II.
Dall'altura godesi un gran bel panorama, ma qual due (tre) pugnaci fanti come noialtri siam, figurarsi se il bello per il bello può incantarci. Senza requie s'infila il filo, si avvita il morsetto, si fissa il dado.
Nel frattempo è giunta l'ora IPSILON e tre quarti: e Bruno come l'orso da giù richiama attenzione: non passa il cavo, non c'è verso.
Si passa al piano B. Buttare un salmone vivo a Bruno. No cioè, volevo dire: lubrificare il cavo col sapone.
Niente da fare.
Piano C (scocca l'ora Z): si passa da sopra, prima però ci si accerta su quale possa mai essere la forassite che raggiunge la di me magione, mentre Bruno comincia ad agitarsi, strofinando il dorso al più vicino albero. Si stacca il primo cavo dell'antenna. La TV funziona ancora, probabilmente la abbiamo appena tolta al cav. Erniego Polpa, vicino di casa a giorni alterni. Meno male oggi era venerdì, vedrai non c'era, sennò poi lo sentivi. Secondo cavo dell'antenna (io da giù faccio la spola): ancora tutto ok; il faccione di un qualche bellimbusto dei meravigliosi programmi TV del mattino – che divergono da quelli del pomeriggio solo per l'ora, penso – sorride ancora (che cazzo c'avrete tutti, da ridere, poi?). Chissà chi non vedrà Il Grande Fratello, stasera, nel casamento. Cazzi loro. La TV diseduca & imbarbarisce, più che altro gli s'è fatto un favore. Dopo tre cavi, il quarto magicamente mi fa saltare in aria i programmi. Peccato, Bruno s'era appassionato, giù, alla vita sentimentale della Principessa Eritrea II di Mangrovia sposata Ciapetti-Früsthuck che davan su Verissimo, replica delle ore XX-ZZ. Indi per cui il cavo è quello. Via col passar la sonda. Scorre, scorre, scorre: non scorre più.
Again, boys!
Scorre, scorre, scorre: non scorre più.
Ok, piano D: dopo un interessantissimo florilegio di litanie indissolubilmente legato ai nomi dei santi più comuni e financo più peregrini, si decide per un passaggio esterno del cavo. Nel frattempo, l'operazione è cresciuta in modo preoccupante: sono sette i tecnici che si radunano sotto il tetto, e quattro i furgoni che si sono fermati. Io sospetto che siano i due panzer sul tetto riescono telepaticamente a chiamare in aiuto macchine da guerra lor pari (o quantomeno a proiettar i loro ologrammi geneticamente modificati), quando vengo interrotto nelle mie elucubrazioni da uno dei nuovi arrivati, tale Trutta Salmo, noto ai più come “Il Miccia” per i suoi modi spicci e spregiudicati.
Il Miccia, cartucciera piena di attrezzi incrociata sul petto in fuori, così mi apostrofa:
“Dovremo passare il cavo da qua fuori, faremo un foro qui, passeremo qui dietro, toglieremo questo e sfonderemo l'infisso”
Prima che abbia avuto il tempo di dire scusi, e lei chi sarebbe?, Il Miccia ha un trapano di ragguardevoli dimensioni in mano, e si sta dirigendo in casa. Lo accoglie Bruno come l'orso, ormai a suo agio sul divano, nell'atto di sbucciare un cavo coassiale di rete.
“Certo, potremmo però passare anche da qui e buttare giù questo muro. Poi lo ritiriamo su di cartongesso dopo che ci abbiamo murato una forassite”, medita ad alta voce “Il Miccia”, e poi passa a mettermi a parte del suo piano, mentre cerca aggressivo una presa della corrente.
Dove voglio che arrivi il cavo? Quanti metri saranno da su (questa non è una domanda, Il Miccia sa esattamente quanti metri sono; mi fa l'indovinello solo perché fra le molte sue qualità c'è anche l'irresistibile simpatia), certo se passiamo di qui è meglio, qui ci vuole la scala, questo toglilo di qui che dà noia, sai eseguire una tracheotomia con un coltello da cucina io chiaro che sì, etc. etc.
Poi indossa l'auricolare bluetooh – non si sa mai, qualcuno lo chiamasse – e comincia a trapanare, mentre gli altri due tecnici, fuori, mettono in posizione la scala.
