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febbraio 26, 2010

Da Sempre
IL MAGO MELO EGYTTUS®
Il più preparato – Il più conosciuto

Toglie ogni tipo di malocchio (o a richiesta lo mette), fatture (anche con iva multipla), libera case infestate (who are you gonna call? MELO EGYTTUS® – piripirippiri. Piripiripiri), ridona la persona amata (però con corpo originale e testa di Anubi, non si può aver tutto, troppo facile sennò eh?) e fa vincere alle corse dei cani.
Esperto conoscitore della magia bianca, nera e rossa, le combina senza criterio né scrupolo, in vista della realizzazione di potenti talismani (sovente sagomati a forma di cazzo assyro, facilmente riconoscibile dagli altri perché con le ali e la barba squadrata) personalizzabili contro ogni tipo di negatività, tipo quanto il cane del Panicchi Remo vi caca sullo zerbino e voi uscite di corsa la mattina e vai che di sicuro la ripestate e magari ci scivolate pure, o quando tipo c’avete le borse della spesa e per aprir la porta l’appoggiate un attimino in terra e vi frugate per le chiavi e nel frattempo le medesime decidono (certo per volere di Rā) di rovesciarsi e far rotolare – ovviamente abitate in discesa – tutti i barattoli dei carciofini sott’olio e dell’vlive mence denocciolate giù per la strada che poi nel contempo v’arriva il 24 Barrato in su e ve li stiaccia tutti, perdendo all’istante l’autista il controllo del mezzo e andando quivi a sfasciar senza rimedio veruno il secolare muricciolo muschiato bene architettonico che costeggia pervicace resistendo alle ingiurie degli anni la vostra via in cui niente si potrebbe toccare pena l’incrinamento del rygydo vyncolo paesaggistico badate si va nel penale io ve lo dico quando si smòve la sovrintendenza son cazzi poi fate voi. Il mago Melo Egyttus® può prevenire tutto questo. E a volte lo può anche causare, specie se non ha le chiavi pronte in mano.
Inoltre risolve anche qualsiasi problema di alcolismo (vi piscia nella bottiglia, o beveteci ora, care le mi’ spugne), di depressione (vi dà copiose pacche sulle spalle e se non reagite v’urla negli orecchi), di coppia (vi tromba la moglie), di impotenza (v’imbottisce di viagra, nel mentre però vi tromba la moglie).

Vàcci anche tu, numeroso, dal Mago Melo Egyttus®! Vi pare il caso che restate a casa, quando c’è il Mago Melo Egyttus®, lì pronto, che v'aspetta neghittoso & schivo? Se non lo paghi, poi, ti scaglia contro Osiride, Iside e Brendon di Beverly Hills 90210, ma insomma via, quello poi si vede. No assegni né cambiali. Bonifici solo da chi dico io. Il resto paghi, tutti maledetti e subito, qui, nella manina santa. O intanto vediamo chi è meglio, tra lui e voi, bòni a una sega che anche per avvitare un tiras del 10 han bisogno dell'aiuto dell'esoterico (con rispetto parlando - per l'esoterico, no per voi)

