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agosto 11, 2005

Probabilmente, uno batte sempre lì, ossessivo. Che palle, no? Però, il discorso è grave, direi. Quindi, invece di pisciarlo via ogni giorno, ricordatevi che avete un cervello, e fatelo lavorare. E' molto importante che questo ducetto ridicolo sparisca da dove si trova, al più presto, e con tutta la sua corte di idioti. Poi tornate pure alla vostra merda, come sempre.
Le parole che seguono sono tratte da un articolo di Massimo L. Salvadori, autore tra l'altro di un noto manuale di Storia Contemporanea, comunemente (per quanto? già quando c'ero io il FUAN - o ex-FUAN; mi pare si chiamassero già "POLO DEGLI STUDENTI", o qualcosa di simile - vociava circa la sua visione fortemente parizale e distorta - di sinistra, of course - delle vicende narrate, quindi penso l'abbiano fatto sparire, magari simbolicamente bruciandolo, com'è loro costume) in uso nelle università italiane. 

La nostra storia nazionale è costellata da andamenti ciclici che si ripropongono dando luogo a tanti “quarantotto”. Così è stato con le crisi di fine ‘800, del primo dopoguerra, di fine anni ’60, dei primi anni ’90. La logica di questi cicli può essere così espressa: la classe politica al potere si dimostra incapace di rispondere alle esigenze del paese; il sistema politico a sua volta manca degli strumenti per dare una soluzione adeguata al divario venuto a crearsi tra il paese quale rispecchiato dal potere e la maggioranza del paese reale; il ceto di governo che si sente minacciato reagisce tessendo una rete di protezione costituita da un intreccio d’alleanza i cui soggetti ricorrono a illegalità, corruzione, mali affari, colpi di mano al limite della violenza; il paese precipita nella crisi.

In ciascuna delle crisi cui ho accennato ad agire da detonatore è stato lo strapotere che una minoranza ha esercitato sulle forze di governo: il “partito di corte” a fine secolo, il fascismo nel 1921-22, il gruppo corruttivo coagulatosi intorno alla P2, ai servizi deviati, alla finanza corrotta a cavallo tra anni ’60 e ’70, il craxismo con l’abuso del potere ottenuto in virtù della sua anomala “rendita di posizione” nel periodo d’esaurimento della Prima repubblica. E ogni volta lo strapotere di tali minoranze – da collocarsi nel suo più ampio contesto – ha avuto come ombra una dilagante fuoriuscita dalla legalità, tradottasi o nella volontà d’asservimento della magistratura o nell’attacco frontale ai giudici non proni.
[…] Le speranze nutrite dopo la caduta della Prima repubblica che l’Italia conoscesse un rinnovamento politico e morale tale da avviare un corso in grado di assicurare stabilità, legalità,decenza nell’uso del potere, normalità nelle relazioni tra i potere e gli schieramenti, rapporti non inquinati tra politica ed economia, sono andate per troppi versi deluse. Orbene quelli che seguono paiono essere i principali segni della crisi attuale.
Il sistema maggioritario in vigore ha mancato le sue promesse. Una volta respinta la strada del maggioritario a doppio turno – l’unica che nelle condizioni italiane avrebbe potuto in maniera fisiologica favorire un più sano bipolarismo – s’è riproposta con vigore la formazione di nuove fortissime rendite di posizione nelle mani di piccole o modeste minoranze in grado di accumulare un potere abnorme di tipo ricattatorio. Un partito come la Lega – il cui gruppo dirigente è composto da individui che per il loro basso livello non hanno precedenti in tutta la storia nazionale – con un consenso quanto mai ridotto nel paese, ma con l’appoggio decisivo di Berlusconi ha spadroneggiato, imposto leggi di grande portata, alcune delle quali non condivise da larghi settori dello stesso centrodestra, tese a lacerare il tessuto istituzionale e costituzionale.


È evidente che il governo e la sua base parlamentare, sonoramente battuti alle elezioni regionali, non godono più del sostegno popolare che li aveva portati al potere; ciò nondimeno hanno continuato imperterriti a varare provvedimenti che incidono in primo luogo sugli equilibri tra i poteri. Per essi l’esempio di Schroeder, che sconfitto in sede regionale ha indetto nuove elezioni politiche, non ha valore. Dopo che il Cavaliere gli aveva promesso nuovi miracoli, il paese è piombato, oltre che in un’emergenza democratica, in un’emergenza economica, con un apparato produttivo sfiancato e inadeguato alle sfide della competizione internazionale, centri di ricerca mortificati, una netta caduta del potere d’acquisto, un crescente divario nella disponibilità di risorse tra chi è stato in grado di accrescerle e chi no, un dilagante aumento del lavoro precario e un pesante deterioramento della rete della sicurezza sociale.
Mentre l’industria annaspa, s’è fatta avanti con arroganza la speculazione finanziaria da cui sono derivate vicende come quelle della Cirio, della Parmalat e quelle attuali del settore bancario, rese possibili sia dalla non volontà del governo di stabilire nuove regole sia dalla incapacità degli organi di controllo di far valere quante già esistenti. Il terreno fertile di coltura della corruzione e delle male pratiche è sempre lo stesso: il connubio inestricabile tra potere politico e potere economico.
In questo quadro generale, l’alleanza degli interessi che intendono il mercato come “mano libera” comporta come sua necessità oggettiva l’attacco incessante e virulento ai giudici, resi colpevoli d’operare per affermare le ragioni della legalità, messi alla gogna e additati all’opinione pubblica quali nemici della libera iniziativa, guastatori professionali a danno di chi porta sopra le proprie spalle il compito di governare al servizio del paese. Non a caso una legge recente ha consumato una sostanziale parte della vendetta diretta a colpire la magistratura e ora se ne prepara un’altra in nome dei “diritti degli individui” che non ha altro scopo se non d’impedire una volta per tutte che le male azioni dei corrotti vengano portate alla luce dai magistrati e dai giornalisti accusati d’essere suscitatori di scandali. La misura della devastazione morale cui siamo giunti è che per l’indignato Berlusconi che s’appresta a stendere di propria mano una legge in materia lo scandalo non sta negli atti commessi ma nel fatto di rivelarli.
Questo il sintetico censimento delle componenti di crisi che vanno accumulandosi. La crisi dei primi anni ’90, non superata nei fatti, ha ripreso il suo corso nelle vesti che a esso ha dato un decennio di transizione largamente inconcludente. Berlusconi non ha perso la parola, ma le sue parole sono moneta svalutata. L’energia posta un tempo nel promettere miracoli, ora la mette nel promettere “la catastrofe se la sinistra vincerà”. La parola spetta dunque più che mai al centrosinistra per smentirlo e per impedire che la crisi abbia ad assumere di nuovo un carattere di sistema. Se anch’esso sbaglia il paese resta povero e nudo. Ma per non perdere la partita che davvero conta, chi si candida a salvare il paese deve dirsi ed essere pronto a incidere in profondità i bubboni che costituiscono le piaghe d’Italia. La maggioranza del nostro popolo capirà la necessità d’una svolta se gliela si rende non solo comprensibile ma anche plausibile.

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