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settembre 20, 2006

BRAPY CARDANO – L’arte così, tanto per fare. A seguire, rinfresco offerto. Ancora alla galleria Ciapetti ma stavolta niente cassiera burbanzosa e sulle sue, ci vado e m’introduco proditorio & surrettizio quando è chiuso, alla faccia sua che è sorda all'arte e al sapere e piuttosto la dà al gatto.

Quest’oggi (atelier-autoscuola Ciapetti in coatta società collo Iovi causa incipïenti debiti cogli usuraj, suonare interno due non è assolutamente detto che qualcuno apra, Beppe è ormai freddo della freddezza del rigor mortis pace all’anEma sua, pare facesse parte di uno degli happenings dell’artista in questione) s’inaugura la personale pittorica di Brapy Cardano, giovane artista Galliero-Uzzese che da anni svolge un’attentissima – massipensi: è così attenta che non fa scuocere nemmeno l’uovo alla coque e non pesta mai le merde – ricerca espressiva, cogliendo risultati di particolare originalità, come quando ha capito di possedere un nome che è possibile (anzi, agevole) dire ruttando.

Il colore è il punto cardine del suo percorso creativo, e grazie al cazzo ci verrebbe da aggiungere, se una fa la pittrice cosa dovrebbe essere il punto cardine? La merda? Comunque sia: il colore e gli arricchenti stymoli che ha sentito in sé dopo aver visto i lavori di Kline, Klein e Kamara che sarebbe il giocatore del Modena ma è uguale sapete una sega voi bastava iniziasse per cappa. Prendendo le mosse da tutto ciò, BBBBRAAAAAAPY (oioi bene… la coca-cola, il panino salsiccia-pangrattato-tabasco-cartaoleata) Cardano ci dice che leggere oggettivamente tutta la realtà intorno a noi è obiettivo inevitabilmente troppo arduo e quindi forse, proprio in virtù di questa consapevolezza (del cazzo), l’artista Austro-Ungarica pensa bene di prender delle tele e ricoprirle di colore, dando a ciascuna di esse il tytolo di Monocromatismo Fortemente Coinvolgente MFC, corredandole ogni volta di un numero progressivo. Così facendo ci offre (o anche no) emozionanti stimoli verso una non banale lettura della realtà, che uno poi può dire: “bada qui com’era blu, la realtà! E poi, badalìììì, lì era verdona! Ma ci crederesti che la realtà avesse da essere così gialla? Nooooooo va’ che robaaa! Rosona rosona così, poi, non pensavo potesse, vero me!”, e via e via.
Lacerti di realtà affiorano se uno va fuori e pastura i piccioni, o snocchìna i monelli molesti, ma alla Realtà Vera (?) ciascuno di noi può soltanto cercar di tendere, con continuo e svdatissimo stvdivm: questo il messaggio di fondo dell’artista Lombardo-Veneta, il cui tendere (tendere cosa? Questa cippa di cazzo?) verso la Realtà Vera ci può esser testimoniato soltanto attraverso questi DIPINTI, queste distese piatte di colore, questo Monocromatismo Fortemente Coinvolgente 1-17, appunto. Un po’ tipo gli eremyti o i bonzi insomma, che stanno lì e aspettano e aspettano, vestiti coi cencini e pelati e cogli occhiali e la barba forse, finché poi uno dice: “eccoci! C’ho l’illuminazione! Ovvài, la volevi? Sono arrivato! Piazza Ciùlo! Scendo, domani tienmi il posto, eh?” Un po’ tipo così, vedrai, sì.
L’artista è quindi sconfitto di fronte al vero? Forse: ma BBBRAAAAAPY (ah, il secondo giro al baracchino dei panini!) Cardano, artista Rinco-Valdigiana, ha anche altre frecce al suo arco, e per noi c’è in serbo – oggesù… – la seconda parte della mostra, l’estremo colpo di coda in direzione della Realtà Vera, forse raggiungibile, forse no. So un cazzo, io. 
Stavolta si tratta di 4 o 5 happenings che si susseguono, raggruppati entro il tytolo collettivo di Imput, nn. 1-5. Imput è una parola provocatoria, composta da Imbelle e Putativo, o è semplicemente un errore dell’artista, che ignora che si dovrebbe scrivere Input. Comunque la si voglia vedere, il primo Imput è ancora una volta una tela completamente bianca, salvo che per una sgoratura laterale di vernice, sagomata a forma di punto interrogativo però fatto male, a dimostrare che il figurativo è morto e che si stava peggio quando si stava meglio; il secondo è una luce al neon, tonda, appesa al soffitto, con attaccato (per tramite di una lenza del 16, buona per trote e pesci varî ma fino a 0.800kg, oltre vi si strappa badate che v’ho avvertito non serve a nulla sagramentare dopo) un album fotografico vuoto però decorato a mano con orridi ghirigori a teNpera e matite (opera che avrei personalmente ribattezzato TemperaMatite – ahahah), a significare che l’Arte può anche farsi merce, ma tanto vedrai non perde la sua connotazione di ricerca di significati profondi; il terzo e il quarto sono uniti, e non ho capito se fossero i tubi del riscaldamento o un complesso ma inutile systema di secanti e tangenti (Imput n. 3) costruito su un cerchio tracciato col gesso sul pavimento (Imput n. 4), a testimonianza che la Realtà Vera c’è, eccome se c’è cazzo ora non ci sarà vi pare?, ma è comunque tortuosissimo il percorso per raggiungerla; il quinto infine è il cadavere di Beppe, uno che la Realtà Vera non l’avrebbe raggiunta mai perché biscazziere e bestemmiatore, e quindi è stato ucciso dall’artista Bàrbero-Visigota, all’atto dell’inaugurazione (a seguire, rinfrescooo!), come happening gioïoso e nel contempo sagrifizio estremo sull’Ara dell’Arte Somma, che tende alla Realtà Vera, ma poi tragicamente si perde e annega nel mare del Real Quotidiano (che stasera dice gioca col Real Madrid, e vedrai perde, c’ho pure scommesso sodo alla SNAI di Porcari).
Maledetta Realtà Vera, perché ci fai tendere a te, e poi ti ci neghi? BBBBRRAAAAAAAAAAAAAAAAPY - oioi quel panino, ho fatto pure suonar l’allarme - Cardano, giovane artista Pontificio-Sirventese, ha le risposte. Eccole:
sì;
no;
penso di sì;
coloriamo il mondo;
mettiamo dei fiori nei nostri cannoni;
boh, quando arrivo si vede.

1 commento:

ciofo ha detto...


Certo pero' che 'ste cassiere...


No dico io, vero...


Mica che era alla cassa del cinema dove ci davano il film di Uolcher Tecsas Renger, vero!!


Mah!! e non ci sono piu' le Mèzze Stagioni!!