AGGHIACCIANTE EPISODIO DI VANDALISMO NEL POLESINE: GIARDINO E COLLEZIONISTA DEVASTATI. IGNOTO L'ATTENTATORE
San Giuliano Patavino (PD) - È
una mite giornata di primavera, quella in cui il sig. Bitossi Enio esce
di casa e, subito prima di recarsi al lavoro, fa i suoi consueti
quattro passi nel suo giardino. Curiosamente, seppur già vestito, ha
ancora indosso, buttata sulle spalle, la sua vestaglia da camera; con
una tazzina di caffè in mano, si gode quei piccoli momenti beati: il
signor Enio Bitossi è un collezionista felice. Era un
collezionista felice. Già, perché nella notte fra il 12 e il 13 marzo –
“una notte maledetta”, andava ripetendo disperatamente in questura,
subito dopo il fattaccio – qualcuno ha deciso di incrinare
irrimediabilmente questa felicità. Ma andiamo per ordine: il sig.
Bitossi colleziona nani. Nani da giardino. Ne ha più di venti, tutti in
terracotta, messi faticosamente insieme nel corso degli anni. La sua
soddisfazione più grande, era solito dire ai conoscenti, stava nel
passeggiare fra i suoi nani, passandoli quotidianamente in rassegna, la
mattina presto e la sera, per una sorta di ronda notturna. Ormai non
potrà più farlo e, dicono i medici legali, questo potrebbe minare
seriamente la sua sanità mentale. Un crudele atto di vandalismo, un
barbaro gesto di amara ma salace ironia: i nani sono tutti esplosi.
Qualcuno, nella notte li ha imbottiti di petardi e sostanze esplosive,
collegandoli l’uno all’altro per mezzo di una lunga miccia, il tutto
fino all’estremità dell’innesco, un innesco a manovella, di quelli d’un
tempo, ritrovato dagli artificieri su una collina – l’attentatore ha
voluto godersi la scena dall’alto – poco distante dall’abitazione del
sig. Bitossi. Al danno, la beffa: uno dei nani, l’ultimo, il più
prezioso della collezione, era inoltre completamente pieno di materia
fecale. Umana.
Ed è
proprio così che, in rapida successione – ma quei brevi attimi devono
esser sembrati eterni, al povero Bitossi – proprio nel momento in cui il
nostro faceva la sua ronda mattutina, si consuma la tragedia. Nani che
saltano in aria, che esplodono con fragore, sfarinandosi sul prato… e il
sig. Bitossi a correre verso il nano più vicino (e prossimo alla fine),
quasi che la sua vicinanza potesse apotropaicamente fermare la maligna
catena distruttiva. Finché, esasperato, incredulo, spaesato, raggiunge
l’ultimo; si tuffa, cerca di spostarlo, salvare il salvabile dalla
distruzione ormai regnante; in volo, lo tocca, lo muove, ma è tardi: un
uomo distrutto. Ineluttabilmente, anche l’ultimo nano esplode, e vomita
il suo diabolico contenuto sul povero Bitossi ormai a terra: su di lui
una copiosa pioggia escrementizia, a suggellare il tutto di una sinistra
nota coprofila.
Quando,
poche ore più tardi, i soccorsi l’hanno trovato, il contenuto del nano,
sparso ormai sul corpo del collezionista, era ancora caldo. Niente più
giardino, niente più tempio dei nani. Solo un innaturale silenzio, una
vestaglia da camera lorda, e un collezionista in stato di shock. E qualcuno, sempre nelle vicinanze, che rideva sinistramente, forse.
E in tutto questo resta, inquietante, una domanda: “Perché?”
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