Nel tempo che Bruno come l'orso ha finito di sbucciare il cavo, Il Miccia ha fatto il foro col trapano, è uscito fuori e al momento, un rotolo di cavo sottobraccio, si sta arrampicando sulla scala (4-5 metri di altezza) per raggiungere i due primigenî artiglieri della prima ora, ancora sul tetto alla ricerca del segnale, con una serie di complicati ma tecnologicissimi mezzi. Suppongo che lui si sia orientato inumidendosi un dito e mettendolo al vento.
Ormai l'intervento ha preso i connotati e le dimensioni dell'operazione Overlord.
Dopo cinque minuti esatti dalla sparizione del Miccia in cima alla scala, vediamo scendere un cavo dall'alto, e tocca a Bruno - sotto le istruzioni dall'alto del Miccia, il quale nel frattempo tiene gli occhi chiusi per rendere tutto un po' più difficile e sapido - arrampicarsi e martellare vicino alla finestra del vicino Vicino Azerbo (Vicino è il cognome, Azerbo l'ho aggiunto io perché ho ragionevoli motivi per supporre sia il nome), facendolo poi scorrere fino al buco.
È quindi Il Miccia che prende da dentro casa il cavo (si sarà buttato, da sopra il tetto?) e lo attacca al computer per la prova del nove.
L'ora X è – s'è visto – ampiamente già scoccata, ma d'altra parte io son tutt'altro che zerozerosette, e l'ora X per me corrisponde all'ora Z e cinquantuno, momento in cui apprendo che finalmente son connesso col resto del mondo, e potrò d'ora innanzi vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.
E senza nemmeno andar nei boschi, si pensi un po'.
Restava adesso il problema di smaltire due tecnici presumibilmente ancora sul tetto, Bruno come l'orso e i due tizi fuori, che a questo punto suppongo essere due passanti in divisa da operajo della Magneti Marelli.
Il Miccia era fuori discussione, a meno che non si fosse dissolto da sé.
(PASSO MA NON CHIUDO, MALEDETTI VOI)
Dall'altura godesi un gran bel panorama, ma qual due (tre) pugnaci fanti come noialtri siam, figurarsi se il bello per il bello può incantarci. Senza requie s'infila il filo, si avvita il morsetto, si fissa il dado.
Nel frattempo è giunta l'ora IPSILON e tre quarti: e Bruno come l'orso da giù richiama attenzione: non passa il cavo, non c'è verso.
Si passa al piano B. Buttare un salmone vivo a Bruno. No cioè, volevo dire: lubrificare il cavo col sapone.
Niente da fare.
Piano C (scocca l'ora Z): si passa da sopra, prima però ci si accerta su quale possa mai essere la forassite che raggiunge la di me magione, mentre Bruno comincia ad agitarsi, strofinando il dorso al più vicino albero. Si stacca il primo cavo dell'antenna. La TV funziona ancora, probabilmente la abbiamo appena tolta al cav. Erniego Polpa, vicino di casa a giorni alterni. Meno male oggi era venerdì, vedrai non c'era, sennò poi lo sentivi. Secondo cavo dell'antenna (io da giù faccio la spola): ancora tutto ok; il faccione di un qualche bellimbusto dei meravigliosi programmi TV del mattino – che divergono da quelli del pomeriggio solo per l'ora, penso – sorride ancora (che cazzo c'avrete tutti, da ridere, poi?). Chissà chi non vedrà Il Grande Fratello, stasera, nel casamento. Cazzi loro. La TV diseduca & imbarbarisce, più che altro gli s'è fatto un favore. Dopo tre cavi, il quarto magicamente mi fa saltare in aria i programmi. Peccato, Bruno s'era appassionato, giù, alla vita sentimentale della Principessa Eritrea II di Mangrovia sposata Ciapetti-Früsthuck che davan su Verissimo, replica delle ore XX-ZZ. Indi per cui il cavo è quello. Via col passar la sonda. Scorre, scorre, scorre: non scorre più.
Again, boys!
Scorre, scorre, scorre: non scorre più.
