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dicembre 27, 2004

...anche quest’anno il SS. Natale è alfin giunto, e giù al misericordioso orfanotrofio delle suore Lupine (scalze, ma con portafoglio) “San Lupone III d’Antiochia”, lo abbiamo passato nella gozzoviglia più sfrenata. Noi bambini, trepidi & giocosi come sempre, tutti gli anni, lo aspettavamo a gran gloria. E la festa non ha tradito le attese, alla faccia di quel mantrugione gobbo del Leopardi. Tiè.


Purtroppo, della mia classe, io sono il solo che possa raccontare come si è svolta la nostra giornata, poiché i miei compagni o sono ciechi da entrambi gli occhi, o hanno gravi malformazioni agli arti (piede porcino, focomelia spinta, ditini cioncati, etc.) che precludono loro ogni nobile attività scrittoria; tuttavia il fatto, lungi dall’infiacchire il mio animo operoso et umïle, m’inorgoglisce ancor di più, e mi spinge a vergar queste vetuste carte col mio pennino dorato, testé sottratto con l’inganno a Suor Lupèsia Superiora, tanto più che ella (la tapina) non sa scrivere, e anzi bolla come pura manifestazione del lubrico demonio ogni forma di comunicazione non orale (indi, includendo anche l’alfabeto muto, il che spiega quindi anche la malcelata ostilità di questa verso il Lupotrani, il Lupesci e il Lupazzy, i tre poveri mutini della classe). Ah già, ci sarebbe anche l'ottimo Lupeschi Attilio, che sa scrivere; ma, ahimè, è tragicamente caduto durante i giojosi festeggiamenti natalizi, quindi son proprio rimasto solo, e proprio innalzando una prece per quest’ultimo, vado ad incominciare il racconto di questa magica giornata, giornata in cui Nostro Signore Domeneddio ha inviato sulla terra il Suo unico Figlio, acciocché Egli sconfiggesse il serpeggiante demonio che s’annida dentro ognun di noi. Amen.


Alle ore 7.30 ci è suonata la sveglia, come sempre con il sacro inno pucciniano “O sole, che sorgi”, intonato eccezionalmente a quattro voci da (in ordine di registro vocale) suor Lùpo, suor Lùpola e suor Lupanària. Avevo detto quattro, ma Suor Gervaso, graditissima ospite dal monastero di Muscolo (“San Bastione Ambrogy” – tra l’altro, protettore dei PR vestiti bene e dei buttafuori), non s’è svegliata, o è deceduta nella notte non ho capito bene abbiate pazienza.


Dopo la consueta colazione a base di brodino di Lupo Cotto, con noi bambini che cantavamo allegri allegri carole natalizie quali “ben arrivato, bambin Gesù”, “che m’hai portato, bambin Gesù”, e “scappa finché sei in tempo, bambin Gesù”, le pie suorine ci hanno messo in mano ramazza e palettina, e ci hanno mandati a grattar via le gomme da masticare spiaccicate dai gradini d’ingresso dell’orfanotrofio, in vista dell’imminente arrivo (ci ha detto Suor Lupòta) di un ospite a sorpresa.


