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dicembre 15, 2005

XXIX.
Decisionismo. Ho affrontato mia cugina, a muso duro. Siccome restava alquanto tetragona alla mia richiesta di collaborazione, l’ho legata ad una sedia e ho minacciato di lasciarla in una stanza con l’amabile compagnia di uno stereo (acceso) e la serie completa di cassette (autografate) di Mino Reitano, che Dito possiede e custodisce gelosamente (è un grande fan del cantante – non solo, pare si curino il look a vicenda). Anzi, già che c’ero – sono un perfezionista, io – ho aggiunto pure, come ulteriore minaccia, la presenza di Dito in carne ed ossa (il quale in verità mal sopporta che le sue preziose cassette girino senza di lui). E così mia cugina si è sciolta, subito – ho già detto che Dito ha una cotta per lei? E dunque, ecco qui quanto ho saputo:
è stato mio padre Prohaska a portarla lì quel giorno, ed è stato mio padre a costringerla a fare quel che ha fatto. Per scherzo, diceva lui. Poi il sole e la natura fecero il loro corso. Prohaska, con l’animo leggermente contrito (che bel genitore ho appena scoperto di avere!), fuggì, e la sua nuova missione per la vita diventò quella di continuare ciò che il fratello aveva lasciato: ne assunse il nome, il cognome se lo inventò (scarsa fantasia, direi) e andò ad abitare prima in Croazia (ecco spiegata la desinenza), poi sulle Highland scozzesi, dove creò un alone di mistero attorno a sé, con l’allevamento di Trote e le spedizioni all’USSC di quei moduli rivoluzionari e innovativi per il mondo degli scherzi di carnevale, il 4 di ogni mese.
Ma tutti vogliono dimenticare. Perché io non voglio capirlo? Perché ho voluto aprire un nuovo negozio di scherzi, e con esso anche le vecchie ferite? Perché, ha concluso mia cugina urlando, sono “COSÌ STRONZO DA FAR IMPALLIDIRE ANCHE LA MERDA DEI CANI?”
Mia cugina ha studiato dalle rigidissime suore Orsoline dell’altero convento “Picchia il Capino, Carmelitana” (PCC) di Marina di Zorro. Ogni tanto però non se lo ricorda…
ah, quasi dimenticavo, alla fine ha aggiunto che un’ambizione di mio padre – cosa piuttosto misteriosa e inverosimile, a dire il vero – era entrare a tutti i costi, per qualsiasi cosa o disciplina, nel Guinness dei Primati.
Mah.
Poi ha aggiunto, sibillina, che “quando i gorilla bevono birra, bevono la Guinness dei Primati”, sorridendo beffarda, compiaciuta del suo enigma. Se lo scioglierò, probabilmente, avrò in mano la chiave di tutto.
A questo punto l’ho slegata, e lei, per tutta risposta mi ha mandato “A FARE IN CULO”. Sempre urlando.
Ah, suore Orsoline, riprendetevela…
basta, la situazione precipita. Non andrò nemmeno il 4 del mese a consegnare il foglio all’USSC (lo spedirò – tanto sono SUO figlio!). Alla faccia di tutti (anche dello zoppo, sì…), rintraccerò mio padre, e gli chiederò conto di quello che ha fatto. Tanto più che nel solito sogno, stanotte, si è insinuato anche Dito, che mi canzona senza motivo. Insopportabile.
Ho già fatto le valigie. Sono pronto. L’A-112 del ’78 è calda; ho pure messo in bauliera la mia muta di gechi indiani (da sempre, non posso dormire fuori casa senza la mia muta di gechi indiani al muro, a mangiarmi le zanzare e gli insetti importuni – odio gli insetti, e loro odiano me). Infine, porterò con me anche qualcosa di mio padre, per intenerirlo coi ricordi quando lo vedrò. Ma in cantina, ci sono solo quelle lattine di birra. Guinness, perlopiù.
“Era un grande bevitore di Birra, tuo padre”, ha detto la mamma sorprendendomi lì.
Mah.
L’ho ricondotta su, mentre diceva qualcosa a proposito di “quel maledetto Napoleone” e di Trafalgar Square.

2 commenti:

utente anonimo ha detto...

MAVAFFFFANKULOOO!!!!!!!!!!!!

ciofo ha detto...

Il tegamaccio della madre degli UtentiAnonimi e' sempre incinta, vedo.


Abortire ogni tanto no eh?