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gennaio 07, 2011


Regola Numero Uno.
Vai in ufficio quando non c'è nessuno, così puoi non fare un cazzo tutto il giorno, e prendi le ferie quando ci sono gli altri, così questi faranno il lavoro al posto tuo(*).
Corollario alla Regola Numero Uno:
Bearsi quindi dell'imprevista sensazione di felicità che proditoriamente prende la bocca dello stomaco la sera prima, in luogo della dolorosa consapevolezza per la spiacevole et inevitabile costante che vi germoglia invece al solito - domattina vado a lavoro, sono felice, trallallero-trallallà; me ne starò lì, mi gingillerò tutto il giorno, campi sterminati di possibilità davanti a me, tutto il web da dragare e tanto, tanto caffè gratis.
Per tacer del senso di onnipotenza e autostima che ne nasce. Non sto facendo un cazzo da ben 8 minuti e sono comunque pagato dall'azienda. Sono un dio, sono potentissimo, la Forza è grande in me (ma, per un corollario di natura illustrata alla Regola Numero Uno, cfr. Dilbert, Adam Scott)
Controindicazioni alla Regola Numero Uno:
La reazione dell'establishment ad essa regola si dà nella misura in cui il o la tytolare – comunque sia, il superiore – constatando effettivamente come non ci sia un cazzo da fare, si sente, in modo svpremo, quasi mystico, in dovere di romperti i coglioni in qualsivoglia modo & maniera, ad esempio telefonandoti di continuo ponendo domande inconcludenti & manifestamente irritanti in merito a questioni evidentemente posticipabili, o marginali, o minori, o comunque sia meramente cavillose e gratuite, se non fuori luogo. Non aiuta in questo senso l'abbondanza di canali comunicativi odierni, per cui al più tradizionale mezzo telefonico possono ancor più agevolmente sostituirsi veicoli quali e-mail, skype, etc.
Nei casi di maggiori problemi personali (del tytolare, intendo) può anche darsi il caso che questi rinunci al suo/suoi giorno/i di ferie per presentarsi a sorpresa in ufficio, o comunque lasci artatamente in sospeso la sua presenza per tenere il sottoposto sulle spine, conduendo poi un agguato con arrivo di soppiatto e porta spalancata.
A quel punto, nel sottoposto, il senso di benessere della sera prima si tramuta improvvisamente in acidità di stomaco e bile, e la frustrazione montante continua vieppiù a salire, perché a quel punto deve far finta di lavorare senza aver nulla da fare, la cosa peggiore che può capitargli dopo un conflitto nucleare. Se anche questo triste stratagemma salta per manifesta impossibilità (voglio dire, se veramente non c'è modo di far niente), egli deve dar relazione a lui/lei, intavolando conversazioni di qualsivoglia natura ma comunque sia moleste.
Certo, a pensarci, il sottoposto potrebbe anche provar pena per questa persona, ma è giusto lo spazio di un attimo: piuttosto velocemente prevale la rabbia.
È anzi molto probabile che il sentimento di pena non si presenti neppure.


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(Note alla Regola Numero Uno)
(*) ringrazio l'amico (**) Enio Gambacciani per la formulazione compiuta ed articolata di simile concetto.
(**) amico: non avendo - come più volte trasparentemente ribadito - l'estensore della presente opera (?), amici, e ciò in grazia della sua natura diffidente, scontrosa, nonché livorosa in sommo grado, trattasi ovviamente di amico immaginario, col quale peraltro litiga comunque in continuazione, anche per questioni di poco o nessun conto.

1 commento:

Lypsak ha detto...

Continuo a propendere per l'agriturismo asinino &/oder mufloniano, possibilmente gestito dai sottocitati noi e posseduto da membri delle sopracitate stirpi nobili et pazienti.