Ok, piano D: dopo un interessantissimo florilegio di litanie indissolubilmente legato ai nomi dei santi più comuni e financo più peregrini, si decide per un passaggio esterno del cavo. Nel frattempo, l'operazione è cresciuta in modo preoccupante: sono sette i tecnici che si radunano sotto il tetto, e quattro i furgoni che si sono fermati. Io sospetto che siano i due panzer sul tetto riescono telepaticamente a chiamare in aiuto macchine da guerra lor pari (o quantomeno a proiettar i loro ologrammi geneticamente modificati), quando vengo interrotto nelle mie elucubrazioni da uno dei nuovi arrivati, tale Trutta Salmo, noto ai più come “Il Miccia” per i suoi modi spicci e spregiudicati.
Il Miccia, cartucciera piena di attrezzi incrociata sul petto in fuori, così mi apostrofa:
“Dovremo passare il cavo da qua fuori, faremo un foro qui, passeremo qui dietro, toglieremo questo e sfonderemo l'infisso”
Prima che abbia avuto il tempo di dire scusi, e lei chi sarebbe?, Il Miccia ha un trapano di ragguardevoli dimensioni in mano, e si sta dirigendo in casa. Lo accoglie Bruno come l'orso, ormai a suo agio sul divano, nell'atto di sbucciare un cavo coassiale di rete.
“Certo, potremmo però passare anche da qui e buttare giù questo muro. Poi lo ritiriamo su di cartongesso dopo che ci abbiamo murato una forassite”, medita ad alta voce “Il Miccia”, e poi passa a mettermi a parte del suo piano, mentre cerca aggressivo una presa della corrente.
Dove voglio che arrivi il cavo? Quanti metri saranno da su (questa non è una domanda, Il Miccia sa esattamente quanti metri sono; mi fa l'indovinello solo perché fra le molte sue qualità c'è anche l'irresistibile simpatia), certo se passiamo di qui è meglio, qui ci vuole la scala, questo toglilo di qui che dà noia, sai eseguire una tracheotomia con un coltello da cucina io chiaro che sì, etc. etc.
Poi indossa l'auricolare bluetooh – non si sa mai, qualcuno lo chiamasse – e comincia a trapanare, mentre gli altri due tecnici, fuori, mettono in posizione la scala.
Nel tempo che Bruno come l'orso ha finito di sbucciare il cavo, Il Miccia ha fatto il foro col trapano, è uscito fuori e al momento, un rotolo di cavo sottobraccio, si sta arrampicando sulla scala (4-5 metri di altezza) per raggiungere i due primigenî artiglieri della prima ora, ancora sul tetto alla ricerca del segnale, con una serie di complicati ma tecnologicissimi mezzi. Suppongo che lui si sia orientato inumidendosi un dito e mettendolo al vento.
Ormai l'intervento ha preso i connotati e le dimensioni dell'operazione Overlord.
Dopo cinque minuti esatti dalla sparizione del Miccia in cima alla scala, vediamo scendere un cavo dall'alto, e tocca a Bruno - sotto le istruzioni dall'alto del Miccia, il quale nel frattempo tiene gli occhi chiusi per rendere tutto un po' più difficile e sapido - arrampicarsi e martellare vicino alla finestra del vicino Vicino Azerbo (Vicino è il cognome, Azerbo l'ho aggiunto io perché ho ragionevoli motivi per supporre sia il nome), facendolo poi scorrere fino al buco.
È quindi Il Miccia che prende da dentro casa il cavo (si sarà buttato, da sopra il tetto?) e lo attacca al computer per la prova del nove.
L'ora X è – s'è visto – ampiamente già scoccata, ma d'altra parte io son tutt'altro che zerozerosette, e l'ora X per me corrisponde all'ora Z e cinquantuno, momento in cui apprendo che finalmente son connesso col resto del mondo, e potrò d'ora innanzi vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.
E senza nemmeno andar nei boschi, si pensi un po'.
Restava adesso il problema di smaltire due tecnici presumibilmente ancora sul tetto, Bruno come l'orso e i due tizi fuori, che a questo punto suppongo essere due passanti in divisa da operajo della Magneti Marelli.
Il Miccia era fuori discussione, a meno che non si fosse dissolto da sé.
(PASSO MA NON CHIUDO, MALEDETTI VOI)
1 commento:
Se senti picchiettar sul vestro della finestra di camera alle 3.46 di notte, vai tranquillo che sono i piedi del penzolante Bruno/Miccia, che in realtà tu non ti sei accorto, ma erano una persona sola. Coi piedi fetidi.
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