febbraio 25, 2010

RIENTRARE IN CONTATTO CON SE STESSI
Mi chiedevo come mai un tempo considerassi un ubriacone della California come mio personale Guru, supporto e conforto per tutto quanto non ero stato e quant’altro mai. Una volta esauriti i suoi libri, per quanto il buon John Martin della Black Sparrow Press ne avesse ancora una buona riserva (più che altro poesie, facili a leggersi e a scriversi, quantomeno all’apparenza) e anche dall’Italia – si potrebbe mai mancare, noialtri? – si continuasse a mungere nei modi più ridicoli e scorretti una vacca ripiena di whisky che oramai non c’era più eran già molti anni; una volta chiuso – dicevo – il cerchio, per cui ricordo ancora le tesserine di carta Feltrinelli che all’epoca bucavano a mano ogni 5 euro di spesa e a me andavano via una dopo l’altra, fra Hollywood, Hollywood, Il capitano e fuori a pranzo e mille altre cose, me l’ero quasi dimenticato, il perché. Poi è uscito Azzeccare i cavalli vincenti che, visto il prezzo, la veste editoriale e la natura postuma e posticcia, puzzava di truffa (ah, a proposito: anche Einaudi ne sta facendo di simpatiche, vedi alla voce Carver, maledetti loro e i cazzo di soldi che oggi tutto comandano). A volte però gli odori son solo nel naso di chi annusa, ed ecco dunque che si rivela un sorprendente Buk (non Chinaski, stavolta; proprio il vecchio Buk in prima persona, e per quanto il primo fosse il suo alter ego, di differenze ce ne corrono, credete a un quantomeno ex-esperto della materia!) in rubriche, confessioni e racconti da noi inediti, il tutto curato con una precisione e competenza da Meridiano Mondatori. Come di consueto, si tratta di un autore molto diseguale (e di certo non potranno essere considerate di pari valore le storielle zozze spedite alle riviste pornografiche e Post-office, per dirne uno), ma all’interno, spogliàti (ogni tanto) i panni del personaggio a tutti i costi, vengon fuori cose piuttosto interessanti, che quantomeno a me son servite per ricordarmi perché un tempo considerassi un ubriacone della California, senza qualifiche particolari, con la pelle rovinata dall'acne, incapace di tenersi un lavoro, al centro di mille e mille beghe con puttane, donne e corse di cavalli, il mio personale Guru. Io che tutt'al più, nella vita, potevo diventare soltanto un impiegato. E infatti. Il resto conta poco.
"Dopo cento lavori e anni di vagabondaggio, ho alzato la testa e mi sono accorto che facevo lo stesso lavoro da undici anni. Ho cominciato a notarlo quando ho visto che non riuscivo più ad alzare le mani oltre i fianchi dopo una giornata di lavoro. Nervi a pezzi. Mi tenevano per le palle. Ho tentato molti tipi di cure, parecchi dottori. Non ha funzionato niente. L’unica cosa che funzionava ero io – otto, dieci, dodici ore al giorno. In questo lavoro non avevo scelta. Lo straordinario era obbligatorio e ti aggiungevano le ore una dopo l’altra. Non sapevi mai per certo quando sarebbe finita la tua giornata di lavoro.
Il lavoro mi stava uccidendo. L’avevo sopportato per dieci anni, sentendomi soltanto spiritualmente indignato per essere forzato a fare un lavoro ripetitivo, stupido. Poi, nell’undicesimo anno, il corpo cominciò a morire. Decisi che avrei preferito ritornare nei bassifondi, a piedi nudi, piuttosto che morire in sicurezza. Un uomo potrebbe sentirsi sicuro anche in prigione o in manicomio. All’età di cinquant’anni, con il problema di mantenere una figlia, mi sono licenziato. Stranamente, questo ha fatto arrabbiare molti miei colleghi; preferivano che morissi con loro invece che da solo.
[…]
Quando un uomo lavora per anni alla stessa occupazione il suo tempo diventa quello di un altro uomo. Voglio dire, anche con una giornata di otto ore, quella giornata è presa. Sommate il tempo del viaggio per e dal lavoro, il lavoro vero e proprio, il tempo per mangiare, dormire, fare il bagno, comprare vestiti automobili, gomme, batterie, pagare le tasse, scopare, ricevere amici, ammalarsi, gli incidenti, l’insonnia, preoccuparsi per la lavanderia e i ladri, se piove o se c’è il sole e per tutte le altre cose che non possono essere enumerate, non resta NEANCHE UN PO’ DI TEMPO PER SE STESSI. E, se lo straordinario viene richiesto spesso, alcune di queste attività devono essere eliminate, persino il sonno e, più spesso, le scopate. E per cosa, cazzo? E addirittura ci sono settimane di cinque giorni e mezzo, di sei giorni lavorativi, e alla domenica ci si aspetta che uno vada in chiesa o che visiti i parenti, o entrambe le cose. La persona che ha detto: “l’uomo medio vive una vita di quieta disperazione” ha detto una cosa parzialmente vera. Ma il lavoro calma anche gli individui, gli dà qualcosa da fare. E impedisce a molti di pensare. Gli uomini – e le donne – non amano pensare. Per loro il lavoro è il rifugio perfetto. Gli viene insegnato cosa fare e come farlo e quando farlo. Il 98 per cento degli americani sopra i ventun anni lavora, morti viventi. Il mio corpo e il mio cervello mi dissero che entro tre mesi sarei stato uno di loro. Mi sono ribellato."

febbraio 16, 2010

PROFONDITUDINI DELL'ESSERE (STRONZO)

Continuo a chiedermi

perché
le idee debbano venirmi
la notte al buio
tipo mentre la lavastoviglie sta andando
e sono le una
o

le due e dieci del mattino
ed è appena ripartito il camion dei rifiuti e le luci dei fari sono passate
per un momento
attraverso la persiana chiusa e la tenda
tirata -
e a me piace molto l'effetto delle luci dei fari e del rumore del motore
che
riprende la salita
mentre penso che dovrei alzarmi,
accendere
la
luce
e prender
nota.
La mattina
solitamente
tutto è svanito,

allungato annegato e
irrimediabilmente
disciolto
in un'altra giornata del cazzo,
piena di beghe non mie,
energie disperse, casini del tutto
fini a se stessi, nessun senso.
Ogni notte, poi, ricomincia così.
Dovrei viver da solo, per non disturbare nessuno accendendo la luce.
Meglio in quell'altro modo,
sì.
Non sono
poi
queste grandi idee.

