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marzo 19, 2010

ELETTRICISTI & VEGETARIANI, CITOFONARE INTERNO 9

Ora, poiché tra i miei mille e mille compiti rientra certo quello della piena (quanto illusoria, si sa, ma la vita per molti è solo inconsapevolmente amaVa) soddisfazione del cliente, stamani ero lì pronto e pugnace ad ascoltare comprendere e genuflettermi dinnanzi alle lamentele del cliente di turno, come se ciò cambiasse qualcosa sulla vita in generale e sulla nostra in particolare. Il cliente di turno era una scuola franco-canadese, alloggiata all'hotel Fungo Inaspettato di Norma Fucigna (DG)

Ah, l'arte di ascoltare, vezzeggiare, conquistare il cliente. Un cliente. Un nuovo cliente. Nuovi mercati, nuove relazioni commerciali, nuovi soldi.
A me non me ne frega proprio un cazzo, non so a voi.
Né ci ho nessuna particolare arte. La mia filosofia di vita è: vadano tutti a fare in culo. Ok, è una filosofia di vita un po' minimal, sì; ma, per altro verso, non avendo io mai sostenuto di essere il Mahatma Gandhi ci si può anche stare. Quindi, qualora a qualcuno non quagliasse, vada pure in culo, che io resto qui a far allitterazioni con la lettera q, alla faccia sua.
E vadano tutti in culo anche questi, motivo per cui mi presento all'hotel in attesa che scendano a far colazione, in balda rappresentanza dell'Agenzia Torma Potente sul Molo Attiguo, di Forletico Limegno (PP). Arrivano alla spicciolata i ragazzi, indi vengo introdotto alla presenza di nr. 1 professore, alto al garrese mt. 1,35 per una larghezza che sull'addome raggiunge soave parvenza di giottesca armonia, il tutto per un'impressione d'insieme che – certo favorita da un incarnato bronzeo e macchie della pelle nemmeno si vivesse tra i ghepardi – ricorda simpaticamente una provola affumicata, e per inciso quanto può essere simpatica, una provola affumicata?
Attacca con la sua lunga lista: è il peggior hotel che abbia mai visto, la cena di jer sera era rivoltante, nessuno dei suoi allievi ha toccato nulla, è una pessima sistemazione, è tutto orrendo, anche la colazione è povera. Ci spostiamo poi sul caso singolo, il suo (è altruista, lui): la sua camera era fredda; ha dovuto dormire col giubbotto sulla faccia perché nella stanza era presente un forte odore di insetticida, non c'è acqua calda in bagno, e il medesimo si allaga se fai la doccia.
Più che tutto c'è un filo elettrico scoperto, proprio dove arriva l'acqua quando uno fa la doccia.
Questa, e si fa ancor più torvo – da affumicata, la provola si brucia – non è affatto una bella cosa. Non è uno scherzo, non mi sta raccontando barzellette e non è affatto divertente: se deve morire in un merdoso hotel italiano in cui tutto è merda, lui insomma, proprio proprio non ne vuol sapere. Piuttosto si prende la coperta e dormirà nella piazza antistante l'albergo. E ora, noialtri si faccia un po' quel che ci pare, perché lui fa le foto e le mette su internet, così che tutto il mondo possa vedere che razza di schifo è questo hotel e nessuno ci venga mai più. E non gli si dica che tutti gli hotel qui sono così, perché lui in Italia ci veniva da quando era piccolo così (ecco perché è cresciuto così poco! Bastava lo dicesse subito. Comunque sia: errare humanum est, etc. etc. etc.). Di più: quando tornerà in patria - sempre che non sia morto nel frattempo nel merdoso hotel italiano di cui sopra - dirà ai Consigli di tutte le scuole di bandire e boicottare questo hotel, ché in virtù di non so bene quale connessione mistico-potente-trinitaria, quel che dice lui è fondamentale per le gite di tutte le altre scuole della nazione.
Poi torna via. Io resto con l'autista, che nel frattempo si è aggiunto alla conversazione.
Mi guarda. Io guardo lui. Lui dice che è tutto a posto, che questo tizio è un po' esagerato di suo. Nel frattempo ricevo un paio di telefonate dall'agenzia corrispondente. Lui anche. Io ascolto la tizia incazzatissima al telefono (la sera prima, il medesimo ha mandato per e-mail una lamentela lunga così anche a lei) e dico poco o nulla. Lui fa lo stesso, e poi mi rivela che più che altro la sera prima lo staff dell'hotel non ha tenuto conto del fatto che ci sono cinque vegetariani più un tizio assolutamente intollerante alle noci. Tipo se mangia una noce muore, o si trasforma lui stesso in un noce americano, ora non ho capito bene ma vedrai più la prima della seconda. Interrogo l'hotel al proposito. Lo staff risponde che non erano stati avvisati prima, ma che comunque saputolo, jer sera, hanno provveduto subito a proporre alternative:
“Abbiamo chiesto se volevano magari delle uova, una mozzarella, ma nulla... uova no, latticini nemmeno. Alla fine ci siamo accordati per un'insalata e delle patate”
