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giugno 28, 2006

A distanza dall’ultima volta (quanta?) tornano
LE GRANDI FRASI PER TUTTI I GIORNI
Esegesi della tradizione orale, scritta e cifrata secondo il metodo “Ciapetti Megèro detto il Pompa, eroe della seconda guerra d’Etiopia per il crittaggio (sì, proprio crittaggio) di messaggi & dati fondamentali agli occhi biechi e torvi del pravo et crudel nimico, del cui corpo et cimiero fu fatto insperato ma giusto strame in grazia del coraggio e dell’indomito spirto pugnace e fiero dell’italica gente tanto eran negri vuoi che servissero a qualcosa?”

La frase di oggi è:
LO DELÜÒNNO… E POI LO RIOSTRÜÒNNO!

Ebbene sì, cari amici della cultura e dell’acciugata alla marchigiana! Dacché il volgare prese le mosse, repente dando prova di sé con il cosiddetto Indovinello Veronese dell’VIII sec. (“Boves se pareba, alba pratalia araba et albo versorio teneba et negro semen seminaba” – che tradotto significa “quando vai all’edicola di Mallio, mi pigli il Cioè Mese? Grazie! Poi, per premio te la faccio vedere un pochino”) e con i Placiti Capuani del 960ca. (per cui valgano, a tytolo di menzione, soltanto i primi due: “Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti” – vale a dire “Levi il su’ cane dal mi’ orto, testa di cartone, o ni sparo col mi’ trombone S. Benedetto caricato a sale e aceto”; e “Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie” – cioè “Ci sei stato al Keller, eh? Ti pareva anche d’avecci visto Bobo Vieri o la Madonna? Forse, se bevi meno birra…”); da allora, dicevo, pochi sono stati i progressi, i cambiamenti, le mutazioni linguistiche e le contaminazioni. Questo, a dire il vero, sostiene il Mangiacazzi, e il fatto che la sua sia una tesi quantomeno originale o azzardata (quando non proprio apertamente irrisa in ambienti accademici e togati) è radicalmente confutato dalla presente frase, appartenente alla tradizione orale e trascritta qui per la prima volta con le dovute accortezze fonetiche, per cui tra l’altro ci è d’obbligo ringraziare Mario Rincula, il quale col suo manuale di Fonetica generale, raddoppiamenti morfosintattici, punto in alto, punto in croce, punto e accapo (Edizioni Misticismo Intestinale) ci ha fornito insperato quanto improvvido aiuto.
Nel caso in questione, il misterioso individuo, pare Vecchino™ con obbligo di tressette, moccolo, spuma bionda e dormitina sulle sedie di plastica arancione intrecciata del bar “S. Giorgio & il Drago”, si riferiva al palazzo antistante il bar, demolito e poi ricostruito così, per gioco, scommessa & capriccione dalla Ditta Edile “Alessandro Il Grande & cognato (Efestiòne, Bambino Ricchione) srl”, senza che nessuno avesse richiesto o in alcun modo motivato la cosa. Gli inquilini del palazzo (che ospitava anche l’Ufficio Comunale per la Registrazione della Migrazione dei Tonni – U.R.M.T.) si son trovati così, da un giorno all’altro, in istrada (pròstesi, cazzoni!), anche se la situazione, a giudicare la seconda parte della frase, non è perdurata granché. Certo, son passati quei due-tre annetti buoni causa altri impegni in Macedonia del titolare della Ditta; certo, il palazzo è stato ricostruito ma solo come enorme colata cementizia (piena) modellata a forma di palazzo, senza porte o entrate di qualsiasi sorta; certo, sono state violate le più elementari norme d’igiene, sicurezza, catastali – per tacere d’ogni principio architettonico e geometrico: ma che volete farci, è il progresso, e anche se la cittadina in questione (Chiorba, prov. di Freguenza Disturbata) ha visto aumentare di 30 unità il numero di barboni (i barboni si contano in unità, come insegna il buon syndaco di New York Rudolph Giuliani – “si contano e poi si sterminano”), il progresso è importante. Ma, magia della vita e delle cose (frase del cazzo), lo stesso progresso pare invece negato – monito forse del carattere imperituro e trascendente delle Scienze Umanistiche, o di qualche altra stronzata così – nelle cose di Cultura, proprio grazie a questa frase, perfettamente riconducibile per immediatezza, spirito d’inventiva, fresca aderenza alla realtà alle frasi vergate a Teano più di 1000 anni fa, frasi per le quali ancor oggi gli studiosi s’interrogano: “che cazzo volevan dire? Ce ne frega qualcosa? A che ora gioca il Lamporecchio?”

1 commento:

Avviatura ha detto...

Certo, certo, financo l'edifizio sovrammenzionato non aveva neanche ricevuto il nvlla-osta dal Regio Uffizio per la Ricostruzione dell'Edifizî Pvbblici col solo avsilio di rena di Volterra e spvto. E poi il barre sportivo gestito dalla povera Isolina Paglianti, quando mor mort se n'andò ci fu una litigata tra Nedo e 'r cognato quando si presero a randellate tra L5-S1 come testimoniato dal referto dell'Ospedale di Nottola consegnato a mano a me M. llo Canello ho perso il filo, comunque la spvma era sanguinella: ricordo ancora il PAPINI (le migliori spvme da rvto, abbi pazîenza, ciò fatto gli interregionali di cento metri a rvti, scusa la sintassi e la parentesi lunga, mica si può essere tutti Vonnegut) come se fosse jeri, quanto produceva le sue delizîose et nvtrienti (mi paga in ciuccioni di madame Zuleika Pigionanti, sua graziosa trota a ore) bevande.