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dicembre 09, 2005

XXIV.
Il mio amico Gianfrusto Pupazzy si fa vivo. O meglio, dovrei dire forse ex-amico, visto che vuole a tutti i costi esser pagato, e parecchio. Gli ho offerto una notte d’amore con Cristino (di cui ovviamente, in quanto mio dipendente, dispongo a mio piacimento): lui ha accettato; ha consumato, e adesso fa finta di niente, tornando a batter cassa. Gli ho detto di stare attento a non tirare troppo la corda, ché questa prima o poi si spezza, ma lui non dà ascolto. E allora non mi lascia altra scelta: divulgherò il suo Terribile Segreto (!). In questo mi farò aiutare dal commendator Caloggero LoVòi, lo quale – cioè no, il quale – si è detto dispostissimo, e si metterà all’opera per stampare 1600 volantini, che farà spargere sul paese da un aeromobile di sua proprietà, guidato da un discendente di Gabriele D’Annunzio che, come l’avo, tanto adora volare e far di queste cose.
Ecco il suo Terribile Segreto, come apparirà di qui a poco sul volantino:

Gianfrusto Pupazzy, pittore in conto terzi e riparatore di molle da orologi belga, ha sulla coscienza un orribile delitto! Quando lui e la moglie, tale Gasparetta F. Zepponi, per l’appunto in Pupazzy, di anni 31, segno dell’accendisigari ascendente mensola, e capo-contabile presso la ditta di cani a rate “C. Lupo” (ove C. sta per Cane, è chiaro), abitavano un appartamento dello stabile di proprietà della povera Isolina Miconi, ved. Terrazzy, avevano un cane lupo (portato a casa ovviamente dalla Zepponi in Pupazzy, che lo aveva acquistato al lavoro, ovviamente a rate, e ovviamente al prezzo di acquisto e non a quello di realizzo, d’altra parte la contabilità non è un’opinione – pare in realtà che l’avessero comunque truffata, e che il sedicente cane Lupo, dal nome invero un po’ frou-frou di Django Filippo, fosse in realtà un incrocio tra uno spaniel di terra e un gargoyl di pietra, e che fosse venuto cane lupo solo per effetto del caso, ma questo è altro discorso), amabile ma vivace bestiola che tenevano nel loro pezzo di giardino.
Nella parte, opportunamente recintata, della padrona di casa, invece, scorrazzava quasi libero – perlopiù stava in una gabbietta, per motivi che adesso andrò a spiegare – un coniglietto nano, bianco, rispondente al nome di Flagèllo Rotùleo (il nome gliel’aveva dato il nipote della Miconi ved. Terrazzy, Bruto I, incline a vezzosi giochi di parole). Flagèllo Rotùleo aveva come hobby l’arrampicata sulla rete da giardino, cosa che gli valeva ogni volta gli alti lai della vecchia, che lo vezzeggiava come solo le vecchie signore sole sanno fare con i propri animaletti domestici, ma che al contempo aveva anche gran paura che la bestiola fuggisse.
Ciò per quanto riguarda l’antefatto.
Un giorno, la Zepponi in Pupazzy sente il cane raspare alla porta di casa. Va ad aprire e – spettacolo orribile! – il cane Django Filippo ha in bocca il bianco coniglietto. Un tantino morto stecchito, e tutto sporco di terra. Orrore, brivido e raccapriccio si impadroniscono della dolce metà di Gianfrusto (in realtà pare che lei già lo tradisse, praticando l’arte del libero maniglione a tutti quelli il cui cognome iniziasse per F. – da qui anche, forse, quella criptica iniziale nel suo nome per esteso, Gasparetta F. Zepponi-Pupazzy): “oddio, oddio… la vecchia ci caccerà di casa! Finiremo in mezzo a una strada!”
Da qui ad allertare Gianfrusto il passo è breve. Insieme partoriscono un’idea: poiché Flagello Rotuleo non presentava segni di morsi di cane, lo avrebbero ripulito alla meglio, e lo avrebbero rimesso di nascosto nella gabbia. In fin dei conti, la vecchia, finora non si era accorta di niente. “Quando andrà a dargli da mangiare, domattina”, argomentava un lucido & calmo Pupazzy, “lo troverà morto nella sua gabbietta in giardino. Tutti i conigli, prima o poi muoiono. E perlopiù, lo fanno per cause naturali!”. Inattaccabile.
Così fecero. Il giorno dopo, tornando dal lavoro (aveva riparato tredici molle per orologi, quella mattina, e dipinto una copia dell’Annunciazione del Beato Angelico, che un tale del vicino paese di Rimbalza val di Bosforo – fraz. di Frullo, a sua volta prov. di Zorro – voleva per farsi bello agli occhi dei suoi stolidi amici, dichiarando che il sig. Angelico Beato era suo amico intimo, e che quel DIPINTO l’aveva fatto per lui, pochi anni addietro), Gianfrusto trova l’ambulanza, di fronte a casa. Sirene accese.
“Ecco”, pensa il Nostro, “la vecchia ha trovato il coniglio morto, e il suo cuore non ha retto!”
Ed era così.
Più o meno, però… giacché pare che la Vecchia, poco prima di spirare e farsi accogliere in paradiso purgatorio od inferno che fosse dal di lei marito Aperitivio Terrazzy, cav. del Lavoro e anche (pare) del Sacro Graal, continuasse a ripetere in stato di semi-incoscienza, ai barellieri che cercavano di rianimarla:
“non è possibile! L'avevo seppellito ieri mattina!”

E questo è quanto. Aggiungiamo solo che poco tempo dopo, la famiglia Pupazzy-Zepponi si sfasciò. Evidentemente, non poteva reggere la pressione di sì terribile segreto! I coniugi litigavano ogni giorno di più, ed il cane Dijango-Filippo non obbediva più a nessuno dei due, ristagnando in un’atavica apatia che pareva proprio venirgli dalle sue origini gargoylesche. La goccia che fece traboccare il vaso però furono le vacanze. La Zepponi in Pupazzy voleva un mare con riviera sabbiosa; Gianfrusto esigeva lo scoglio.
“Andiamo in Croazia!,” ripeteva con animo inasprito ed amaro quest’ultimo.
“No!”, si ergeva fiera e altera la moglie.
La cosa andò avanti così per un po’, finché poi Gianfrusto si fece prendere dal bruciante sarcasmo: “senti, ho un’idea: perché non andiamo in Croazia ed aspettiamo, per duecento-duecentocinquant’anni, che il mare eroda gli scogli? Poi c’è sabbia anche lì!”
La moglie non gradì. Il giorno dopo già l’aveva lasciato, portandosi via i vestiti, la macchinetta per fare la salamoja (cosa, questa, che addolorò l’ormai ex-marito, il quale si nutriva quasi solamente di alimenti in salamoja, per convinzioni etiche maturate dopo aver letto – e frainteso, parrebbe, almeno ad una prima occhiata – il Trattato sulla Tolleranza di Voltaire) e ovviamente il cane lupo a rate Django-Filippo, che per inciso Gianfrusto aveva appena finito di pagare.”

Ah, il dolce sapore della vendetta!

1 commento:

ciofo ha detto...


Evvia che rido come un cretino sol sa rydere! ^_^


Django Filippo, la ditta di cani a rate, spaniel di terra e gargoille di pietra, ma soprattuto, soprattutto, sopratutto FLAGELLO ROTULEO infestera' le mie povere cervici facendomi sghignazzare oltremodo nelle circostanze piu' SCOconvenienti!