Sono vegani, rispondo, non semplicemente vegetariani. Il Direttore ne conviene, con un po' di meraviglia che diventa meno meraviglia quando aggiungo che questi tizi non mangiano niente che venga dagli animali (quindi né le uova né i latticini, per dire), poi ripete esattamente la stessa frase di prima. Perché molta gente per dare enfasi deve ripetere le stesse parole due o più volte? È una questione di sinapsi difettose? Ho sentito, non sono mica sordo, è successo questo questo e questo, mica c'è bisogno che me le ripeta, l'hai detto due minuti fa, sarà la stessa zuppa, checcazzo.
Allora cosa gli possono fare, mi chiedono. Carote, porri, cicoria, cavolo strascicato, montagne di bietola, due erbette così vi fanno anche un belato e son contenti; tutto quel che vi pare insomma chi cazzo è che ha un albergo, io o voi? E scordatevi le noci, che sennò poi c'è un pax in meno nel gruppo ci sta che i familiari abbian da ridire.
Poi passo alla fase 2. Vado dai ragazzi assiepati fuori e faccio:
“Who's vegetarian?”
Alzano la mano in quattro - magari gli altri due son già spirati fra i tormenti perché hanno sbagliato il pollo lesso della sera prima per un fine trito di odori, roba da alta cucina, poi son morti una volta scoperto l'inghippo. Comunque sia. La prima è una lungagnona col reggiseno rosa mezzo fuori. Tu, tesoro? Con quelle tette? Ma non ci si crede, dai. Vegetariana. Sì. Poi due tizi molto cool, con una maglia dei Ramones sotto a una camicia aperta, sui quali non ho nulla da dire, per carità, solo che se mangiassi anch'io solo verdura sarei ancor di più segaligno e questi invece son gonfi come tacchini.  Cazzo. Stasera niente patate e insalata, faccio. Loro sorridono, uno mi dà il cinque. Non la donna, peccato.
Racconto poi quel che mi ha riferito – poteva dirlo a voi direttamente, mi chiedo? – l'uomo cacio-cavallo di prima, e dall'hotel sostengon subito che il filo che mr. Auricchio ha preso per un cavo elettrico è il cordoncino del campanello nella doccia. Roba di legge, sai. So. Ma non credo che si possa mai esser tanto stupidi, però ormai ci siamo, facciamo un salto nella camera del tizio. Si va. Io l'autista e un facchino. Il professore è lì fra i ragazzi, in attesa del loro pullman (che tra l'altro non arriverà, essendo l'autista con me). Passiamo loro davanti con nonchalance, ed arriviamo alla camera. Entriamo: c'è il cordoncino della doccia, un qualche tipo d'asciugamano sopra lo scarico della doccia (il che spiega anche perché magari si sia allagata la doccia. Ogni volta mi chiedo: ma dov'è la connessione fra andare in gita e fare usi originali degli asciugamani degli alberghi?) e un filo elettrico che parte fissato con una vite dall'angolo sinistro in basso della finestra (in alluminio anodizzato, quello stesso materiale per finestre il cui inventore Woody Allen s'immaginava frustato all'inferno in Harry a pezzi) ed entra nel muro due centimetri più sotto. Un filo verde e giallo. La terra.
“yeah, yeah. Look at this bullshit!”
Ecco, è arrivato anche Cacioppo. Chi cazzo gliel'ha detto che venivamo qui? Indica il filo e dice che è pericolossisimo oltreché – naturalmente – illegale. Cerco di spiegare che è la messa a terra d'impianto, e che tutte le finestre ce l'hanno e che dubito, pur non essendo “such an electrician”, che si possa prendere la scossa dalla Terra. Lui risponde che lui è “an electrician” (è professore d'elettricità, mi chiedo?), e che sa per certo si prenda la scossa da un filo di Terra. Poi aggiunge, indicando lo spazio sotto la doccia:
“go, go there and I'm turning on the water... let's try!”
Ok, a questo punto giudico che la cosa mi stia sfuggendo un po' di mano. Non entro sotto la doccia, ma solo perché lo decido io, e poi da lì devo andare in ufficio. L'autista per parte sua dice che devono partire, quindi se ne vanno, col tizio che borbotta fra sé parole di cui intendo solo quelle che hanno come radice o nucleo fuck, fucking e shit.
Io torno alla reception, e lì vengo intrattenuto su cosa hanno fatto dalla sera prima tutti quanti. ("erano pure tutti ubriachi!" - bravi ragazzi, così si fa! E dopo, tutti chiusi in una stanza per un bell'orgione, penso io). Il guaio, nel mondo del turismo, è che si parla veramente assai più del necessario. Come nella vita in generale. Riesco a sganciarmi e vado alla macchina. Il morituro professore mi guarda mentre entro nella mia scassatissima carretta. Magari sarà il primo caso di morte violenta per scossa da filo di messa a terra nella doccia (leggeremo il giornale, domani), però intanto io devo tornare in ufficio e riportare quanto accaduto all'agenzia Torma Potente sul Molo Attiguo, scrivendo una bella e-mail per calmare gli animi.
Appunto, questa. Son agente di viaggio.
Tralascio solo di pormi domande retoriche del tipo perché cazzo tutti parlavano in inglese se erano una scuola franco-canadese?
Mai contribuire a complicare un discorso di per sé già complicato, nel mondo del turismo. Come nella vita in generale.

2 commenti:

Lypsak ha detto...

Che infinita sequela di figli di vecchia signora frigida ma sempre attiva e famelica!
Si spera mojano, via. Fulminati dalla presa  a terra.

phederpher ha detto...

cweerto che so proprio stronzj stiquà