te, sicché tutto è più difficile.
E quando che ero tranquillo mi sento come se – mi dico – ora mi metto lì davanti e scrivo Guerra e Pace, anzi no, Viaggio al termine della notte. Poi non mi ci metto, però mi pare comunque una bella sensazione, e vedrai prima o poi lo faccio ma mi pare comunque che anche quello non dipenda da poche cose, mentre invece a guardare i fiori rosa-viola son sempre in tempo anzi li vedo tutti i giorni ma non sempre sono lì per me.
I Gatti Sonori pare invece mi cerchino loro.
Adesso mi faccio pure un caffè. È bello, il silenzio.
Quando che ero tranquillo, c'era anche sempre il silenzio.
Salute.

2 commenti:

Lypsak ha detto...

Quando che ero tranquilla io c'erano i cuculi, fiori strani violastri-blu, che mi dicevano che crescevano in fila e portavano verso un tesoro o la felicità (o un cadavere, non ricordo bene), e io giù a seguirli, anche se in fila non ci crescevano di sicuro. Però era divertente, percorrevi miglia di campagna seguendo il filo spezzato dei cuculi, e non pensavi a niente di quel che poteva succedere, dopo.
Si notava anche quello, mi pare.

Avviatura ha detto...


Quando era domenica pomeriggio e il sabato sera non ero uscito perché non dormivo dal mio compagno di classe (un paio, non di più, gli altri li ho fortunatamente persi di vista, ma meno male i socialnètuorc®, salvo rivedermeli pelati, ingrassati trenta chili, con 2/3 figli e una moglie, ma anche no e la loro candidatura a qualche ignobile lista che di civico neanche il nome), perciò il sabato sera guardavo la televisione fino a tardi (le undici al massimo, dopo l'enfiagione delle gònadi e il palinsesto deserto portavano il sonno in un assordante tripudio di silenzio) in compagnia di tuo padre che capitolava alle nove e mezza sulle note di una qualunque raffaellacarrà© (sì, segue rima, sempre) e di tua madre che cantava l'ultimo successo dei quattro ricchieppoveri© (erano quattro, fa parte anche questo del mio bagaglio, pensa), quando era domenica pomeriggio  ascoltavo le partite alla radio in camera mia e guardavo fuori dalla finestra (il cielo era bigio, conditio sine qua non o pigramente nuvolo, oggi non piovo, esclamava un cielo intransitivo), guardavo il fumo della fabbrica di fronte, la vetreria del mio paese che allegra e operosa vomitava vapori di arsenico senza vecchi merletti, tra gli ulivi nemmen fosse il Getsemani, e io guardavo le rondini appollaiate (se son rondini mi son sempre chiesto come facessero ad appollaiarsi, magari arrondinarsi suonava peggio anche per loro, ma non glielo chiesi mai ché la rondine è animale assai riservato). Dieci, forse venti rondini se ne stavano lì, forse in silenzio, forse a discutere chissà di che, forse a far niente, ma era comunque qualcosa, un qualcosa che mi trasmetteva serenità, quiete, anche un po' di malinconia, ché poi sarebbero arrivati, sera dopo sera, l'autunno e l'inverno, mentre la Pistoiese pareggiava sul Catanzaro e la voce arrotata di Sandro Ciotti restituiva la linea allo studio.