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giugno 09, 2011


Avevamo un professore di italiano che era un vero mattacchione, una sagomaccia. Un barbapapà con la frangetta grigia e l'espressione di chi ti ha appena rubato la marmellata di sotto il naso. Quindi, quando con tutta la classe andammo in gita - lui non c'era, con noi avevamo soltanto la professoressa d'inglese, vecchia troia rintronata, e quello di diritto, un tizio che parlava solo in dialetto stretto e dormiva con la papalina e il pigiama coi bottoni - a Lampagnone Cistola, ci venne naturale, a me al Bronze, il mio compagno di banco fortunato con le donne (peccato a tutt'oggi sia morto per droga), di spedirgli una cartolina in classe con su scritto: "Saluti da Beppe Fenoglio".
Quando tornammo, il lunedì, lo trovammo ad attenderci sulla porta della nostra aula. Aveva il solito sorriso da metalmeccanico in pausa, e ci agitava davanti agli occhi la cartolina, giocoso:
"L'hai scritta te, eh, questa, Testina? Voi, eh? Bravi, bravi... è morto, Fenoglio, è morto!"
E ci lasciò lì, ad entrare in classe perché c'era l'ora di francese, ed arrivava la professoressa Manitoba, una tizia coi capelli color melanzana sparati sul cranio, mentre le sopracciglia erano nere peciate e quasi unite.
Contenti, entrammo.
Ci divertivamo un bel po', col professor Gramagnola, Enzo, da Brugone di Romagna gran giocatore di biliardo e amante della musica barocca. E lui con noi, suppongo.

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