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febbraio 14, 2004

Gestione Aziendale. Esempio pratico direttamente tratto dal libro di un qualche economista inglese di fine ‘700 di cui adesso non ricordo il nome, ma magari domani lo metto (diciamo fosse D. Ricardo, o anche J. Stuart Mill)

“...la ditta X, settore pubblico, fate voi il ramo e tutto quanto il resto, ha 30 dipendenti circa, 5 supervisori, 2 dirigenti, a salire. Lavora a pieno ritmo e nonostante l’orario previsto nel contratto di ognuno dei 30 dipendenti sia il classico 9-18 (classico almeno per quel bel paesello che è l’Italia, ma poi tanto tutto il mondo è molto probabilmente paese), essi sono costretti a lavorare sempre fino verso le 20, entrando magari pure alle 8. Insomma la ditta in questione ha 30 dipendenti, e lavoro, diciamo, per 45.
Lo straordinario continuo (già di per sé bella contraddizione in termini), indurrebbe i dipendenti a protestare, ma la direzione (i 6 superiori più i 2 dirigenti di cui sopra) ha spesso provveduto a far passare circolari in cui si invita i dipendenti a non socializzare fra loro, almeno nell’orario di lavoro. Inoltre, aggiungiamo il fatto che i dipendenti NON possono protestare anche perché, sapete com’è, il lavoro ci vuole a tutti, è indispensabile: la famiglia, e poi non è il caso a una certa età di lasciare qualcosa per tentare altre avventure, ecc. ecc.
Comunque sia, la soluzione è chiara a tutti: se le persone sono solo 30 e il lavoro è roba che dovrebbe essere svolta da 45 circa, ci vorranno più dipendenti. Chiaro. Questo, ciò che alcuni fra loro cercano di far capire ai supervisori e dirigenti. I quali però spiegano che è impossibile assumere ancora, per via di mille e più fattori: l’azienda non se lo può permettere, congiunture negative di mercato, impossibilità a creare nuove strutture, ecc. ecc.

A ognuno i suoi ecc. ecc.

Non si può assumere, costa troppo. Meglio, certo, spremere al massimo quello che si ha, tanto, gli straordinari ci convengono (cosa peraltro nemmeno tanto vera), e poi sono straordinari insomma, fatti solo per un periodo, un po’ di attaccamento al lavoro eccheccazzo (idem come sopra, con in più il fatto che loro gli straordinari nemmeno se li sognano).
Ma comunque, la storia prosegue così: un bel giorno, il dipendente Y scoprì quanto guadagnava mensilmente il dirigente num. 1. Lo scoprì durante una sua CONSUETA permanenza STRAORDINARIA [l’evidenziazione dell’ossimoro è dell’economista inglese di cui sopra] in ufficio. Si trattava di 18 milioni di lire (in eurini odierni, circa 9250, eurino più eurino meno – non è dato sapere se netti o lordi, ma questo è rilevante fino ad un certo punto). Il dirigente num. 1, così come il n. 2 e come (spesso) i 5 supervisori, non erano nemmeno sempre in ufficio, e quando c'erano non parevano affatto contribuire al lavoro da 45, svolto dalle 30 persone di cui dicevamo.
Non c'erano soldi per assumere gente nuova e ripartire il lavoro in maniera migliore, dicevano. Ma così andavano le cose. E quella lo era proprio, forse, la soluzione migliore: pagare pochi dipendenti, farli lavorare sopraritmo, e con quello che si risparmiava era possibile dare più soldi ai dirigenti, che come si sa hanno delle responsabilità...”

Ok, l'esempio dell'economista inglese può fermarsi qui. Gestione aziendale ottimizzata, in fin dei conti. Da allora niente è cambiato, e questa situazione (in cui la ditta X – OVVIAMENTE – non esiste, è solo un astratto esempio su cui modellare in un secondo momento il reale) può essere vista come perfetta IPOSTASI della realtà lavorativa attuale. E il tutto, magia delle magie, è perfettamente LEGALE. Cazzo.

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