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marzo 24, 2010

Quest'oggi ho la presentazione del libro.
Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente? Davvero non penserete mica che lo sia?, un'altra raccolta di racconti.
Ore 18, presso la Saletta degli Incontri dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Pistoia.
La cosa buona in tutto questo è che, per un motivo o per un altro (in realtà, soltanto per uno, si sa) non ho avuto ancora modo di farmene un'idea, pensarci minimamente, vivere la situazione in anticipo. La cosa meno buona è che sarà quindi in tutto e per tutto una cosa del tutto improvvisata, senza niente di ragionato. Il che equivale a dire che riuscirà non dico sicuramente male, ma quantomeno povera. Ma tant'è: mi rendo conto che non sarà poi questa gran cosa, senza dubbio, e che nella vita c'è di peggio e c'è di meglio, assai; il fatto è che odio dover parlare davanti a tanta gente – tanto più se la gente che ho davanti è gente che per un motivo o un altro conosco già – e credo proprio che mi sentirò particolarmente ridicolo.
Per tutta una serie di casi e fortune, ho trovato una persona che verrà a parlare del libro, nientemeno che una docente universitaria – cattedra di Letteratura Italiana all'Università di Firenze – e a questo fatto mi aggrappo e dietro questo mi riparo (prof.ssa Adele Dei: la ringrazio).
Preferirei comunque esser di là dalla cattedra. Penso proprio che mi vergognerò e tirerò un sospiro di sollievo quando sarò da qualche altra parte.
Mi sembra di esibirmi e io - l'ho già detto? - odio anche solo l'idea di dovermi esibire.
Ho pure avuto, come già per l'altro, un articolo su un quotidiano locale (“Il Tirreno” adesso; “La Nazione” per No, non so un cazzo...); e anche di quello mi vergogno. Mi spiego: non me ne frega niente di quel che penserà la gente al riguardo, ma mi sento a disagio.
Quasi come parlare di fronte a tanta (tanta?) gente.
Quasi come – ogni volta – dover scrivere velocemente e di nascosto, poche righe con l'animo furtivo e le antenne dritte, quasi battendo sui tasti più piano, per farmi notar meno, mentre sono a lavoro e ho pochi minuti – salvo chiudo, riapro, scrivo altre due parole, poi risalvo... – magari sparsi tra un'ora e altre due.
Come adesso.
È una cazzo di fatica, andate sicuri.

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