Alle 9.30 circa, con noi bambini che le correvamo intorno facendole amabile e vivace corona, Suor Lupèsia Superiora in persona è andata ad aprire la porta, distribuendo sapide calcagnate nelle gengive ai più bassi e più infelici di noi, che non desistevano dal proposito di rubarle le chiavi della dispensa, dove Ella nasconde (lo sappiamo tutti ormai – almeno a questo è valso il sacrificio del nobile Luprocrìsio, rimasto incastrato nei condotti per l’aria, di ritorno dalla missione esplorativa del mese scorso) cibarie & masserizie varie, delle più prelibate e rare (timballo di Lupo crudo, Lupone a tranci, Lupo Anziano sotto ranno e via così). Con nostro sommo gaudio, di là dallo stipite, un sacco gonfio fino a scoppiare sulla spalla destra, un’ombreggiatura di barba vera sotto quella finta e chili e chili di fard per nasconderla, c’era il nostro dispensatore di doni & felicità: Babbo Rachele! Così ha detto di chiamarsi, sculettando alacremente mentre entrava, la voce impastata di sigarette e di toni da far invidia a un corno di bassetto di verdiana memoria. Era un manfruito della vicina stazione tramviaria, che le dolci nostre suorine lupesche avevano assoldato acciocché ci rendesse men amaro il giorno della SS. Natività. E babbo Rachele, prendendoci ognun sulle robuste sue ginocchia, col suo bel vestitino rosso scollato e corto (si vedevano fior di rotondità d’indubbia origine ormonica fuoriuscire e prorompere) ha alleviato le nostre pene. Ai ciechini (ma storpi) Lupazziery e Lupocotto ha donato un paio d’occhiali da sole mod. RayBan da tamarri, “per fare i gagaroni al mare” (così ha detto); al Lupeschi un ciotolo ripieno di chicche (che ahimè si son rivelate indigeribili al suddetto, che è così, come avevo poco sopra ricordato, spirato poco dopo, in preda a forti dolori addominali); al Lupugi (focomelico) un rametto di pesco (con resina) da rabdomante, e via e via. Il tutto finché è arrivato al fondo del sacco, e non c’era più nulla. Bambini, ce n’erano ancor parecchi. Invano, allora, Babbo Rachele ha cercato di svignarsela, cominciando a parlar piano, (“tanto questi son tutti ciechi, magari pensano che mi stia allontanando”, avrà pensato) e a simular romor di passi, come ad allontanarsi. Invano: perché io (vigile come non mai), il Lupìnzy e il Lupafràtta l’abbiam denunziato alle nostre fidate suorine, che han provveduto a chiudere le porte, e a fornire noi bambini di trinciapollo e lanciafiamme, in grazia dei quali abbiamo tumulato la salma dopo averla frollata ben bene a testate (mirabile l’accanimento di Lupèci, che da povero monchino senza entrambi gli arti superiori qual è, menava testate a caso, spingendosi sui piedini – storpi anch’essi – che pareva caricato a molla).


A questo punto, ed era già mezzogiorno, è entrata Suor Pilota, la quale ha urlato: “Orsù bambini, andiamo a far razzia di Lupini alla fiera!”, e tutti siam partiti ilari e scoppiettanti – chi gridava “iuppiiiiiiiiiii”, chi “aléééééééééééééééééé”, chi “morte ai paesaniiiiiiiiii” – alla volta del suo pulmino “Lupo 1.100/Abarth”, novellamente truccato e corazzato per l’occasione. Ma sulla porta, Suor Lupèsia Superiora ci ha repente bloccati, e così ci ha rampognato:


“prima che partiate per il disordine più sfrenato, la razzia violenta, il furto con scasso, razza di manigoldi disgraziati, rivolgete un pio pensiero al misero figuro che qui, oggi, abbiamo immolato. Anche lui, come voi, è un povero infelice, e anche lui ha passato qui la sua puerizia. Tenete quindi a mente che anche il vostro destino è segnato, e che quando uscirete da qui, niente più che tutto questo vi sarà riservato, com’è anche giusto. Gli storpi si accartocceranno, i ciechini picchieranno nei pali della luce, e i mutini speriamo spiantino tutti, figli del sadico demonio che ognun v'assedia. Quanto agli altri, solo un’onesta opera di finocchierìa e manfruitaggio vario potrà offrir loro una qualche ragione di esistere, ma speriamo sinceramente che moriate tutti prima. Amen”


Abbiamo abbassato un attimo il capino, in segno di rispetto per le alte e sentite parole della Superiora, e poi siam corsi all’armeria, ove Suor Lupofréddo e Suora Mobile (ma Suora Mobile è solo il soprannome, dopo la paresi alla totalità delle di lei gambette, prima si chiama Suor Lupomagistro) ci hanno riforniti dei consueti Uzi, Shotgun, Mp-104, oltre a una cospicua manata di bombe a mano (“è pur sempre natale!” ci han detto, strizzandoci l’occhio), in vista della nostra consueta incursione natalizia.


Siamo saliti sul pulmino. Suor Pilota ha messo in moto, e noi subito abbiamo intontato il classico intramontabile “Proteggici San Lupo, sennò m’incazzo", mentre io pensavo: "maledetto viscido demonio, perché m'assedî, surrettizio?"

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