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gennaio 12, 2010

E così mi toccava terminare Milco.
Purtroppo non c'era niente da fare, erano le regole. Non che, a ben pensarci, mi toccasse granché. Il fatto comunque era che, quando ti indicavano a chi toccava, dovevi semplicemente fare il lavoro, comprenderne pure le ragioni ed esser felice. Se si faceva parte dei Cavalieri per un Mondo Migliore, come ci chiamavamo tra noi, non potevamo avere esitazioni: c'era da riportare il mondo su una strada accettabile e giusta, una strada che aveva perso da chissà quanto tempo, soltanto in nome dei soldi, delle macchine a sproposito, di logiche lavorative basate su apparenza conoscenza e privilegio, di sete di successo e lusso fini a se stessi, di più forte sul più debole come norma. Dette così, parrebbero bazzecole da libri di sociologia. E invece, provate a far sì che questi siano i punti cardine che guidano la vostra vita di tutti i giorni, e senza accorgervene vi ritroverete un mondo veramente di merda. Ciò che appunto è successo, e nemmeno ci facevate più caso.
E qui siamo arrivati noi.
Siamo una società segreta, un'organizzazione criminale, una loggia deviata – e stavolta deviata dalla parte giusta, e non avremmo lasciato distruggere il posto in cui vivevamo stando soltanto a guardare il potente di turno che lasciava scaricare gas tossici nell'atmosfera soltanto per far scarrozzare l'amichetta di trent'anni più giovane a farsi i capelli. Tra l'altro.

In ogni caso, saremmo dovuti partire dal piccolo, dal singolo, dal signorotto di zona; poi, non appena i nostri ideali si fossero saldati al popolo e da questo avessimo ricevuto appoggio ed entusiasmo, saremmo andati inevitabilmente a crescere, salendo su, su e ancora su, finché saremmo giunti agli amministratori locali, ai figli di papà, ai primi papaveri mediolocati - i papà, appunto, agli uomini d'affari, ai politici nazionali. E lì sì che sarebbe venuto il bello.
Nel frattempo, c'era Milco. Milco - si chiamava proprio Milco - lo conoscevo perché eravamo stati ragazzi insieme, e di lui negli anni in cui il male ancora non si manifesta (o per lo meno, si manifesta assai di rado), sostanzialmente ricordo quando cercava di farmi diventare tifoso della Juve.
Francesca mi diceva:
“Dai, diventa della Fiorentina!”
E Milco:
“No, della Juve!”
E l'altra:
“No no, nella Juve c'è Cabrini, e a Cabrini-gli-puzzano-i-calzini. Della Fiore, della fiore!”
Avevo sei anni, ma a me Francesca piaceva. Poi si è sposata con un altro, ma insomma all'epoca mi piaceva, e ciò senz'altro rientra nelle ingiustizie del mondo che avrei contribuito a sanare come Cavaliere per un Mondo Migliore, numero 43. Ma tant'è; e all'epoca Milco, con l'aria dimessa che lo contraddistingueva, disse:
“Dai, diventa della Juve, tanto a tutti i giocatori gli puzzano i calzini, dopo aver giocato”
Diventai della Fiorentina, ma insomma, non è questo il punto: aveva una testa tonda come un palloncino, capelli gialli che la ricoprivano per tre quarti, e via discorrendo. Gli anni erano passati e lui aveva ardentemente sostenuto il Cavaliere nell'ormai lontano 2004, faceva il manager all'ombra del paparino alla Smotorizzazione Sbrenna snc facendo la cresta sul dividendo ed evadendo buona parte delle tasse in nome d'una creatività nella finanza tutta sua, guidava un bel gippone nero e vestiva orride scarpe di Gucci e quel giacchetto carissimo che tutti gli idioti esibivano come fosse un vanto. Non sapevo se era un patito di Maria de Filippi e andava in vacanza a Ibiza, ma tanto mi bastava.
Sarebbe toccato a lui, senz'altro indugio. Milco. Altro che amici d'infanzia; nome del cazzo, Milco.
Il mondo era da cambiare. Dopo, ci saremmo ritrovati tutti amici, magari. Chi restava.
Chi lo meritava.
Quindi.
Quindi armai il caricatore e indossai la divisa da iena d'ordinanza. Ripassai il mio versetto della Bibbia (eravam tutti cinefili, noi Cavlieri). E via, si andava in scena.

1 commento:

Lypsak ha detto...

Spero che poi ci sarà anche la minuziosa descrizione dello spaglio di sangue verdastro tutto cagliato che seguì all'esplosione.