febbraio 12, 2010

La neve era bassa, stamani, sulle montagne a ridosso della città. Nella gola sotto il cavalcavia c'era una nebbia fitta, spumosa, d'un colore perlaceo, che come fosse ovatta copriva tutto. La stessa era sparsa anche in qualche angolo guardando a destra o a sinistra dell'autostrada, sui pendii delle stradine in salita che la costeggiavano, sulle rientranze delle curve, negli avvallamenti un po' più in basso e intorno a qualche olivo dei cigli più alti. Guardavo tutto questo e non mi sono accorto che lo stronzo di turno mi stava sfanalando, dietro di me, mentre io stavo sorpassando una fila di camion. Andavo a 110-120 all'ora, ma il povero idiota aveva senz'altro da metter fretta alla propria vita, per dimostrare a se stesso di essere vivo. Sono rientrato nella mia corsia, fra due camion, mentre quello spariva chissà dove. Alla radio parlavano di Bertolaso, e del nuovo scandalo che è inutile (penso) continui a meravigliarci: è soltanto che hanno alzato questo di coperchio, in questi giorni – chissà, magari sotto soffiata di qualche ministro geloso del favore che quest'ultimo cortigiano pareva godere presso il gran visir. È il sistema che è questo, prendere o lasciare, ed è anche perfettamente consequenziario all'essere italiani - l'utilizzatore finale è italiano, fino a prova contraria, fino al midollo.
Poi è passato un nugolo di storni. Non ne avevo mai visti tanti così. Si posavano, tutti insieme, poi ripartivano. Descrivevano una specie di cerchio in aria, compatti, poi tornavano a posarsi. Stormi giganteschi; un albero spoglio ne era completamente ricoperto, sembrava gli uccelli fossero le sue foglie.
Io andavo nel solito posto, come ogni mattina, come ogni pomeriggio, e quegli uccelli erano lì, come la nebbia prima, la neve sui monti e chissà quante altre cose intorno, sopra e sotto di me, che non contavo un cazzo nell'ordine delle cose ma mi rendevo conto che non per questo tutto ciò mi potesse essere precluso.
Pare debba venir più freddo.

febbraio 04, 2010

(...rinnovello l'avviso a tempo debito vergato toto-coelo (?) in majuscolo, vieppiù a ingigantîr – "ci credi a' giganti", direbbe 'l savio? Certo no... – le fattezze dell'evento, di per sé risibile e tampoco d'ancor meno spessore ma questo c'ho, indi prendi incarta & porta a casa)
ANCORA: DOPO LASSI & PROLASSI TEMPORALY RAGGUARDEVOLI – MOMENTI NEL CUI TRANS-CORRERE & TRANS-COLORIRE HO ESERCITATO APPIENO L'ANZIANA ARTE D'ARRANGIARSI (MALE, INVERO), TIPO SERVENDO SOTTO PADRONE PURCHÉ INCAPACE MA MARTELLANTE (AHI LASSO, ANCOR LO FECI! MAI CESSEROLLO DUNQUE?), NONCHÉ DIMOLTE ALTRE VANE ATTIVITÀ MA COMMENDEVOLI APPO L'UMAN CONSORZIO SCIPITISSIMO (ORA PERÒ BASTA, EH?), INSOMMA ALFIN GIUNGE AD INCRESPAR IL MAR DI GRIGIO, QUESTO


Che cosa esattamente rende la vita moderna così diversa, così attraente?
COSO, APPUNTO. (oppiglia)
ANCHE SU IBS, BOL, ETC., QUANT'ALTRO SI PUOTE E PIÙ NON DIMANDARE.
COME GIÀ PER L'ALTRA VOLTA (MIA BONTADE, E DEGLI DEI), TROVATE IL LINK QUI ACCANTO, SOL CLICCANDO COMODAMENTE SULLA GARRULISSIMA COPERTINA, COSÌ MAGARI POI VE LO COMPRATE
(toh, così! Diretto & duro - quello della pubblicità è un mondo di giungla), PRIMA DI TUTTO PER FAR FELICE ME ET ME SOLTANTO, ALTRIMENTI IL MIO PIO CUORICINO DA SAN GENNARO© IN-SEDICESIMO SANGUINA
(forse). E VOI - DI PER CERTO - CIÒ NON LO VOLETE, GARANTITO AL LIMONE.
AI PRIMI 500 CHE EFFETTUANO L'ACQUISTO, POI - CH'IO NON VE L'IMPRESTO PER SICURO - L'AUTORE (COME DI CONSUETO, PARCO IN PAROLE ET AFFETTI E MOZIONI) SOLO DICE:

BRAVI

(fessi)

febbraio 03, 2010

GENOVA DICEVO, È UN'IDEA COME UN'ALTRA

Ascoltando
la Fantasia drammatica per pianoforte, di
Frank Bridge,
alla radio, in una
grigia giornata di gennaio,
una leggera pioggerellina fredda che picchia sul parabrezza,
riconosci che si tratta di Novecento,
pur non conoscendo il pezzo né l'autore.
Sorridi e capisci che forse non te l'hanno fatta del tutto,
le merde,
e che qualcosa è comunque sempre servito -
non ti avranno mai fino in fondo, capite.
Poi parcheggi la macchina,
ti affretti a piedi senza ombrello;
entri a lavoro,
e la magia svanisce,

ma questa –
cazzo di giuda –

è troppo un'altra storia:
mica si può aver
tutto,
dalla vita.