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settembre 05, 2005

AGGHIACCIANTE EPISODIO DI VANDALISMO NEL POLESINE: GIARDINO E COLLEZIONISTA DEVASTATI. IGNOTO L'ATTENTATORE
 
San Giuliano Patavino (PD) - È una mite giornata di primavera, quella in cui il sig. Bitossi Enio esce di casa e, subito prima di recarsi al lavoro, fa i suoi consueti quattro passi nel suo giardino. Curiosamente, seppur già vestito, ha ancora indosso, buttata sulle spalle, la sua vestaglia da camera; con una tazzina di caffè in mano, si gode quei piccoli momenti beati: il signor Enio Bitossi è un collezionista felice. Era un collezionista felice. Già, perché nella notte fra il 12 e il 13 marzo – “una notte maledetta”, andava ripetendo disperatamente in questura, subito dopo il fattaccio – qualcuno ha deciso di incrinare irrimediabilmente questa felicità. Ma andiamo per ordine: il sig. Bitossi colleziona nani. Nani da giardino. Ne ha più di venti, tutti in terracotta, messi faticosamente insieme nel corso degli anni. La sua soddisfazione più grande, era solito dire ai conoscenti, stava nel passeggiare fra i suoi nani, passandoli quotidianamente in rassegna, la mattina presto e la sera, per una sorta di ronda notturna. Ormai non potrà più farlo e, dicono i medici legali, questo potrebbe minare seriamente la sua sanità mentale. Un crudele atto di vandalismo, un barbaro gesto di amara ma salace ironia: i nani sono tutti esplosi. Qualcuno, nella notte li ha imbottiti di petardi e sostanze esplosive, collegandoli l’uno all’altro per mezzo di una lunga miccia, il tutto fino all’estremità dell’innesco, un innesco a manovella, di quelli d’un tempo, ritrovato dagli artificieri su una collina – l’attentatore ha voluto godersi la scena dall’alto – poco distante dall’abitazione del sig. Bitossi. Al danno, la beffa: uno dei nani, l’ultimo, il più prezioso della collezione, era inoltre completamente pieno di materia fecale. Umana.
Ed è proprio così che, in rapida successione – ma quei brevi attimi devono esser sembrati eterni, al povero Bitossi – proprio nel momento in cui il nostro faceva la sua ronda mattutina, si consuma la tragedia. Nani che saltano in aria, che esplodono con fragore, sfarinandosi sul prato… e il sig. Bitossi a correre verso il nano più vicino (e prossimo alla fine), quasi che la sua vicinanza potesse apotropaicamente fermare la maligna catena distruttiva. Finché, esasperato, incredulo, spaesato, raggiunge l’ultimo; si tuffa, cerca di spostarlo, salvare il salvabile dalla distruzione ormai regnante; in volo, lo tocca, lo muove, ma è tardi: un uomo distrutto. Ineluttabilmente, anche l’ultimo nano esplode, e vomita il suo diabolico contenuto sul povero Bitossi ormai a terra: su di lui una copiosa pioggia escrementizia, a suggellare il tutto di una sinistra nota coprofila.
Quando, poche ore più tardi, i soccorsi l’hanno trovato, il contenuto del nano, sparso ormai sul corpo del collezionista, era ancora caldo. Niente più giardino, niente più tempio dei nani. Solo un innaturale silenzio, una vestaglia da camera lorda, e un collezionista in stato di shock. E qualcuno, sempre nelle vicinanze, che rideva sinistramente, forse.
E in tutto questo resta, inquietante, una domanda: “Perché?”

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